aren't you tired of always be mad at the world?

ft. murphy

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  1. zeeth.
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    Bash avrebbe dovuto farsi gli affari suoi.
    Era sempre stato bravissimo, in quello; aveva campato – non necessariamente “bene”, ma di quei tempi era un lusso che pochi potevano permettersi; e di sicuro non sarebbe arrivato ai proverbiali cento anni, né desiderava farlo – fino a quel momento preoccupandosi solo di se stesso, perché scegliere proprio ora di smettere? Nessuno lo avrebbe ripagato, né a parole e men che meno monetariamente, per il suo coinvolgimento.
    E quello lo sapeva.
    Così come sapeva che non era stato unicamente il pensiero della riconoscenza, a muoverlo.
    Mandò giù in un solo sorso un altro shot di whisky e poggiò il bicchierino a testa in giù, in attesa del successivo: era stato abbastanza chiaro con il barista, quando gli aveva suggerito di provvedere a tenerlo sempre pieno fino a che Bash non fosse stato abbastanza lercio da non reggersi più in piedi. Non si era fatto scrupoli ad avvicinare il ragazzo e a sussurrare al suo orecchio quell'innocuo comando, di certo non si era preoccupato della possibilità che quello perdesse il lavoro per aver versato gratuitamente, ad un cliente, quasi un'intera bottiglia di Jack Daniel's — trovava che i suoi problemi, al momento, valessero eccome quel momento di debolezza che l’aveva spinto ad abusare del suo dono, e non c’era posto per i sensi di colpa o l’umanità.
    D'altronde, non era mai stato da Bash farsi scrupoli per ottenere ciò che voleva, e nonostante non fosse un grande fan dell'utilizzare il proprio potere per influenzare la volontà altrui – aveva altri modi per farlo, modi che gli procuravano meno mal di testa –, trovava ci fossero momenti in cui era semplicemente necessario.
    Come quello.
    Proprio come da programma, il ragazzo oltre il bancone si avvicinò per riempire il tumbler vuoto, mosso da un istinto che non si rendeva conto nemmeno di avere, ma il Baker non lo degnò di uno sguardo, più preoccupato invece a rivivere gli avvenimenti delle ultime ore, come se non avessero lasciato già un segno permanente su di lui: le abrasioni – laddove la pelle delicata si era scorticata, quando lo special era stato schiantato contro il muro diroccato – si sarebbero risanate nel giro di qualche giorno (non erano nulla di nuovo, per il ballerino) ma quanto vissuto sarebbe rimasto impresso nella mente a lungo.
    Si era trattato semplicemente di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato – storia della sua vita – in un giorno che sembrava partito come tanti altri (e quindi: male) in cui il fu Hilton non aveva immaginato, o messo in programma, di rimanere invischiato nel bel mezzo di uno scontro tra ribelli e Mangiamorte. Non era mai stato nei suoi interessi, né nella sua Bingo Card del 2023.
    E invece.
    Aveva ancora impresso sulla pelle, e dietro le palpebre se si concedeva di strizzarle un po’ più serratamente, gli attimi di scompiglio generati dall'apparizione improvvisa di un gruppo di pavor che avevano preso d'assalto uno stabile che affacciava sulla piazza di Hogsmeade; “un covo di ribelli”, aveva esclamato qualcuno, riportando quanto sentito nel trambusto generale. Ricordava le (lente, troppo lente) reazioni dei presenti, la sua compresa, e il modo in cui tutto era successo fin troppo in fretta.
    Non c'era stato nemmeno il tempo di mettere in sicurezza la zona, che una manciata di ribelli – a quanto pare nascosti davvero all’interno del palazzo – avevano risposto all’attacco delle forze dell’ordine, coinvolgendo loro malgrado anche i civili presenti nell'area, Bash compreso. In un secondo sulla piazza avevano iniziato a piovere detriti e incantesimi, ed era stato il caos: ognuno aveva cercato di salvare la propria pelle, qualcuno aveva tentato di portare in salvo bambini e anziani, i negozianti si erano rinchiusi nelle loro attività.
