Trovati un lavoro e poi fai la cacciatrice

ft. Shiloh

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  1. god(dess) of thunder.
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    «de thirteenth come friday?»
    Thor grugnì.
    Ah.
    Ecco.
    La sorte delle sorelle minori. Thursday non era solo una bestia (e non la, anche se su questo ci stava lavorando, e pure tantissimo, tanto che ormai sentiva di avere in pugno quell’articolo determinativo!), ma era, e qui effettivamente si trattava di la, la bestia sorella di. Al castello il primato se lo contendevano Sandy e Wendy, per ovvie ragioni, ma fuori? Fuori era la sorella di Fray.
    E come tutte le sorelle minori, Thor odiava essere per tutti la sorella di. Non era colpa dei suoi fratelli, e infatti a loro non gliene faceva mezza (solo un po’ a Sunday, ma perché tentava di soffiarle il primato di bestia – e perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, la bestia originale TM era lui davvero. Ah, e anche per il fatto che era un uomo derogatory, giusto), però… però aveva tutto il diritto di prendersela con il resto del mondo per quel furto di identità. Voleva essere ricordata perché sé stessa, non (brutta) copia di qualcun altro.
    Perché sì, c’era anche quell’aspetto.
    «ma sai che vi somigliate?»
    Thor grugnì di nuovo.
    Esattamente quell’aspetto. Anche se era sempre la sorella di, la minore dei De Thirteenth sapeva di non essere all’altezza dei suoi fratelli. E non solo per tutti i centimetri grazie ai quali le gemelle e Sandy svettavano su di lui. E neanche per quei – forse – neuroni in più. Sapeva di somigliare alle sue sorelle, e in qualche strano e senza senso modo persino al fratello, ma non abbastanza. Non era, e non sarebbe mai stata, bella.
    Stava per far roteare gli occhi verso l’alto e sbuffare, pronta a sottolineare l’ovvio, ma poi si ricordò dov’era e cos’era quello.
    Si trovava a un colloquio di lavoro, al cospetto della sua potenziale capa.
    Frenò qualche istante troppo tardi gli occhi azzurri che già schizzavano verso l’alto, sforzandosi di ammorbidire la linea dura delle sopracciglia aggrottate. «Già.» Tentò con tutte le sue forze di sorridere, ma quello che le uscì fu più che altro il ghigno di un animale braccato. «Fray, cioè, Friday è mia sorella, umh.»
    Se non si era giocata il posto così, sicuramente lo fece qualche istante dopo, quando, controllato che nessuno fosse in ascolto al di fuori di Shiloh, le rivelò che avrebbe visto prima Barbie di Oppenheimer. «Mi sento che Barbie sarà un vero film da Oscar! E lo sa anche l’Academy… vincerà tutto, lo vedo nel futuro!» Ecco spiegato perché Thor, in divinazione, faceva a dir poco vomitare. Non c’era alcun segno di terzo occhio, in lei. I due che aveva erano puntati solo su pluffe e bolidi.
    Non era solo il suo sguardo a essere fisso sull’eterno e immaginario campo da quidditch che aveva nella sua testa, ma anche la sua mente, perché le sfuggì qualche passaggio del ragionamento di Shiloh sull’ordine di visione dei due film e… «La dualità della vita?» Fece una smorfia, sollevando le spalle mentre faceva pressione con i palmi delle mani sulle ginocchia. Ci rifletté un attimo, poi rilassò le braccia. «Be’, sì, ci sta. Anche se resta il fatto che Oppenheimer sarà telefonatissimo. Un film di uomini per uomini con uomini che parlano della cosa più da uomini di sempre.» Tornò a fare una smorfia, ora più profonda, simulando un piccolo conato di vomito. «Sarebbe anche ora di dire basta a questa… roba.»
    A posto, si era sicuramente scavata la fossa da sola. Ma andava detto!! L’ennesimo film pieno di peni e di nero che voleva solo far saltare per aria il film rosa sbrilluccicante con al centro i problemi delle ovaie munite?
    Eh.
    «penso di aver capito chi sei, thursday de thirteenth»
    Thor trattenne il fiato, sapendo perfettamente di starsi per giocare il suo destino, il suo futuro.
    «e mi piaci molto! prima prova superata, complimenti»
    Aggrottò la fronte, aspettando di sentire il dolore di un metaforico pugno in faccia. Invece la sua bocca non si storse per il male, ma si distese… fino a sorridere. Ancora prima che incredula, era contenta. «Grazie?», sperò di non suonare troppo esitante, mentre la sorpresa le si faceva spazio dentro. Sul serio piaceva a quella ragazza così raffinata? All’amica di sua sorella? «Un momento, però…» Si rabbuiò appena, scrutandola seria. «Non lo stai facendo per nepotismo, vero? Perché… Fray ti ha pagata, o qualcosa del genere? Anzi, forse è più probabile che ti abbia minacciata…» Era stata proprio Friday a dirle di trovarsi un lavoro. Perché mai avrebbe dovuto spianarle la strada? … O perché mai non avrebbe dovuto farlo?
    Si sarebbe arrovellata su quella questione più tardi, però, visto che ora doveva sforzarsi di scavare una buca nel prato verde del suo campo da quidditch mentale per far entrare quello che Shiloh le stava dicendo. Le serviva una assistente. Facile, no? Una PA, sì. Annuì stranamente seria, cogliendo al volo la similitudine (a differenza di Sara). Sapeva chi era un assistente, e persino un PA. Sua madre ne aveva avuti a bizzeffe, negli anni. Non li aveva mai chiamati in quel modo, chiaramente, perché a sentir lei erano solo amici che la aiutavano qua e là, ma anche dall’alto dei suoi tre anni Thor aveva iniziato a capire.
    «qualcuno che si ricordi il mio ordine abituale da Starwiz, o che mi faccia la spesa settimanale, insomma niente di troppo impegnativo»
    Annuì ancora, quasi gravemente, sperando di avere l’aria di una che la sapeva lunga.
    Il fatto è che Thor sapeva davvero cosa faceva un assistente, o meglio, un servo, ma… non aveva mai fatto nessuna di quelle cose.
    In primis fare la spesa, tanto per dirne una. Dal punto di vista prettamente teorico sapeva che esistevano dei supermercati, ma non ne aveva mai visto uno dal vivo. Aveva visitato parecchie botteghe, decine di negozietti a chilometro zero dove i suoi amavano fare acquisti, quei posti in cui si paga anche l’aria che si respira. Ma fare la spesa davvero? Quello era un compito di MamaLama. E degli schiavi assistenti di sua madre.
    Stese le dita delle mani ancora appoggiate alle ginocchia una per una, contando non proprio mentalmente quelle venti ore di cui parlava Shiloh. Erano venti ore di meno in cui allenarsi… «Davvero nel weekend non fai niente?» Una domanda spontanea, quella di Thor. Genuina. La ragazza non sembrava così vecchia, quindi perché chiudersi in casa, nel weekend? O, ancora peggio, in posti come quello in cui si trovavano? «Se non sai cosa fare potresti venire a vedere le nostre partite di quidditch… o gli allenamenti, se non giochiamo!» La sua proposta fu ancora più genuina, gli occhi che le brillavano: non c’era nulla di più bello del quidditch in compagnia delle sue furie. Tutti meritavano quella gioia. Anche la sua nuova capa.
    Thursday
    De Thirteenth

    It’s been a hard day’s night,
    and I’ve been workin’ like a dog.
    It’s been a hard day’s night,
    I should be sleepin’ like a log…
    hufflepuff
    red fury
    job hunter?
     
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