if you can't go back, where the hell do you go?

ft. joey & hans

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    Si era seduto e si era acceso una sigaretta; aveva preso una, due, tre, quattro boccate di nicotina una dietro l'altra senza neanche rendersene conto e nel mentre si dondolava lentamente sull’altalena, con entrambi i piedi poggiati sul terreno e con la mano libera aggrappata alla cordicina che univa la seduta all’asse di legno superiore.
    Ventisei anni e ancora gli piaceva dondolarsi sull’altalena.
    Gli piaceva da bambino, quando ridendo chiedeva a suo padre di spingere l’altalena ancora più forte, di farlo andare ancora più in alto e di fargli toccare il cielo con la punta dei piedi; gli piaceva da ragazzino, quando non gli era ancora concesso salire sulla scopa e si allenava a stare in equilibrio sul legno dondolante; gli era sicuramente piaciuta da adolescente, quando aveva iniziato ad affinare le sue tecniche di seduzione e aveva portato una lunga serie di ragazze lì, in tarda serata quando ormai il parchetto era sgombro da bambini urlanti, e tra un dondolio e un altro era riuscito a ottenere diversi baci più o meno casti; ma sembrava piacergli un po’ meno in quel momento, con lo sguardo pensieroso fisso sul terreno sotto i suoi piedi e i muscoli tesi – evidentemente l’età adulta non era quella preferita per le altalene.
    Adulto, ugh. Brutta parola, il solo pensiero gli fece storcere il naso.
    Solo da poco aveva iniziato a immaginarsi in quelle vesti, come se quello a cui aveva assistito l’avesse costretto a una presa di coscienza improvvisa, e la cosa non gli piaceva; oltre al fatto che aveva la netta sensazione di non essere molto bravo in quel ruolo. Ci stava provando fortissimo, e all’inizio gli era sembrato di star facendo anche un buon lavoro in realtà.
    1. Completa il tuo percorso di studi: check
    2. Cerca un lavoro: check, ne aveva ben due, gli piacevano entrambi, e aveva scoperto anche di essere piuttosto bravo
    3. Diventa indipendente dal punto di vista economico: aveva due invidiabili conti in banca, quello non era mai stato un problema
    4. Cerca un appartamento o una casa per te: già fatto, e andava particolarmente fiero del suo appartamento. Era nato a Liverpool, ma era diventato un London boy ben prima che Taylor Swift si innamorasse di uno di loro, quando i suoi genitori avevano deciso che la società londinese purosangue necessitava della loro presenza.
    I primi punti della guida di wikihow, insomma, erano stati abbondantemente soddisfatti, e secondo quanto diceva il celeberrimo sito lui si trovava addirittura in vantaggio sulla tabella di marcia; ma la realtà era un tantino diversa: Dominic trovava difficoltà nell’affrontare le cose basilari, le più semplici, a partire dall’idea di abbandonare le abitudini che aveva assunto quand’era più piccolo. E infatti non aveva smesso di fermarsi ad accarezzare i gatti per strada anche se più di una volta si erano rivelati animagus e l’avevano attaccato, non aveva mai smesso di tenere chiusi gli occhiali da vista nel loro astuccio come se fossero un segreto, né di arrossire quando era in imbarazzo o di iniziare a grattarsi il collo come un cane pulcioso quando era in ansia, o di sentirsi morire di fronte a un’importante decisione da prendere, e non aveva smesso nemmeno di andare il giovedì sera sempre allo stesso pub per bere sempre la stessa birra scadente.
    E diamine, non era nemmeno riuscito a smettere di fumare. Voleva farlo – gli sembrava un rituale passaggio per entrare ufficialmente nell’età adulta visto che aveva iniziato da ragazzino (“sono curioso, voglio solo provare, è solo per scambiare due chiacchiere con quella ragazza, non prendo il vizio lo giuro”), ma gli sembrava che il suo piano stesse platealmente fallendo, perché nell’ultimo periodo, piuttosto che smettere, aveva addirittura aumentato la quantità di sigarette che fumava. Era il male minore, un danno collaterale cit, e lo riconosceva, gli serviva solo del tempo e magari sarebbe riuscito anche in quello, sapeva di non doversi mettere fretta, ma era frustrante e non negava che ormai anche le sigarette avessero perso il tipico gusto di ribellione di gioventù e che ogni boccata ora fosse più amara e più pesante.
    Avrebbe potuto andargli peggio; avrebbe potuto cadere in una dipendenza da narcotici e ansiolitici, per esempio. Un’ipotesi un po’ catastrofica, ma a dirla tutta non negava che l’idea di prendere una pillolina qui e lì che lo aiutasse ad addormentarsi gli fosse balenata nella testa più di una volta durante le prime notti insonni dopo la Russia, ma era stato abbastanza saggio e abbastanza forte da non cedere a quella stronzata; piano piano le cose sarebbero andate meglio. Lo sapeva. Ci sperava. Ci provava.
    Non dormiva più le sue sette ore filate, continuava a svegliarsi durante la notte, e quando riapriva gli occhi al mattino il suo battito correva sempre un attimo più veloce di quanto avrebbe dovuto, ma almeno il risveglio era piacevole, e la compagnia lo tranquillizzava.
    Ancora prima di aprire gli occhi quella mattina aveva sentito lo stomaco stringersi in un nodo strettissimo, ma aveva arricciato il naso, si era rigirato sotto le lenzuola e aveva stretto a sé il corpo della (ancora per poco) fidanzata. Le aveva dato un bacio leggero sulla guancia, poi uno dietro l’orecchio, sulla spalla, poi sul collo, e alla fine aveva nascosto il viso proprio lì, e tra un bacio e l’altro, con la voce ancora impastata dal sonno, le aveva detto di non aspettarlo per pranzo «oggi gli parlo» dirlo ad alta voce, annunciarlo in quel modo, gli metteva un po’ d’ansia «sempre se si presentano» ma fu quella prospettiva a fargli infine aprire gli occhi, una paura rimasta sopita fino a quel momento e che stava prendendo vita e forma nella sua mente.

    Perché proprio quel giorno? Mh, difficile a dirsi, non era nessuna data particolare, e non era successo (ancora) nulla di eclatante che lo spingesse a un tale gesto. Dominic sapeva di dover parlare a Joey e Hans, lo sapeva da due fottutissimi anni, ma non aveva mai avuto il coraggio di fare quel passo.
    Dopo il bigliettino che gli aveva lasciato l’ex corvonero qualcosa era cambiato – lui si era sentito uno schifo, una merda, ma aveva anche trovato la forza di alzarsi dal pavimento e andare a far visita a Jason.
    Dopo la Siberia era cambiato quasi tutto, e l’urgenza di dover contattare quelli che erano stati i suoi fratelli si era fatta sempre più grande, e ogni mattina sentiva spingere sul suo petto un senso di paura che lo rendeva inquieto – la paura del rimpianto, del rimorso, e della perdita improvvisa.
    Forse non avrebbe mai più partecipato a uno smantellamento nella profonda Russia e forse non avrebbe mai più rischiato così tanto la vita, ma perdere ulteriore tempo a chi avrebbe giovato? Nel frattempo, tra tante cose che erano cambiate, alcune erano rimaste sempre uguali, e ancora non sapeva come salutarli, ancora non sapeva come dirglielo, non sapeva che parole usare, e non sapeva come avrebbero reagito.
