Now I can't say goodbye if you stay here the whole night

Post war| @ Canosa| ft Lux

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    Madelaine Hopper
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    Madelaine Hopper era tornata lì.
    Lì dove aveva combattuto una delle battaglie più dure, dove si era procurata quel taglio al sopracciglio ,dove erano apparsi quei lividi ormai sbiaditi e non più di un viola intenso com’erano allora.
    Deserto, disastro, era quello che si ergeva dinnanzi a lei.
    Il colosseo sembrava più cupo di quanto già le sembrasse allora, e per quanto si ripetesse che era tutto finito, che era tutto apposto non riusciva a scrollarsi la sensazione di morte imminente dalla pelle.
    Ma quella volta era tornata lì per restare, per andare a riprendersi ciò che aveva fatto sfuggire con stupidità e che, le apparteneva

    Le passaporte non le erano mai piaciute, per quanto più sicure queste fossero aveva sempre preferito smaterializzarsi, ma il luogo in cui andava non l’aveva mai visto se non in foto, non era tornata a casa e non si era cambiata, aveva indosso ancora quella divisa sbiadita e rattoppata in più punti, perché aveva evitato casa sua come la peste? perché era maledettamente vuota.
    Era stata una stupida, quando aveva detto a Lux, la sua Lucrezia, di voler partire per la guerra, quella che lei chiamava una missione suicida, lei le aveva dato contro dicendole che non sarebbe dovuta partire, che sarebbe dovuta andare con lei in Italia al sicuro, senza correre pericoli.
    Madelaine sapeva di non poterlo fare.
    la se del futuro le aveva lasciato la lettera per un motivo, e doveva almeno provare a cambiare le cose.
    E così avevano litigato, anche in modo abbastanza pesante, per la prima volta, ed in preda alla rabbia aveva pronunciato quelle parole per cui ora si pentita amaramente
    Io e te non siamo nulla
    Avrebbe dovuto morderai la lingua, prendersi a schiaffi da sola, niente avrebbe cancellato dal suo cervello l’espressione delusa e schifata di lucrezia mentre prendeva le sue cose e andava via da casa sua, da casa loro; non vivevano insieme, non ancora almeno, ma praticamente nei weekend casa di maddy diventava la loro dimora.
    Da quando si erano incontrate, rincontrate aveva scoperto col sennò di poi, per strada e Maddy le era praticamente andata addosso, avevano cominciato a frequentarci sempre più assiduamente, talmente tanto che erano diventata una l’abitudine dell’altra, ed era tutto maledettamente piacevole, non avevano parlato di cosa fossero realmente, ma erano insieme e quello era l’importante.
    ci aveva pensato poi la guerra, a dividerle, o forse era stata lei, con la sua stupidaggine.
    ed ora era andata a riprendersela.
    gli anfibi della battaglia calpestavano l’erba rinsecchita dal sole, era quella Canosa di Puglia, quel posto che tanto stava a cuore a Lux, dove veniva a passare le vacanze estive; aveva chiesto informazioni e… era quasi arrivata, o almeno supponeva.
    Sperava che fosse quella, la casa, e che non stesse per bussare ad un’abitazione completamente estranea «o la va o la spacca» si disse, avvicinandosi al portone, per poi dare due colpi secchi con le nocche delle dita, vista la mancanza di un campanello.
    forse per la prima volta in vita sua pregò dio, sperando che Lux volesse almeno vederla
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    Lucrezia Linguini
    Difendimi dalle forze contrarie
    la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
    quando il mio percorso si fa incerto...
    E non abbandonarmi mai.
    Non mi abbandonare mai...
    Non avevano quasi neanche aspettato la fine dell’annuncio ufficiale del preside per partire. Non si erano neanche parlati, in realtà. Non ce n’era stato bisogno. Ognuno aveva la propria, per le evenienze (un cucchiaio di legno consunto, direttamente dalla cucina di nonna Rosetta), ma alla fine avevano usato tutti la stessa, una volta abbandonata Hogwarts in fretta e furia, senza guardarsi indietro. Ognuno aveva portato con sé lo stretto indispensabile. Se Giacomino si era presentato con la sua insperabile cinepresa, Lux era arrivata al Bar Sport con il suo basso.
