(I Can’t Get No) Satisfaction

circa 2012 | @ bagno dei prefetti | ft. tyler

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    Ognuno a suo modo, tanto Adam quanto Tyler erano maestri di indifferenza.
    Nel caso del biondo si trattava di un’indifferenza del tutto inconsapevole, ingenua, persino, che lo portava a vivere nel suo mondo e al contempo a scaldarsi e spendersi anche per le cause più assurde, come le formiche bicefale blu di Prussia in via di estinzione o il menu vegano almeno una cena a settimana al castello. Più che indifferente, Adam era menefreghista. Non gli importava di seguire le regole, né tanto meno di omologarsi, e non era assolutamente preoccupato dalle conseguenze della sua presunta disobbedienza.
    Quella di Tyler, invece, era un’indifferenza precisa, studiata nei minimi particolari. Il Wood voleva essere indifferente. Voleva essere indifferente alle ingiustizie, il più delle volte, come il tassorosso non mancava di fargli notare di continuo, serafico ma accorato. Voleva essere indifferente a tutto ciò che usciva dai suoi rigidi schemi mentali, quelli che si imponeva con così tanta forza da vederlo persino tremare, quando pensava di non essere visto da nessuno, dal momento che la tensione mentale si ripercuoteva sul suo fisico. E voleva essere indifferente al Cox. Lo voleva così tanto che Adam poteva sentirlo bruciare ovunque, sulla pelle.
    «Rendez-vous, ripeté, con un pessimo accento francese, per poi fare una smorfia e scuotere il capo con un sospiro teatrale. «Ripeti con me. Sesso. S-e-s-s-o.» Scandì lo spelling con lentezza, lasciando scivolare la lingua su ogni singola lettera. «Devi smetterla di nasconderti dietro a giri di parole senza senso, come se fosse tutto un tabù e non la cosa più naturale del mondo. Non dopo che ti ho visto usare quella bocca in ben altro modo.» Cosa? Gli stava forse rinfacciando tra le righe il fatto che non volesse accettare di essere, quantomeno, bisessuale? E il non voler riconoscere che tra loro c’era qualcosa, di qualunque cosa si trattasse? Assolutamente no…………..
    Avere a che fare con Tyler era davvero stancante e nessuno lo sapeva meglio di Adam. D’accordo, Daisy a parte. Lei lo sopportava da ancora più tempo e con una stoicità che, nonostante la natura tranquilla del tassorosso, lui non avrebbe mai raggiunto. Anche solo perché, più lo faceva stancare, più ne aveva bisogno. Voleva essere stancato da Tyler. A parole, certo, ma ancora di più a gesti. «Sei adorabile quando fingi che non te ne freghi nulla dei miei programmi, e di quelli di Daisy», non mancò quindi di fargli notare, ovviamente per irritarlo ancora di più, visto quanto non era capace di nascondersi dietro la maschera dell’indifferenza. Ma anche perché era davvero adorabile, così impegnato com’era a mostrarsi disinteressato da sapere sempre tutto. «E poi una comare come te deve essere sempre informata su tutto.» Almeno su questo, Tyler si permetteva di essere del tutto consapevole. Ma non significava che gli piacesse quando gli veniva fatto notare che sì, era il peggiore pettegolo di tutto il castello.
    «Passi davvero un sacco di tempo con mia cugina, purtroppo.» Sorrise, Adam, un sorriso genuino e pieno di sentimento, volando con il pensiero a Margarita. «Funziona così, quando si ama una persona. Si passa del tempo con lei. Si vuole stare con lei il più possibile. Diventa una… necessità. Come mangiare», spiegò con semplicità, senza nemmeno una goccia di ironia nella voce. Credeva, anzi, sentiva ogni singola parola di quello che aveva appena detto. Provava ognuna di quelle cose per Daisy.
    E per Tyler.
    Proprio quel Tyler che gli diceva che non avrebbe trovato altro materiale per le sue fantasie lì, in quel luogo, con lui. Adam ghignò, non provando minimamente – né volendo farlo, in effetti – a nascondere la malizia che gli ardeva nello sguardo. «Di materiale ne ho in abbondanza, non preoccuparti.» Una verità in risposta a una bugia: se avesse avuto anche solo un minimo di talento artistico, avrebbe potuto disegnare a memoria ogni centimetro del corpo del serpeverde. Anche se, a dirla tutta, con la matita era negato, certo, ma con la lingua era un’altra storia. Esistevano opere d’arte fatte con la lingua? Se sì, allora sarebbe riuscito a riprodurre perfettamente ogni particolare del moro.
