maledetta primavera

pre-q10 | feat. bertie

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    Sorta aveva escogitato un piano di azione chiaro e coinciso per evadere dalla scuola e andare alla festa di primavera di Hogsmeade: saltare lezione e scappare via. Chiaro, semplice, coinciso, pulito. Chi avrebbe voluto rimanere chiuso fra quattro mura mentre a Hogsmeade festeggiavano. Hogwarts infame, per te solo lame. Sorta aveva deciso di non andarci da sola e di utilizzare l'occasione per vedere qualcuno fuori Hogwarts. Aveva così preso una carta da lettere rosa dalla sua collezione e aveva iniziato a scrivere.

    Hey stronzetto, non ci sentiamo da un po', eh? Se non sei ancora morto, ti andrebbe di incontrarci alla festa di primavera a Hogsmeade? Non ho intenzione di perdermela, sgattaiolerò via da qui. Mi raccomando, rispondimi bestia di Satana. Ci andrò anche se non ci sarai, sappilo. XOXO, Sorta

    E così aveva fatto, aveva trovato un vestito rosa primaverile, acconciato i capelli con qualche treccina, si era truccata e aveva saltato le lezioni ed era sgattaiolata a Hogsmeade con l'unica idea di divertirsi. Quando però si era trovata ad ascoltare il discorso di Abbadon, si rese conto che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti di pace che avrebbe avuto fino alla fine di qualunque cosa stesse per succedere lì. Nel bene o nel male lì stava per accadere qualcosa di importante, che sarebbe rimasto nella storia e lei sicuramente ne avrebbe preso parte. Non condivideva tutte le sue idee, non voleva la fama o il potere, sicuramente non era quello il mondo in cui l'avrebbe ottenuto ma andare contro Abbadon? Non le sembrava una buona idea, era il suicidio assicurato e starsene con le mani in mano a casa mentre il mondo andava a pezzi non era da lei. Avrebbe contribuito al caos. Sopravvivenza, si poteva dire. Quando la folla iniziò a dissiparsi, rimase qualche secondo in contemplazione sul da farsi, fece un bel respiro e... dimenticò tutto. Per qualche ora voleva godersi quella stramaledettissima fiera. Abbadon aveva scelto la giornata perfetta per rompere i coglioni, honestly.

    Vide il biondino aspettarla dove si erano dati appuntamento e cercò di sorridere. Insomma, le era giusto balenata l'idea che quella poteva essere l'ultima volta che lo avrebbe visto e che gli ultimi istanti passati con i suoi amici potessero diventare gli ultimi in tutta la sua vita. Non che avesse concluso poi molto ancora, non era diventata ancora qualcuno e non aveva ancora fatto tante esperienze. Stupide, di crescita personale o importantiTM. Il secondo dopo però stava già meglio, anzi, stava ridendo della stupida idea che le era balenata per la mente un attimo prima. Lei non sarebbe morta. Nè lo avrebbero fatto i suoi amici. Lei era piccoletta ma se la sapeva cavare per quanto quello non sarebbe stato uno scontro puramente educativo o una rissa scolastica. Ce la poteva fare, ce la potevano fare. Questa volta sorrise, più a se stessa che a chiunque altro nei dintorni e si spostò alle sue spalle in modo da coglierlo di sorpresa quando gli avrebbe tirato un calcetto sul polpaccio forte quanto bastava per fargli piegare leggermente le ginocchia per poi saltargli addosso. Perchè sì, quella era la prima cosa che Sorta Motherfucka avrebbe fatto. Sorta era sempre così... adorabile. «hey stronzetto» Era vestita elegante e assomigliava ad un angioletto come sempre ma era rimasta (violenta) la piccola scaricatrice di porto che era sempre stata. Scese qualche secondo dopo perchè, non esageriamo, voleva solo farti perdere qualche anno di vita e si posizionò di fronte a lui con un sorriso soddisfatto. «sono stata delicata perchè hai ancora bisogno della tua gamba» tipo per accompagnarla a vedere tutte le bancarelle.

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    Sorta: non è un appuntamento.
    Nice: non è un appuntamento.
    Hyde: .
    Chelsey: non è un appuntamento.
    Persona random che passa per strada: non è un appuntamento.
    Bertie: è un appuntamento!!!