    Non sapeva neanche se si sarebbero davvero presentati, a dire il vero; le risposte al suo messaggio non erano state molto eloquenti, eppure aveva cercato di essere il meno equivocabile possibile: “Ciao, sono Dominic, come stai? Mi piacerebbe molto parlarti ma non voglio metterti pressione, solo una chiacchierata tranquilla. Se ti va possiamo vederci nell’area giochi del giardino pubblico”. L’aveva inviato uguale a entrambi (il numero di Joey l’aveva imparato a memoria come gli aveva suggerito il minore sul bigliettino, e quello di Hans non era stato tanto difficile da recuperare), un orario l’aveva indicato, un’emoji carina alla fine l’aveva messa, e in tutta risposta aveva ricevuto un “👍” e un “Ok” – non un buon inizio, doveva ammetterlo.
    Un po’ di quella paura l’aveva abbandonato quando aveva alzato lo sguardo e aveva visto i due ragazzi avvicinarsi, ma paure del tutto nuove l’avevano assalito a quel punto. Si era alzato dall’altalena, aveva sorriso leggermente, e aveva buttato la sigaretta nel posacenere, poi gli aveva fatto cenno di seguirlo al tavolino di legno poco lontano.
    Aveva bisogno di sedersi per affrontare quel discorso.
    Cioè, non aveva un discorso pronto, ma aveva comunque bisogno di sedersi.
    Li guardò e restò per un attimo in silenzio. Loro non parlarono, lui voleva parlare ma non trovava le parole giuste; allora si morse l’interno del labbro inferiore e poi sospirò.
    «sono felice che siate venuti» iniziò con un sorriso timido, facendo oscillare le iridi chiare dalla superfice del tavolo in legno ai visi dei due ragazzi. Vederli così vicini un po’ gli metteva ansia – non aveva mai notato quanto effettivamente si somigliassero; si soffermò a guardare la sfumatura dei loro capelli biondi e il taglio degli occhi azzurri e si chiese se effettivamente non ci fosse un reale legame di sangue tra i due. Si schiarì la voce poi umettò lentamente le labbra con la lingua, ricercando le parole giuste «mi dispiace avervi mandato un messaggio, non sapevo come contattare entrambi contemporaneamente» vedeva Joey quasi tutti i giorni agli allenamenti, e sapeva perfettamente dove abitasse Hans – e passava di lì quasi ogni mattina per assicurarsi che non fosse nuovamente scomparso – ma voleva parlargli insieme, e quella sembrava già una cosa più difficile da realizzare. «la mia alternativa era chiedervi di venire in ospedale per un prelievo a sorpresa, ma ho come l’impressione che non vi piacciono troppo i dottori, mh?» sebbene cercasse di stemperare la – sua – tensione, sentiva l’imbarazzo crescere ancora di più e si passò una mano dietro il collo, si grattò un po’ alla base dei capelli, poi ridacchiò nella speranza di abbattere almeno qualche mattoncino di quel muro tra di loro. Sempre meglio il parchetto di Clay del San Mungo, dai.
    Prese un profondo respiro «ehm, io…» iniziare era sempre la parte peggiore, ma si disse che se avesse superato quei momenti poi sarebbe migliorato – e peggio di come stava andando, comunque, era difficile: «credo che voi già sappiate perché ho chiesto di vedervi, vero?» fece scorrere lentamente lo sguardo da Hans a Joey, e si soffermò un pochino di più sulla figura dell’ex corvonero, ma dopo poco abbassò gli occhi con un sospiro.
    Non sapeva se Hans ne fosse a conoscenza, ma su Joey, giustamente, non aveva alcun dubbio dopo il bigliettino che gli aveva lasciato, e non poteva che sentirsi tremendamente in colpa per aver aspettato che fosse stato lui a contattarlo, per aver ignorato la questione fino a quel momento, per non aver fatto nulla per due lunghissimi anni – si riteneva un fallimento sì, ma ce la stava mettendo tutta per rimediare.
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    Edited by cigârette - 17/1/2024, 13:41
     
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    joseph 'joey' moonarie
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    2002 ✧ quidditch player ✧ freak
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    The dreams in which I'm dying
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    I find it hard to tell you
    I find it hard to take
    When people run in circles
    it's a very, very Mad world
    Non aveva assolutamente idea del perchè Dominic volesse parlargli, ma aveva deciso di presentarsi alla sua chiamata senza stare a rimuginare troppo sui perchè o per come - ed evitare così di di ignorarlo e bloccare il suo numero (non dopo essersi offerto di essere sempre reperibile). Una parte del Moon sperava che il Cavendish volesse semplicemente organizzare qualcosa per gli Almighty Gunners, una serata insieme per vedere la partita di champions registrata. Sperava che volesse consigli sul quidditch, o su Arabells... ma immaginava di sapere che non gli avesse chiesto di incontrarsi in quel luogo neutro e per qualcosa del genere; era più probabile che c'entrasse il bigliettino che Joey gli aveva lasciato tempo prima. Forse non lo aveva contattato per motivi stupidi, forse gli servivano soldi. Forse gli serviva un trapianto di reni.
    Forse gli servivano semplicemente risposte.
    Il fu corvonero aveva cercato di arrivare al parco giochi preparato: aveva messo nello zaino non solo la lettera e le foto del suo passato-futuro, ma anche un po' di soldi in contanti, se era quello di cui Dominic aveva bisogno, dei chiodi, perchè potevano servire per armarsi, una fiaschetta di alcol, e una canna già pronta: documenti del 2043 a parte, era il suo specialissimo kit di intervention per ogni problema. Il coltellino in tasca era un classico, non serviva neanche menzionarlo.
    Arrivato al parco giochi aveva notato Hans in dirittura d'arrivo, gli aveva lanciato un'occhiata impassibile alzando una mano in segno di saluto, ma non gli aveva chiesto perchè fosse lì, arrivando purtroppo alla conclusione da solo.
    Niente Almighty Gunners, eh?
    Si avvicinò al tavolino, indugiando prima di sedersi, la mano in tasca a giocare nervosamente con l'arma.
    C'era un motivo se aveva lasciato dei biglietti ad Hans e Dominic.
    Parlare non faceva per lui.
    «sono felice che siate venuti»
    «ti ho scritto che l'avrei fatto.» nel bigliettino, e in risposta al suo messaggio. Non c'era da sorprendersi tanto o farne una questione di stato - piuttosto che arrivasse al punto senza tergiversare tanto. Di nuovo, guardò Hans, ignorando la fitta al petto.
    Era la prima volta che li vedeva insieme nello stesso posto, e da soli. Faceva... uno strano effetto.
    C'era qualcosa di assurdo (Hans e Dom non c'entravano niente l'uno con l'altro, non pensava neanche si conoscessero) eppure era- giusto.
    Familiare.
    Distolse in fretta lo sguardo, soffocando quel pensiero.
    Non poteva essere familiare. Come già detto, non li aveva mai visti insieme, e lui non era James. Non lo sarebbe mai stato.
