Fire meet Gasoline

Residenza Veen & oltre | Corvina x Günther

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    TW: VM18 [questa finirà direttamente in Cravings poi, ops, ma per una volta lo so già]

    corvina fosca van veenspecial wizard
    Non era sopravvissuta di certo alla guerra per questo.
    Eppure.
    Eppure.

    Con lo Statuto di Segretezza alle ortiche e Abbadon in cima alla catena alimentare, l'opportunismo tipico dei suoi genitori non aveva tardato a farsi sentire, nel senso che in quello che avevano cercato di non vendere come uno sforzo di bontà l'avevano praticamente reintegrata come membro della famiglia.
    Aveva onorato il loro nome nonostante tutto schierandosi dal lato dei vincitori, dicevano.
    Aveva onorato la famiglia accettando senza proteste la sua condizione di diseredata, dicevano.
    La cosa peggiore? Si erano persino scusati di averla colpevolizzata di una condizione, quella di Esperimento, che a conti fatti era non dignitosa, di più.
    Erano stati davvero ciechi, ripetevano.
    Doveva perdonarli, chiosarono infine.

    Ed era così che sua madre voleva farsi perdonare?
    Indicendo una serata di beneficienza per "festeggiare il suo ritorno"?
    Corvina sospettava volesse solo distendersi i nervi. Perché sì, la signora Veen si distendeva i nervi organizzando stupide festicciole da nobilastri ancora incatenati al medioevo. Si era chiesta più volte negli anni se fosse solo una dimostrazione di benevolenza il fatto che la moda si fosse aggiornata e sua madre non pretendesse un dress code rimasto almeno due secoli indietro.
    La dimora dei Veen, una illustre famiglia di origini fiamminghe, era un palazzo nobiliare altrettanto lustro e in aggiunta cupo incastrato in un borgo storico nella parte nord di Londra. Più ampio all'interno di quanto non sembrasse dall'esterno, come era tipico di certe dimore magiche di nome e di fatto, gli ospiti di quella serata si sarebbero sentiti più che a proprio agio e per nulla claustrofobici nonostante si trattasse di una mera abitazione cittadina.

    Ma insomma, questa festa?
    Una vera noia.
    Ve la devo descrivere?
    Fondamentalmente una noia.
    La classica serata di beneficienza che vi aspettereste da una famiglia di Purosangue - o sedicenti tali, si sa mai, in fondo tutti abbiamo i nostri scheletri - di una certa, illustre risma. Di gente importante ce n'era di ogni età e nazionalità, fra amici di famiglia, amici di amici e altre ramificazioni del concetto che potete bene immaginare. Ovviamente, la signora Veen le aveva fatto una testa così su vita, morte e miracoli degli invitati su cui era più esaltata, prevalentemente persone che conosceva o poco o per niente ma che era riuscita ad invitare grazie ai suoi preziosi agganci nell'alta società. E sempre la signora Veen si aggirava ora con la dignità di una altezzosa cagna da mostra a cercare di intrallazzare gli invitati con le sue chiacchiere vacanti sulle sue ultime letture, lo spettacolo teatrale del momento o, ancora peggio, il suo passato archiviato da attricetta, di teatro sempre, di cui amava pavoneggiarsi con la stessa sfacciataggine con cui sfoggiava lunghe piume variopinte sul suo abito, per non parlare di quelle con cui si sventagliava, neanche ci fosse un enorme uccello tropicale ad infestare il salone anziché una matrona.
    Per fortuna di Corvina, le uniche volte in cui le dava attenzione era per chiocciare su quanto la trovasse incantevole quella sera, con quella sottile soddisfazione di ritrovare, nonostante gli anni di lontananza, una figlia che per proprio malgrado sapeva ancora come accontentarla abbastanza da farle sigillare ben bene il becco con la colla e non dare adito a panegirici di alcun tipo.
    Per lo stesso motivo, infatti, si stava sforzando di scambiare qualche parola qui e là, soprattutto dando retta a chi cercava di richiamare la sua attenzione, ma la serata andava avanti da un po' e Veena iniziava ad essere davvero esausta, per sfortuna del lontano zio che aveva deciso di attaccarle un discorso tutto salamelecchi circa la sua partecipazione all'ultima Guerra Magica.
    Forse, forse, sarebbe stato meglio rimanerci secca, tutto considerato.
    Almeno per quella sera, grazie di niente Abbadon.


