you made yourself a bed at the bottom of the blackest hole

nastygirlfantastic-23xoxo - ErRoR-flag

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    Un mondo nuovo, un mondo diverso — eppure un mondo così simile al vecchio, per certi versi. Non quelli belli, mai quelli belli. La storia si ripete, o così si dice, e forse dovremmo imparare dagli errori del passato per cambiare qualcosa ma non è questo il giorno.
    Oggi è il giorno in cui si impartiscono lezioni; oggi è il giorno delle condanne e della giustizia. Oggi è il giorno dell'esecuzione in pubblica piazza.
    Anche voi siete lì, nastygirlfantastic ed error, passanti richiamati dai mormorii della folla che si radunava, o spettatori volontari; siete uno di fianco all'altro, occhi sul palco al centro della piazza dove un mago e un babbano, colpevoli di aver assalito uno special poche mattine prima, sono stati fatti salire sotto lo sguardo di tutti i presenti. I volti scavati, gli occhi fieri nonostante la consapevolezza del destino che li aspetta; nessuno, nel pubblico, fiata. Si potrebbe sentire uno spillo cadere e colpire il ciottolato della via. Il boia alza una mano, tutti trattengono il fiato; l'istante dopo i due condannati cadono a terra, sguardo vacuo rivolto al cielo e labbra dischiuse.
    nastygirlfantastic-23xoxo
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    Una massa di persone ammassate e dei mormorii l'avevano richiamato verso quel palco posto al centro della piazza. «cosa succede?» chiese alle persone che erano lì ammassate da prima di lui e il volto si dipinse di orrore quando qualcuno gli spiegò la situazione. Il mago e il babbano che stavano per essere giustiziati sotto lo sguardo di tutti i presenti, non importava se dei bambini passati di lì per caso potessero vedere quello scempio. Serviva da lezione, era diretta a chiunque, l'età non era importante, non quando vivevano in un regime di violenza appena uscito da una guerra. Non era riuscito a togliere lo sguardo da quelle figure, era stato più forte di lui. Aveva sentito quella voce che fino a poco prima della guerra lo perseguiva per ben tre giorni a settimana nel Dipartimento dei Torturatori per quelli che avevano definito "lavori socialmente utili". Guarda, non distogliere lo sguardo. Aveva avuto anche la sensazione di sentire quella mano prendergli la testa e strattonargliela per puntarla su i due condannati a morte come faceva per le torture. Non peggio di quando era stato obbligato lui stesso a infliggere dolore agli altri, le lacrime a ricoprire il volto e il respiro affannato interrotto soltanto dai singhiozzi. In quelle occasioni avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non sentire le grida e chiudere gli occhi per non vedere quelle scene di violenza. Era la stessa cosa che avrebbe voluto fare ora che gli era permesso: avrebbe potuto girarsi e andarsene, coprire occhi e orecchie, ma il suo corpo non stava rispondendo ai suoi ordini. Finn odiava la violenza in ogni sua forma e non avrebbe mai accettato nemmeno di condannare la violenza con altrettanta violenza. Avrebbe voluto avvicinarsi e salvare quelle due persone, far ragionare la gente in modo che potessero trovare una soluzione più adeguata ma Finn non era un eroe. Era una persona comune, spaventata di diventare uno dei condannati a sua volta, troppo cauto anche solo per provarci. Il silenzio si era fatto pian piano largo fra la folla, diventando pesante e insopportabile mentre lo sguardo fiero, fisso e pungente dei due condannati era fisso sulla folla. L'unico movimento che era riuscito a fare quando quelle due vite vennero spezzate con uno schiocco, fu portare una mano alla bocca per evitare di urlare o forse per trattenere quel conato o forse entrambi. Iniziò a tremare, non era sicuro che le sue gambe avrebbero retto il proprio peso quindi dovette appoggiarsi proprio a quella persona che poco prima gli aveva spiegato la situazione. «no» più che una parola, ne era uscito un verso strozzato. Non li conosceva, erano stati violenti nei confronti di uno special, eppure faceva così male... Faceva così male avere la riprova che l'essere umano riuscisse a mettere fine alla violenza solo con altra violenza. Era poi una fine quella, quando le morti chiedevano di essere vendicate e si creava quel circolo vizioso agonizzante? Avrebbe voluto avere il potere di far smettere tutta la violenza che aveva messo radici nell'essere umano ed estirparla ma eccolo lì che non riusciva a tener testa a nessuno e agli occhi di tutti, soprattutto di se stesso, assomigliava più ad un pulcino bagnato che a un ribelle che avrebbe combattuto fino alla fine per il bene altrui. Non si era nemmeno schierato in quella guerra, sapeva che non ne sarebbe uscito vivo, quindi aveva pianto, si era nascosto, si era fatto consolare e proteggere da Ethan ma non aveva fatto niente per aiutare. Era pure peggio delle persone che avevano deciso di schierarsi con Abbadon perchè loro una parte l'avevano presa, una scelta l'avevano fatta e ognuno aveva combattuto per la propria causa mentre lui era solamente rimasto a guardare. E dopo tutto ciò, non era cambiato nulla.