    «mi dispiace avervi mandato un messaggio, non sapevo come contattare entrambi contemporaneamente. La mia alternativa era chiedervi di venire in ospedale per un prelievo a sorpresa, ma ho come l’impressione che non vi piacciono troppo i dottori, mh?»
    Dom ridacchiò, e Joey intuì dovesse essere una battuta un istante prima di chiedergli perchè mai avrebbe dovuto far loro un prelievo a sorpresa. Non faceva un cazzo ridere e non capiva, ma attese che continuasse per non tirarla troppo per le lunghe.
    Sebbene non stesse troppo male, a stargli vicino. Non voleva parlare, ma non voleva dire che non volesse essere lì.
    «ehm, io… credo che voi già sappiate perché ho chiesto di vedervi, vero?»
    «no. Stai morendo?» secco, un po' apatico, ma non cattivo. C'era anche una sorta di preoccupazione nella voce che qualcuno che lo conosceva meglio di Dom e Hans avrebbe potuto captare «Se è per quello che ti ho scritto, non mi devi niente. Non cercavo un fratello» scrollò le spalle, e non cercò di unire i discorsi continuando dopo pochi secondi con un: «non ti avevo detto di Hans.»
    Guardò il citato.
    E ad Hans non aveva detto di Dominic.
    «anche lui fa parte della squadra» indicò il fu infermiere col pollice. «ma forse già lo sai» Tornò verso il Cavendish. Che anche a lui fosse stata consegnata una lettera? Eppure, in quella di James c'era scritto che Heathcliff era rimasto nel 2043 con Wes, quindi Joey aveva dato per scontato la loro presenza nel 2023 fosse un errore, e lui l'unico a esserne a conoscenza.
    Invece a quanto pareva non era Joseph a dover dare risposte al doc, bensì il contrario.
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    johannes 'hans' belby
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    2004 ✧ pyrokinesis ✧ 2043: wes
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    I'm incomplete;
    You trusted me
    && I want to show you
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    the hollow man
    «sono felice che siate venuti»
    Contento Dominic.
    No, davvero: buon per lui se era felice, qualsiasi fosse la ragione per cui li aveva chiamati lì.
    Onestamente? Hans non sapeva come sentirsi — ma non era una condizione strettamente legata a quell'evento, in realtà. Erano giorni, settimane addirittura, che Hans sentiva un un po' troppo e non era abituato a dover affrontare quella mole esagerata di emozioni tutte insieme; dire che fosse sopraffatto sarebbe stato un eufemismo. Provava tante cose, ma la felicità non era necessariamente tra queste; confusione, ansia, senso di colpa, un pizzico di fastidio — quelle, invece, c'erano tutte. E anche di più.
    Ma facciamo un passo indietro.

    Quando aveva ricevuto il messaggio dell'ex corvonero, Hans non aveva detto nulla. Il fatto che Dominic volesse parlargli, ad essere onesti, lo preoccupava: immaginava già che volesse fargli una filippica infinita sul perché drogarsi fosse sbagliato, sul rischio che aveva corso, sulle conseguenze che le sue azioni potevano avere, e bla bla bla. Il pirocineta poteva tollerare l'apprensione di Twat (e lo faceva già a fatica) ma l'ultima cosa che voleva era sentirsi soffocare anche da un perfetto sconosciuto — la tentazione di non presentarsi era stata tanta, e quel pollice verso l'alto con cui aveva risposto diceva tutto e allo stesso tempo non garantiva la sua presenza all'incontro. Ci doveva pensare.
    Purtroppo però, la verità era un'altra: da quando era uscito dalla clinica aveva fin troppo tempo tra le mani, cosa che aveva sempre avuto, certo, ma era stato troppo spento in precedenza per preoccuparsi di cose blande come la noia. Ma da sobrio? Rischiava di impazzire. C'era ben poco che potesse fare dentro casa, e al contempo non aveva assolutamente voglia di uscire e incontrare visi più o meno conosciuti; quindi aveva un sacco di tempo libero e nessuna distrazione con cui occuparlo. Né la minima intenzione di trovarla, va detto.
    Non voleva andare — perché mai avrebbe dovuto; eppure si ritrovò comunque a camminare fino al parco, e poi una volta incrociato lo sguardo dell'infermiere, a procedere testardamente fino a lui, viso privo di alcuna espressione, ma decisamente meno impassibile del mese precedente. C'era una luce diversa nello sguardo chiarissimo di Hans, una che suo malgrado risultava più viva, più attenta; ed valeva anche per la sua percezione della realtà, ormai.
    (Un po' gli mancava il prima, ma non abbastanza da rischiare la furia dell'emocineta che lo teneva sotto strettissima sorveglianza.)
    La confusione, infine, era cresciuta definitivamente quando aveva visto Joey dirigersi verso di loro; e dal modo in cui l'altro scrutò il maggiore, dopo aver salutato lo stesso Hans, quest'ultimo immaginò che Joey fosse spiazzato quanto lui dal trovarlo lì.
    Con un sospiro pesante, si era avvicinato e aveva preso posto accanto al tavolo insieme a loro.

    «sono felice che siate venuti»
    «ti ho scritto che l'avrei fatto.»

    Hans, dal canto suo, rimase in silenzio, e si strinse nelle spalle quando entrambi portarono lo sguardo su di lui. Hans era lì per noia, un sentimeno sconosciuto fino a poche settimane prima e del quale non sapeva ancora cosa farsene.
    Che fossero gli altri a parlare — di certo lui non aveva nulla con cui contribuire, per il momento.
    «la mia alternativa era chiedervi di venire in ospedale per un prelievo a sorpresa, ma ho come l’impressione che non vi piacciono troppo i dottori, mh?» No, aveva ragione: il Belby non era mai stato un grande fan degli ospedali o dei guaritori, una fobia innata che sua mamma avevato giurato per anni di non riuscire a spiegarsi assolutamente, affermando che non avesse mai visto un bambino così piccolo piangere disperatamente alla vista di un medico.
    (Quei dettagli della sua infanzia stavano tornano un po' alla volta, in momenti del tutto random, e triggerati anche dal più stupido dei pensieri, o da un odore, o da un gesto — era tutto quello che per anni Hans aveva cercato di sopprimere e cancellare del tutto dalla sua memoria.)
    Tuttavia, dopo il suo ultimo ricovero, se possibile, li odiava ancora di più.
    Strinse il pugno e indurì la mascella, soffiando tra i denti stretti un «sono pulito», prima che il maggiore potesse anche solo pensare di insinuare altro: non c'era bisogno di fare controlli a campione per assicurarsene, Dominic poteva dormire sonni tranquilli.
    Alla successiva domanda del Cavendish, Hans inclinò leggermente la testa di lato per osservarlo con aria confusa. Lo sapeva il motivo? Non gli risultava, a meno che, appunto, non volesse rompergli le palle per qualcosa legato alla sua salute; ma ce c'entrava il Moonarie?
    «no. Stai morendo?»
