If I had it all I'd be dead in a week, if I had my way I'd be king for a day

KaRiAtIdE-fail!!!1!!11 - yomo-pewpew

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  1. smart|mouth
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    mehan tryhard
    should i stay or
    should i go
    the clash
    Should I stay or should I go now?
    If I go, there will be trouble
    And if I stay it will be double
    So come on and let me know
    curioso.
    addirittura intrigante.
    se il Fato avesse messo meh nella terribile condizione di trovare per primo il moribondo, probabilmente quelle due parole sarebbero state le ultime a passare per la testa del ragazzo. aveva affrontato una guerra, mehan tryhard, eppure era ancora capace di farsi prendere dal panico per cose che si potevano risolvere mantenendo i nervi saldi — non proprio il suo punto forte.
    e certo non in quel periodo così delicato.
    perché non sapeva cosa cazzo fare, e se questa condizione normalmente non gli aveva mai creato problemi, ora che riguardava i suoi migliori amici il ventunenne ne avvertiva tutto il dannato peso sul petto: nemmeno (inserire numero imprecisato qui) sane sessioni di skin care in compagnia di erin erano riuscite a sciogliere un nodo già così intricato da far pensare che fosse ormai tardi. tardi per riprendere da dove avevano lasciato, ma anche per ricominciare.
    lo aveva letto negli occhi chiari di Halley, ritrovandosi quasi ad annegare in un mare di tristezza e rassegnazione che gli aveva tolto momentaneamente il fiato.
    lo aveva percepito nel tono di voce asciutto con il quale hunter aveva dichiarato la sua intenzione di andarsene, il più lontano possibile, e la sensazione di venire colpito in faccia da ogni singola parola era stata più che reale. tangibile.
    aveva fatto qualcosa per impedirlo? no.
    perché era stato anche lui sul campo, dalla parte opposta; e di parole, quando servivano davvero, non ne aveva trovata nemmeno una. per quanto potesse sembrare coraggioso e sfrontato nelle situazioni più rischiose, mehan rimaneva quello che nel cuore in fondo era sempre stato: un codardo.
    «thor?» forse, se non avesse riconosciuto la ragazzina china sul corpo, non si sarebbe avvicinato ulteriormente. Gli ultimi avvenimenti avevano insegnato al tryhard una legge non scritta che, con tutta probabilità, avrebbe dovuto imparare molti anni prima: chi pensa per sé campa cent'anni. se la teneva chiusa nel petto, nascosta tra le costole, da dove non potesse affiorare ogni volta che si guardava allo specchio; odiava, seppur incapace di ammetterlo ad alta voce, non riconoscere il cento per cento di se stesso nell'immagine che la superficie riflettente gli restituiva. Qualcosa non andava negli occhi nocciola, la linea delle labbra sottili sempre un po' troppo piatta e tirata — avrebbe volentieri dato tutta la colpa alla guerra, ai milioni (milioni, cristodio) di morti, al suo migliore amico che aveva tentato di uccidersi già una decina di volte senza rendersi conto, mannaggialaputtanahunter, quanto dolore provocasse negli altri invece che a se stesso.
    Ma la verità era che, in primis, gli mancava suo fratello.
    Tremendamente, come un arto strappato via dal corpo del quale ancora si sente la presenza fantasma: avvertiva il prurito, mehan, ma non c'era niente da grattare.
    E non poteva dirglielo, perchè Behan stava bene lì dove stava: lontano dall'orrore, dalle lacrime, dalla morte. al sicuro «hai bisogno di aiu-» la mano destra del ventunenne, istintivamente avvolta attorno alla bacchetta, ricadde lentamente lungo il fianco mentre si sporgeva oltre la schiena china della tassorosso e, alla fine, registrava anche la presenza del moribondo. Un uomo come tanti, portato allo stremo, a malapena in grado di parlare «e' ferito? » chiese direttamente a thor, prima di accucciarsi a mezzo metro dalla ragazza, le dita di nuovo a sfiorare la superficie lignea del catalizzatore: oltre alla lezione sul farsi i cazzi propri, quei tempi oscuri gliene avevano insegnata una seconda, altrettanto fondamentale.
    fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
    «signore, è stato aggredito? Riesce a parlare?» per poco, quando l'altro aprì gli occhi, inghiottendo un infinitesimale quantità di ossigeno, mehan non si capottò all'indietro. Se quello era già il momento per piangere, era fucking pronto. Ma l'uomo non era uno zombie carnivoro pronto a mangiargli il cervello (porzione scarsa, amico mio), e dalla gola gli uscì solo un borbottio rantolante e colmo di fatica: abbastanza importante, però, da consumare le sue ultime energie per ripetere quanto già sussurrato a thor, e mettere entrambi al corrente del segreto che, con tutta probabilità, aveva rischiato di portarsi nella tomba.
    Anche perchè, un attimo dopo, era morto.
    Si, scusa saretta, palla ha deciso così.
    «ma mannaggia alla-» portò entrambe le mani a premere contro la bocca, il tryhard, soffocando l'impropero contro i palmi prima di usare i polpastrelli per cercare il battito sotto il mento. non sentiva niente, semicit. «ma cosa è successo? Dobbiamo chiamare qualcuno, portarlo al san mungo.. tu hai capito cos'ha detto?» dopotutto, thor era arrivata sulla scena prima di lui, magari aveva una vaga idea del pasticcio nel quale si erano andati a ficcare.


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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
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