Me and the Homies waiting for the post-credits scene

post-q10 | #macfamily [libera]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. mcscuse me
        +7    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    576
    Spolliciometro
    +1,399

    Status
    Offline
    mckenzie hale
    I play dead So that the monsters in my head
    Think that they’ve done their best
    And they can take a rest
    I think that I just might have played this part too well
    Premette la lingua sul palato, rompendo la crosta croccante della patatina e disfacendola senza morderla. Deglutì la purea ancora intera, con tutti i pezzi affilati a graffiare la gola. Appiattì il resto in bocca, perché il coraggio di masticare non lo aveva, e di non farlo neanche.
    Magari, se si fosse mosso piano. Molto piano. Disturbando la superficie dell’acqua solo il necessario per farla tremare. Magari sarebbe rimasto tutto uguale. Magari lo tsunami devastante non avrebbe raggiunto la sua spiaggia. Magari poteva rimandarlo ancora un po’.
    Capo chino, e sguardo distante. Strofinò il polso sul legno del tavolo per togliere il segno della goccia scivolata involontaria dalle ciglia bionde. Mormorò uno «scusate» così basso, che forse non lo fece affatto. Respirò piano, maledettamente piano, perché il fiato arrivava sempre ad un punto preciso in cui si bloccava e saltava facendolo sussultare. Stupidamente. E quando lo sputava fuori troppo veloce, sperando che liberandosene potesse riprovarci e farlo meglio, gli occhi bruciavano e doveva spazzare un’altra lacrima dal tavolo del wizburger. «scusate» Meccanico, atono. Un mormorio sottile a sgusciare dalla crepa che sentiva al centro del petto, ad allargarsi ed ingoiare tutto il resto. Lo stesso nulla della faglia. Un identico vuoto. Non era manco affamato, quell’abisso lì: prendeva quel che c’era intorno solo perché attratto dalla forza di gravità. Passivo. Incapace di fare altro se non rimanere a guardare.
    Come lui.
    Chiuse gli occhi e sentì le palpebre tremare ancora. Se avesse potuto rimpicciolirsi di più, su quella panca, l’avrebbe fatto. Sparire nella carta unta delle patatine fritte aperta di fronte a lui; nella voce di Corvina, nel braccio di Heather posato vicino al suo, nella curva delle labbra di Reggie. Se teneva gli occhi chiusi, poteva fingere di poterlo fare. Di averlo fatto. Potevano tenerselo incastrato in quel bugigattolo come un segreto nascosto al mondo, ridendo della loro vittoria come se la fosse stata e ne fosse valsa la pena.
    Magari era davvero così.
    Mac non era obiettivo. Avrebbe dovuto, ma non poteva. Si ripeteva la parole scelte e cosa c’è di diverso dall’Azerbaigian; si diceva non sono stato io, e quella era forse la menzogna più vera di tutte: perché poteva crederci, di non essere stato lui, ma era come l’avesse fatto. E se poteva cascarci con il raziocinio, non ci credeva dove contava di più, in una coscienza ed una morale deturpata da tante cose che aveva cercato di lasciare integra sulla punta. Almeno in quello. Di principi ne aveva pochi e sempre meno, l’Hale. Era partito con centinaia di ideali, e li aveva visti cadere anno dopo anno, vita dopo vita. Aveva vent’anni ed ormai gli bastavano entrambe le mani per contarli; forse una e qualche dito. Le stesse mani che strofinava sul tavolo bagnandole nell’ennesimo scusate, che sfregava fra loro cercando di liberarsi dal sangue. Che strizzava sperando di non sentire.
    Voleva dirlo e non sapeva come. Non voleva dirlo perché sapeva esattamente come, e non poteva perdere la risata cristallina di Veena e la stretta della Morrison alle spalle. Non poteva perdere io e te? perché anche se non serviva a salvarlo come naufrago, lo accompagnava come un miraggio.
    Ma Dio. Dio.
    Mckenzie Leighton Hale aveva davvero creduto fosse la cosa giusta da fare. La migliore.
    Mi credete?
    Era stato facile finché i soldati nemici non li aveva conosciuti. Di loro aveva potuto immaginare il peggio, lasciarsi cullare dalla beata ignoranza. Pensare un po’ quello che preferiva. Crudele, ed incoerente - lo sapeva. Lo sapeva.
    Ed avrebbe dovuto essere uguale.
    Non lo era.
    Faticava a comprendere come scorresse il tempo, a rimontarlo in un ordine che non fosse casuale. Tornava tutto a frammenti, anche quando credeva di non star pensando a nulla.