    Edited by .izével - 14/6/2023, 12:55
     
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    Günther Máni von Schneider
    Non voleva essere lì.
    Era una verità sconcertante, allarmante, potente che nella mente del mago pulsava nelle tempie con la stessa forza dei cumulonembi, pronti a scatenare pioggia torrenziale su tutto e tutti. Il suo venerabile bis nonno aveva insistito se non preteso la sua presenza e di tutta risposta il giovane nipote aveva risposto con un delicatissimo quanto fermo "No" ma era bastata una richiesta semplice della sorella gemella per convincerlo. Richiesta, non obbligo, una differenza enorme oltre che se a chiederlo era una delle due sorelle non avrebbe mai risposto come al patriarca di casa.
    Per questo si trovava lì, a quella festa assurda e pomposa senza sapere davvero perché, Héloïse aveva chiesto di mantenere un profilo basso, il più basso possibile, al punto che il magizoologo aveva lasciato a casa nel suo bellissimo terrario la Cobra Reale che gli faceva sempre compagnia. Non avendo nessuno con cui parlare si ritrovò dunque a mettersi seduto da solo, da una parte, con gli occhi vacui ad osservare la gente che nella loro maniera pomposa e boriosa sfilavano sul lucido marmo di quella vetusta dimora che sapeva di decadenza.

    Lui nonostante tutto era notabile: fasciato dalle sapienti mani della sorella, mostrava un completo che era sia al passo con i tempi ma altresì strizzava l'occhio al passato e alle sue arcaiche tradizioni, dandogli un'aria risoluta da mago ma più sbarazzina, gioviale. Cosa che però non veniva riflessa sul volto dato che si stava annoiando da morire.
    Morire forse no, ma le valutazioni sulla serata erano disparate e cominciò seriamente a valutare se ingerire un veleno in grado di farlo stare sufficientemente male da fargli vomitare un po' di sangue per far scena e scappare così da quell'evento, bere l'antidoto necessario per far sparire ogni traccia di intossicazione e potersi godere i fatti suoi.
    Ma avrebbe lasciato la sorella da sola e lei aveva chiesto di mantenere un profilo basso. Non sarebbe stato mantenere un profilo basso in quel caso.
    Così, con il suo bicchiere di roba alcolica non meglio precisata in mano, su una sedia messa il più possibile lontana dalle persone, beveva di controvoglia quello che sicuramente era una costosissima bevanda che sapeva di uva annacquata. Disgustosa, buona solo per palati che pensavano più a quanto costasse che al gusto.

    E se invece avesse avvelenato i presenti? In maniera casuale, neanche un veleno troppo potente, qualcosa che potesse smuovere i loro stomaci a flatulenze rombanti come tromboni spaccati. Almeno avrebbe animato una serata destinata ad essere la più noiosa degli ultimi dieci anni.
    Ma anche lì, non avrebbe mantenuto un profilo basso.
    Sbuffò con la forza dei suoi polmoni, stendendo le gambe e guardando le bollicine sollevarsi dal fondo del bicchiere.
    «Mi annoio.»
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    corvina fosca van veenspecial wizard
    Nessuno con un briciolo di senno in corpo avrebbe voluto davvero essere lì. A parte forse certe reliquie in età senile come il lontano zio a cui stava rifilando frasi di circostanza in risposta alle sue domande ed osservazioni da almeno dieci minuti.
    Respirava profondamente di tanto in tanto, chiudendo al contempo gli occhi un po' più a lungo del normale mentre cercava in sé la forza di non dire qualcosa di assolutamente sconcertante e scandaloso per far cedere istantaneamente il povero cuore di boomer del suo interlocutore.
    In fondo, niente ravvivava di più una festicciola aristocratica di un morto, Agatha Christie docet.
    Ma non potendo davvero lasciarsi andare a simili tentazioni, guardava invece oltre le spalle e attorno a sé come poteva in cerca di qualcosa che potesse fungere da valida scusa per defilarsi dalla conversazione e possibilmente anche dalla stanza.
    Ci volle un po' prima che lo notasse.
    Seduto, sguardo spento, bicchiere semi-colmo davanti, praticamente L'assenzio di Degas.
    Cosa ancora più importante, era un uomo giovane a cui non avrebbe dato qualche anno in più dei suoi.
    Praticamente, vincere alla lotteria.

