We could bear witness to the rise and the fall

post-q10 | styx x azzy [libera]

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    La vittoria era stata un'esperienza davvero metafisica e lontana.
    Se non altro perché era più di là che di qua quando Abbadon aveva fatto finalmente la sua comparsa sul campo di battaglia e aveva messo la parola fine alla Guerra della Primavera Magica.
    Certamente, doveva esserci più di qualcuno che riteneva un onore e un privilegio l'aver preso parte ad un simile momento storico; era un sentimento tipico quando si scopriva di essere schierati dalla parte dei vincitori a fine partita.
    Styx era... dolorante, innanzitutto. Perché qualunque cosa li avesse trasportati fino a Stonhenge aveva voluto metterci gli interessi, anche se non poteva davvero lamentarsi a fronte di tutti quelli che, probabilmente, prima di fare quel salto erano ancora vivi e dopo non lo erano più stati.
    Ma non era la sua mera condizione fisica ad impedirle di sentire quell'esito come un peso sulla coscienza o una vittoria di cui andare fieri, no.
    Era più semplice di così.
    Styx non aveva mai visto la fine di quella guerra come la meta.
    Lei voleva che il mondo cambiasse. Ad ogni costo. Ma quella guerra, la vittoria di Abbadon, le conseguenze di questa, non erano che... un intermezzo.
    Qualunque allevatore di falene sa che il processo della metamorfosi non prende il tempo di una giornata.
    E proprio come uno dei suoi piccoli tesori che ora riposava per sempre nel confine immutabile e definitivo di una cornice affissa al suo muro, quel Mondo lei lo vedeva ancora chiuso nel suo bozzolo. La guerra non era stato che un inintelligibile cambiamento nascosto e protetto dietro l'impenetrabile coltre di seta.
    Il fatto che lei avesse potuto assistere a quel piccolo passo si era reso possibile solo perché lei aveva fatto in modo di trovarsi all'interno del bozzolo, anziché fuori da esso.
    Essere una parte infinitesimale di un cambiamento altrettanto infinitesimale non la perturbava né in positivo né in negativo.
    Non più di quanto non lo facessero le ferite e le fratture che in quei giorni di ricovero presso il San Mungo si stavano rapidamente rimarginando come se non fossero mai esistite. Uno dei pochi, veri vantaggi di essere stata scaraventata nel Mondo Magico era forse proprio scoprire l'esistenza di simili prodigi, che avrebbero potuto salvare forse più di una vita e in più di un senso anche nella realtà degli esseri non-magici... era davvero una fortuna che i giorni dello Statuto di Segretezza fossero ormai finiti, no?

