Imagine for a minute the way that I'd be living if only I could

stiles ft. hugo, ciao sara! adieu!

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  1. idk‚ man
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    andrew stilinski
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    Non era il momento storico adatto per essere un ex alcolista. Come avrebbe detto un qualsiasi gen z, Stiles sperava di morire prima - con la postilla, però, di essere morto sul serio, e non aver risolto comunque un cazzo, perché era tornato e la situazione era solo che peggiorata. Mordicchiò il labbro inferiore fra i denti, roteando fra le dita il gettone del quarto anno di sobrietà ricevuto dal gruppo di alcolisti anonimi qualche giorno prima.
    <>Yikes.
    Avrebbe dovuto farlo sentire meglio di così, ma la necessità di dovercisi sempre aggrappare pur di non ricadere nei vecchi errori, non lo aiutava quanto avrebbe dovuto. Lo strinse nel palmo come una promessa, cercando di incastonarselo sulla pelle e crederci un po’ di più.
    Che valesse qualcosa.
    Che bere non fosse la soluzione.
    Come se ogni giorno, ogni maledetto giorno. Andrew Stilinski non avesse avuto qualcosa che avrebbe preferito dimenticare. Almeno per un po’, quanto bastava a cancellare dalle iridi caramello l’ormai costante patina di stanchezza che neanche una settimana di sonno avrebbe potuto placare.
    Una guerra in cui non aveva avuto voce in capitolo, non per davvero.
    Un mondo devastato che aveva cercato di non calpestare, Stiles, trattandolo comunque come aiuole di un parco pubblico, ma che qualcuno aveva schiacciato comunque. Era rimasto a guardare, omertoso; aveva stretto i denti ed abbassato lo sguardo, perché almeno la lingua morsa era la propria e non quella che Abbadon gli aveva infilato in bocca. Metaforicamente, s’intendeva; la loro conoscenza si limitava al rapporto Gesù Lazzaro, nulla di carnale sul fronte #stabby.
    Aveva sentito di Archibald e Arabells, dopo; di Erisha e Neffi, dopo.
    Di Sinclair Hansen.
    Di Hunter e Halley.
    Non aveva ceduto all’alcool. Aveva scelto di respirare, lentamente, e di spingere con cautela le proprie dita prima su una casella e poi sull’altra. Non era mai stato bravo in matematica, ma si era detto che calcolando i movimenti al millimetro, avrebbe potuto gestire tutto, sia le questioni principali che quelle strettamente connesse: Murphy; il resto dei Losers; Heather Morrison.
    “Andrew Stilinski” rientrava in entrambe le categorie, ma aveva volontariamente scelto di ignorarla - di ignorarsi - in favore di tutto il resto. Vedere se stesso all’interno dei contesti rischiava di diventare, come avrebbe detto la figlia quattordicenne della sua collega al San Mungo, un po’ too much, e quindi si era buttato a testa bassa su quello che non era in grado di gestire senza un crollo isterico. Tornare a lavorare ad Hogwarts, era stato terribile come sembrava.
    Ragazzini che erano rimasti.
    Ragazzini che erano tornati.
    Chi aveva perso tutto; chi non aveva perso nulla.
    Tutti a cercare qualcosa, nelle parole di Stiles, che lo psicomago forzava perché fossero in grado di trovare, e fosse quello di cui avevano bisogno. Il solo pensiero di cosa lo aspettasse il giorno dopo al castello, bastò a far indugiare lo sguardo sulle bottiglie ordinatamente riposte dietro il bancone, qualcosa di simile alla malinconia a torturare le labbra sottili dell’ex Tassorosso. Labbra che costrinse verso l’alto, ed occhi che scollò dall’invitante vetro dei super alcolici, per riportarlo sulla persona seduta dall’altra parte del tavolo. Non era un incontro ufficiale, quello, anzi, era tutt’al più la cosa meno professionale che potesse fare. Non c’era la privacy del San Mungo, e Stiles non indossava il cartellino che lo indicava come psicomago: sula carta, quello era un incontro fra amici. Anime gemelle, perfino, se si voleva credere al Fato.
    Nella pratica?
    Hugo Cox non aveva bisogno di un amico, aveva bisogno di terapia. Era Stiles a non potersi permettere un altro cliente, ed aver ripiegato su quell’assolutamente illegale compromesso da cui decise di sentirsi meglio offrendo un «da ragazzo lavoravo qui» perché se dava informazioni su se stesso, era già uscito dalla sfera puramente terapeutica di quell’incontro. «che esperienza. Un po’ mi manca» un sorriso più gentile quello ad aleggiare sulla bocca dello Stilinski, sopracciglia sollevate. esperienza era decisamente l’eufemismo migliore per descrivere il suo oskuro e losko passato da cameriere ai Tre Manici di Scopa; era felice fossero rimasti in pochi a ricordarlo.
    Anche Hugo non sarebbe rimasto ancora a lungo ad averne memoria, ma quello era un problema di Sara VJ: l’aveva voluto lei, e così fosse. Sara SR lo trovava un po' estremo come metodo per sfar smettere di piangere Hugo, un po' definitivo, ma aveva smesso di giudicare le scelte dei suoi compagni di giochi molto tempo prima.
    E poi almeno Hugo poteva tenere al caldo il posto anche per l'altra sua anima gemella, così era derogatory doppio per Dominic.
    Tiè.
    gif code
    26 y.o.
    psychowiz
    soulbruh
     
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7 replies since 25/6/2023, 20:20   214 views
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