everybody wants to rule the world

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  1. sehnsüchtig.
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    Adalbert Behemoth
    In my dream I was drowning my sorrows
    But my sorrows, they learned to swim
    Surrounding me, going down on me
    Spilling over the brim
    Waves of regret and waves of joy
    I reached out for the one I tried to destroy
    You, you said you’d wait
    ’Til the end of the world
    “L’ultima notte della nostra vita.”
    Quante volte, nel mese appena passato, aveva formulato quel pensiero? Ogni notte, coricandosi sulle scomode brandine dell’accampamento ribelle di turno, che fosse in Nuova Zelanda o da qualsiasi altra parte, Bertie aveva ascoltato i respiri tutt’altro che regolari dei compagni ed era giunto a quella conclusione. Ogni notte aveva fissato il soffitto della tenda finché questo non aveva cambiato colore, rivelando, nonostante tutto, l’alba di un nuovo giorno. Eppure non era mai riuscito a sentirsi grato. L’ombra di quell’ultima notte aveva continuato, inesorabilmente, a stendersi su di lui, occupando sempre più spazio. Le occhiaie si erano fatte più scure, la rassegnazione più profonda.
    Ora che la parola fine stava assumendo contorni sempre più precisi, la realtà era difficile da ignorare. Forse era stato tutto inutile. Forse sarebbe stato tutto inutile, ancora di più, specialmente quegli ultimi, disperati rigurgiti di quello in cui, in fondo, credeva. Era ironico pensare che, proprio lui, potesse credere in qualcosa. Sempre così apatico, e disilluso, Bertie era consapevole di non poter fare la differenza. Tuttavia, era altrettanto certo di non potersi tirare indietro. Era un imperativo morale. Doveva farlo.
    E doveva fare anche questo.
    Fissò ancora una volta lo schermo del cellulare, reprimendo a stento l’impulso di scagliarlo lontano. Il cursore lampeggiava a un ritmo molto più lento di quello del suo cuore. Già così, non aveva detto addio a tutte le persone a cui avrebbe voluto. E dire che si contavano sulle dita di una mano, o quasi. Ad alcune non poteva dirlo. Ad altre non voleva. La nuova vita di Nice, che tanto l’aveva fatto soffrire – e che tanto aveva invidiato – negli ultimi due anni, in quel momento gli donò un accenno di conforto. Se il mondo non fosse finito, per lei c’era ancora una possibilità, nonostante tutto.
    Ma per lui?
    Non che avesse importanza, in realtà. Era l’ultima notte, quella che stava per cominciare. Lo era davvero, stavolta.
    Chiuse gli occhi e, pur sforzandosi, non riuscì a respirare a fondo, sentendo l’aria fermarsi in gola, lì dove quel groppo sempre più ingombrante gli impediva quasi del tutto non solo di mangiare, ma anche, appunto, di respirare a dovere. Paradossalmente, cosa aveva da perdere?
    “È una cosa a dir poco idiota, te l’ho già detto. Da persone deficienti che sono così inette da credere che tutto il mondo si regga su qualcosa di così insulso. Invece la tua vita non può, non deve ruotarci intorno. Non deve ruotare intorno agli altri. Tu, e solo tu, devi essere al centro della tua vita. Quello che sei, quello che desideri. Quello che vuoi diventare e quella che stai già diventando. Sei più importante di qualunque altra persona, di qualunque altra donna, incrocerà mai il tuo cammino. Ma dato che il mondo sta per finire, e che ci tieni così tanto, lo dirò solo una volta, così puoi toglierti questa stronzata dalla testa.”
    Digitò trattenendo quel poco fiato che ancora aveva, senza ripensamenti, senza pause. Almeno fino a quel momento. Strinse i denti, e il telefono, e guardò l’immagine del profilo nella parte alta della chat. Il sorriso di chi aveva ancora tutta la vita davanti. Mentì a sé stesso, dicendosi che le cose stavano proprio così, sebbene tutto, in lui, sentisse che era esattamente il contrario.
    “Sei amata, Sorta.”


    “Vedesti un uomo, in fondo alla valle, che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore.”
    Parafrasando De André, che forse risuonava anche nella testa di Bertie, e non solo in quella di Sara, al centro della valle e, ancora di più, del cerchio di monoliti, c’erano uomini e donne. Si sforzò di contarli, tentando di concentrarsi su particolari tanto minuti quanto inutili, dalle divise impeccabili alle armi più o meno visibili strette in mano, dalle espressioni all’irreale silenzio che, nonostante tutto, regnava su di loro.
    Non voleva davvero vederli.
    Non voleva che quei volti assumessero un nome, una storia, un’identità.
    Eppure era bastato uno sguardo, sebbene di sfuggito e subito allontanato, sebbene da lontano e da dietro la maschera, per riconoscerli (quasi) tutti, uno a uno. Compagni di questi e di un’altra vita che solamente adesso, dopo tre anni, per la prima volta gli parve quasi irreale.
    A differenza di quei volti.
    A differenza di lei.
    L’aveva sempre saputo, Bertie, ma aveva fatto di tutto per imprigionare quel pensiero nei recessi più remoti della sua mente, costringendolo a scontare la sua pena insieme a un’altra idea, o meglio, a un sentimento, che non voleva, e non doveva, vedere la luce. Ma giusto qualche ora prima aveva girato la chiave di quella cella, mettendo nero su bianco quelle parole.
    E adesso lei era lì, in carne e ossa, esattamente dove se l’era sempre aspettata.
    “Vedesti una donna, in mezzo alla valle, che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore.”
    Istintivamente si portò una mano al viso: la maschera era ancora lì. Non che sarebbe servita a molto, sospettava, ma sempre meglio di niente. Senza riuscire a smettere di fissarla si accorse che i suoi piedi si stavano muovendo, proprio come avevano fatto, a poca distanza di lui, quelli di Wyatt, Arci e Moka. Non importava cosa stessero dicendo, o che si fossero già svelati all’altro schieramento.
    Le aveva detto di andarsene, di salvarsi. Ma ovviamente lei non l’aveva ascoltato.
    “Come sempre.”
    Non erano lì per uccidere, ma per prendere tempo. E allora, perché fece così male puntarle la bacchetta contro?
    gif code
    2000
    EX SLYTHERIN
    REBEL


    CODICE
    <b>ATTACCO SORTA (bertie): </b>

    oblivion exponentia

    CITAZIONE
    Oblivion exponentia. Elimina temporaneamente la capacità di chi ne viene colpito di ricordare qualsiasi incantesimo. Colore: lilla. Non Verbale.
     
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