    La mattinata era trascorsa lentamente come al solito, ma dopo essersi fatta portare i suoi effetti personali dal campo aveva perlomeno di che intrattenersi. Era il classico tipo che si dilettava in passatempi silenziosi come la lettura, ma quel pomeriggio teneva in una mano un piccolo sketchbook e cercava di cogliere la prospettiva di una brocca poggiata su di un mobile poco distante. Non era una vera e propria artista, si era semplicemente pagata un corso di disegno un paio d'anni prima per curiosità e ancora ci andava, pur senza attirare l'attenzione del suo istruttore in alcun modo, visto che i suoi lavori più che ricercare una pretesa espressiva si limitavano a volersi avvicinare alla realtà e alla naturalità dei soggetti il più possibile - un concetto superato, nel mondo delle arti visive odierne, ma che lei non poteva che abbracciare.
    Fra il cercare di sopportare la sensazione di torpore anestetico dato dalle medicine e il fatto che non fosse propriamente nelle sue corde, non stava davvero tenendo d'occhio l'orologio per l'orario di visite; trovandosi però lì da oramai qualche giorno, dopo essere stata trasportata a seguito delle prime cure ricevute sul campo, non si sarebbe sorpresa neanche troppo di dover sollevare lo sguardo sul viso grazioso della dottoressa Lovell, a un certo punto.
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    Ad Azrael non era mai importato del potere, della vittoria, a cosa serviva vincere, se dopo si ritrovavano tutti sullo stesso piano? vincitori, vinti, erano tutti uguali in un letto d’ospedale, o peggio, in una bara.
    Lei era tra le persone messe meglio, era stata fortunata, a combattere con delle bestie mitologiche ed uscirne con danni non permanenti, si era offerta fin da subito di fare supporto medico, lei che i suoi poteri li aveva ancora, lei che poteva continuare ad essere utile.
    Non dormiva, tornava a casa solo per assicurarsi che sua sorella stesse bene, quando non era a scuola, e per consolarla sul suo nuovo stato, le carezzava i capelli e le diceva che sarebbe andato tutto bene, che insieme avrebbero trovato una soluzione, quando non sapeva affatto come poterla aiutare.
    lei, che aveva sempre una soluzione a tutto, smistata anni prima in corvonero per un motivo, quella volta non sapeva che cosa fare.
    E si struggeva, quando neffi non la vedeva, se ne stava in un angolo a passarsi le mani fra i capelli, a chiedere aiuto a qualsiasi entità superiore, di darle una mano, di darle la forza per affrontare quella nuova situazione
    perché se le spalle di neffi erano esili e fragili, dovevano essere le sue quelle forti, perché se neffi cadeva, doveva essere lei ad aiutarla a rialzarsi ed a tenerla in riga, doveva far si, per quanto possibile, che sua sorella stesse bene.
    aveva già parlato con i suoi genitori, o meglio, coloro che erano i loro genitori biologici, perché di materno o paterno non avevano mai avuto nulla nei confronti delle proprie figlie, e le avevano confermato quello che già pensava: non volevano più vederle, perché Azrael aveva protetto con le unghie e con i denti sua sorella, e non se n’era pentita, ed il risultato era stato quello di essere diseredate
    entrambe
    prese l’ultimo sorso del suo caffè nero, poi gettò il monouso nel cestino e bussò alla porta dell’ennesima stanza colma di letti e pazienti, per il controllo giornaliero «È permesso? come andiamo oggi, mh?» si avvicinò al letto di Selena, mentre recuperava la cartellina e la penna che teneva dietro l’orecchio praticamente sempre «un po’ meglio? possiamo provare ad abbassare i medicinali, lei che dice?» un sorriso stanco, una domanda di circostanza, mentre poggiava il palmo della mano sulla fronte della bionda, per controllare se scottasse ancora, com’era capitato nei giorni prima «la temperatura sembra essersi stabilizzata»

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    La prima eco della voce familiare della Lovell arrivò quasi ovattata alle sue orecchie e lasciò che fossero altri pazienti, più pronti di lei, a replicare a quella richiesta di permesso. Il suono della porta che ruotava sui cardini, tuttavia, la spinse a chiudere lo sketchbook, con ancora il portamine metallico fra le pagine, lasciandoselo poggiato in grembo, sopra le lenzuola.
    « Buon pomeriggio... » salutò la dottoressa con fare cordiale, come ogni volta che questa si presentava per il giro di visite: le buone maniere prima di tutto sempre, era quasi meccanico. La cadenza est-europea si percepiva sempre un po', pur se senza marcare troppo pesantemente la sua parlata, ma doveva ormai essere diventata un'aspettativa scontata dopo quei giorni di ricovero.

    Ricordava ancora perfettamente di essere stata una bambina come tante che mal sopportava le visite dal dottore. Adesso era abbastanza adulta, razionale e composta da non sentire particolari fastidi anche quando si trattava di visite un po' invasive, complice forse il periodo in cui era stata sottoposta a sperimentazioni. In nessun caso ricordava di essere mai stata nelle mani di una persona dall'aspetto e dalle maniere così piacevoli, al punto che, ingenuamente e nella migliore delle accezioni, Azrael le pareva quasi fuori luogo, lì.