    « Ma- scusami, zio, scusami tanto, devo proprio andare- » aveva alzato una mano esibendo indice e medio in una immagine quasi cristologica, ma che voleva solo stare a significare che doveva interrompersi, cosa che l'uomo fece, sbattendo un paio di volte le palpebre mentre Corvina gli sfilava di fianco, con un suono frettoloso di tacchi sul pavimento levigato.
    « Ti ho cercato dappertutto, amore...! » si premurò di dirlo mentre era ancora a portata di orecchio del vecchio, in modo da fargli mettere l'anima in pace, ma dovette infilare davvero pochi e lunghi passi prima di ritrovarsi di fronte all'inconsolabile Schneider. Con tutta la naturalezza del mondo, gli prese il viso fra le mani - per tenerlo ben fermo e rivolto verso di sé - e gli stampò sulla bocca il bacio meno consensuale nel raggio di venti chilometri, occhi leggermente socchiusi a guardarlo da sotto le ciglia, cercando le labbra altrui con le proprie con ancora l'ombra di un sorriso lieto e una convinzione che chiunque altro, Günther in primis che lo stava subendo, avrebbe potuto interpretare inequivocabilmente come passione. Vi si dedicò quella manciata di secondi che bastava a convincere eventuali astanti che fosse estremamente felice di vederlo, per poi staccarsi col viso e fermarsi a un paio di centimetri scarsi.
    « Shhhh, assecondami- » soffiò immediatamente fra le labbra, con ancora su quel mezzo sorriso e allentando un po' la presa sul volto dell'altro; riprese a parlare quasi subito, stavolta ad un tono di voce più normale ma non alto e plateale come prima: « Che ne dici di quel tour della casa che ti avevo promesso...? È un po' confusionario qui, nessuno sentirà la nostra mancanza. » era molto sicura di sé quando si trattava di fingere, dunque la supplica fra le righe di reggerle il gioco si poteva solo supporre, ma sarebbe stata una supposizione molto esatta.
     
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    Günther Máni von Schneider
    Tra i tanti pensieri che stava facendo, quello che lo cullava di più era la possibilità di potersene andare per il mondo alla ricerca di creature. Per via di tutto quel casino tra guerra, Abbadon e compagnia cantante aveva dovuto rinunciare per troppo tempo alle sue "scampagnate lavorative" alla ricerca di animali magici e dei loro affascinanti veleni e poter grattare quei pancini pericolosissimi.
    Chissà cosa avrebbe potuto trovare questa volta ma soprattutto, dove sarebbe andato? La mente cominciò a cercare un posto sperduto che non aveva ancora visitato per nulla o visitato sì ma in maniera veloce e improvvisamente l'idea di andare in Guatemala non sembrava poi così sciocca, con tutte le culture pre-colombiane che erano cresciute in seno alla terra forse avrebbe potuto trovare dei testi che parlavano di alcuni animali antichi e che potevano essere ancora scovati, nuove specie da rimettere nel grande almanacco degli animali fantastici e dove trovarli, una vera bibbia per uno come lui. Un po' troppo buonista ma comunque il testo più valido su cui studiare.
    Fissando il fondo della sala poteva già vedere il suo viaggio distendersi, come in un sogno lucido ad occhi aperti e ne era così rapito, così concentrato che non si accorse minimamente di Corvina né delle sue parole. Erano proprio fuori dalla sua percezione totale e quando se la vide davanti fu già un secondo troppo tardi.
    Le mani della donna arrivarono prima della sua comprensione e quando riuscì ad inquadrare la ragazza se la ritrovò direttamente sulle labbra nella maniera più inaspettata e non richiesta del mondo.

