claw my way out through these walls

[ ty ft. bertie ]

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  1. sehnsüchtig.
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    Adalbert? Behemoth
    I just got lost.
    Every river that I tried to cross,
    every door I ever tried was locked…
    Oh, and I’m just waiting ‘til the shine wears off.
    Adesso che le bollette le pagava anche lei, nessuno poteva più impedirle di tenere l’aria condizionata a balla, almeno in camera sua. No, nemmeno Chelsey, nonostante tutto. E allora perché cazzo non era rimasta a congelarsi le chiappe sotto almeno tre strati di coperte, con uno sbalzo termico, tra dentro e fuori, di almeno trenta gradi? Perché aveva voluto dimostrare di poter uscire da quella stanza e di essere ancora in grado di fare cose normali?
    A nessuno fregava un cazzo.
    In generale, certo, ma soprattutto di lei.
    Naturalmente Bertie aveva la coda di paglia e un’innata propensione al vittimismo, ma c’era comunque un fondo di verità in quell’amara consapevolezza. Non che prima fosse al centro dei pensieri della gente, sebbene le piacesse convincersi del contrario, ma adesso avevano tutti ben altro su cui focalizzarsi. Lei compresa, una volta smesso di crogiolarsi nel proprio dolore e nella propria apatia. Ma, sebbene si fregiasse di essere brava in qualsiasi cosa, l’autocompatimento era ciò che le riusciva meglio.
    «immagino»
    Ovviamente Ty non immaginava proprio un cazzo, ma stranamente non glielo fece notare. Aveva troppo caldo per farlo. Si stava pentendo di tutto. L’essersi resa presentabile, l’essere uscita di casa, l’essere lì. L’esserci e basta, in effetti.
    Ma non si sentiva realmente pentita di aver interpellato Taichi.
    Perché non le avrebbe rotto il cazzo. Perché, come lei, si sforzava in tutti i modi di vivere nel proprio au, dietro quel muro di apatia che, a forza di fare resistenza, prima o poi avrebbe ceduto tutto d’un colpo, riversando loro addosso la marea di emozioni represse che si trascinavano dietro.
    «Fa veramente schifo. Essere così.» Non era del tutto vero, specie quando sapeva per esperienza di cosa era capace quel corpo, soprattutto con Sorta nei paraggi, ma non era quello il punto. E le mezze verità erano pur sempre il suo pane quotidiano. «Senza offesa, ma lo so che lo sai.»
    Nessuno dei due aveva scelto di essere così.
    Special.
    E depresso.
    «noi amo»
    Ecco appunto. Quello slang da genZ era stato datato alle sue orecchie, almeno un tempo, ma ormai lo sentiva così spesso da dover ammettere di essere quasi abituata. Non che vi avrebbe ceduto, questo era ovvio, ma fece un minuscolo cenno di assenso, perché sì, Ty aveva ragione. E soprattutto aveva avuto ragione lei: per crogiolarsi ancora un po’, ma ora alla luce del sole, in quella merda, il Limore era la spalla adatta.
    E forse, nel mentre, era anche in grado di darle qualche consiglio non richiesto ma silenziosamente desiderato.
    «Mmh», borbottò a denti stretti, dando però il via libera alla richiesta di Ty di farle una domanda. Anche solo per la straordinarietà del fatto, se non altro. Fosse stato qualcun altro, gli avrebbe mangiato la faccia con un commento sarcastico. Adesso non ne aveva però la forza. E forse non voleva neppure.
    Osservando una nuvola fantozziana addensarsi sopra di loro, le labbra le si tirarono in un mezzo sorriso, per l’assurda e insensata perfezione della cosa. E anche perché, nonostante la lieve ombra, l’afa continuava a soffocarla, impedendole tanto di respirare a pieni polmoni quanto di tirare le cuoia una volta per tutte. Si stravaccò sulla scomoda panchina stendendo le gambe decisamente più lunghe di quelle a cui era abituata davanti a sé, la nuca poggiata sulla spalliera e gli occhi fissi sulla nuvola grigia.
    «come mai non hai il tuo solito assetto*»
    «Secondo te?» Il suo proposito di non essere sarcastica aveva resistito per ben due minuti, un vero record.
    «sono solo curioso, ma non devi rispondere per forza.»
    Sospirò, cercando senza troppo successo di raccogliersi i capelli in un goffo chignon sulla testa. Aveva tre sorelle e due cugine, ma le acconciature erano sempre state il terreno di Minnie e Florrie. E di suo padre, naturalmente.
    «Vorrei dire che il cazzo mi aveva rotto, ma mentirei», ironizzò, cercando di interpretare la forma della nuvola sopra di loro. Un uccello, forse? Che poi in parte era pure vero, però non era un problema di quelli altrui. Il suo sarebbe mai tornato?
    La confusione del Limore era più che legittima. Ed era anche la sua, in effetti. «Sinceramente non lo so manco io. Come sto messo. Messa. Boh? Entrambi? Nessuna? Vorrei fosse nessuna, e mi sento nessuna delle due, ma… sono qui. Purtroppo.» Non che nella sua testa avesse senso, però ad alta voce era pure peggio. «E non so niente neanche di… questo.» Si indicò con un gesto svogliato, e schifato, della mano. «Presumo di essere capace di trasformarmi in altre, ew, persone, adesso, ma per ora… sono solo così. E non tornerò mai più me stesso.»
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    … special
    depressed
     
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