    Bertie sapeva che non era un appuntamento. Eppure, quando si era ritrovato quella busta tra le mani, ancora prima di vedere la calligrafia inconfondibile di Sorta (e le ancora più inconfondibili parole contenute all’interno), aveva capito TM. In effetti, negli ultimi mesi, tra gli orari sempre più sfiancanti al Ministero, i continui battibecchi con (chiunque) Perses, il voler dimostrare a tutto e tutti di essere il migliore e, soprattutto, la vita (quella di Sorta, non la sua; lui non ne aveva una…), i contatti, tra loro, potevano contarsi quasi solo sulle dita.
    Da vero gentleman, le aveva risposto con una foto (di cosa sta a voi deciderlo) e, nei giorni che lo separavano dal loro incontro, era stato apatico come suo solito. O meglio, lo sembrava, certo, ma a un occhio più attento forse non sarebbe sfuggita la febbrile agitazione che gli scorreva sotto la pelle, quella velatissima, ma comunque presente, ansia. Peccato, però, che non ci fosse nessuno ad accorgersi di tutto questo. Nessuno a cui importasse. Non che Albert desiderasse il contrario, anzi, piuttosto si sarebbe ammazzato. Tuttavia, provava un profondo senso di vuoto.
    Non era questo, però, il motivo per cui sentiva il bisogno di vedere Sorta. Non solo questo, almeno. Certo, le cose, tra loro, non potevano essere più complicate e assurde, ma in fondo Bertie sapeva che non c’era limite al peggio. Non quando si trattava di lui e Sorta. Ma, nel suo essere tanto straniante e senza senso, il loro rapporto, in un qualche modo, funzionava. Non faceva che ripetersi che non aveva bisogno di essere compreso, anche perché difficilmente qualcuno poteva riuscirci, essendo tutti ben lontani dal suo livello, eppure si trovava ad agognare i momenti in cui, tra un insulto e l’altro, si sentiva capito e visto dalla Motherfucka.

    Ovviamente. Ovviamente, anche questa volta, non c’era stato limite al peggio. E infatti non era minimamente sorpreso. Dopotutto, erano pur sempre Sorta e Bertie. Poteva anche essere un anappuntamento, questo era disposto ad accettarlo, ma… una dichiarazione di guerra? Una chiamata alle armi? Un mondo sul ciglio del baratro?
    Questo, e molto altro, era stato l’annuncio di Abbandon, quel suo terribile miss me? che continuava a rimbombargli nelle orecchie. Avrebbe dovuto essere una giornata spensierata, per quanto, certo, potesse essere spensierato Albert Cox-Bulgakov-Wood. Invece eccoli lì, forse, anzi, quasi sicuramente per l’ultima volta. Perché Bertie sapeva quello che doveva fare. L’aveva capito immediatamente. Eppure, nei secondi successivi, la sua mente non aveva fatto che saltare da una conclusione all’altra, diametralmente opposte. Sì. No.
    Non era un codardo, ma un indeciso cronico, così attaccato al rimuginare della sua mente da non riuscire a farne a meno.
    E non voleva morire.
    Non voleva vedere Sorta per l’ultima volta.