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    vins ma solo 500 parole e pure scritte di merda? ebbene sì. sono stanca ma voglio la fidelity.
     
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    john callum 'jc' grayson
    25.10.1997
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    «cosa succede?»
    Troppo occupato a studiare con attenti occhi azzurri puntati sulle figure che avevano occupato il palco improvvisato già da svariati minuti, JC non aveva minimamente fatto attenzione al resto dei passanti che si erano radunati intorno a lui, richiamati forse dagli stessi dettagli che avevano catturato anche la sua, di attenzione, ma rimasti quasi sicuramente per motivi diversi. Non escludeva che molti di loro fossero rimasti a guardare perché interessanti, così come non poteva ignorare che molti altri sembrassero impauriti — in troppi, addirittura, indignati.
    Nella sua testa vorticavano già una miriade di pensieri sconnessi, condanne per quanto stava assistendo e rabbia per non poter fare di più: certo, non avrebbe stretto la mano a quelle persone condannate a morte perché accusate di aver aggredito uno special — ma non le avrebbe nemmeno ammazzate. Il problema del loro governo era che non fosse stato mai giusto, mai propenso a processi corretti e imparziali: avevano sempre decretato ciò che volevano, forzando le prove – o la mano di chi di dovere – pur di uscirne vincitori. Era un governo malato, velenoso, corrosivo; lo era sempre stato, e a seguito della guerra lo era diventato ancora di più.
    La violenza, già ampiamente dilagante, ormai si infiltrava in ogni insenatura e in ogni gesto; marciva ristagnando nell’odio e nella scontentezza, nell’ingiustizia e in quei cambiamenti troppo repentini, e attuati col sangue, a cui erano stati tutti forzati.
    JC aveva sempre desiderato un mondo migliore, uno in cui non ci fossero né purosangue né babbani a comandare, ma dove si potesse coesistere sullo stesso piano; un’utopia, un’idea folle e infantile, ma un mondo che aveva comunque cercato di realizzare con l’impegno e la dedizione, e sposando la causa ribelle.
    Lo aveva desiderato anche per gli special, da sempre vittime in quella storia, persone che, nella gran parte dei casi, non avevano chiesto di perdere la magia a favore di un altro potere, né di essere catapultati loro malgrado nel mondo magico quando, per tutta la vita, ne erano rimasti all’oscuro. JC aveva fatto dell’idea di aggiustare quanto rotto dagli estremisti la sua intera causa — ma fino a quel momento aveva fallito. Non sembrava esserci una soluzione al problema, un modo per ripristinare la magia in quei maghi e quelle streghe che l’avevano persa, né per rimuoverla del tutto da coloro che non l’avevano mai avuta.
    Sembrava impossibile rettificare le sperimentazioni dei laboratori.
    Così come, in quel momento, sembrava impossibile vedere al di là dell’odio e del malcontento che spingeva anche il cittadino più calmo a gesti di esasperata violenza. Gesti che, alla fine, portavano inevitabilmente a quello.