    Si voltò di lato, cercando Joey. Dunque non lo sapeva nemmeno lui perché erano lì? Rimbalzò lo sguardo su Dominic, ma lo riportò velocemente sul giocatore quando sentì Joey continuare «Se è per quello che ti ho scritto, non mi devi niente. Non cercavo un fratello» Stava... Parlando con lui?
    C'era un po' di reunion in quella confusione.
    «non ti avevo detto di Hans.»
    Ok, c'era chiaramente qualcosa che Hans non sapeva.
    Come una sara che alla mattina si trova ad affrontare il fiume di parole di mort sr, il massimo che Hans poté fare fu ripetere le ultime parole, aggiungendo un punto di domanda alla fine che non iniziava nemmeno lontanamente ad esprimere la sua confusione. «la squadra?» Volevano — volevano indottrinarlo nella loro setta? Non era nemmeno un mago!
    Poi registrò davvero, con uno scoppio di ritardo, le parole di Joey, e puntò lo sguardo azzurro in quello troppo simile dell'altro, per poter ignorare ancora quel magone che sentiva all'altezza del petto da quando era tornato ad essere in grado di provare qualcosa. «anche..lui?» con un cenno della testa, indicò Dominic, ma non smise di osservare il portiere: degli adulti, Hans non si fidava, e sebbene nemmeno Joey fosse un suo amicone del cuore, tendeva a riporre decisamente più fiducia nei suoi confronti che non in quelli dell'infermiere.
    Nonostante il tanto tempo libero, Hans non aveva ancora trovato il coraggio per affrontare la bomba che era stata sganciata dallo stesso Moonarie più di un mese prima: s'era ripetuto che avrebbe avuto tempo per farlo, per capire ed elaborare, ma ultimamente aveva scoperto che di tempo non ce ne fosse mai abbastanza, e che la vita, spazientita, aveva la fastidiosa abitudine di prendere le redini della situazione e decidere al suo posto. Che gran fregatura.
    «spiegatemi.» Quella volta, forse, avrebbe persino scelto di ascoltare e credergli.
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    Non era successo nulla di eclatante che lo spingesse a tale gesto, si era detto, ma un lungo e importante dietrofront, invece, era più che necessario, perché qualcosa era effettivamente successo prima di quell’incontro.
    Il Cavendish si trovava in ospedale quando Hans era stato ricoverato al San Mungo, e aveva scoperto del fratello quasi a fine turno – e quasi per caso. Non era stata una doccia fredda, ma più una secchiata gelata che l’aveva colpito senza il minimo preavviso, un po’ come se una vecchia signora avesse svuotato il secchio dal balcone e lui fosse stato lo sfortunatissimo passante di sotto.
    Trascorreva la stragrande maggioranza delle sue giornate in ospedale tra i corridoi del primo piano, entrando e uscendo dalle sale chirurgiche e portando a termine i controlli in degenza, e solo nelle brevi pause aveva la possibilità di chiacchierare con i colleghi degli altri piani. Si conoscevano un po’ tutti, ma la maggior parte di loro Dominic li aveva incontrati ben prima di prendere posto al San Mungo perché si erano incrociati tra le mura di Hogwarts come colleghi, come compagni di scuola, o, in alcuni casi, quando l’age gap era leggermente più alto, perché era stato infermiere durante i loro anni da studente; non era così strano, quindi, che avessero conoscenze in comune, e nei tempi morti, tra una sigaretta e l’altra, o un caffè e l’altro, poteva capitare che chiacchierassero – e spettegolassero – ancora di quello che succedeva tra le mura della scuola e delle persone che avevano incrociato i loro comuni cammini, e quando gli era stato detto che un certo pirocineta che aveva frequentato Hogwarts, «Bulby o una cosa simile, mi pare», era appena stato ricoverato per overdose, la sua testa si era completamente svuotata e ci mancava poco perché le gambe gli cedessero completamente e svenisse lì sul posto.
    «mi è sempre sembrato un ragazzo un po’ strano, è un peccato, purtroppo credo sia un caso perso» quelle successive parole erano (per fortuna) giunte alle sue orecchie un po’ ovattate, perché era rimasto qualche attimo immobile, poi aveva buttato in fretta e in furia la sigaretta ancora a metà sull’asfalto ed era corso al reparto di tossicologia e lì era rimasto, con lo sguardo fisso su quel lettino, per tutto il resto della giornata.
    Quando era tornato anche il giorno dopo, il giorno dopo ancora, e tutti gli altri giorni fino a che il pirocineta non fosse stato dimesso, la Dottoressa Ramos l’aveva guardato con fare un po’ incuriosito e stranito, ma lei non gli aveva fatto troppe domande, e lui d’altra parte non si era dilungato in spiegazioni non richieste. Aveva chiesto continuamente aggiornamenti sulle sue condizioni, aveva passato notti sulla sedia di fianco al lettino, aveva suggerito timidamente terapie diverse, percorsi da seguire, aveva pregato qualche buon dio, chiunque fosse dei tanti lassù, di farlo stare meglio, si era maledetto più e più volte per aver fallito così tanto, per non aver fatto nulla nonostante sospettasse – nonostante sapesse – la gravità della situazione, e quando alla fine lo special si era ripreso Dominic si era limitato a fare un passo indietro e a rimanere fuori la stanza, con lo sguardo un po’ stanco fisso ancora sulla figura del Belby.
    Era sollevato, certo, ma non erano andate vie quelle sensazioni di spavento e demoralizzazione, e glielo si poteva leggere negli occhi.
    Era quello stesso sguardo, con la stessa paura e lo stesso timore, che ora gli stava rivolgendo dall’altra parte del tavolo, ed era anche lo stesso che, per motivi differenti, in quel momento rivolgeva a Joey.
    Gli eventi che avevano coinvolto Hans erano più freschi nella mente del Cavendish, ma nella tasca della giacca conversava ancora con particolare cura quel bigliettino che l’ex portiere dei corvonero gli aveva dato. L’aveva riletto innumerevoli volte, anche più volte al giorno, e aveva rimuginato a lungo su come avrebbe dovuto reagire, quale sarebbe stata la miglior prossima mossa da fare, ma soprattutto su cosa avrebbe detto, come l’avrebbe detto, quali parole avrebbe usato, come avrebbe reagito. La paura di poter deludere il minore e di non essere quello che si aspettava – o quello di cui aveva bisogno – lo attanagliava e non gli lasciava formulare un pensiero lucido. Era finito per lasciarsi tormentare così tanto da quelle angosciose riflessioni a tal punto di pensare di non avere più il tempo per agire perché tutto quello che aveva perso era andato ed era stato fatale.
    E poi era finito in un lab in Siberia, e aveva iniziato a sentire una strana urgenza premere contro il suo petto ogni volta che guardava Joey durante gli allenamenti, e poi Hans era finito in ospedale, e poi non poteva più vivere in quel modo, e quindi il tempo alla fine l’aveva trovato, l’aveva costruito, anzi, solo per loro tre, e ora che ci era dentro gli sembrava che scorresse in modo troppo veloce e che lo stesse perdendo di nuovo, nell’incertezza di quali parole fosse meglio utilizzare per chiedergli scusa, per non farli scappare, e per non deluderli.