    Si guardò intorno, provando la familiare sensazione di solitudine pur essendo in mezzo a una folla, le mani nelle tasche, i pensieri troppo pesanti. Non si accorse di nulla, finché non fu troppo tardi. «Ma che caz…?!» Non cadde come corpo morto cade come Sara VJ quando Sara SR le salta addosso in stazione (cosa? cosa), ma ci andò molto vicino. E al contempo, istintivamente, fece per sorreggere quel peso che, in modo del tutto letterale, gli si era aggrappato alle spalle. Forse fu un semplice riflesso, o forse il profumo che, in un istante, gli fece capire di chi si trattava. «Finalmente hai deciso ad arrenderti alla tua vera natura di bestia?», le domandò fintamente esasperato, in risposta al suo saluto.
    One Last Time.
    Vedendola farlo, non poté non sorriderle di rimando. E, in fondo, perché avrebbe dovuto? «Lo sai però che le bestie non si vestono in modo così carino Cosa? Un complimento mascherato? No di certo! Era solo un insulto, quello. «sono stata delicata perchè hai ancora bisogno della tua gamba» Inarcò un sopracciglio, mentre il sorriso sincero e malinconico di qualche istante prima lasciava spazio a un ghignetto malizioso. Se gliela serviva così, su un piatto d’argento… «Quale delle tre?»
    Sapeva che avrebbero dovuto parlare di quello che era appena successo e di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, ma Bertie era un maestro della bugia. E, adesso, aveva bisogno di fingere che andasse tutto bene. Che quello fosse… «Un appuntamento, mmh?», le domandò mentre si addentravano tra le bancarelle.
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    Iniziamo con lo specificare che sicuramente la foto inviata da Bertie era un selfie con alle proprie spalle il calendario nel quale, sulla casellina della giornata nella quale si erano dati appuntamento c'erano tanti cuoricini e non qualcosa di meno appropriato ad un pubblico di minori, altrimenti non si sarebbe fatta vedere lì e non lo avrebbe toccato manco morta se non per dargli un pugno. Il rispetto prima di tutto. «Ma che caz…?!» e fortunatamente questo non era Bertie che si beccava un pugno in faccia per essersi comportato da predatore bianco etero cis ma era solo un lamento per essersi beccato una sgambettata amichevole. «che uomo gracilino» disse dopo aver allacciato le braccia sul suo collo e le gambe alla sua vita, vedendolo quasi cadere nonostante fosse riuscito comunque a sorreggerla. «Finalmente hai deciso ad arrenderti alla tua vera natura di bestia?» fu allora che gli sibilò nell'orecchio, slacciando le gambe dalla sua vita, scendendo dalle sue spalle per posizionarsi di fronte a lui. «l'ho mai ripudiata? sei tu che sei stato sempre troppo innamorato per veder oltre il mio faccino angelico» incrociò le dita delle mani sotto il suo mento e lo guardò sbattendo le ciglia un paio di volte con un sorriso il più dolce possibile. «allora com'è la realizzazione? hai ancora intenzione di aspettarmi altri otto anni anche se sono una bestia?» lo punzecchiò però esitando su quegli "otto anni" era passato più di un anno e mezzo da quella discussione da Madama Piediburro. Il tempo era letteralmente volato e da allora niente era ancora cambiato. Avrebbe incominciato a pensare che niente sarebbe cambiato in dieci anni se prima di quell'incontro non fosse successo quello che era successo. Scosse leggermente la testa per cancellare quel pensiero che le stava ingombrando la mente più di quanto desse a vedere e cercò di concentrarsi sulle parole del ragazzo. «Lo sai però che le bestie non si vestono in modo così carino?» le bestie erano sempre le migliori a vestirsi e lei non faceva eccezione. Girò su se stessa per far vedere l'abito rosa con tanto di borsetta abbinata e se stessa in tutta la sua magnificenza e finì con un piccolo inchino. «guardami, non sono una bestia qualunque» Subito dopo commentò l'esserci andata piano con il calcio di prima perchè la gamba gli sarebbe stata ancora utile ma ancora prima che Bertie parlasse, si rese conto di aver fallito miseramente. Il sopracciglio inarcato e il ghignetto malizioso di Bertie che ne susseguirono furono solo la conferma del suo fallimento. «Quale delle tre?» gli tirò un meritato pugno fra le costole. Uomini. «ah perchè la terza la usi? anzi, non rispondermi, non voglio saperlo» gli poggiò un indice sulle labbra prima che potesse dire qualsiasi cosa per zittirlo. Si era resa conto che gliele stava servendo tutte su un piatto d'argento e non voleva sapere niente che riguardasse la sua terza gamba o la sua situazione sessuale. S'incamminarono fra le bancarelle, ogni tanto Sorta si fermava ad osservare con più attenzione alcune bancarelle rispetto ad altre e fare mente locale su cosa potesse interessarle comprare. «Un appuntamento, mmh?» Sorta si fermò a guardarlo qualche secondo prima di riprendere a camminare. Sapeva quello che poteva sembrare: loro due, da soli (in mezzo ad un mare di gente ovviamente), alla fiera di primavera e non era stato un caso voluto dal destino ma era stata lei stessa ad invitare Bertie. Probabilmente chiunque avrebbe potuto pensare quello fosse un appuntamento, eppure, non erano altro che amici loro due. Platonicamente, erano anime affini ma non sarebbe mai potuto esserci nient'altro. L'universo si era solamente divertito a giocare con loro un po' di tempo. «se con appuntamento intendi l'essere il mio portaborse personale, allora sì, è un appuntamento» fece slalom fra le persone prima di ricongiungersi nuovamente a Bertie, facendo attenzione a non perderlo fra la folla. «a proposito... hai mangiato? vuoi qualcosa?»