    Innaturalmente silenziosi, tutti i Linguini più giovani (a parte quell’infame di Lapo, sia chiaro), avevano usato insieme la passaporta a forma di cucchiaio di legno sopra il bancone del bar di Ginevra. E, altrettanto insieme, erano tutti approdati, in quel modo, nella cucina di Canosa, davanti agli occhi pieni di preoccupazione di Lino e Rosetta, che speravano di vederli comparire da un momento all’altro.
    Nelle ore e nei giorni successivi tutti i membri della famiglia avevano trovato sicurezza, e conforto, tra quelle mura (persino quell’infame di Lapo) e, finalmente protetta, Lux era riuscita a dire, anche a sé stessa, le cose come stavano. Erano in guerra.
    C’erano stati discorsi, per non dire orazioni e comizi. Litigate. Riappacificazioni. C’era stato cibo, tanto, e alcol, altrettanto. C’era stata la musica, sua unica, vera ancora di salvezza in quei giorni.
    Aveva fatto di tutto, Lucrezia, persino pensare alla guerra, per cercare di non avere paura. Per la sua famiglia, per il mondo. Per lei.
    Ma l’alcol e la musica, la passione politica e la famiglia, non potevano cancellare le parole con cui si erano lasciate.
    Io e te non siamo nulla.
    Erano state quelle le ultime parole che Madelaine Hopper le aveva rivolto. Non le aveva lasciato il tempo di dire altro, Lux. Dopo aver fatto il diavolo a quattro tra urla e insulti per l’ennesima volta, all’improvviso si era zittita, la voce, e la furia, risucchiate nella spaccatura senza fine che quelle parole avevano aperto.
    Io e te non siamo nulla.
    Faceva male perché era vero. Cos’erano, lei e Maddy? Lucrezia non era una tipa da definizioni, anzi, le aveva sempre odiate, ma per una maledetta volta avrebbe voluto dare un nome per quello che c’era tra loro. Ma c’era davvero qualcosa, a questo punto? E quel nome che aveva lì, sulla punta della lingua, poteva essere pronunciato ad alta voce? O era tutto solo nella sua testa, nel suo cuore?
    La definizione che tanto cercava era tutta lì: Lucrezia e Madelaine erano nulla.

    Seduta a bordo piscina, le gambe a penzoloni dentro l’acqua, Lux sorseggiava una birra strimpellando il basso acustico rovinato dal sole e dal vento dell’aria aperta, Giardini Margherita o spiaggia che fosse. Sapeva di essere egoista, ma quel giorno non aveva la forza di affrontare le notizie che cominciavano ad arrivare. Voleva solo pensare al fatto che la guerra fosse finita. Non aveva la forza di riflettere sul resto. Non aveva il coraggio di chiedersi cosa le fosse successo.
    Cosa aveva Lapo da urlare, là in casa da qualche parte? Con chi stava discutendo stavolta? O magari nonno Lino si era accorto che aveva di nuovo saltato il suo turno nella raccolta dei pomodori… Ghignò e tese l’orecchio, pregustandosi il cazziatone, ma invece della voce del nonno le sembrò di sentirne un’altra, una che mai si sarebbe aspettata.
    Io e te non siamo nulla.
    Doveva starsela immaginando.
    Non poteva essere vero.
    Non poteva essere lì.
    Ma quella tra Vittorio Linguini e Madelaine Hopper sembrava in tutto e per tutto una discussione e non accennava a smettere. Si disse che si stava alzando per andarsi a prendere un’altra birra, visto che quella che aveva tra le mani era vuota, e non ad accertarsi che quella voce fosse solo nella sua testa.
    Le bastò mettere un piede (bagnato, Gin l’avrebbe costretta a dare lo straccio) in casa per scoprire la verità.
    Madelaine Hopper era a pochi metri da lei, non a chilometri e chilometri.
    Era lì, in carne e ossa.
    «Sei… VIVA!!!» Incurante di scivolare, incurante di quelle parole, incurante di tutto, le corse incontro. Senza rendersene conto prese quasi la rincorsa, visto l’impeto con cui le gettò le braccia al collo, quasi saltando per raggiungere la sua altezza. La strinse per un tempo indefinito, perché, stavolta, non l’avrebbe più lasciata andare. «Non farlo mai più», le mormorò con una serietà di cui nemmeno sapeva di essere capace.
    Ma alla fine, maledicendo la sua poca prestanza fisica e, ancora di più, la sua scarsa altezza, fu costretta a lasciarla andare, lo stomaco, e il cuore, in subbuglio. Non l’aveva ancora realizzato del tutto. Anzi, non l’aveva realizzato per niente. Sapeva solo che Maddy era viva: la consapevolezza di quella scoperta l’aveva riempita da capo a piedi, impedendole di pensare. Persino la rabbia era sparita. Al suo posto, un infinito sollievo, una gioia sconfinata.