    La mente dell'uomo ragionò con la stessa velocità con cui un lampo si palesa in cielo. Si stava annoiando e all'improvviso, ma in maniera proprio fulminea, una donna che non conosceva e che era sicuro di non aver mai visto prima nella sua vita aveva deciso che le sue labbra erano esattamente il posto giusto dove parcheggiare le proprie e neanche starsene ferma, lì, in maniera molto casta ed innocente, si stava palesemente impegnando dal momento uno per portare quel bacio ad una passione tale da far imbarazzare i muri della casa. Se ci fosse stata Stige, la sua Cobra Reale da compagnia avrebbe ucciso senza neanche pensarci due volte la donna, interpretandolo come un attacco bello e buono al suo padrone, per fortuna l'aveva lasciata a casa come aveva detto la sorella. Sempre previdente lei, per entrambi.
    C'era anche un'altra considerazione da fare, una più semplice e basilare: perché limitarsi ad essere passivo? Quindi quel mezzo secondo dove effettivamente non seppe cosa fare si tramutò in una vera e propria dichiarazione di intenti, una risposta bella e buona che sembrò leggere nel sottobosco dei pensieri altrui ma che invece era tutta farina del suo sacco, almeno fin quando lei non si staccò.
    Non fece una mossa né disse null'altro, all'offerta si limitò ad alzarsi in tutta la sua altezza e poggiare il bicchiere esattamente sull'orlo del bracciolo in un equilibrio precarissimo, con quel vago senso di pericolo che si può avere ogni volta che si mette un oggetto fragile troppo vicino ad un orlo con precipizio annesso. A lui francamente non fregava nulla di quella casa ma ogni cosa pur di avere altro da fare e sicuramente l'altra aveva scelto un modo interessante per presentarsi; soppesandola un attimo con lo sguardò credette che anche la sua gemella non avrebbe avuto nulla da ridire su come le cadeva il vestito. «Fai strada.» Sibilò piano e non in Serpentese, una voce che a stento si poteva udire in quel momento, anchilosata dal troppo inutilizzo.
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    corvina fosca van veenspecial wizard
    Se avesse potuto effettivamente ridere mentre limonava, lo avrebbe fatto. Avere due teste sì che sarebbe tornato utile anche per momenti del genere, ma stiamo divagando. Nella sostanza, bisogna ammettere che sentirsi assecondare così, dal momento zero, anche nel bacio, era fin troppo soddisfacente in una maniera che aveva del preoccupante.
    Se non altro, era un ottimo motivo per far contare davvero tanto quei secondi di contatto assolutamente inconsulto e approfondito. Non avrebbe potuto farlo apposta a scegliere di disturbare qualcuno che si meritava davvero un bacio con la lingua professionale dei suoi, eppure, quando si dice il caso.
    O forse tutte quelle menate sul destino che sciorinavano nei romanzetti da due soldi erano più reali di quanto Corvina avrebbe potuto pensare.