    Heathcliff magari aveva saputo essere un buon fratello maggiore, ma lui…
    «ti ho scritto che l'avrei fatto.»
    La risposta del Moonaire, per qualche motivo, lo spiazzò – non si aspettava che i due si presentassero, figurarsi che gli dessero qualche risposta – e rimase per un attimo in silenzio, le iridi posate sulla figura del biondo, per poi annuire molto lentamente. «sì…» fu più una considerazione tra sé e sé che una risposta, ricordando quello che c’era scritto sul bigliettino. «sì, e grazie, a proposito» confermò con un pizzico di convinzione in più, poi si schiarì la voce per continuare con il suo discorso, tra incertezze e balbettii.
    «no. Stai morendo?»
    Uhm
    «sono pulito»
    Oh
    Fece rimbalzare lo sguardo dall’uno all’altro, ora ancora più spiazzato, e si prese di nuovo un istante di silenzio per elaborare le parole dei due e considerare le giuste risposte da dare: two types of people, I guess, uno gli aveva chiesto se stesse morendo con la tranquillità e la nonchalance con cui si chiede cosa hai mangiato il giovedì sera, e l’altro gli aveva confessato che ehi passi da gigante non si drogava da un po’, hurrà?!
    Non erano quelle le reunion di famiglia a cui era abituato lui.
    Paradossalmente la domanda del Moonaire l'aveva messo in grossa difficoltà, perché sebbene fisicamente sembrasse stare bene, non escludeva che dentro si sentisse morire e svanire sempre un po' di più «n-no, cioè non...» so?, lasciò a Joey l'arduo compito di decifrare se quindi stesse morendo o meno, perché poi spostò lo sguardo su Hans, annuendo con molta lentezza alle sue parole e alzando impercettibilmente gli angoli delle labbra in un sorriso timido — che fosse una bugia o meno, voleva davvero credere che il minore fosse pulito, ma restò ugualmente in silenzio, perché dopotutto non aveva alcun diritto di metter bocca su quella situazione.
    Era difficile per lui; dopo due anni in cui aveva avuto modo per elaborare la cosa, ora si sentiva davvero legato ai due ragazzi, al di là delle parole parole che aveva letto su quella lettera. Si interessava, si preoccupava, si sentiva responsabile, ma allo stesso tempo…
    «Se è per quello che ti ho scritto, non mi devi niente. Non cercavo un fratello» furono quelle parole a gelarlo ancora una volta.
    Certo che Joey non cercava un fratello, e nemmeno Hans ne cercava uno, ne era più che sicuro — e ora si sentiva quanto mai stupido per aver pensato di potersi comportare da tale con loro. Aveva una nube di pensieri così fitta nella testa che fu costretto a strizzare gli occhi per qualche secondo e passarsi una mano sul viso, lasciando che le parole di Joey diventassero momentaneamente solo un fischio in sottofondo, e perdendosi la — quasi comica, c'è da dirlo, benché legittima — confusione di Hans; un peccato, col senno di poi, perché la metafora della squadra l'avrebbe fatto sorridere come un vero fratello maggior super fiero e l’avrebbe fatto sentire a casa.
    «spiegatemi.» prese un profondo respiro e poi annuì con lentezza. Quando riaprì gli occhi evitò lo sguardo degli altri due, e fece scivolare la mano nella tasca interna della giacca; la tentazione di agguantare il pacchetto di sigarette per scaricare l'ansia fu tanta, ma rimase fedele al piano e strinse la mano intorno alla busta bianca di carta che aveva conservato per tutti quegli anni la rivelazione che gli aveva cambiato la vita. Insomma, c'era la reunion familiare, una busta, un discorso da fare, era proprio un momento da Maria De Filippi e chissà se c'erano le telecamere di C'è Posta Per Te nascoste da qualche parte, o magari Olga Fernando pronta a sussurrare nelle orecchie dei due ragazzi la traduzione dei confusi balbettii che il Cavendish temeva sarebbero usciti dalla sua bocca.
    A differenza del famoso programma targato Canale 5, però, il guaritore non chiese nessun permesso e aprì la busta, sfilando e poi posando sul tavolo la foto che ritraeva tre ragazzi insieme.
    Erano loro, indubbiamente; i loro volti e le loro espressioni raccontavano storie diverse, e lo sfondo di una casa calda e all’apparenza accogliente testimoniava un legame più stretto di quello che condividevano in quel momento — era un mondo diverso, erano persone diverse, ma si trattava senza alcun dubbio di loro tre.
    Gli lasciò giusto qualche attimo per osservare la foto e approfittò anche lui di quel silenzio per umettarsi le labbra e prendersi il tempo per assicurarsi che le parole sarebbero effettivamente uscite dalla sua bocca.
    «lui è Heathcliff» puntò con l'indice la figura del ragazzo più grande, quello che indossava inequivocabilmente la sua faccia (una delle tante a disposizione) «e loro sono James e Wes» un'occhiata rispettivamente a Joey e Hans «e loro sono — » si mordicchiò appena il labbro inferiore, e con un colpetto di tosse palesemente finto cercò di ricacciare indietro la secchezza alla gola «— noi siamo fratelli. Lo eravamo in un altr-» universo? mondo? linea temporale? vita? Dominic non ci aveva mai capito veramente un cazzo del discorso che gli aveva fatto Hunter su quella ruota panoramica, e voleva evitare di menzionare aulici termini scientifici confondendo i due ancora di più «lo eravamo prima che partissimo tutti quanti e finissimo... qui» non intendeva proprio qui-QUI inteso come il parchetto dei drogati a diagon alley in cui li aveva richiamati, ma insomma avevano capito dai. DAI?? dai per favore, era già difficile senza concentrarsi sui particolari, sperava avessero capito.
    Armeggiò nuovamente con la busta e questa volta estrasse un paio di fogli piegati, ma non li lesse e non li mostrò, erano cose personali e dubitava, tra le altre cose, che i due ex studenti volessero accollarsi anche la pesantezza e la responsabilità delle parole scritte su quel foglio da un’altra versione di sé. «Heathcliff è tornato indietro per cercarvi, per trovarvi, e per assicurarsi che stiate bene, che siate felici, e che abbiate trovato qui quello che non potevate trovare in quell’era malata» fece saltare ancora una volta lo sguardo da una figura all'altra solo per un attimo, perché poi decise che era meglio evitarlo e concentrarsi nuovamente sulla foto poggiata sul tavolino «lo so da un paio d'anni» ammise con un velo di vergogna «non ve l'ho mai detto perché non volevo intromettermi nelle vostre vite, e perché pensavo che il mio compito, quello che Heathcliff mi aveva chiesto di fare, fosse esaurito» continuò in un sospiro, poi finalmente alzò lo sguardo e li guardò di nuovo in viso «so che non cercate un fratello, e che tantomeno ne vedete uno in me, e lo rispetto — ma voglio che sappiate che voi avete comunque una famiglia qui. E non lo dico perché me l'ha detto Heathcliff, né perché me l'hai scritto tu, Joey, lo dico perché lo voglio io, come Dominic. Tutto qua.» concluse con l’aggiunta di un'alzata di spalle, come se quel discorso durato almeno dieci minuti non fosse stata la cosa più difficile mai affrontata dopo lo sguardo omicida di Nice Hillcox quando era tornato dalla Siberia – e vi sfido a trovare qualcosa di più spaventoso di quello.