    Bash non era stato da meno, ma un’improvvisa esplosione nel terreno, troppo vicina alla sua posizione lo aveva mandato a sbattere contro un muro non lontano da lì, costringendolo a fermare la propria fuga ma, se non altro, spingendolo via dal centro della fottuta rappresaglia. Quando aveva trovato nuovamente l’equilibrio, svariati minuti dopo, aveva notato come tutto fosse ancora nel vivo ma non ci aveva messo molto a capire che la sorte non era affatto a favore di quelli con la maschera.
    Mandando giù l’ennesimo drink, Bash pensò che avrebbe dovuto davvero farsi gli affari suoi.
    Non era stato di certo quello che aveva inteso per “trovati uno scopo” quando, settimane prima, aveva letto la lettera scritta da se stesso; figuriamoci, era una creatura egoista e solitaria, lui. Non gli poteva importare di meno delle condizioni e del benessere altrui.
    Eppure.
    Eppure.
    In un momento di confusione – gli piaceva definirla così, per via della botta presa – aveva agito prima ancora di rendersene conto. Gli era bastato notare la figura di un ribelle, pochi metri più in là, accerchiato da tre pavor e chiaramente con le spalle al muro e senza via di fuga, per reagire; nascosto dietro il muro contro il quale era stato sbalzato, aveva preso di mira una vetrina non distante dal gruppetto e l’aveva fatta esplodere, utilizzando il proprio potere. Non un attacco, ma un diversivo — abbastanza da permettere al ribelle di sfruttare quel momento di confusione nella confusione e allontanarsi dai pavor.
    Stavolta fu lui a richiamare il giovane barista, e a chiedere un altro giro. «doppio.» Poi, prima che l’altro potesse andarsene, ci ripensò e lo fermò con una mano. «lascia la bottiglia.» tanto ormai; l’aveva già fottuto per bene nella testa, tanto valeva approfittarne fino alla fine.
    Avrebbe dovuto farsi i cazzi suoi, perché quella guerra non era nulla che potesse interessare un Baker qualunque. Non gli avrebbe portato nulla, se non tante rogne.
    E invece si era immischiato, convinto di poter fare affidamento sulla sua capacità di confondersi con l’ambiente; non era così. Perché sentiva uno sguardo su di sé da troppo, e non quel genere di sguardi che promettevano risvolti interessanti per la serata. No, erano le attenzioni che di solito non portavano nulla di buono. E sapeva perfettamente da dove provenissero; ne teneva traccia dal tardo pomeriggio.
    Afferrò la bottiglia, e si allungò per prendere un secondo bicchiere tra quelli disposti sul bancone, ignorando le proteste del barista – non programmato, ahimé, per ignorare del tutto il Baker; col senno di poi, avrebbe dovuto pensarci – e si mosse pigramente per raggiungere la fonte di quel fastidio.
    Quando arrivò davanti alla brunetta, piazzò la bottiglia sul tavolo e il bicchiere pulito di fronte a lei. «offre la casa.» e, senza attendere una reazione o un invito, prese posto sulla sedia libera, gambe divaricate e braccia incrociate al petto. «perché non mi dici come mai mi stai seguendo da ore?»
    Forse non era stato così bravo a coprire le proprie tracce come credeva, e aveva la necessità di capire fino a che punto si estendesse l'entità del danno per capire come porvi rimedio. Il Testa di Porco era il posto perfetto per quel genere di discorsi, il luogo dove nessuno badava a nessun altro.
    when I go to sleep at night
    eight legged dreams arise,
    cobwebs in my eyes.
    Stuck in a web of lies,
    paralyzed like a fly.
    whenoctober 2023
    hog's head innwhere
    boardregret me, regretfully
    8 legged dreams
    unlike pluto
     
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