    Hunter Oakes che si pugnalava al petto.
    Gli sembrò di sentire le grida di Halley e Nicky, ed alzò colpevole lo sguardo oltre le proprie spalle.
    Un battito di ciglia. Due. Mi credete? Ricordava i cartelloni con su scritto che Hunter, in sala comune, non ci potesse entrare, perché aveva vestito i colori rosso-oro alla partita contro i Corvonero. Ricordava di averlo trovato assurdo e divertente; che per Harper avrebbe fatto lo stesso, e che per il sorriso di Halley nel vedere il fratello sugli spalti, ne fosse valsa la pena. Ricordava Mac?! Tutto ok? Vuoi… parlarne? Ti sta minacciando? Sei sotto imperio? Dai, siediti qui, ti faccio un po’ di spazio. che era stato assurdo, e divertente, e perchè si era preoccupato per lui quando non gli doveva niente?. Un concetto ancora astratto per Mckenzie, qualcosa di cui continuava a stupirsi, perché certe ferite rimanevano aperte indipendentemente dalla quantità di cerotti a tenere stretti i lembi della pelle. Che qualcuno si interessasse; che allungassero una mano verso di lui. Costantemente. Che esistessero al mondo persone in grado di essere gentili perché potevano, e non perché dovevano. Perchè sceglievano di esserlo.
    Scelte.
    Mi credete?
    Capace solo di fare quelle sbagliate, perfino quando drizzava le spalle, respirava profondamente, e si dicesse che quella fosse la volta giusta. Che avrebbe smesso di basta provarci, Mac ed avrebbe realmente reso il mondo un posto migliore. Una volta. Chiedeva solo una volta.

    Spezzettò un altro pezzo di patatina con le dita. Lo spinse fra i denti e non morse.

    Il crack del collo di Rebekah.
    Lei che non aveva perso tutto. Che ci aveva creduto, e ci credeva ancora. Una scintilla nello sguardo che l’Hale le aveva invidiato anche quando si era spenta, e non perché avesse fatto la scelta giusta, ma perché avrebbe voluto essere in grado di illuminarsi allo stesso modo. Per qualcosa. Qualsiasi cosa. Invece non ricordava neanche più quando avesse smesso di sentire. Sentire e basta. L’inizio di quella guerra? La Siberia? Tottington? Gli esami? Bodie?
    Il boato ed il sangue, tutto quel sangue.
    Mac aveva di nuovo sedici anni, era ad Hogwarts. Il suo primo passo nel nuovo secolo, con ancora il 1919 incollato sulla pelle. Aveva sedici anni, ed Heather Morrison era morta, e Barrow Skylinski era morto, e Floyd Villalobos era morto, ed Erin Chipmunks era morta, e lui non aveva capito il gioco, ed aveva stretto la mano della sorella nella propria fino a sbiancare le nocche. Guardato le lacrime sul volto di Bucky senza comprendere. Il cuore a battere sulla lingua ed il rame a spandersi sui denti. La testa a vorticare e tutto quel sangue. Sui vestiti ed i polpastrelli.
    Era stato lo stesso a Stonehenge, ma non c’era stata Harper, e Mac non aveva fatto niente e basta, perché aveva di nuovo sedici anni ed erano tutti morti. Occhi spalancati. La caverna. Bocca dischiusa. Gli spuntoni. Lo sguardo a cercare qualcuno. Non c’era nessuno. Più terrificante, perché quelle persone le conosceva. Perchè aveva voluto essere quello grande ed indipendente che manteneva le distanze, ed invece finiva sempre per arrotolarsi sul dito ogni gesto gentile e riguardarlo sorridendo quando si sentiva solo. Per ricordarsi che al mondo qualcosa di buono ci fosse. Rendeva quei fili anelli e promesse, come se fosse mai stato in grado di mantenerne una. Incapace di concedere fiducia, ma disposto a lasciare un pezzo del proprio cuore anche a chi non lo chiedesse. Supplicando, anzi, che potessero tenerlo. Nascondendoglielo nel taschino così che non dovessero neanche guardarlo, o sapere ci fosse.
    Una cosa solo sua.
    Mi credete?
    Reggie – dov’era Reggie. Nicky – dov’era Nicky.
    Dominic - ? Hunter e Halley? Arci?
    Moka – dov’era Moka.
    Un passo, e la gamba a cedere. Sopracciglia corrugate. Sguardo abbassato sull’osso sporgente.
    L’aveva toccato e non aveva sentito nulla, perché Mac aveva sedici anni, era ad Hogwarts, ed erano tutti morti. Un respiro, due respiri, ed al terzo aveva aperto gli occhi perché aveva vent’anni, era a Stonehenge, e non erano ancora morti, ed allora aveva preso marginalmente nota dei corpi.
    Tanti.
    Turo?
    Respira. Battè le ciglia e respira, Mac - un monito a se stesso, tinto dal conforto del sollievo sul viso di Costas. Gli Oakes e Nicky erano insieme. Dominic ed Isaac. Adrian Corvina ed Heather. Il terreno a tremare ancora. Tentò un passo, si fermò, abbassò lo sguardo su Mort e pensò che il Serpeverde dovesse trovarsi degli amici. Lo afferrò comunque dalla divisa, trascinandolo lontano da chi morto lo era davvero. Si assicurò perfino che respirasse ancora – esitando appena, perché non voleva saperlo.