    Tutto qua, easy peasy no??
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    joseph 'joey' moonarie
    i've tried opening my mouth
    and saying words and i've gotta say.
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    2002 ✧ quidditch player ✧ freak
    And I find it kind of funny
    I find it kind of sad
    The dreams in which I'm dying
    Are the best I've ever had
    I find it hard to tell you
    I find it hard to take
    When people run in circles
    it's a very, very Mad world
    Stai morendo?
    «n-no, cioè non...»
    Joey strinse gli occhi e il pugno attorno al coltello - perchè per lui la reazione fight or flight era letteralmente quella, e notando dell'insicurezza nella risposta dell'altro era pronto a uccidere qualsiasi cosa stesse facendo del male a Dominic, che fosse una persona o una malattia. Minchia, avrebbe preso così forte a cazzotti quel virus (ovviamente nella sua testa fatto come quelli umanoidi di Esplorando il corpo umano) e-
    "Esplorando il corpo umano?".
    La rabbia passò immediatamente. Non... gli pareva di aver mai visto quel cartone (Lèon non gli lasciava mai mettere cose per bambini nell'unica TV che avevano). Come faceva a ricordarlo? Come mai lo collegava a ricordi felici, a pomeriggi sul divano rannicchiato contro un porto sicuro, cioccolata calda e sorrisi ancora più tiepidi? E c'erano persino i libri...
    «Anche tu picchi i virus cattivi, papà?» «qualcosa del genere-...»
    Sbattè le palpebre fra sè e sè confuso, puntando lo sguardo sul tavolo. Erano anni che aveva vaghi flash di ricordi non propri, ma quasi mai apparivano come immagini - se non in sogno - erano più... emozioni. Come l'immotivata voglia di rendere fiero Dom durante gli allenamenti di Quidditch, manco fosse il suo vero guru, Arabells.
    «spiegatemi.»
    Alzò la testa per guardare Hans. Spiegargli? Ancora? Ma non gli aveva già detto tutto lui? Cosa poteva aggiungere Dominic? Erano stati fratelli in un'altra vita e ora erano legati da questo filo rosso che chiedeva loro di proteggersi a vicenda per fare un favore ai loro vecchi sè, basta, moving on-... «oh» allungò le mani su una foto, prima che potesse (caso mai avesse voluto) farlo Hans.
    Conosceva quella casa.
    Non l'aveva mai vista prima.
    Passò il dito sullo sfondo, più interessato a quello di quanto non fosse ai soggetti di per sè (visto che erano di fronte a lui), ignorando ostentatamente il sorriso sulla faccia del ragazzino uguale a lui.
    «lui è Heathcliff» ascoltava Dominic, nel frattempo, pur sapendo già quello che stava spiegava. Dominic, che James gli aveva chiesto di controllare, di assicurarsi che finisse in una bella famiglia, in quella vita. Che fosse felice, amato. «e loro sono James e Wes»
    «James è un nome noioso. Perchè lui è Heathcliff, e io sono solo-... James?» «Ma è bello così, non trovi? puoi scegliere qualsiasi scrittore, personaggio, artista da cui il tuo nome è tratto, cambiare se ti annoi nel tempo... Oppure, puoi essere solo te stesso, ed essere tu il James a cui si ispireranno i futuri genitori»
    «e loro sono — »
    per qualche secondo, si ostentò a non guardare, ma poi qualcosa in lui cedette. Guardò quelli che erano stati i genitori di James. Sembravano così... felici. Jam non gli aveva lasciato foto del genere. Immaginava il rancore per la morte di Dakota avesse offuscato nel ragazzo la consapevolezza che i due uomini erano stati, effettivamente, felici, insieme. Era stato quell'amore a rovinare Jason alla morte del marito, secondo James.
    «— noi siamo fratelli. Lo eravamo in un altr-... lo eravamo prima che partissimo tutti quanti e finissimo... qui»
    Lo lasciò parlare, continuando a guardare con curiosità morbosa le foto, pur fingendosi indifferente. Voleva non gli interessasse, ma qualcosa dentro di lui chiedeva di più. Più immagini. Più sorrisi. Voleva prendere tutto, e imprimerselo nella testa.
    O tirarlo fuori.
    «Qualcosa non funziona» si obbligò a smetterla di guardare le foto, e frugò nello zainetto. Tirò fuori la sua lettera, senza tuttavia farla leggere agli altri. Lasciò le foto sul tavolo, tenendole separate da quelle di Cliff. Erano sue, e voleva riprendersele finito il summit tra fratelli. Solo perchè non voleva la vita di James, solo perchè non si considerava lui, non voleva dire non volesse custodire gelosamente quanto gli era stato affidato. Era del tutto normale!
    «James non sapeva che anche Heathcliff sarebbe partito. Lui se n'è andato in segreto, senza dirlo a nessuno, ma si aspettava Cliff sarebbe rimasto a casa a badare a- al resto. A chi sarebbe rimasto.» A loro padre. A loro fratello. Ai loro cugini.
    «Heathcliff è tornato indietro per cercarvi, per trovarvi, e per assicurarsi che stiate bene, che siate felici, e che abbiate trovato qui quello che non potevate trovare in quell’era malata»
    Strinse le labbra.
    Tipico di quel cazzone di Heathcliff, rinunciare ad una vita che a lui piaceva, per assicurarsi che-
    Interruppe il pensiero all'improvviso, rendendosi conto che lui non aveva davvero conosciuto Cliff. Non lo ricordava. Non lo ricordava, giusto?
    «lo so da un paio d'anni» cosa. «non ve l'ho mai detto perché non volevo intromettermi nelle vostre vite, e perché pensavo che il mio compito, quello che Heathcliff mi aveva chiesto di fare, fosse esaurito» Non sollevò le sopracciglia, perchè il brand di Joey era restare impassibile, ma
    che cazzo?
    Davvero Heathcliff/Dom? Davvero????
    «Avete fatto un lavoro un po' di merda.» Guardò Hans, tornò a guardare Dominic.
    Servivano altre spiegazioni?
    Ok, forse gli ultimi due anni erano stati più facili rispetto a tutta la sua cazzo di vita, ma forse Cliff avrebbe dovuto... intervenire prima? Dico, eh.
    «so che non cercate un fratello, e che tantomeno ne vedete uno in me, e lo rispetto — ma voglio che sappiate che voi avete comunque una famiglia qui. E non lo dico perché me l'ha detto Heathcliff, né perché me l'hai scritto tu, Joey, lo dico perché lo voglio io, come Dominic. Tutto qua.»
    «preferisco il concetto di squadra, a quello di famiglia» la seconda, lo aveva solo deluso - in ogni linea temporale. «ma non mi dispiace poter parlare di questa cosa con qualcuno» Mandò avanti le sue foto di Dakota e Jason. Il secondo, era in una foto più recente rispetto a quella di Heathcliff, e sembrava anche passarsela meno bene, a giudicare dalla borba e dalle occhiaie. «anche Cliff ti ha chiesto di tenerli separati?»