    Un sorriso le rilassò la linea altrimenti strenuamente diritta delle labbra.
    « Non mi dispiacerebbe, in effetti. » concordò tenue e in maniera quasi retorica alla proposta forse un po' retorica per altrettanto della castana. Per quanto avessero aiutato enormemente con il dolore, il torpore di fondo che l'affliggeva per via delle medicine era un pò alienante. Soprattutto forse perché non era davvero abituata ancora ai rimedi magici, dato che era solo al suo secondo ricovero in un ospedale non-babbano, terzo se si condieravano i Laboratori delle strutture equiparabili.
    Trovarsi sulla via della guarigione la solleavava enormemente. Era sempre stata l'archetipo del bravo paziente perlomeno nei casi in cui doveva avere a che fare direttamente coi dottori, al punto che era stata mansueta e docile persino nel periodo in cui si era trovata sotto le grinfie dei Ribelli Estremisti, ma non amava particolarmente starsene con le mani in mano e, forse per una suggestione assorbita dall'infanzia, sentirsi male e costringere qualcuno a prendersi cura di lei non era nelle sue corde.
    « Perdoni la domanda sciocca, ma... di solito i ricoveri come il mio durano molto, nei vostri ospedali? Quelli magici, insomma. Sono stata ricoverata solo una volta prima di questa e non afferro ancora molto bene come funziona. » plausibilmente, i dati con cui era registrata nel sistema sanitario nazionale avrebbero potuto aver già reso noto al personale che Styx fosse una persona di origine babbana, ma nel caso la burocrazia non funzionasse così bene o l'informazione non fosse così importante da essere specificata in una cartella, la domanda così posta poteva forse renderlo ovvio.
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    « Buon pomeriggio... » sorrise senza indugio mentre sfogliava la cartellina della ragazza, routine, abitudine, o anche deformazione professionale, diede una lettura molto veloce prima di poggiarla di nuovo sulla scrivania «sono la prima a farle visita oggi?» probabilmente, erano tutti impegnati o facevano finta di esserlo, ma li capiva, bisognava essere coraggiosi per fare visita ad alcuni sopravvissuti allo scontro, aveva visto delle ferite infette che avrebbero messo alla prova il miglior medimago dal sangue freddo, ma per fortuna Selena non era tra quelle «hanno osato lasciarla sola? non va per niente bene» un sorrisetto si dipinse sulle labbra del medico, palesemente ironico, infilò la penna che aveva preso poco prima nel taschino del camice e andò a controllare le pozioni sul comodino della paziente, erano un bel po’ e se metteva in conto anche gli incantesimi curativi a cui la sottoponevano ogni giorno capiva perché le dicesse di volerli diminuire «effettivamente se si sente meglio potremmo dimezzare la dose» alzò le spalle per poi scostare con le mani un po’ di boccette e lasciarne tre «può prendere queste » incrociò le braccia al petto e fece un occhiolino a Selena «ma se si sente di nuovo male deve richiamarmi immediatamente » fece per andare via, passare alla porta successiva, al caso meno o più grave che fosse successivo a quella piacevole parentesi, ma Selena interruppe la sua scalata verso la porta « Perdoni la domanda sciocca, ma... di solito i ricoveri come il mio durano molto, nei vostri ospedali? Quelli magici, insomma. Sono stata ricoverata solo una volta prima di questa e non afferro ancora molto bene come funziona. » si preoccupava perché era… una nata babbana? Azrael affondò gli incisivi nel labbro inferiore prima di rispondere, lei che odiava le ingiustizie di ogni genere «lei… non deve preoccuparsi » e non perché ormai fosse nella catena alimentare al di sopra di un qualsiasi mago, ma perché per Azzy i pazienti non si classificavano ma erano tutti uguali «potrà restare tutto il tempo che vuole, se non si sente ancora in grado di uscire, in caso contrario faremo il possibile per rimetterla in sesto» e sorrise, perché era l’unica cosa che le era rimasta da fare.

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