    Perennemente in bilico sull'essere troppo attenta e troppo menefreghista, un po' come quel bicchiere lasciato sull'orlo del precipizio, notò e non notò la scelta assolutamente bizzarra fatta dallo Schneider prima di abbandonare la comodità della sedia.
    Con tutte le considerazioni che si potevano fare, le venne da pensare che tutto sommato quel tizio poteva essere un tipo davvero strano. Strano nell'accezione migliore a cui la Veen potesse pensare.
    Si fece tuttavia bastare il suo acconsentire per infilare il braccio sotto al suo e agguantarlo in quella maniera subdola e delicata che solitamente si associava a certe donne civettuole della mitizzata Reggenza Inglese. Da lì, sarebbe stato davvero facile condurlo via dal salone fino ad uno dei corridoi adiacenti, quello che nello specifico avrebbe potuto facilmente condurli al salone d'ingresso della residenza cittadina dei Veen.
    Avrebbe camminato quel tanto che bastava per essere sicura che non vi fosse nessuno tranne loro prima di lasciarlo, con la stessa leggerezza e noncuranza di un pescatore che sgancia un pesce dall'amo subito dopo averlo tirato su.
    « Sei salvo, mi devi un favore mio teutonico amico. » si appoggiò distrattamente alla parete poco distante di schiena, rimanendo rivolta verso la figura svettante del tedesco. « Le feste di mia madre sono davvero pallose, quindi ti consiglio di smaterializzarti in posti più interessanti, tu che puoi. » le piaceva essere amichevole, soprattutto se poteva esserlo e insultare i suoi genitori nello stesso momento. Tutte le famiglie infelici sono infelici a modo loro, no? Eccetera. « A meno che tu non contassi sullo scopare nel letto dei miei o cosa, se proprio dobbiamo, e non dico che mi dispiacerebbe, spererei in un posto nuovo perlomeno, mh. » innegabile che Veena fosse sempre stata maestra nel tirare fuori dal mazzo spunti di conversazione assolutamente interessanti ed opportuni. Ma parliamo anche del fatto che stava etichettando lo sverginare più o meno letteralmente qualunque superficie della sua casa di famiglia come di una cosa assolutamente banale, noiosa, quasi triste.
     
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    Günther Máni von Schneider
    Se c'era una cosa che aveva imparato era la sottile arte di sembrare qualcosa che non era, una pelle in cui nascondersi per poi sgusciare via all'occorrenza, così da non dover mentire troppo tempo a sé stesso. Inoltre non lo faceva per divertimento o per un principio personale di camaleontismo, più per far piacere alla sorella a cui aveva promesso di comportarsi bene e mai e poi mai avrebbe fatto fare una brutta figura alla sua gemella.
    Proprio mai.
    Avanzando dunque verso quei corridoi sconosciuti la mente del magizoologo cercò di comprendere - applicando curiosamente l'etologia studiata sulla ragazza - quale fosse il suo vero desiderio a parte quello di scappare. Era stranamente interessante ed intrattenente cercare di comprendere le sottili elucubrazioni che si nascondevano dietro la fronte ricoperta di capelli scuri della donna che, ad essere onesti, non aveva neanche capito chi fosse. Anche perché non si era minimamente informato, aveva lasciato tutto alla sorella, a lui poco importavano le persone che presenziavano. Fosse stato per lui avrebbe tranquillamente lasciato un tizio con le sue sembianze fermo in un luogo ad annuire e sorridere. Quindi non aveva la benché minima idea né sospetto che la limonatrice seriale fosse anche la padrona di casa.