    Si costrinse a distogliere lo sguardo dal boia e i condannati, per posarlo lentamente sulla figura del giovane accanto a lui, al quale spiegò la verità con perfetta calma e senza edulcorare le parole; non ne vedeva il motivo, e la verità era sempre meglio di una bugia, o di una mezza verità. Avere le informazioni, avercele tutte, era la valuta più importante di tutte, nonché l’unica cosa che rendesse veramente forti e liberi. «li hanno condannati per aver aggredito uno special,» spiegò brevemente, la voce calma e le braccia conserte, «stanno per essere giustiziati.» La pausa che lasciò alla fine della frase volle invitare il giovane ad andarsene prima di quel gesto, se pensava di non poterlo sopportare; dopotutto, la morte, così come la vita, non era per tutti.
    E stando all’espressione inorridita dell’altro, immaginò che non avesse mai affrontato granché bene la prima — o anche la seconda, con ogni probabilità. Forse rimanere lì lo avrebbe aiutato a farlo, finalmente, o magari l’avrebbe traumatizzato ancora di più, era impossibile dirlo. Pensò involontariamente a suo fratello, e si domandò cosa avrebbe fatto se al posto dello sconosciuto ci fosse stato Ian: lo avrebbe protetto, come i loro genitori facevano da tutta la vita? O avrebbe lasciato che la realtà, per quanto marcia ed ingiusta fosse, iniziasse a fargli sviluppare un pensiero suo, un suo punto di vista, un suo ideale? Vivere traumi del genere ne valeva davvero la pena? Si rendeva conto, il dottore, che non tutti fossero ugualmente forti e in grado di sopportare certe situazioni, ma voleva che Ian lo fosse.
    Al ragazzino al suo fianco rivolse uno sguardo appena più morbido, sciogliendo le braccia e facendole cadere lungo i fianchi. Era troppo tardi per mandarlo via, o per evitare che guardasse: il boia aveva già strappato le due vite con un semplice gesto della mano.
    E il biondino non aveva mai staccato gli occhi, sgranati e lucidi, da tutta la scena.
    JC sospirò, abbassando lo sguardo sul ciottolato. Era un mondo capace solo di peggiorare, giorno dopo giorno.
    Non scansò la presa del minore, pur trovandola fuori luogo e troppo familiare, ma gli diede il tempo di riprendersi prima di pescare una bottiglietta d’acqua dalla tasca del cappotto, e offrirla al ragazzino, certo che stesse per svenirgli sui piedi.
    «ti senti bene?»
    Conosceva già la risposta, ma il massimo che poteva offrire era supporto medico e non emotivo.
    Mai emotivo.
    Per quello, magari, sarebbe intervenuta la terza persona che aveva assistito a tutto quello scambio di parole, e alla quale JC rivolse un sopracciglio arcuato e uno sguardo allusivo.
    hogwarts
    slytherin
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    be brave, even if you are not.
    pretend to be;
    no one can tell the difference.



    non io che mi imbuco ad una role di luglio proprio come avevo (minacciato) promesso di fare. ho scelto questa perché è quella col prompt più generale e non è così strano ci sia una terza persona nei paraggi; se poi mi volete rimango, altrimenti è stato un piacere baci
     
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    «li hanno condannati per aver aggredito uno special,» Alla fine era rimasto. Il suo corpo aveva deciso al posto suo. Era come vivere un incubo, aveva i piedi incollati al pavimento e non poteva muovere lo sguardo da quella vista atroce. «stanno per essere giustiziati.» Aveva deciso involontariamente di guardare quella scena, nonostante tutto, perché era ormai stato così tanto a contatto con la violenza crudele di quel mondo da reputarla normale? Il loro piano di brainwashing aveva funzionato? Voleva tanto fare l'eroe quando ormai era diventato lui stesso il mostro? Nel loro governo non c'erano stati mai mezzi termini o era tutto o era niente, o era bianco o era nero, o era buono o era cattivo, o era vita o era morte. Non si riusciva mai a trovare il giusto equilibrio, a tendere una mano e la prima risposta era sempre violenza e morte, come in quel caso. Loro avevano aggredito uno special e agito con violenza e ne erano anche orgogliosi, il che doveva aver imbestialito