aren't you tired of always be mad at the world?

ft. murphy

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  1. saudade.
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    al contrario di molti adolescenti, ciascuno a modo proprio, Murphy non aveva mai vissuto la fase della ribellione. a dirla tutta, di quel magico periodo si era persa quasi tutto — nascere e crescere all'interno di un laboratorio, allevata da un'intera comunità di gente che passava il tempo a torturare e fare esperimenti sugli esseri umani, non aveva aiutato.
    eppure, il tono di chi si metteva sulla difensiva aggredendo, lo conosceva bene; i sintomi, dalla tensione dei muscoli all'uso piccato del sarcasmo per ogni parola che abbandonava le labbra, pure. guardava bash negli occhi e, per certi versi, le sembrava di vedere barry «temo tu mi abbia scambiato per qualcun altro.» interessante scelta di parole: nemmeno le avesse letto nel pensiero! ha-ha (yeah)
    limitò i propri movimenti al nulla assoluto, la geocineta, permettendo al ragazzo di continuare con la sua arringa difensiva; molto breve a dire il vero «se questo è il modo in cui il ministero da la caccia ai sovversivi, mandando persone ad accusare innocenti civili, non mi sorprende che le cose vadano a rotoli.» amore. santo. si costrinse ad uscire dalla propria ampasse, una volta certa che l'altro non avesse qualcosa da aggiungere. le sembrava abbastanza ovvio si fosse incartato da solo, ma anche quello era tipico dei giovani — partivano in quarta nel momento stesso in cui qualcuno li pungeva sul vivo, dove faceva più male, ricordando solo all'ultimo di non aver ancora imparato a fermarsi senza inchiodare.
    «oh, bubi» necessario. era una madre, Murphy Skywalker, e per quanto a volte si sforzarsi non riusciva a ad evitare di vedere i propri figli nei volti delle persone che approcciava; se fossero stati in difficoltà, avrebbe voluto che qualcuno li aiutasse. bastava tendere la mano, resistere all'impulso di ritirarla se dall'altra parte non veniva inizialmente accettata. insistere, perché era quello che i figli si aspettavano: toccava all'adulto superare il test della fiducia, non il contrario. la mano non gliela tese davvero, ma si sporse comunque in avanti, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo, la bottiglia fatta da parte affinché tra loro non ci fosse altro se non la superficie del legno «se fossi stata una ministeriale questa conversazione non la staremmo tenendo qui.» evidentemente non conosceva il modus operandi dei cacciatori, good for him.
    se tutto fosse andato secondo i piani di Murphy, purtroppo per lui, lo avrebbe scoperto presto.
    «sai come funziona un interrogatorio? non assumono i torturatori per imbiancare i muri del Ministero una volta l'anno» o magari si: un giorno avrebbe potuto chiederlo a fake — bonding time. con un sospiro prese il bicchiere che bash le aveva offerto, questa volta senza limitarsi a bagnare le labbra; tutto considerato, poteva anche permettere a se stessa di allentare un po la corda. mandò giù un dito di liquido ambrato, rabbrividendo da capo a piedi, la punta della lingua a sporgere dalla bocca in una smorfia che la diceva lunga sul rapporto tra lei e i superalcolici. preferiva di gran lunga i cocktails dal retrogusto dolce e fruttato, o un buon bicchiere di vino «hai ragione, forse ho sbagliato persona. ma se avessi di fronte quel ragazzo del veicolo, gli direi che a volte è normale non riuscire a trovare un senso in quello che si fa» mise nuovamente il bicchiere sul tavolo, spingendo indietro la sedia «gli direi che a spingerlo ad agire è stato l'istinto. la convinzione, sepolta nel profondo, che fosse giusto»
    si alzò, rovistando con la mancina nella tasca della giacca pesante, un portamonete a forma di sfera Poké ad apparire stretto tra le dita «è terribile, una palla al piede. uno vorrebbe ignorarla, ma non si può. a quel ragazzo direi che lo capisco, che so cosa ha provato e probabilmente anche cosa prova ora» gli stava proponendo una condanna a vita, perché era quello che aspettava bash se avesse deciso di dare retta a quell'istinto primordiale: posso sistemare le cose, un mantra che si ripeteva ancora e ancora, insinuandosi nel cervello come un tarlo.
    non si sistemava niente.
    e il mantra continuava più forte.
    «vado a pagare la bottiglia che ti sei gentilmente fatto regalare. puoi andartene, o aspettarmi. non ti seguirò più, promesso» tanto per sottolineare la parola di scout, murphy sollevò due dita posando un bacio sui polpastrelli, la mano sollevata a mezz'aria. una parte della geocineta, quella che batteva furiosa tra le costole senza lasciarsi intravedere in superficie, sperava che bash scegliesse la prima opzione; immaginava di voltarsi, le iridi scure a cercare la sua figura al tavolo senza più trovarla. ma aveva un lavoro da fare, murphy — parte di un meccanismo più grande e complesso che non guardava in faccia nessuno.
    diede le spalle al Baker
    raggiunse il bancone.
    gli diede qualche minuto di tempo.
    per alzarsi o per pensare, a quel punto poteva deciderlo solo lui.

    girl you gotta leave, you gotta let it go
    i'm gonna let go of feeling low
    i'm gonna let go of feeling low
    i'm gonna lose my cool,
    looking in the rearview
    whenoctober 2023
    hog's head innwhere
    boardpizza lover
    beatnik trip
    gin wigmore
     
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