    Restava anche il dubbio del perchè Hans non avesse una lettera e le relative foto, ma tutta la questione futuro era... confusa. Magari le avrebbe ricevute un giorno, magari potevano andare a picchiare qualcuno che ne sapeva di più e obbligare a darglielo.
    O magari, visto che James non sapeva sarebbe partito, anche We l'aveva fatto in segreto, e non esisteva nessuna lettera, niente foto.
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    2004 ✧ pyrokinesis ✧ 2043: wes
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    I'm on repeat,
    I'm emptied out,
    I'm incomplete;
    You trusted me
    && I want to show you
    I don't want to be
    the hollow man
    Anche volendo decidere di applicarsi e prestare un briciolo in più di attenzione a quanto stava succedendo (e non era certo di volerlo, il Belby) avrebbe fatto comunque fatica a stare dietro agli sguardi e alle frasi a metà di un Cavendish chiaramente a disagio, o alle supposizioni di un Joey sempre pronto al peggio.
    Quest'ultimo, in verità, un po’ lo capiva.
    Si ritrovò a fissare il maggiore con intensità, prima di spostare lo sguardo per cercare quello (fin troppo simile al suo per non provare un vago senso di disagio nell’incontrare le iridi di una sfumatura appena più scura) di Joey, ma tenne quelle emozioni per sé, nascoste dietro un’espressione più confusa che altro; se c’era qualcuno, tra Joey e Dominic, che avrebbe potuto far chiarezza o fornire le risposte così come Hans necessitava, non era di certo l’ex infermiere. Troppe parole, troppi gesti vaghi, troppi dubbi e troppo poche certezze.
    Silenziosamente, Hans chiese al portiere di fare chiarezza al posto suo, traducendo in una maniera che fosse più comprensibile persino per lui, perché nonostante non avesse ancora preso una decisione su quanto confessato mesi prima dallo stesso Joey, sentiva fosse l’unico di cui potersi fidare, l'unico che avrebbe detto le cose così come stavano, senza arricchirle di inutili dettagli dettati dal sentimentalismo.
    Venne distratto da quella telepatica connessione solo quando percepì, nella visione periferica, Dominic muoversi e tirare fuori una busta, il cui contenuto poi iniziò a sparpagliare sul tavolo tra loro, in maniera delicata e, in qualche modo, ordinata.
    Nei visi che ora li osservavano dalle foto, Hans avrebbe dovuto riconoscere Dominic, Joey, se stesso, ma la sua mente non riusciva a suggerirgli nulla di più della spiegazione più banale e semplice: i sette sosia che, stando a qualche credenza popolare, abitavano la terra nel nostro stesso e preciso momento. Poteva essere solo un caso, nulla lo costringeva a credere che fosse vero, no?
    Non allungò le mani per prendere le foto, e le tenne strette tra loro, posate con fin troppa noncuranza sul tavolo di legno per non sembrare almeno un po’ teso, a disagio. E non smise nemmeno di osservare, accigliato, un Joey fin troppo svelto a stringere le dita intorno ai bordi delle pellicole, quell’«oh» a scivolare dalle labbra dischiuse quasi con abbandono. Hans rifletté che, oltre al messaggio scritto di suo pugno, e alle spiegazioni offerte mentre condividevano un muffin, Joey non gli aveva mai mostrato una foto, né qualsiasi altra prova tangibile a testimonianza del suo racconto; quelle diapositive ingiallite dal tempo, ma ben conservate, erano la prima cosa reale e concreta che supportasse quanto riferito dall’ex corvonero, e Hans non poteva non trovarlo almeno un po' destabilizzante. Poco ma sicuro, non facilitavano affatto il processo di metabolizzazione di quelle informazioni. Per niente.
    Aveva provato a parlarne con qualcuno (Twat, Twat era il suo qualcuno), ancora seduto tra le macerie di una bomba appena sganciata, e avvolto da una piacevole sensazione di nulla offerta dalla canna che aveva condiviso con il coinquilino; aveva lasciato cadere nella conversazione frammentata qualche dettaglio, qualche impossible domanda, perché nella sua mente quasi totalmente sgombra dai pensieri, quelli relativi ad un fantomatico viaggio dal futuro al passato avevano trovato un sacco di spazio per mettersi comodi, e gettare radici, pur contro la sua volontà. Ci aveva provato, lasciando che informazioni mai troppo specifiche si infilassero tra le crepe di una chiacchierata senza inizio né fine, più confuse e attorcigliate di quanto non fossero già nella sua testa, nulla che Twat avesse potuto prendere sul serio – o capire – senza considerarla il vaneggiamento di un trip.
    Non lo era stato.
    Ma quello era stato prima, quando un controllo sul proprio stato psico-fisico Hans non ce lo aveva avuto, e certi pensieri (certi tormenti) avevano sempre trovato il modo di riecheggiare in libertà, attutiti solo in parte dalle barriere ovattate e dense tirate su dalla droga; non dovevano avere senso, nella forma e nei colori, e tanto gli bastava.
    Ora che esisteva nel dopo, e volente o nolente era costretto a dare un senso o un significato persino a quei pensieri, non poteva più ignorarli; lo avevano trovato senza preavviso, un giorno, poche settimane dopo il suo rientro a new hovel, quando il foglietto consegnato da Joey era scivolato in terra mentre Hans sistemava dei libri, e la conversazione avuta col mago era tornata in superficie tutta insieme, quasi togliendogli il respiro. Era stato convinto di averlo solo immaginato, non sarebbe stata di certo la prima volta che la sua mente creava per lui scenari illusori, ma nello stringere quel pezzo di carta nel pugno dovette ammettere con se stesso che non lo fosse stato. Ma da lì ad accettare anche che fosse tutto vero era un bel salto nel vuoto.
    Una famiglia, Hans Belby, ce l'aveva già. Disfunzionale e rotta, ma ce l'aveva; una con cui non parlava più, ma che nel bene, e molto più profondamente nel male, l'aveva reso chi era. O, almeno, chi credeva di essere.
    Non sentiva il bisogno di aggiungerne all'equazione anche un'altra, non quando avrebbe significato ammettere ancora una volta di non sapere nulla su se stesso, e di non essere nient'altro che la somma di tante scelte sbagliate e la conseguenza di situazioni che sarebbero potuto andare diversamente, se solo il caso lo avesse permesso, o voluto.
    Di quei visi fin troppo uguali a quelli riuniti intorno al tavolo di legno, e delle loro espressioni che raccontavano una storia troppo lontana per essere ricordata, Hans non sapeva cosa farsene.
    «Ti è mai sembrato di avere sprazzi di ricordi non tuoi? Sapere cose che non avresti dovuto sapere?» glielo aveva chiesto Joey, il pomeriggio che aveva bussato alla sua porta per fargli sapere che, fratello o meno, ci sarebbe stato per lui se ne avesse avuto bisogno, perché aveva fatto una promessa a qualcuno che non era più, e voleva mantenere la parola data. «forse ora ci farai più attenzione»
    Non era stato così, e nell'osservare i volti di un Dominic che non era Dominic, e di un Joey che non era Joey, Hans non sentiva nulla, se non l'inspiegabile sensazione di essere fuori posto, un'incognita aggiunta all'equazione in un secondo momento, troppo tardi per trovargli un posto, e con l'unico effetto di costringere i partecipanti a rifare tutto da capo per trovare un posto in cui farla stare.