le autorità condannandoli a morte. «ti senti bene?» solo quando l'altro gli rivolse la parola sembrò rinsavire e si rese conto di aver trattenuto il respiro per tutto quel tempo e la realizzazione che gli mancasse aria nei polmoni arrivò come una doccia di acqua fredda. «n-no» disse una seconda volta, un verso strozzato e stridulo prima di lasciare la presa per portare entrambe la mani sulle ginocchia piegandosi su se stesso, cercando di respirare. Non notò nemmeno la bottiglietta d'acqua che gli era stata porta, troppo occupato a non morire. Stranamente era ancora in piedi. Solo qualche anno prima sarebbe svenuto dritto senza problemi per molto meno. San Valentino anyone? «volevo dire, sì» si corresse dopo qualche secondo alzando il pollice in alto, rimanendo però ancora accovacciato. Non era il caso di parlare di come si sentisse in quel momento, in mezzo a tutte quelle persone, davanti a sconosciuti di cui non sapeva niente e che avrebbero potuto probabilmente scuoiarlo vivo alla prima occasione. «è stato solo un attacco di panico, troppe persone accalcate in un unico posto. sai... agorafobia» che comunque non si allontanava dalla realtà, dato che non era riuscito nemmeno a scappare da quella situazione. Portò il braccio a coprire gli occhi cercando di asciugare le lacrime. Avrebbe voluto sotterrarsi e sparire immediatamente ma sfortunatamente, anche volendo, gli era impossibile. Le persone che man mano si erano radunate incuriositi dalla scena lo avevano spinto più avanti e ora che era finita era bloccato in quello che sarebbe potuto benissimo essere un ingorgo stradale, bloccato da chi si era fermato ad osservare i corpi o a parlare dopo l'esecuzione e chi invece si stava allontanando dallo spiazzo. «sto bene» no, non lo era affatto e stava cercando di nasconderlo il più possibile e cercare di convincere se stesso di star effettivamente bene. Perché permettere agli altri di applicare la nobile arte del gaslighting su di te quando potevi farlo anche da solo? Nonostante la persona al suo fianco fosse stata molto gentile a sopportarlo e supportarlo (letteralmente) avrebbe potuto essere chiunque. Ormai sapeva meglio di chiunque altro che fine facevano le persone che mostravano un minimo di pensiero scostante da quello del governo. Lo aveva sempre saputo ma provarlo sulla propria pelle e vederlo ed essere lui stesso a infliggere le penitenze, le torture, era tutta un'altra cosa.

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    john callum 'jc' grayson
    25.10.1997
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    Non avrebbe creduto che il ragazzo potesse decidere di rimanere, ma ad una seconda occhiata nella sua direzione, JC immaginò che non fosse stata poi una scelta razionale, la sua, quanto più una dettata dall’impossibilità – fisica – di muovere anche solo un muscolo e andare via.
    Lo vide accartocciarsi su se stesso, come una foglia piegata dal vento ma abbastanza testarda da non riuscire a staccarsi dal suo ramo — così lui, piegato con le mani sulle ginocchia, sembrava cercare nel contatto tra piedi e terreno l’unico appiglio per rimanere in piedi. E forse, in qualche modo, per rimanere sano.
    Distolse lo sguardo solo perché abbastanza maturo ed educato da riconoscere quando il momento richiedeva una certa privacy, e fece appena in tempo a notare il boia allontanarsi dai corpi dei due aggressori, prima di sentirsi costretto a riportarlo sul minore, ancora al suo fianco, e ancora piegato su se stesso.
    «n-no»
    Non disse nulla, né batté ciglio, braccia abbandonate lungo i fianchi e sopracciglio (naturalmente.) inarcato in un’espressione che, agli occhi di chi non lo conosceva affatto, avrebbe potuto sembrare scettica.
    E forse un po’ lo era.
    «volevo dire, sì»
    «non c’è nulla di male ad ammettere di non stare bene» lo informò, perché non credeva in quegli ideali da machismo inopportuno tali per cui bisognava mostrarsi sempre e comunque forti, o ripetere di stare bene quando (chiaramente) non era così. Non serviva essere un medimago, o anche solo un dottore (fasullo, come dicevano alcuni) come JC per rendersene conto.