    Finché non notò uno strappo sulla divisa. Una divisa sporca e logora. Un altro strappo. Un altro. Un altro ancora. I capelli spettinati e pieni di nodi, lontani anni luce da quelli che aveva alla fine di un allenamento particolarmente intenso. Tagli. Graffi. Lividi. Il viso emaciato. Le labbra strette in una linea dura, tagliente.
    E gli occhi.
    Gli occhi pieni di uno sguardo che non le aveva mai visto, e che subito capì che avrebbe fatto di tutto per non vederle mai più.
    «Maddy!» Con il cuore in gola la prese per mano e la trascinò, cercando però di essere delicata, nonostante l’angoscia, sul divano, dove la fece sdraiare. «Duv’et mel??» Che domanda idiota!! Era chiaro che avesse male da tutte le parti, visto com’era ridotta!! «Nonono, riposati!! Ci penso io!!» Si guardò intorno spaesata, gli occhi fuori dalla testa: «Dove cazzo ho messo la bacchetta???». Come una pazza corse in giro finché non la trovò, per poi cominciare a lanciare su Maddy tutti gli incantesimi di guarigione che le venivano in mente.
    Il fatto era che Lux era incazzata come una biscia con Maddy. Ma finché stava così non poteva urlare addosso.
    “Io e te siamo tutto.”
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    Sì, canon che le ha aperto la porta Lapo. E che si sono messi a discutere.
     
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    «ma cristo» disse Madelaine Hopper poggiando due dita sul ponte del naso alla vista di Vittorio Emanuele Linguini, e non bestemmio perché sono una signora semicit; ma com’era possibile che fra tutti i componenti di quella famiglia proprio lui avesse deciso di aprirle la porta? incrociò le braccia al petto, impettendosi, e quasi dimenticando i pochi centimetri di differenza che passavano fra di loro «senti» lo avrebbe picchiato volentieri ma non aveva tempo per quello «vengo in pace» qualche rumore dietro di lui attirò l’attenzione della Hopper ma l’armadio dinnanzi a lei non permetteva la visuale completa, qualche insinuazione sul fatto che fosse lì per lui fece sollevare un sopracciglio all’ex grifondoro che rispose con un «non mi ricordo manco come ti chiami» avrebbe ribattuto ancora e quella conversazione sarebbe sfociata in una bella scazzottata come al solito ma un’altra voce bastò per placare gli istinti omicidi della hopper «Sei… VIVA!!!» Lucrezia le gettò le braccia al collo e prima di dimenticarsi di tutto quello che le stava intorno madelaine fece un eloquente gesto a Lapo linguini, un gesto che comprendeva un dito medio con tanto di linguaccia, poi, finalmente, si decise ad affondare il naso nei capelli della sua Lucrezia, grata che non le avesse messo le mani al collo per affogarla e farla finita definitivamente.
    «Non farlo mai più» oh no, non lo avrebbe fatto mai più per nessuna ragione al mondo, separarsi per così tanto tempo da lei da sentire l’aria mancarle, da accentuare i propri sbalzi d’umore ed aumentare la propria irascibilità, non ora che sapeva quanto il mondo facesse schifo senza Lux «lo prometto» e poi chiuse gli occhi, e per la prima volta in tutto quel tempo si rilassò sentendosi quasi molle; ovviamente ci aveva sperato, ma non sarebbe sfuggita allo sguardo attento di lux nemmeno se questa non fosse stata attenta: era sporca, livida, aveva un sopracciglio ricucito alla meglio, i capelli erano improponibili e non aveva nemmeno osato guardarsi allo specchio «non sto così… male, avrebbe voluto dire prima di sibilare per il dolore una volta sdraiata sul divano «ehi… stai calma non è niente che non si possa riparare» anche se poco prima stava per collassare ma era un dettaglio che avrebbe risparmiato a lux, a cui sarebbe venuto un colpo probabilmente se lo avesse saputo «…ho male alla costola» la mano raggiunse la giacca militare sul torace, parte sinistra «se lui va via ti faccio vedere» cipiglio verso lapo, non le importava per nulla che non fosse niente che non aveva già visto, non si sarebbe spogliata davanti a lui,
    mai più senza te, per sempre insieme

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    «lo prometto»
    Non era una codarda, Lucrezia Linguini, non lo era mai stata. Eppure, a quelle parole, non ebbe il coraggio di guardare Madelaine negli occhi. Anzi, si ritrovò a chiedersi se non se le fosse immaginate, se non fossero state solo uno scherzo delle sue orecchie rovinate da due decenni di musica sparata nelle cuffie e davanti a una cassa più grande di lei ai concerti. O uno scherzo del suo cuore, che in quelle settimane più e più volte l’aveva costretta a immaginare cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente. O forse si trattava di interi mesi? Da quando, dopo quello scontro così dolce, avevano preso a parlarsi tutti i giorni, poi a vedersi, fino a diventare una costante nella vita l’una dell’altra? Non avrebbe saputo indicare un momento preciso, ma era successo. Parlava con Maddy molto più di quanto non parlasse con i suoi cugini. E con loro parlava tutti i giorni, a tutte le ore, praticamente ininterrottamente.