    Quando lei lo lasciò si fermò di botto, come se fosse stato sotto la maledizione Imperius e il non battere troppe volte le palpebre rafforzava terribilmente questa sensazione, una sorta di involucro svettante e privo di una coscienza dietro gli occhi terribilmente grandi e chiari o almeno, ad un primo acchito, così poteva sembrare. Ci furono un paio di rivelazioni che però sembrò non cogliere subito, il filo dei suoi pensieri sembrava stranamente lento, poiché aveva deciso di ragionare a basso consumo energetico: ringraziamento (doveroso), posti interessanti e vituperare il talamo genitoriale o proporre altro di più interessante. La cosa interessante che poteva però essere compresa era come lui non fosse minimamente imbarazzato o interdetto dalle parole dell'altra.
    La prima cosa che fece fu mettere una mano in tasca e rovistare un po'. Le sopracciglia si aggrottarono e le mani cominciarono a stropicciare ogni tasca fin quando qualcosa non illuminò il volto, una realizzazione che gli fece roteare gli occhi. Non erano i suoi soliti vestiti pieni di utilissime cianfrusaglie, non poteva darle ciò che pensava fosse il miglior ringraziamento che potesse pensare. «Ti devo un Bezoar.» Commentò, ritornando assurdamente cheto sul posto.
    «Potrei, ma non ho una motivazione abbastanza importante o divertente per farlo.» Rispose, fin quando non giunse effettivamente quella sorta di proposta non troppo vaga. Lui non sembrò per niente abbattuto o sconcertato, come detto, sollevò gli occhi e le mani, cominciando ad enunciare luoghi interessanti e a contarli con le dita. «Il bagno di un dentista, lo stanzino delle scope al San Mungo, in mezzo al giardino di questa magione, il serraglio di animali in fondo alla strada - quello con quei Mooncalf carinissimi! - lo scantinato della signora Willbur in Pennsylvania, la cima della Tour Eiffel, nella biblioteca del Vaticano a Roma. » Si fermò, come bloccato da un incantesimo bloccante, ma fu un momento per poi tornare a guardare lei con le dita - sette in tutto - e nessuna espressione in volto. Fece tornare le mani in tasca e con una scrollata di spalle aggiunse. «Se hai altri suggerimenti sono ben lieto di ascoltarli. A patto che siano interessanti, altrimenti scegli uno di questi ed evitiamo di... Perdere tempo, immagino sia la frase giusta. Oh! Ci sarebbero anche gli acquari babbani: mooolto affascinanti anche se desolanti per le creature all'interno, sapevi che hanno creature magiche e non sanno che sono magiche? Sempre trovato incredibile! Danno la colpa agli squali se scompaiono, ma se non ti rendi conto di vere delle Spigole Sbigottite il problema è il tuo.»
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    corvina fosca van veenspecial wizard
    Sentirlo iniziare a parlare così tanto fece un effetto strano, una sensazione molto vicina alla sorpresa ma che veniva prontamente temperata dalla consuetudine intrinseca all'evento comunicativo. In fondo lei gli aveva fatto la serenata e lui aveva tutto il diritto di rispondere per altrettanto; allo stesso tempo, però, non pareva per nulla la persona vacua e persa nel proprio mondo interiore che davano ad intendere gli occhioni chiari e un po' sporgenti da camaleonte.
    Era inquietante da morire, fra i lineamenti serpentini al limite dell'esteticamente tollerabile e l'altezza svettante, ad essere onesti. Forse era per quello che gli aveva suggerito così presto di unirsi a lei per del sesso consenziente fra adulti: sembrava proprio un criptide formato fanfiction per monster-fuckers.
    Sì, Corvina aveva dei gusti strani per la sorpresa di: nessuno. Andiamo avanti.

    « Utili i bezoar. Ci tengo adesso però, sai? » affilò un sorrisetto rassicurante come un coltello in mano a un borseggiatore. Fu poi colta, nel proseguire a sentirlo parlare, da un sospiro strano, un respiro profondo che si concluse in una espirazione vagamente intensa, da farle quasi vibrare le narici. Fortuna che aveva rinunciato ai piercing alle narici da anni o si sarebbe notato davvero un po' troppo. Gli si avvicinò, in quella maniera sempre invadente e stavolta un po' sinistra dato il silenzio in cui rimase immersa per quegli attimi, fermandosi solo alla distanza giusta - quindi davvero poca - per poter allungare una mano a provare a palpargli il fondoschiena nella maniera più becera e tattilmente analitica mai concepita. Günther aveva tutto il diritto di sentirsi estremamente oggettificato a quel punto, è che a lei non interessava tantissimo quel tipo di retorica perbenista: era più il tipo di persona fatta di carne e ben consapevole e a suo agio nell'esserlo.
    Bisogna perlomeno riconoscere il fatto che avesse avuto l'educazione di farlo finire di parlare prima, se non altro perché erano proprio i suoi discorsi e la maniera in cui forse inconsapevolmente le dava corda a farla sentire così libera. Per una volta, però, non stava essendo molesta per il gusto di dar fastidio, il che era una grandissima novità.
    « No, non sapevo questa cosa delle Spigole, onesta. » visto? Era educata. Gli palpava il culo come fosse a casa sua in sua difesa è letteralmente a casa sua ma comunque si premurava di far capire di essere rimasta molto interessata ai suoi discorsi oggettivamente bizzarri. « Ero un po' carente a stare sui libri ai tempi di scuola. » scrollò le spalle, sempre rimanendo a quella distanza molto poco rispettosa da lui, praticamente non gli stava appiccicata contro solo perché già guardarlo dal basso così metteva un po' alla prova la noce del collo. « Sei un nerd delle creature magiche o è solo roba che sai perché ci lavori? O tutte e due le cose? » s'informò anche, ma solo perché voleva mettere alla prova le proprie deduzioni. I modi un po' predatori potevano suggerire che volesse subito sviare il discorso sulle questioni carnali, ma Corvina era proprio il tipo che riusciva a sorprendere nelle maniere più inaspettate. E che riusciva ad avere momenti di multitasking come metterti le mani addosso e informarsi dei tuoi interessi allo stesso tempo.