    Distolse lo sguardo e lo portò altrove, non importava il dove, purché fosse lontano da quelle foto e da quegli sguardi.
    Alle parole di Dominic prestò poca attenzione, ma colse quelle più importanti.
    Heatcliff.
    James e Wes.
    Fratelli.
    Prima che partissimo tutti.

    Era stato il caso, a farli ritrovare, o il loro legame speciale, in quel futuro di cui nessuno di loro aveva memoria, aveva fatto sì che potessero riuscirci, indipendentemente dallo spazio e dal tempo? Una domanda interessante quella, che Hans tenne per sé.
    Dominic aveva le sue foto, Joey aveva… qualsiasi cosa avesse raccontato a lui delle sue origini — una foto, una lettera, un ricordo; Hans non lo sapeva, non lo ricordava, ma non era importante. Lui, con le sue mani vuote e i cassetti della memoria completamente svuotati, era la risposta di cui aveva bisogno. Lo collocava perfettamente anche in quel presente, come la variabile esterna e anomala, estranea. Il fatto che non avesse con sé nulla, era un indicatore sufficiente, secondo lui.
    Ma non lo disse a Joey, e soprattutto non lo disse a Dominic, che sembrava credere a quella storia più del dovuto; come se ci avesse investito energie e tempo e cuore e temesse con tutto se stesso che qualcuno arrivasse per strapparlo via. Hans era un po' tentato di alzarsi e informarlo di non essere interessato, contribuendo così allo stringere una morsa metaforica intorno al cuore troppo delicato dell'infermiere, ma non lo fece — Narah Bloodworth lo aveva cresciuto meglio di così.
    «Qualcosa non funziona»
    Solo a quel punto spostò lo sguardo su Joey, prima di farlo scivolare sul foglio piegato che aveva tirato fuori dalla tasca. E dunque, aveva una lettera anche lui, uh. E delle foto. Hans non si stupì nel non esserne sorpreso, perché era sempre stato fin troppo intelligente per i suoi gusti, e sapeva perfettamente cosa aspettarsi. Era raro che si sbagliasse, persino quando avrebbe voluto tantissimo farlo.
    «James non sapeva che anche Heathcliff sarebbe partito. Lui se n'è andato in segreto, senza dirlo a nessuno, ma si aspettava Cliff sarebbe rimasto a casa a badare a- al resto. A chi sarebbe rimasto.»
    “A chi sarebbe rimasto”.
    Comprendeva forse anche Wes? Non sarebbe dovuto partire? Nulla di quella faccenda del viaggio era chiaro ad Hans, e con ogni probabilità quella era la sua occasione per fare domande e ricevere risposte, ma non aprì bocca.
    Guardò invece Dom, lo sguardo color ghiaccio a rimbalzare da una figura all'altra mentre, suo malgrado, provava a mettere insieme i pezzi di quel racconto per estrapolare un quadro che fosse un po' meno vago.
    «Heathcliff è tornato indietro per cercarvi, per trovarvi, e per assicurarsi che stiate bene, che siate felici, e che abbiate trovato qui quello che non potevate trovare in quell’era malata»
    La risposta di Joey lo trovò perfettamente d'accordo: «Avete fatto un lavoro un po' di merda.» ma nel sentire lo sguardo dell'altro posarsi su di lui, Hans rimase impassibile, se non per l'occhiata che rivolse a Joey, nella quale non si poteva leggere quasi nulla — di certo, non il senso di colpa inesistente per aver fatto sentire un perfetto estraneo in dovere di preoccupa per lui, e poi fallire.
    Moving on.
    «lo so da un paio d'anni. non ve l'ho mai detto perché non volevo intromettermi nelle vostre vite, e perché pensavo che il mio compito, quello che Heathcliff mi aveva chiesto di fare, fosse esaurito»
    Okay?
    «so che non cercate un fratello, e che tantomeno ne vedete uno in me, e lo rispetto — ma voglio che sappiate che voi avete comunque una famiglia qui. E non lo dico perché me l'ha detto Heathcliff, né perché me l'hai scritto tu, Joey, lo dico perché lo voglio io, come Dominic. Tutto qua.»
    Mh.
    Hans non aveva opinioni in merito — o comunque, nessuna che non lo facesse passare per l'esatta testa di cazzo insensibile che sapeva di essere. Perciò rimase zitto.
    «preferisco il concetto di squadra, a quello di famiglia» non lo sorprendeva affatto, ma per lui non valeva lo stesso discorso di Joey: era sempre stato un solitario, per scelta sua e perché sapeva con certezza quasi matematica, che nessuno sarebbe mai rimasto nella sua vita e, proprio per questo, aveva sempre allontanato chiunque prima ancora di poter dire di avere qualcosa da perdere. Nessun concetto, che fosse di squadra o di famiglia, aveva mai avuto un vero valore per lui.
    Non quando persino la persona più importante della sua vita, aveva trovato il modo di scivolare via e sparire nel nulla, lasciandosi dietro un Hans sempre più vuoto e solo. Se persio Elizavetha l'aveva abbandonato, che speranze aveva che gli altri non facessero esattamente la stessa cosa? Le probabilità erano così infime da non valere nemmeno la pena di essere prese in considerazione.
    «ma non mi dispiace poter parlare di questa cosa con qualcuno»
    Strinse le labbra in una piega tesa, sciogliendo al contempo le mani e portandole nelle tasche della felpa, sguardo basso e lontano da quello ancora troppo poco familiare dei due per potercisi rispecchiare; parlare con loro di quella cosa non rientrava necessariamente tra le priorità del Belby, al momento. Non sapeva come essere utile a quel discorso, né sapeva se volesse esserlo.
    Seguì con lo sguardo le foro allungate da Joey, e solo perché la curiosità suscitata dal movimento fu più forte di qualsiasi altro istinto, portandolo a reagire prima di riuscire a darsi un vero controllo.
    Osservò le facce dei due uomini ritratti, riconoscendo solo vagamente uno dei due — non era mai stato un grande fan (o assiduo frequentatore) dell'infermeria ai tempi della scuola, Hans, anche se avrebbe dovuto.
    Dell'altro uomo, sapeva nulla.
    Ma, intrusivo e improvviso, un pensiero vago lo colpì, facendogli domandare se fossero, in qualche modo, i loro genitori, e se quello facesse di loro fratelli di sangue, o se quei due uomini li avessero semplicemente adottati per dare forma e colore alla loro famiglia.
    Non era certo di voler conoscere quelle risposte, avrebbe significato provare interesse per qualcosa che, infondo, non aveva più importanza.
    «anche Cliff ti ha chiesto di tenerli separati?»
    Fu quella domanda, piuttosto, a catturare tutta l'attenzione di Hans, e a farlo parlare per la prima volta in svariati minuti. «perché?»
    E non era forse quella la sua domanda preferita al mondo.
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5 replies since 30/4/2023, 00:06   224 views
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