everybody wants to rule the world

Veloce e indolore. Voleva crederci, doveva farlo.
Ma era solo l’ennesima menzogna.
Sarebbe stato doloroso, e prolisso.

«credo che tu abbia sbagliato persona» Avrebbe davvero, davvero voluto che fosse così, Bertie, ma la ragazza messa sempre peggio si era appena tolta la maschera. Era Minerva Sage Cox-Wood. Era sua sorella. La fissò, incapace di fare uno più uno, incapace di concepire un’altra possibilità. Eppure, nei recessi della sua mente, lo sapeva. Joyce. Ma sarebbe stato meno doloroso, così?
Ovviamente no.
Così come non fu privo di dolore lo scoprire di non essere servito a nulla, come sempre. “Inutile.” Un tempo non avrebbe potuto essere più lontano dal sentirsi così, Bertie. O forse, allora, si era solo ingannato, raccontandosi la prima di tante, infinite menzogne.
Persino la sua morte sarebbe stata inutile. Non avrebbero vinto. Non avrebbero salvato il mondo. Non avrebbero salvato nessuno.
Era stato inutile anche quello che aveva detto a Sorta un mese prima, per non parlare di qualche ora prima. Perché lei adesso era lì, sul ciglio del baratro, esattamente come lui. E lo guardava con odio e, cosa ancora più dolorosa, di nuovo, forse persino con disprezzo. «e allora sentiamo, quali verità starei ignorando?» «Io almeno riconosco di essere un codardo. Così codardo, e così pazzo, da avertelo detto», si sforzò di farle notare, sebbene ogni parola gli costasse un’enorme fatica. In realtà non l’aveva detto, non davvero almeno. Ci aveva girato intorno, aveva usato una perifrasi. Ma l’aveva comunque fatto. A differenza di Sorta.
Si era tolto la maschera, e lei l’aveva guardato in quel modo. Avrebbe potuto dire tante cose, avrebbe voluto farlo. Ma le gambe gli cedettero. Non per una ferita ormai insopportabile, per un dolore così grande da non poter più essere tollerato. La colpa fu di uno stupido, stupidissimo incantesimo a scoppio ritardato. E di uno sparo. Gli aveva sparato davvero. Sorta gli aveva sparato davvero. Non tecnicamente, d’accordo, ma aveva percepito il calore del proiettile vicino all’orecchio, l’assordante detonazione.
E, per un istante, gli si era fermato il cuore. Per la paura, certo. Ma anche per il dolore. Per la delusione.
“Patetico.”
«wet pathetic little meow meow»
(Noiii.) Ecco appunto.
O forse, proprio un istante prima che cadesse, arrivò un biondo cavaliere pieno di macchie e di paura – no, non Perses – che, letteralmente, lo sollevò. Non che ci volesse molto, in effetti. E forse, a dirla tutta, più che sollevarlo finì per farlo cadere ancora di più.
«tu che stracazzo ci fai qui»
Dominic Cavendish, signori.
*Inserire qui gif cursed (che poi, cursed…………………..) di Dom e Bertie che limonano e fanno altro.*
*(Edit: e invece ho trovato questo e ho pianto.)*
«Io???»
Evidentemente a Nice piaceva circondarsi di primedonne.
«hai lasciato Nice da solo…»
Ecco, appunto.
«Io l’ho lasciata??» Non era disco rotto, Bertie. O forse un po’ sì, ma non importava. In mezzo a tutto quel bordello ci mancava giusto l’ex infermiere a fargli la predica. Tra tutti, proprio lui. «Da quel che mi risulta, quello lasciato sei stato tu.» Non importava che avesse il culo per terra: se c’era un modo per essere sarcastico e rompicoglioni, l’avrebbe trovato. «Nice sapeva benissimo che per me questo momento sarebbe arrivato. Ma tu? Perché sei qui, Cavendish?» Lo fissava rancoroso, impegnato a nascondere quell’oceano di dolore e preoccupazione che tentava di incresparsi in onde. Non che gli importasse davvero di Dominic, naturalmente. Ma il punto era che, alla sua sopravvivenza, era legata a doppio filo la felicità di Nice. Non sopportava l’idea che le si spezzasse il cuore.
Non di nuovo.
Stava per continuare, quando con la coda dell’occhio notò una mossa che fece vibrare il suo senso vomitino. «Hunter!», chiamò il corvonero, cercando di attirare la sua attenzione. «Togliti di lì!! Non vuoi fare la mia fine con il gelato alla fragola, ma ancora più schifosa!!» E poi dicevano che non era un buon amico! Non voleva che l’Oakes cominciasse a vomitare lumache, anche perché, realizzò con un brivido, non era sicuro di potersi trattenere, a quell’orribile vista.
Almeno aveva altro a cui pensare, a parte il vomito. «Probabilmente ho sopravvalutato la tua intelligenza», concluse, sprezzante, continuando a lanciargli occhiate di astio, sebbene la prossemica del momento suggerisse tutt’altra interpretazione.
Ma in realtà, se non avesse sentito il piede di Sorta premergli contro al petto, forse gli argini della sua preoccupazione si sarebbero rotti, lasciando trapelare un’accorata richiesta al Cavendish: almeno lui doveva tornare da Nice. Visto che, ormai era sempre più chiaro, difficilmente Bertie ci sarebbe riuscito.
Non quando Sorta Motherfucka sembrava così intenzionata a farlo fuori. A gesti e a parole. Baciando Raegan Lynch, tanto per cominciare. D’accordo, non in quel modo, ma eh, era comunque una vista che, pur nella sua piacevolezza, lo irritava. E ridendo, di lui. «come siamo debolucci, tieni, ti aiuto ad alzarti» Non riuscì a non pensare a quando gli aveva detto quasi la stessa cosa, neanche un mese prima. Sembrava passato un secolo da quel giorno. «Pensavo fosse appurato», soffiò, a denti stretti, mentre le afferrava la caviglia nel tentativo di trascinarla per terra con sé.
«mi era sembrato si sentire uno step on me, scusa.» «Voi genZ e la vostra mania per questa storia. Ma che senso ha?? Essere calpestati??? Ew.» Ancora una volta, pur essendo in una posizione, letteralmente, tutt’altro che favorevole, fu più di Bertie. Doveva giudicare. Doveva lamentarsi. Doveva infastidirla, e ribattere a tono. «E comunque, se volevi che mi inginocchiassi, bastava chiedere. L’avrei fatto più che volentieri.»

E infatti fu doloroso, e prolisso.
Bertie. E il post.