Sing, "Hit me baby, one more time"

@ londra, stan ft irma

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  1. awanasnais
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    irma buckley
    13.03.1994
    danzica, pl
    Suonerà strano e assurdamente folle, ma essere investita da un’auto in corsa non era la cosa peggiore che fosse successa alla Buckley — dopotutto, era stata abbandonata dai suoi genitori, rimasta orfana dell’unica donna che avesse mai considerato come mamma, l’avevano rinchiusa nei laboratori per anni … voglio dire: finire sotto le ruote di quell’auto sgangherata non era nemmeno nella top 20 delle cose più terribili mai successe in quei venti e qualcosa anni di vita.
    Ok, aveva fatto male, e l’asfalto aveva lasciato escoriazioni, laddove il tessuto degli abiti si era strappato lasciando la pelle scoperta, ma poteva sopportarlo. Inoltre, poteva sempre ricorrere al suo potere e guarire almeno in parte alcune delle ferite, ma per il momento non voleva ancora giocarsi la carte “special” con lo sconosciuto (non aveva ancora del tutto eliminato l’ipotesi che fosse un serial killer — e sì, ok, era stata lei a salire sulla sua auto, ma chissenefrega).
    «non sono sotto shock»
    Senza guardarlo, ma tenendo comunque traccia della sua figura e dei suoi movimenti con la coda dell’occhio, rispose distrattamente «uhuh» mentre controllava i danni della caduta: il gomito, stando alle scariche elettriche che sentì pervaderla quando lo tastò con due dita, doveva avere avuto la peggio, e il giacchetto di pelle era decisamente da buttare. «era il mio preferito, uff» borbottò tra sé e sé, togliendolo per avere una visuale migliore sulla ferita. Anche la gamba destra aveva riportato graffi e tagli, ed era abbastanza certa che piccoli granelli di asfalto fossero rimasti incastrati nella pelle lacerata, ma li avrebbe rimossi in un secondo momento.
    Fu un lavoro certosino ma molto veloce, era piuttosto abituata a fare una stima precisa dei danni anche con poche occhiate, e quando distolse le iridi nocciola per riportarle sul biondo al volante, la sua espressione era chiaramente quella di una che non se l’era bevuta. «certo»
    Era molto sotto shock.
    Bastava vedere l’espressione attonita e il modo in cui serrava il volante con una forza tale da suggerire che potesse sdradicarlo.
    «quindi…»
    «andiamo???
    «eh, se ti va.»
    Non capiva, sinceramente, cosa stesse aspettando: l’intervento della guardia nazionale?!
    «sai che– oddiocoseraquelverso?!?!?» cos’era stato? Si voltò di scatto per osservare i sedili posteriori, convinta di trovare un asino o qualche creatura magica rubata dallo zoo. «cos’hai nel portabagagli?! cosa–» «oddio ti ho investito scusa ma è sangue quello? sembra sangue. non ho cerotti non ho bende non ho conoscenze posso cercare su internet però»
    Ah.
    Era stato lui.
    Tornò a rilassarsi contro il sedile, la special, accarezzandosi un fianco che, nel voltarsi di fretta, aveva notato facesse più male del previsto: forse, dopotutto, la conta dei danni non era stata così precisa. «hey, hey!» sventolò una mano nella sua direzione, sperando di non distrarlo troppo perché l’ultima cosa che serviva ad entrambi era andare a sbattere contro un albero, «stai tranquillo, ok? sono viva e sto bene. un po’ di sangue al massimo macchierà la tappezzeria della tua auto ma non mi ucciderà.» pensate, avrebbe anche potuto aiutare a lavarlo via, se lui si fosse dimostrato una persona che valeva la pena di aiutare — Irma stava ancora decidendo, a riguardo.
    «dove devi andare. oltre che in ospedale. dove ti porto. al san fungo??»
    «ah-a! nope, nessun ospedale.» Non è che avesse propriamente un problema con i camici bianchi, ma aveva un problema con i camici bianchi: le ricordavano i giorni nei lab e se poteva li evitava. «sto bene, davvero. solo qualche graffio, passeranno.»
    «non sembri preoccupata. perchè non sei preoccupata? ti ho investito. messo sotto con la macchina. sprimacciata come un cuscino sotto le gomme» «parli davvero un sacco, lo sai?» e, più lui parlava, più Irma iniziava a sospettare che non fosse un serial killer: solo un poverino che si era trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato. «non sono preoccupata perché–» «sei già morta vero? oddio sei già morta» Al ché, Irma sollevò un sopracciglio e riservò un’occhiata sbieca al biondo. «nemmeno tu hai un’aria molto sana, eh. mpf.» ma guarda un po’ questo! «non sono morta, ho solo corso molto forte, e molto a lungo.» ci tenne a chiarire, braccia conserte al petto e smorfia imbronciata a curvare le labbra. «e, come cercavo di dirti, non sono preoccupata perché non è la prima volta che mi investono. hai delle gomme da masticare?» un cambio di argomento repentino, non perché avesse da nascondere qualcosa e non volesse parlare degli altri incidenti in cui era finita, ma semplicemente perché erano così banali e all’ordine del giorno, per Irma Buckley, che non valeva nemmeno la pena perderci su tempo. «o una mentina. oh, una boccetta d’acqua magari!! sarebbe il top.»
    Intanto lui: «non era così che avevo immaginato il mio primo omicidio»
    E quindi lei: «pensi spesso a come sarà il tuo primo omicidio…..?»
    Forse, infondo, magari era davvero un serial killer — uno che non era ancora sbocciato, però.
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