    « Comunque. » riprese poi, spostando finalmente la mano per un contatto un po' meno opprimente all'altezza del fianco, dove comunque impresse un po' i polpastrelli, se non altro perché gli spessi e presumibilmente molteplici strati di stoffa richiedevano di insistere un po'. « Devi sapere che non posso smaterializzarmi né niente perché sono... una di quegli sfigati coi poteri farlocchi che però adesso hanno i diritti come i Maghi, insomma, immagino che i giornali li leggi. » non disprezzava particolarmente la sua condizione in realtà, ma le piaceva parlare in termini dispregiativi un po' di tutto per uno speciale e discutibile tipo di ironia che l'affliggeva. « Quindi alla fine comunque dove si va lo decideresti tu. E a me più che altro adesso interessa sentirti parlare. E pure sentirti produrre altri tipi di suoni, sinceramente. Se ti piace l'alcol al massimo possiamo fregarci qualcuna delle bottiglie costose dei miei genitori, prima di andare, però il servizio trasporti tocca a te. Scusa zucchero, prometto che ti ripago l'incomodo in natura... » il discorso aveva assunto progressivamente tinte più ammiccanti, un po' come la sua espressione. A meno di non essere incredibilmente paranoici, sarebbe stato concreto supporre che fosse effettivamente interessata a proseguire la loro conoscenza come sembrava.
     
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    Günther Máni von Schneider
    Istintivamente cercò comunque di infilare una mano all'interno della giacca, in ricerca del bezoar che aveva nominato ma sapeva già che il suo tentativo avrebbe avuto un esito fallimentare, il che lo deludeva su più fronti. Perché non aveva portato un bezoar? Erano comunque merce di scambio utile - come in quel frangente - e poi avrebbe potuto avvelenare gli invitati e lasciare sparse per la casa quelle piccole pietre a forma di rene che potevano annoverare la importantissima qualità di essere un antidoto al limite dell'universale. Non per i suoi, ma era un dettaglio che al momento non aveva poi così tanta importanza. «Appena avrò modo di fartene avere uno lo avrai.» Rispose, assicurandole la cosa. Era una questione di professionalità quasi. Oltre che la ragazza aveva dimostrato, almeno in apparenza, che sapesse quanto utili fossero, rendendola una tacca più interessante ai sensi del mago che rimase perfettamente immobile, anche dopo aver concluso tutta la sua affascinante dimostrazione di nozioni assolutamente inutili ai più.
    Anche quando lei accorciò le distanze fino a raggiungerlo. Anche quando si sentì afferrare come una Pluffa da una Cacciatrice un po' troppo solerte nel voler fare punti per la propria squadra, forse sollevò un po' le spalle e un po' le sopracciglia ma non si fece destabilizzare da tutta quella mimica ferina a cui era stranamente abituato: da magizoologo aveva sempre a che fare con bestie pericolose, per diletto e professione cercava proprio specie altamente aggressive e venefiche, quindi ritrovarsi nella morsa, ad affrontare quel tipo di spigliatezza non gli causò troppo disturbo. Inoltre, la mano di Corvina era oramai riempita da una natica che conosceva l'esercizio fisico, palesemente, riempiendole senza sforzo la palma e le dita che saggiavano da sopra il tessuto la carne sottostante.
    La guardò con espressione vacua, quella che per tutta la serata aveva mantenuto, solo più attenta. Applicava la stessa tattica con cui fronteggiava gli esseri più pericolosi, mantenendo lo sguardo fisso senza sbattere le palpebre, respirando con calma e facendo pochissimi movimenti impercettibili. Fu buffo per lui pensare come la proprietaria di casa avesse schivato già per la seconda volta un morso del suo famiglio che - ricordiamo - era stato lasciato a casa in quella serata così fausta. L'immagine della King Cobra che stampava un secondo morso sulla guancia della ragazza si disegnò così platealmente che gli spuntò un sorrisino, fraintendibilissimo, poiché in concomitanza con i gesti di lei. Altro che un solo bezoar, le sarebbero servite scatole di quelle pietruzze.