    Paradossalmente, fu solo quando infine il Wood cominciò a sorridere che il tassorosso provò qualcosa di simile al fastidio. Adam era incapace di arrabbiarsi, ma il serpeverde aveva l’abilità innata di scatenare in lui qualcosa che andava molto, molto vicino alla rabbia. Anche se, per fortuna, quasi sempre si trasformava in altro, concentrando buona parte del suo flusso sanguigno lì, tra le sue gambe, rendendo quella parte di lui dolorosamente tesa e pulsante. Proprio come in quel momento.
    «Sì, lo so benissimo che sei incredibilmente veloce.» Ah, ecco dove voleva andare a parare. Sospirò. «Sai fare di meglio.» Davvero. «Rimane il fatto che tu non ti sei mai lamentato», aggiunse, facendogli il verso. Anche lui sapeva fare di meglio, ma era letteralmente colpa di Tyler, in tutti i sensi, se adesso gli arrivava ancora meno sangue al cervello del normale. Pensare ad altro che non fosse il serpeverde o una parte qualsiasi del suo corpo era estremamente difficile.
    Così si immerse, un po’ per irritarlo, un po’ per riprendere, mentalmente parlando, ma non fisicamente, fiato. Motivo per cui ignorò il commento del Wood sull’apnea, concentrato invece com’era nel non rovinare su sé stesso nel tentativo di uscire dalla vasca. Non che gli importasse di risultare o meno ridicolo, anzi, era una delle infinite cose verso le quali era del tutto indifferente, ma cadere in quelle condizioni avrebbe significato un dolore atroce. E settimane senza incontri con Tyler come quello che stava per accadere.
    Perché il serpeverde poteva fingere che non gli importasse quanto voleva, ma sapevano benissimo entrambi come sarebbe andata a finire.
    E Adam non vedeva l’ora che succedesse.
    Per essere del tutto privo di senso del pudore, sentì il viso bruciare, quando infine si raddrizzò il più possibile, bagnato e nudo com’era, decisamente vicino al moro. Voleva sbattergli in faccia quella manciata di centimetri che lo rendevano il più alto dei due? Ovviamente sì. «Siamo in un bagno, è chiaro che sto bagnando», rispose stringendosi nelle spalle, come se la cosa non solo fosse scontata, ma avesse anche un senso. E non guardò le scarpe nere e lucide del serpeverde, ma fermò gli occhi decisamente più su.
    Prima che potesse rialzarli, però, barcollò appena, afferrando d’istinto quello che gli era arrivato addosso. Purtroppo non si trattava di Tyler, ma dei suoi vestiti appallottolati. «Fuori di qui, hai un sacco di altri bagni dove continuare il lavoro interrotto.» Peccato che in nessun altro bagno ci fosse lui. «E mi lasceresti andare in giro così? Cosa ne sarà del mio buon nome? Del mio onore??» Si portò il dorso di una mano alla fronte, simulando un capogiro da vera dama vittoriana, deciso a ignorare il sorriso pungente con cui il moro lo stava punzecchiando. Proprio quel genere di sorriso che avrebbe voluto mordergli via, ammorbidirgli un gemito dopo l’altro, fino a trasformarlo in un sorriso di tutt’altro genere.
    «Sei senza cuore», sentenziò ancora, con tutta la teatralità di cui era capace (tanta, per la cronaca, essendo un tratto distintivo della sua famiglia al pari dell’azzurro dei suoi occhi). «E sei anche un vecchio. Me l’hai già detto, appunto. È il bagno dei prefetti e io non posso starci e…» Si stava spogliando. Tyler si stava spogliando. Per qualche istante dimenticò di star parlando, impegnato com’era a fissarlo. Era difficile sostenere un discorso quando il sangue continuava a pompargli tra le gambe e non al cervello.
    Era già stato fin troppo bravo, in effetti.
    A rispondergli.
    A non saltargli addosso.
    «Quindi? Sei ancora qui?»
    «Che ci vuoi fare? Mi piace soffrire Si strinse nelle spalle e, incrociando lo sguardo con il suo, gettò di lato il groviglio di vestiti che teneva ancora stretto contro lo stomaco, nuovamente senza alcuno schermo tra il proprio corpo e gli occhi di lui. «Voglio che mi porti tu in sala torture. A carponi, al guinzaglio… Come preferisci, insomma.» Un lungo brivido lo percorse, andando ad accumularsi proprio lì, sempre lì.
    Dove riportò la mano, per riprendere da dove si interrotto. Stavolta, però, non aveva bisogno di chiudere gli occhi per vederlo. Stavolta gli occhi erano ben aperti e fissavano quelli di lui.
    «Ti basta solo mettermi le mani addosso.»
     
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