    Deglutì a vuoto. Un paio di volte, per essere sicuro. Fece scivolare le dita fino al bicchiere di carta del fast food, premendole sulla superficie per non sollevarle e vederle tremare. Una visione che avrebbe volentieri risparmiato a Corvina ed Heather, potendo; che se fosse stato in grado, se solo ne fosse stato in grado, Reggie non avrebbe mai conosciuto. La sua versione peggiore; quella reale, per intenderci. Che non meritava nessuno. Quella che teneva stropicciata sotto il cuscino su cui non dormiva, Mac e che teneva per quando poteva fissare il soffitto ed ammettere a se stesso che fosse stanco. Quando soffiava a se stesso che avesse bisogno di morire, e si ricordasse che non volesse farlo. Avvicinò la bevanda a se spingendola delicatamente per non rovesciarne il liquido. Lasciò una scia umida di condensa sul legno; passò il polso anche sopra quello.

    Lo sguardo di Moka.
    Ad occhi chiusi. Occhi aperti. Mckenzie tornava sempre e comunque a quel momento. La mano del Telly a premere sul fianco ferito, il braccio libero avvolto alle spalle di Cherry. L’espressione dolorante, lo sguardo a cercare qualcuno e trovare comunque il tempo di posarsi su di lui. Ma perché. Perchè non aveva potuto odiarlo e basta. Perchè nel momento in cui l’aveva visto dall’altro lato, dopo la Siberia e le pistole ed i sorrisi a labbra chiuse, non aveva semplicemente potuto decidere che fossero troppo diversi e non fosse più affar suo. Che non lo conoscesse affatto. Non era stato molto, solo un’occhiata. Ma c’erano una trentina di persone, e Moka aveva comunque guardato anche lui, e - mi credete?

    Sfregò la guancia sulla spalla, imperterrito nella propria litania. Era solo aria soffiata dalla bocca dischiusa, senza voce. La bocca a muoversi verso le ginocchia. Stavano parlando di altro, le ragazze; non avrebbe saputo dire di cosa neanche se ne fosse valsa la sua vita. «scusate» e guardò le bollicine chiare della bevanda a sfrigolare in superficie. Strinse le dita sulla carta e riempì i polmoni con lentezza.
    La cosa giusta. Per una volta. Solo una.
    Sapeva che Corvina stesse parlando perché sentiva la sua voce, e sapeva che qualcuno avesse perfino risposto, ma le sue orecchie ronzavano di -

    «ma potremmo essere dalla stessa parte. Non è troppo tardi»
    Dio ci pensava e ci pensava e ci pensava e.
    Avrebbe potuto andare diversamente. O magari no, ma avrebbe saputo di averlo fatto per qualcosa e ne sarebbe valsa la pena. Avrebbe saputo di averlo fatto per qualcuno e se lo sarebbe fatto bastare. Non era troppo tardi finché troppo tardi lo era stato.
    L’Hale stava ancora guardando quando le piante avevano iniziato ad avvolgersi sui maghi. Seduto per terra, ginocchia al petto, mani arrotolate alla divisa. Gli occhi li aveva chiusi dopo, quando non c’era stato più niente da guardare. Quando anche l’idea di vedersi riflesso sul viso di qualcun altro era diventata troppo. Molto dopo. Arci l’aveva visto sanguinare, e cadere a terra. Bells. Hunter e Halley. Bertie. Erisha Byrne. Neffi. Mi credete?