    «Ebbene sì, sono quello che nel circondario si definisce un magizoologo, anche se mi occupo più di distillare e mescere nuovi tipi di veleni. Ed i loro antidoti.» Si poteva udire come la cosa in realtà fosse per lui non solo interessante ma una sua personale ossessione, una vera e propria gioia e diletto del suo tempo libero. I veleni costituivano una fissazione così preponderante da aver buttato gran parte dei suoi studi ad interessarsi di creature magiche mortifere e tossiche. Apprezzava anche le altre, ben inteso, ogni creatura era meglio di quasi qualsiasi altra compagnia, ma quelle che vantavano un arsenale naturale in grado di ledere con la propria tossicità erano le preferite. Ma anche quelle senza magia. «Ma hai studiato abbastanza da sapere cosa è un bezoar, quindi deduco che non avrai studiato molto ma sapevi star a sentire ciò che reputavi... importante? Interessante? Fai tu.» Sventolò delicatamente la mano con sufficienza, non trovando minimamente utile trovare una specifica per definire ciò che Corvina aveva ritenuto giusto assimilare e cosa no nei suoi anni di scuola.

    Il cambio tattile di lei, quel sollevarsi fino al fianco venne registrato senza neanche abbassare lo sguardo, fisso sul volto della ragazza che non poteva vantare la sua stessa altezza. Indubbiamente. L'uomo tamburellò le dita della mano destra sulle labbra nel comprendere la condizione magica altrui, annuendo appena per far capire che aveva immagazzinato l'informazione che, di base, non sembrava destare né una particolare avversione né un'accettazione della cosa. Letteralmente non sembrava proprio fregargliene, ed era in effetti così, non era minimamente affascinante ai suoi occhi il fatto di non avere una bacchetta ma perché in realtà non conosceva a fondo alcune peculiarità di alcune specifiche branche magiche come quelle di lei, altrimenti avrebbe approfondito. «Oh. Sì. Certo. D'accordo.» Pensava in realtà che stesse per rivelare che da quella villa non ci si potesse smaterializzare, in realtà, ma sapeva già che avrebbe preferito prendere una strada e sparire insieme a lei fuori dalle mura di casa.
    Sottile come un baobab secolare, la rampolla Van Veen aveva messo bene in chiaro cosa voleva ottenere e come avrebbe ripagato, il che era tutto fattibile. «Permettimi di prendere il soprabito e avvertire mia sorella che me ne vado da qui. Ci metterò poco. A proposito... dove tenete i soprabiti degli ospiti, in genere?» Domandò, incurvandosi più in avanti, sempre mantenendo lo sguardo sgomento, lucido di un sottile velo di lacrimazione sopraggiunta al suo tentare di non sbattere troppo le palpebre - che gli conferiva un'aria ancora più strana di quanto già non fosse - portando le mani davanti al petto e facendo toccare le punta delle dita l'una con l'altra. «A meno che non possa utilizzare la magia senza allarmare nessuno in questa magione. Se così fosse, un Incantesimo di Richiamo sarà più che sufficiente e spedire un piccolo messaggio a mia sorella risulterebbe una bazzecola.» Sorrise di nuovo, come se si fosse improvvisamente ricordato che, da umano, era normale farlo. Eppure lo sguardo non si strinse, rimase aperto, peggiorando progressivamente l'idea che fosse mentalmente sano.
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