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ft. Mis

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    Indipendentemente da quante caramelle infilasse fra i denti, il sapore di sangue sembrava incapace di scrostarsi dalla lingua. Lo sentiva sulle gengive, il palato; l’interno della guancia. Prendeva meccanicamente un dolcetto dopo l’altro dal sacchetto poggiato al proprio fianco, pigri occhi verde bosco posati sulle fiamme del camino di una sala comune che gli apparteneva solo in parte - parte quantificata dall’ingombrante presenza sul divano alle proprie spalle – ma d’altronde, Mis tendeva a sentirsi ospite ovunque andasse. Different Lodge, non era da meno. I suoi momenti all’interno della società, e non ai suoi margini, riguardavano quasi esclusivamente l’esistenza di Theo Kayne. Non era certo che in mancanza del fratello, avrebbe mai partecipato al mondo. Perfino così, il tempo concesso al genere umano era limitato e tutto a sprazzi.
    Passò la lingua sull’arcata superiore dei denti, rincorrendo i granelli dolci e aciduli con espressione assente e distratta. Divisa scompigliata, era già tanto ne avesse una, capelli in disordine, labbra curvate naturalmente verso il basso. Aveva tutta l’aria di qualcuno che fosse al proprio posto solo quando intravisto con la coda dell’occhio. Funzionava solo ai bordi della pagina, il faunocineta, o circondato da così tanto verde da non sapere più dove fosse l’inizio, e dove la fine.
    Un reietto per scelta.
    Fece scattare la mandibola, cessando di ignorare il prurito al centro della fronte per concedere al compagno del Kayne l’occhiata che tanto sembrava cercando. Dalla parte opposta della stanza, lo stava fissando da quando aveva messo piede dentro la sala comune, senza neanche fingere. Apprezzava le bugie, Mis, quando significavano meno rotture di coglioni. Quella, aveva tutta l’aria di esserlo. Ne incrociò lo sguardo, mantenendo il contatto visivo senza esprimere nulla più di quanto avrebbe fatto un animale in gabbia: non era ostile, e non era amichevole. C’era quello che avrebbero voluto vederci, perché non funzionava sempre così? Mis si limitava ad esistere, e gli altri facevano di lui la narrazione che preferivano.
    «ad interim» Corresse, impassibile, cogliendo il soliloquio di Theo. Sembrava non lo stesse ascoltando, ma in realtà, come tutto, assorbiva passivamente ogni parola del Kayne, scegliendo di frequente di sacrificarlo in favore di memorie più utili. Non aveva neanche bisogno di dare un contributo alla conversazione: Theo parlava, e parlava e parlava, dandosi spesso sia domande che risposte, e Mis interveniva solo per correggerlo quando sbagliava congiuntivo, o inventava neologismi. Senza cattiveria, solo abitudine. Non abbassò lo sguardo dall’altro rosso-oro, attendendo fosse lui a distogliere l’attenzione per primo, o fare qualcosa in merito.
    Sapeva non lo volesse lì. Il mondo poteva anche aver cambiato regole, ma non significava che a tutti piacessero: Mis era uno special; in quella sala comune, dove passava abbastanza tempo da essere ritenuto un visitatore abituale, non ce lo voleva quasi nessuno. Indovinate a chi non fregava un cazzo? Assurdo, che bravi, come avete fatto a scoprirlo. Non era aperta sfida, quella sul volto del faunocineta, perché non gliene fotteva un cazzo di iniziare l’ennesima rissa – non così presto dall’ultima. Quella mattina stessa, in forma animale, aveva azzannato un compagno, strizzando la mandibola fino a perforare carne e muscolo. Perchè? Perchè sì, cazzo – un motivo lo aveva avuto, anche se sembrava non importare a nessuno. L’avevano calciato via, costringendolo a riassumere il proprio corpo; si era raggomitolato a terra sputando sangue sul proprio mento ed il pavimento di Hogwarts. Li aveva guardati attendendo che pagassero il debito, circondandolo a bacchette sguainate ed odio più feroce del suo ringhio. Neanche di quello, gli era importato nulla. Murphy Skywalker – security, special, ribelle - era intervenuta prima che la situazione potesse peggiorare drasticamente, affermando di non sapere chi avesse iniziato quella scaramuccia, e di conseguenza che l’unica alternativa fosse sbattere in sala delle torture entrambe le parti - Mis da un lato, tre maghi dall’altro; equo, come sempre. Avevano preferito andarsene. Non durava mai a lungo.