    Usò l’acqua della condensa per lavarsi le mani. Piantò le unghie sulla pelle e trascinò fino a sentirne il bruciore, che magari se avesse graffiato abbastanza da sanguinare sul serio, avrebbe smesso di vedere il sorriso del nuovo (ex) capitano della squadra dei Corvonero all’ennesima ramanzina del Moonarie. Mise la cannuccia in bocca per fare qualcosa.
    Non bere. Ne aspirò un sorso e lo tenne sotto la lingua, occhi ruotati alle luci al neon del locale.

    «non sono bellissimi?»
    Ci aveva davvero creduto, Mac. Che fosse la cosa migliore, unirsi a Lamovsky.
    Loro gli avrebbero creduto?
    Un atto di fede. Un salto ad occhi chiusi. Perchè l’Hale nella vita non puntava ad essere l’eroe, ma ad essere migliore di se stesso sì. Si lasciava ispirare da Hunter, che una mano l’aveva allungata anche quando l’aveva ferito, e da Arci che gli diceva non fosse troppo tardi, e da Moka che anziché prenderlo in giro gli diceva che la sua mazza fosse forte, e da Ptolemy che gli aveva dato il suo maledetto numero di telefono e gli aveva insegnato a sparare e - ma perché. Perchè in Siberia non l’aveva semplicemente accettato come il caso umano del gruppo. Perchè anziché allontanarlo se l’erano tenuto stretto. Ma perché. Lui che con loro non c’entrava nulla, sempre con i motivi sbagliati. Fuori tempo. Le scelte sbagliate. Da tutte le vite.
    Per una volta. Una sola.
    Aveva imparato e l’aveva usato contro di loro. Danno e beffa. Ed ecco cosa succedeva a dargli fiducia, ed ecco cosa capitava quando gli si dava un’opportunità.
    Spariva per mesi. Uccideva persone.
    Mi credete?
    Magari sì. Magari l’avrebbero fatto. Magari lo sapevano già. Magari non aveva importanza.
    Ma Mckenzie in quella radura aveva nascosto il viso nella divisa e non l’aveva più rialzato.

    «stai facendo un ottimo lavoro»

    La voce di Ptolemy incastrata nelle orecchie, anche quelle a ripetizione.
    Sembrava un’altra vita. Erano passati solo due mesi. Sembrava il giorno prima.
    Smise di strofinare i polsi sul tavolo ed osservò solo le gocce espandersi e prendersi gioco di lui.
    Non sapeva che farci – con se stesso, con quelle lacrime, con l’attacco di panico che ancora gli attorcigliava il petto impedendogli di respirare. «scusate» si schiarì la gola ed alzò la voce. Di poco. Pochissimo. Abbastanza da farsi sentire ed odiarne ogni momento. «non -» cosa. «io -» cosa. Dondolò veloce le gambe sotto al tavolo, sentendo il cuore sulla lingua.
    Scusate se esisto nel modo peggiore.
    Per una volta.
    «Stai facendo la cosa giusta»
    Una sola.
    «Sei stato coraggioso. Sei coraggioso»
    Mezza.
    Mckenzie Leighton Hale avrebbe voluto -
    «Sono fiera di te.»
    Fosse vero.
    Mi credete?
    Pensò di chiedere a Corvina se volesse una delle sue patatine.
    Pensò di domandare a Reggie cosa avesse ordinato.
    Pensò di offrire ad Heather la confezione ancora sigillata della propria salsa.
    Pensò tante cose.
    Poi alzò il capo ed il movimento fece collassare l’argine delle ciglia, facendo scivolare gocce salate sulle guance; immaginava fosse tardi per proporre di prendere un hamburger in più. Drizzò le spalle e si impegnò a non far tremare la voce. Continuò a non guardare nessuna delle tre.
    «scusate»
    Battè le ciglia.
    «posso -»
    Deglutì.
    «comunque -»
    Alzò gli occhi al soffitto.
    «rimanere con voi?»
    (vi prego non mandatemi via)
    «la smetto»
    (non posso andare da nessun altra parte)
    Aprì la bocca e la richiuse.
    «la smetto»
    Di provarci. Nessun altra volta.
    gif code
    2003
    (1903)
    ((2043))


    Edited by mcscuse me - 4/6/2023, 04:22
     
    .
6 replies since 1/6/2023, 20:25   247 views
  Share  
.
Top