morbus amoris

post prom '23 | 02.07.23 | with eri

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  1. the goblin.
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    Benedictus Deogratias
    Erisha Byrne
    In all of creation, all things great and small,
    you are the one that surpasses them all,
    more precious than any diamond or pearl.
    They broke the mold, when you came in this world...
    Come Sara sul taxi in lacrime dopo essere stata borseggiata nella metro di Parigi, anche Ictus non sapeva come fossero arrivati in quel corridoio silenzioso, quando un attimo prima erano immersi nella calca di adolescenti sudaticci ammassati a suon di musica nei cortili del castello. Non era davvero così strano, conoscendolo, anzi, non lo era per niente, data la sua innata capacità di disconnettersi dal mondo involontariamente, un po’ per protezione, un po’ perché, nei momenti più disparati, il suo cervello finiva per focalizzarsi su qualcosa in modo tanto netto da dimenticarsi del resto dell’universo. E quando poi c’era di mezzo Erisha Byrne, era la fine.
    Purtroppo non era in grado di leggere e capire il greco, perché a Bodie era cresciuto a pane e latino (e cilicio? Kinky), dunque non aveva potuto leggere quell’ode in originale. Tuttavia, Catullo si era ispirato proprio a Saffo in uno dei suoi carmi e, proprio come la lettura dell’intero Liber l’aveva turbato (e soprattutto affascinato, ma ammetterlo lo faceva andare a fuoco dalla vergogna), quella composizione era diventata ben presto un modo efficace per descrivere come si sentiva ogni volta che si trovava in presenza di Eri.
    … lingua sed torpet, tenuis sub artus
    fiamma demanat, sonitu suopte
    tintinant aures, gemina teguntur
    lumina nocte.

    Per tutta la sera aveva pregato che lei non si accorgesse delle sue reazioni così strane, ma in fondo sapeva di essere un caso perso, come spesso gli aveva detto Mona. Quando la sua frequentazione con la Byrne aveva cominciato a farsi sempre più frequente, a partire dai sabato mattina che condividevano in biblioteca, aveva sperato che, ora dopo ora, si sarebbe finalmente abituato alla sua presenza, imparando a non coprirsi ogni volta di pericolo. Con l’andare dei mesi, però, non aveva fatto che peggiorare.
    … ma la lingua si paralizza, tenue sotto le membra
    scorre una fiamma, le orecchie ronzano
    di un suono interno, entrambi gli occhi
    si coprono di tenebre.

    Sebbene la musica sparata da Balt fosse ormai lontana, si sentiva comunque quasi assordato da un rombo. Proveniva da lui. Dal suo cuore. E i corridoi avrebbero potuto essere tanto pieni di gente quanto deserti: tutto ciò che riusciva e che voleva vedere era Erisha, a un passo da lui, che lui guidava passo dopo passo, voltandosi spesso a guardarlo con aria preoccupata.
    «V-va tutto bene… davvero…», tentò di rassicurarla, sebbene, in realtà, il suo cervello non fosse neanche riuscito ad afferrare le parole che dovevano essere uscite dalle labbra di lei. Quelle labbra rosee a forma di cuore, ora piegate appena all’ingiù, ennesimo segno del suo fallimento su tutta la linea.
    Non solo aveva impedito a Erisha di divertirsi con i loro amici, costringendola a passare del tempo con lui in uno dei fortini, quando si era sentito sopraffatto dal rumore, dalle luci, dagli odori e soprattutto dalle persone, ma, decidendo infine di avventurarsi fuori, sicuro di potercela fare, l’aveva condannata a perdersi l’intera serata. E non una serata qualsiasi. Quello era il prom. L’ultimo prom di Eri, che da lì a pochi giorni avrebbe sostenuto i MAGO e lasciato il castello per sempre… il castello e lui.
    A quella consapevolezza un’ondata di panico, che finalmente sembrava essersi un po’ calmato, lo tornò invece ad attraversare dalla punta dei piedi sin nella fronte, che sentì imperlarsi ancora di più di sudore gelido e bruciante. Senza rendersene conto aumentò la stretta intorno alla mano di lei, salvo poi realizzare di quanto le sue dita fossero sudaticce e fredde, al pari della sua fronte.
    Faceva schifo e aveva costretto Erisha ad abbandonare quella che, simbolicamente, rappresentava la fine della sua adolescenza, l’ultima occasione per potersi divertire senza pensieri. Erano in tanti a meritare quegli ultimi attimi di serenità, quasi assurdi, certo, dopo la guerra, ma egoisticamente non riusciva a non pensare che fosse proprio l’ex corvonero a meritarlo più di tutti. Aveva perso così tanto… eppure non si era arresa. L’aveva fatto per aiutare gli altri.
    Proprio come ora stava, ancora una volta, aiutando lui.
    Sebbene fosse un lettore appassionato e curioso, erano tante, troppe, infinite le cose che Ictus non sapeva. Non sapeva dare un nome a ciò che provava per Erisha. Non riusciva a capire cosa gli succedesse, certe volte, quando il mondo prendeva a vorticargli intorno, il petto oppresso da un macigno pesantissimo ma invisibile, lo stomaco stretto in una morsa acuta e dolorosa e la testa tanto insostenibile quanto confusamente vuota. O meglio, quello che sapeva era l’unica cosa di cui fosse sempre stato certo: c’era qualcosa di sbagliato in lui.
    «Dovremmo tornare… ti riaccompagno! Al massimo io poi… vado… così la smetto di…» In mezzo alla nebbia che gli aleggiava nella mente, scegliere le parole era terribilmente difficile. E il respiro gli si mozzò del tutto, quando, all’improvviso, il corridoio dai contorni sfocati fu sostituito da quello che sembrava in tutto e per tutto… «Il dormitorio corvonero…? Ma come…?»
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    Speriamo che anche Ictus ci metta così tanto.
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4 replies since 3/11/2023, 22:55   169 views
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