    Ma poi Madelaine era andata in guerra.
    In guerra.
    Sentendosi abbastanza calma si scostò per guardarla in faccia, carezzandole il viso, ma quella vista bastò per buttarla nuovamente nel panico. Della Maddy che ricordava era rimasto ben poco. Certo, era sempre bellissima, ma era diversa. Aveva perso la delicata innocenza che la contraddistingueva. Aveva visto quello che nessuno, mai, dovrebbe vedere.
    «ehi… stai calma non è niente che non si possa riparare»
    «No.» La fissò severamente, quasi come se fosse lei che guardava l’altra dall’alto al basso. «Intanto non mi dici di stare calma.» Non voleva arrabbiarsi, non adesso… ma era incazzata da settimane. Con tutto e tutti, con quel mondo di merda in cui vivevano. E soprattutto era incazzata con lei. «Mi agito quanto cazzo mi pare. E tu non stai bene. Per niente.»
    Nonostante tutto, però, l’aveva condotta su uno dei divani e aveva cominciato a lanciare incantesimi, incurante di ogni altra cosa. «…ho male alla costola» «Ecco, dillo.» «se lui va via ti faccio vedere» Incurante di tutto, Lapo compreso. «Vai a farti un giro», sibilò in direzione del cugino, non potendo però non pensare, data anche l’espressione di lui, a tutte le volte in cui il torinese aveva visto la bionda nuda.
    «Sicuramente più di te», le fece infatti notare, quasi fosse in grado di leggerle nel pensiero. Ma Lapo non era un bravo legilimens. Era semplicemente… «Stronzo. Vaffanculo», brontolò, sentendosi inavvertitamente arrossire. Era difficile, se non impossibile, far imbarazzare Lux, ma, chissà come mai, i suoi cugini erano maestri in questo. Sbuffò e tornò a guardare Maddy sul divano. «Non credere che io non sia incazzata», le fece notare con una smorfia, per poi aiutarla a tirarsi su. «Dato che ti sei degnata di tornare viva e non in una bara ho tutto il tempo per non stare calma e mangiarti la faccia», continuò, passandosi un braccio di lei intorno alle spalle e cingendole i fianchi per sostenerla. Dal basso le lanciò uno sguardo preoccupato, sicura di aver intravisto una smorfia malcelata di dolore. «Ce la fai? Adesso Andiamo in camera mia», altra occhiataccia a Lapo, che se la stava palesemente ridendo sotto i baffi, «così lui non può rompere il cazzo».
    Con lentezza, e mordendosi la lingua tanto per non insultarla, visto che palesemente stava male, e che quindi se l’era cercata!, quanto per non gemere a sua volta per la preoccupazione, Lux condusse Maddy su per le scale, fino alla camera che divideva con le cugine. O meglio, che aveva diviso. Da quando Gin se la faceva con la prof Ramos le era stata concessa una camera privata, lasciando lei e l’altra Lucrezia a scannarsi senza più nessuno in grado di dividerle. «Crez è al Punto Snai di Rogoredo Canosa e chissà quando tornerà, per cui non ci romperà le palle per un bel po’», spiegò a Madelaine, aiutandola a sedersi su letto.
    «Su, fammi vedere.» La incitò anche a gesti, il tono perentorio e quasi tagliente, sollevando un sopracciglio e infine incrociando le braccia.
    Non era così che si era immaginata di spogliare per la prima volta Madelaine Hopper.
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