    «stai bene?» Una preoccupazione ed un monito che il Jacksson si era scrollato di dosso come un cane dal pelo bagnato, provando un mezzo sorriso ma sentendolo estraneo. Non gli capitava spesso di vergognarsi. C’era anche da dire che passasse davvero poco tempo in una forma in grado di provare vergogna, perché le statistiche potessero essere funzionali.
    «dovresti - » Lo sapeva. In qualunque modo avesse voluto concludere quella frase, Mis già lo sapeva, perché qualcuno glielo aveva già detto. «sì» e, con una mano a gesticolare vaga di fronte a sé, «scusa» andandosene prima che la Skywalker decidesse che meritasse una allarmata paternale in merito. Davvero non se le meritava, Mis; al contrario di Theo, faceva il meno possibile per finire in quelle condizioni.
    Ma cazzo. Ci tenevano proprio tanto, in quella scuola, a rompergli i coglioni.
    Continuò a guardarlo. Battè le palpebre, affatto impressionato dalla tenacia dimostrata dal Grifondoro: sapeva che quella gente avesse un super potere per risultare fastidiosa con la potenza di mille soli, e ne aveva una prova costante con suo fratello. Mis era stato temprato alle seccature esistenziali da Theo e Lenny, per scuoterlo dal suo torpore e suscitare una parvenza di risposta, serviva un minimo più d’impegno. Avrebbero potuto passare così il resto del pomeriggio, guardandosi con quieta ostilità, se altro non avesse titillato i sensi d’animale del Jacksson. Qualcosa di così innaturale da fargli corrugare le sopracciglia e tendere i muscoli della schiena, pronto all’azione. Si appiattì contro il divano, scontrandosi con il manico di scopa del fratello.
    Il silenzio.
    E le priorità cambiavano, in casi come quello. Se normalmente non era interessato alle questioni in sospeso che la gente sembrava avere con lui per l’unica colpa di essere vivo, certo non poteva che scendere nella sua scaletta d’attenzione quando accadevano cataclismi di quella portata. Distolse lo sguardo dal Grifondoro, azzardando un’occhiata sopra la propria spalla verso il Kayne. Stava… ? Ne studiò il profilo, corrugando le sopracciglia. Stava….pensando?
    «theo» Lo chiamò, perché da qualche mese era cambiato, e Mis faticava a stare dietro a quei cambi d’umore. Erano sempre stati diversi, ma non separati – non davvero. Iniziare ad esserlo, era stranamente… solitario, e non in maniera piacevole. Sentiva di averne perso qualche pezzo per strada, e non poteva fare a meno di domandarsi se per Theo valesse lo stesso. Certo, se avesse saputo che il problema di Theo Kayne fossero gli ormoni, lo sguardo non sarebbe stato così gentile e comprensivo – anzi, una testata e passava ogni male. Due per piacere personale. Ma che ne sapeva che fra tutti, tutti, i problemi che affliggevano la loro società, quello a masticare dall’interno Theo fosse una relazione amorosa con un ragazzo perfino abbastanza normo dotato. Quale sarebbe stato il suo prossimo dramma, la forza di gravità? «theo.» lo scosse piano, le dita sulla gamba. Reclinò veloce il capo, evitando l’impatto diretto con il piede dell’infame. Non lo morse, e pensò fosse molto zen da parte sua.
    «passami le caramelle»
    Ne prese una. La infilò in bocca, arcuando le sopracciglia intenzionale. «no» rispose, masticando con gaudio, invitandolo con un cenno della mano a sporgersi e prendersela come un essere umano funzionale. «qual è il tuo problema? Sei strano» passò il pollice sul labbro inferiore, guardando la polvere di zucchero raccolta poi sul polpastrello. «più del solito» una specifica del tutto necessaria, e priva di malizia.

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