    «è stato solo un attacco di panico, troppe persone accalcate in un unico posto. sai... agorafobia»
    Fece la grazia, per mera educazione, di annuire alle parole dell’altro, pur non credendo ad una sola di esse. Non capiva perché mentire, specialmente di fronte ad una persona che non conosceva e che, con ogni probabilità, dopo quel giorno non avrebbe mai più rivisto; non aveva alcun senso, ma chi era John Callum per giudicare gli atteggiamenti altrui? Non capirli – e non condividerli – non gli dava automaticamente il diritto di condannarli.
    «sto bene» Disse il biondo, per l’ennesima volta.
    Arrivati a quel punto, JC immaginava fosse più un modo per convincere se stesso che non gli altri; il magibiologo voleva dare al ragazzo il beneficio del dubbio, e pensarlo più furbo di così, perché sarebbe bastata un’occhiata nella sua direzione per capire che non stesse affatto bene, e – di nuovo! – non servivano necessariamente le competenze mediche del Grayson per arrivare a quella conclusione.
    Dal momento che della terza persona non c’era più traccia (giurava fosse lì fino all’attimo prima, dov’era finita?), JC sospirò e si decise a prendere la situazione fra le mani, quasi letteralmente.
    Afferrò, con una certa delicatezza ma comunque con una presa che non ammetteva repliche, il polso del ragazzo e si mise in ascolto del battito cardiaco. Accelerato, come c’era da immaginarsi, ma forte; non sarebbe morto in piazza, non quel giorno. Fortunato. «hai i battiti accelerati, e un colorito pallido. vuoi sederti?» pausa. «dovresti sederti.» Aveva assistito ad abbastanza svenimenti nel corso della vita da riconoscere i segni con largo anticipo, e il ragazzino non sembrava passarsela così bene come voleva far credere.
    Gli offrì un braccio, per aggrapparsi a lui e superare l’ostacolo delle gambe che, immaginava, non dovevano sembrare molto resistenti e stabili in quel momento, e gli indicò con l’altro una panchina libera non molto lontana.
    «è abbastanza in disparte da non soffrire gli effetti dell’agorafobia» non che credesse fosse quello il problema (o non solo, comunque) ma se poteva fornire una scusa all’altro per tentare di mantenere una certa apparenza, l’avrebbe fatto; non era il suo compito quello di mettere a disagio, bensì di aiutare.
    Certo, era un perfetto sconosciuto e avrebbe potuto rivelarsi essere letteralmente chiunque, anche uno psicopatico — dopotutto, si era ritrovato anche lui in una piazza gremita di gente pronta a assistere ad un’esecuzione pubblica; ma non lo era, e sapeva di esserlo. Immaginava che l’altro dovesse semplicemente fidarsi.
    «sono un medico.»
    O credere alle sue parole, uh.
    «sono un magibiologo una specifica dovuta, «ma posso aiutarti fino a che non starai davvero bene» con tanto di bombastic side eye strategico perché sapeva perfettamente cosa volesse dire avere a che fare con ragazzini più piccoli e incredibilmente testardi (ciao Ian!) perciò non si sarebbe fatto corrompere facilmente da un paio di “sto bene” di circostanza.
    «è perfettamente normale reagire a situazioni del genere,» gli ricordò, tornando ad ascoltare il battito nella speranza di sentirlo riprendere un ritmo più normale, «è il non reagire affatto a dover preoccupare.» sociopatia, anyone?
    Poi si ricordò di esser stato lui il primo a non reagire, fatta eccezione per la linea tesa delle labbra e lo sguardo crucciato, e si strinse nelle spalle. «ho visto… molte cose, negli anni.» era un medico; era un ribelle, «e ho sempre avuto lo stomaco abbastanza forte.» un dono! «ho imparato a compartimentalizzare molti tempo fa, al primo anno di medicina. era quello, o il tornare a casa da una bottiglia di whiskey per annegare i ricordi di quanto visto in corsia.» sembrava una spiegazione facile, una banale per quanto oggettivamente utile e normale, ma non lo era. Nulla nella vita di JC era stato facile, nonostante fosse nato con la proverbiale camicia.
    «andiamo a sederci?»
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