If I had it all I'd be dead in a week, if I had my way I'd be king for a day

KaRiAtIdE-fail!!!1!!11 - yomo-pewpew

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  1. god(dess) of thunder.
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    Thursday De Thirteenth
    accidentally helping?
    I’ve been having a hard time adjusting
    I had the shiniest wheels, now they’re rusting…
    This is me… trying
    «non possiamo lasciarlo qui»
    Thor fissò Mehan, faticando ad associare ai suoni un significato. Perché sapeva che il ragazzo aveva ragione. «Sì.» Ma sapeva anche di avere paura.
    Non era una persona cattiva, Thor, e non voleva neanche che gli altri la ritenessero tale. Una bestia, questo sempre. Qualcuno di cui avere, appunto, paura, ancora di più. Ma cattiva… paradossalmente, in un modo o nell’altro, andava contro la sua stessa natura. Era pronta e, anzi, vogliosa di fare male, solo a gesti e mai a parole, eppure la realtà era che lei, le persone, desiderava proteggerle.
    E allora perché adesso aveva paura?
    Perché si sentiva cattiva?
    Sapeva che Meh aveva ragione e che non potevano lasciare quello sconosciuto lì, morto, ma le gambe le formicolavano dalla voglia di fuggire il più lontano possibile. Voleva togliersi quell’immagine dagli occhi, dimenticare quest’ultimo tassello insieme a tutto il resto del quadro. Quel quadro che, giorno dopo giorno, si faceva sempre più grande, tanto che ormai era impossibile distinguerne i lati. Non era più un quadro, ma la realtà. Un mondo dilaniato dalla guerra, dall’odio, dalla morte.
    Sentì Mehan muoversi e d’istinto voltò il capo a guardarlo, sospirando mentalmente appena sollevata all’idea di non avere più davanti il viso immobile dell’uomo. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma sperava, anzi, desiderava con tutto il cuore che il Tryhard prendesse la situazione in mano e si comportasse da adulto della situazione quale era. Thor non era una scaricabarile, ma per tutta la vita era sempre stata abituata a non essere mai lei quella adulta e, ancora peggio, responsabile. Certo, di recente Friday aveva cercato di aprirle gli occhi e di farle capire che era arrivato il momento di quantomeno tentare di comportarsi da persona vagamente funzionale, ma il cambiamento aveva bisogno di tempo per attecchire. Anche perché Thor non voleva essere adulta. Non si sentiva pronta.
    E infatti, invece di fare quello che un adulto responsabile e normale avrebbe fatto, ovvero chiamare i soccorsi e accompagnare l’uomo – il cadavere – al San Mungo, la tassorosso si buttò sulla cosa più stupida e insensata che poté ricavare da quella macabra situazione: le coordinate.
    Al sospiro di Meh avrebbe potuto, anzi, dovuto, ritrattare, ma la sua paura della morte, e dell’età adulta, e della responsabilità, rinsaldarono ancora di più dentro di lei quella convinzione.
    «Magari… anzi, di sicuro è il suo ultimo desiderio…»
    «thor.. sinceramente non penso che sia nostro compito—»
    «È il minimo che possiamo fare, dato che…» Nonostante gli occhi lucidi, il suo sguardo era fermo, proprio come il suo tono. Tuttavia, le ultime parole si persero sulle sue labbra, in un non detto che non aveva davvero bisogno di essere espresso.
    Trattenne il respiro, inavvertitamente, vedendo invece Mehan fare l’esatto opposto. Quando rilasciò il fiato, questo rischiò di sembrare pericolosamente simile a una mezza risata. La Colombia. Perché no. Non che avesse un’idea precisa di dove fosse, ma magari, laggiù, la guerra non era arrivata così tanto. Con un piccolo cenno del capo, sorrise appena e chiuse gli occhi, concentrandosi per ricordare la sfilza di numeri. Peccato però che dietro le palpebre comparve subito la figura innaturalmente immobile dell’uomo, con ancora stampata nello sguardo quell’aria sconvolta. Deglutì a fatica il groppo che subito le era risalito in gola e si schiarì la voce, dettando ancora a occhi chiusi i numeri a Meh. «Forse troveremo la sua famiglia…?», concluse, socchiudendo piano le palpebre, per poi strofinarsele in modo da eliminare ogni traccia che potesse far pensare che lei era sul punto di piangere.
    «credo anche che dovremmo scrivere due righe da lasciare insieme... al corpo, spiegando cos'è successo»
    Stavolta fu lei a sospirare e a tirare fuori il telefono. «C’è un modo più… veloce.» Strinse forte le labbra, ripentendosi mentalmente di potercela fare. Dylan e Giacomino le avevano aperto un mondo, spiegandole i segreti della tecnologia babbana. Era tutto assurdo e decisamente magico, ma non era il momento di farsi delle domande. Si rialzò in piedi e tese una mano al Tryhard per aiutarlo a fare lo stesso: sapeva che dopo una certa età le ginocchia non erano più quelle di una volta. «Tu cerca di capire dove… dove portano quelle. Io…» Sospirò ancora, e fece partire una chiamata anonima.
    Non era brava come Kaz a dissimulare la propria voce, ma era comunque passabile. E dovette ripetersi ancora e ancora che era come uno di quei vecchi film gialli che Giacomino li aveva costretti a vedere.
    Cosa c’era di più adulto del fare una soffiata anonima al San Mungo sul ritrovamento di un cadavere?
    hufflepuff
    2005
    red fury
    This Is Me TryingTaylor Swift


    Scusa, non so più scrivere e non ha senso.

    E ti ho smollato la patata bollente (gnam gnam) delle coordinate, da brava non adult badger quale sono.
     
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7 replies since 18/7/2023, 19:00   219 views
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