if you can't go back, where the hell do you go?

ft. joey & hans

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  1. traiten.
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    johannes 'hans' belby
    Believe in me,
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    2004 ✧ pyrokinesis ✧ 2043: wes
    I'm overwhelmed,
    I'm on repeat,
    I'm emptied out,
    I'm incomplete;
    You trusted me
    && I want to show you
    I don't want to be
    the hollow man
    «sono felice che siate venuti»
    Contento Dominic.
    No, davvero: buon per lui se era felice, qualsiasi fosse la ragione per cui li aveva chiamati lì.
    Onestamente? Hans non sapeva come sentirsi — ma non era una condizione strettamente legata a quell'evento, in realtà. Erano giorni, settimane addirittura, che Hans sentiva un un po' troppo e non era abituato a dover affrontare quella mole esagerata di emozioni tutte insieme; dire che fosse sopraffatto sarebbe stato un eufemismo. Provava tante cose, ma la felicità non era necessariamente tra queste; confusione, ansia, senso di colpa, un pizzico di fastidio — quelle, invece, c'erano tutte. E anche di più.
    Ma facciamo un passo indietro.

    Quando aveva ricevuto il messaggio dell'ex corvonero, Hans non aveva detto nulla. Il fatto che Dominic volesse parlargli, ad essere onesti, lo preoccupava: immaginava già che volesse fargli una filippica infinita sul perché drogarsi fosse sbagliato, sul rischio che aveva corso, sulle conseguenze che le sue azioni potevano avere, e bla bla bla. Il pirocineta poteva tollerare l'apprensione di Twat (e lo faceva già a fatica) ma l'ultima cosa che voleva era sentirsi soffocare anche da un perfetto sconosciuto — la tentazione di non presentarsi era stata tanta, e quel pollice verso l'alto con cui aveva risposto diceva tutto e allo stesso tempo non garantiva la sua presenza all'incontro. Ci doveva pensare.
    Purtroppo però, la verità era un'altra: da quando era uscito dalla clinica aveva fin troppo tempo tra le mani, cosa che aveva sempre avuto, certo, ma era stato troppo spento in precedenza per preoccuparsi di cose blande come la noia. Ma da sobrio? Rischiava di impazzire. C'era ben poco che potesse fare dentro casa, e al contempo non aveva assolutamente voglia di uscire e incontrare visi più o meno conosciuti; quindi aveva un sacco di tempo libero e nessuna distrazione con cui occuparlo. Né la minima intenzione di trovarla, va detto.
    Non voleva andare — perché mai avrebbe dovuto; eppure si ritrovò comunque a camminare fino al parco, e poi una volta incrociato lo sguardo dell'infermiere, a procedere testardamente fino a lui, viso privo di alcuna espressione, ma decisamente meno impassibile del mese precedente. C'era una luce diversa nello sguardo chiarissimo di Hans, una che suo malgrado risultava più viva, più attenta; ed valeva anche per la sua percezione della realtà, ormai.
    (Un po' gli mancava il prima, ma non abbastanza da rischiare la furia dell'emocineta che lo teneva sotto strettissima sorveglianza.)
    La confusione, infine, era cresciuta definitivamente quando aveva visto Joey dirigersi verso di loro; e dal modo in cui l'altro scrutò il maggiore, dopo aver salutato lo stesso Hans, quest'ultimo immaginò che Joey fosse spiazzato quanto lui dal trovarlo lì.
    Con un sospiro pesante, si era avvicinato e aveva preso posto accanto al tavolo insieme a loro.

    «sono felice che siate venuti»
    «ti ho scritto che l'avrei fatto.»

    Hans, dal canto suo, rimase in silenzio, e si strinse nelle spalle quando entrambi portarono lo sguardo su di lui. Hans era lì per noia, un sentimeno sconosciuto fino a poche settimane prima e del quale non sapeva ancora cosa farsene.
    Che fossero gli altri a parlare — di certo lui non aveva nulla con cui contribuire, per il momento.
    «la mia alternativa era chiedervi di venire in ospedale per un prelievo a sorpresa, ma ho come l’impressione che non vi piacciono troppo i dottori, mh?» No, aveva ragione: il Belby non era mai stato un grande fan degli ospedali o dei guaritori, una fobia innata che sua mamma avevato giurato per anni di non riuscire a spiegarsi assolutamente, affermando che non avesse mai visto un bambino così piccolo piangere disperatamente alla vista di un medico.
    (Quei dettagli della sua infanzia stavano tornano un po' alla volta, in momenti del tutto random, e triggerati anche dal più stupido dei pensieri, o da un odore, o da un gesto — era tutto quello che per anni Hans aveva cercato di sopprimere e cancellare del tutto dalla sua memoria.)
    Tuttavia, dopo il suo ultimo ricovero, se possibile, li odiava ancora di più.
    Strinse il pugno e indurì la mascella, soffiando tra i denti stretti un «sono pulito», prima che il maggiore potesse anche solo pensare di insinuare altro: non c'era bisogno di fare controlli a campione per assicurarsene, Dominic poteva dormire sonni tranquilli.
    Alla successiva domanda del Cavendish, Hans inclinò leggermente la testa di lato per osservarlo con aria confusa. Lo sapeva il motivo? Non gli risultava, a meno che, appunto, non volesse rompergli le palle per qualcosa legato alla sua salute; ma ce c'entrava il Moonarie?
    «no. Stai morendo?»
    Si voltò di lato, cercando Joey. Dunque non lo sapeva nemmeno lui perché erano lì? Rimbalzò lo sguardo su Dominic, ma lo riportò velocemente sul giocatore quando sentì Joey continuare «Se è per quello che ti ho scritto, non mi devi niente. Non cercavo un fratello» Stava... Parlando con lui?
    C'era un po' di reunion in quella confusione.
    «non ti avevo detto di Hans.»
    Ok, c'era chiaramente qualcosa che Hans non sapeva.
    Come una sara che alla mattina si trova ad affrontare il fiume di parole di mort sr, il massimo che Hans poté fare fu ripetere le ultime parole, aggiungendo un punto di domanda alla fine che non iniziava nemmeno lontanamente ad esprimere la sua confusione. «la squadra?» Volevano — volevano indottrinarlo nella loro setta? Non era nemmeno un mago!
    Poi registrò davvero, con uno scoppio di ritardo, le parole di Joey, e puntò lo sguardo azzurro in quello troppo simile dell'altro, per poter ignorare ancora quel magone che sentiva all'altezza del petto da quando era tornato ad essere in grado di provare qualcosa. «anche..lui?» con un cenno della testa, indicò Dominic, ma non smise di osservare il portiere: degli adulti, Hans non si fidava, e sebbene nemmeno Joey fosse un suo amicone del cuore, tendeva a riporre decisamente più fiducia nei suoi confronti che non in quelli dell'infermiere.
    Nonostante il tanto tempo libero, Hans non aveva ancora trovato il coraggio per affrontare la bomba che era stata sganciata dallo stesso Moonarie più di un mese prima: s'era ripetuto che avrebbe avuto tempo per farlo, per capire ed elaborare, ma ultimamente aveva scoperto che di tempo non ce ne fosse mai abbastanza, e che la vita, spazientita, aveva la fastidiosa abitudine di prendere le redini della situazione e decidere al suo posto. Che gran fregatura.
    «spiegatemi.» Quella volta, forse, avrebbe persino scelto di ascoltare e credergli.
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