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    Avrebbe potuto essere tutto così semplice… Ma quando mai lo era, per lui? Per loro? Realizzandolo, per l’ennesima volta, gli venne quasi da ridere, se non fosse che, al contempo, si sentiva completamente atterrito. Di lì a poco il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Anzi, forse sarebbe diventato improprio parlare di mondo, persino.
    E poi c’era Sorta, che lo punzecchiava, che lo insultava, ma che era lì. Con lui. Per questo alla fine rise davvero, piano, sentendola letteralmente sibilargli all’orecchio, da brava serpina quale era, mentre ancora la reggeva dalle gambe. Era stupido avere paura di farla cadere, di vederla farsi male sul selciato di Hogsmeade, dal momento che da lì a poco sarebbe tutto finito, ma era più forte di lui.
    «l'ho mai ripudiata? sei tu che sei stato sempre troppo innamorato per veder oltre il mio faccino angelico» Arricciò le labbra, muovendo una mano in un gesto infastidito per la sua affermazione. «Non ho detto questo. E tu dovresti sapere che io non sono così superficiale.» La squadrò volutamente impettito, con fare di superiorità, dall’alto al basso – un privilegio, quello, che aveva praticamente solo con Sorta – dovendo impegnarsi per non farsi scappare un sorrisetto davanti al teatrale sfoggio di innocenza di lei. Non aveva davvero negato. Stava per aggiungere qualcosa, ma la Motherfucka fu più veloce. «allora com'è la realizzazione? hai ancora intenzione di aspettarmi altri otto anni anche se sono una bestia?» Stavolta si concesse di sorridere, nascondendo però la tenerezza dietro un muro di compiacimento. «Ah, quindi stai contando i giorni…» Sorta non era l’unica a ricordare quella conversazione avvenuta ormai quasi due anni prima, quando si erano ripromessi di cedere, se da lì a dieci anni la situazione di entrambi non fosse mutata.
    Averceli, adesso, quei dieci, anzi, otto anni.
    Cercò di scacciare quel pensiero, come d’altronde faceva con tutto ciò che riguardava i sentimenti. «E comunque non ho mai detto di non apprezzare le bestie.» O forse no. «Non perché io sia un furry, o uno di quelli che dicono che i cani sono meglio delle persone», fece una smorfia, l’ennesima, «ma le bestie…», si inumidì appena le labbra, stringendosi nelle spalle, «sono più vere delle persone». Era un ossimoro parlare di verità, tra loro, maestri com’erano, entrambi, della menzogna. Eppure, al contempo, non si erano mai nascosti, non davvero, l’uno all’altro. Bertie lo sapeva. E lo sapeva anche Sorta.
    La guardò piroettare davanti ai suoi occhi e quello sfoggio di vita gli fece male. Una parte di lui avrebbe voluto dirle di andarsene, di scappare il più lontano possibile, di mettersi in salvo. Ma dove fuggire? Dove rifugiarsi, se il mondo era in procinto di non essere più lo stesso, o addirittura di non essere più mondo? Non aveva senso… E Bertie era egoista. Lo era sempre stato, e di certo non sarebbe cambiato proprio adesso, prima della fine. No, Sorta non era una bestia qualunque.
    Avrebbe potuto dirle questo, e tante altre cose, ma non era da lui, non era da loro, non approfittare di ogni momento per infastidirsi. Ecco perché si ritrovò piegato a metà, un po’ per teatralità, un po’ perché la forza della Motherfucka era indubbia, nonostante la stazza ridotta, per il colpo di lei. «Stronza», si lamentò boccheggiando. «ah perchè la terza la usi? anzi, non rispondermi, non voglio saperlo» Già pronto a controbattere per irritarla ancora di più, si ritrovò però il suo dito dalla manicure impeccabile premuto contro le labbra. Aggrottò appena le sopracciglia, fremendo anche dalla voglia di rispondere, poi, con studiata casualità, si scostò, lasciandole un bacio leggero sulla pelle. In effetti, sì, lo usava molto meno di quanto gli sarebbe piaciuto, ahi lui, e soprattutto non con chi, più di tutti, gli sarebbe piaciuto. «……….. Non devi chiederlo. Non davvero. E neanche dirmi che sei gelosa. Lo so già.»
    Forse tra la folla Sorta non l’avrebbe colpito, stavolta, o forse se ne sarebbe fregata, conoscendola, ma in ogni caso, temerario, si tenne vicino a lei, non volendo perderla in mezzo a tutto quel caos. Quanto tempo avevano ancora? Ore? Minuti? Non sapeva come, o forse non voleva saperlo, ma non poteva lasciarla andare forse per sempre così, in mezzo a quel mare di gente.
    Meglio continuare, fino all’ultimo, a darle sui nervi. «se con appuntamento intendi l'essere il mio portaborse personale, allora sì, è un appuntamento» «Non hai fatto una scelta molto saggia, però. Un portaborse gracilino non è particolarmente utile», le fece notare con una punta di stizza. Non che quella non fosse la verità, dato che quell’aggettivo gli si addiceva, ma realizzare la propria impotenza (non in quel senso!!) non era comunque piacevole. Specie, poi, se a dirlo era proprio Sorta…
    Istintivamente, quando lei, dopo essere sparita tra la gente, gli si riaffiancò, finì per prenderle una mano, proprio mentre gli poneva una domanda tanto banale quanto fondamentale: Sorta gli stava chiedendo se aveva fame. Una sciocchezza, certo, ma, proprio per la sua normalità, lo riempì di tenerezza. Si preoccupava per lui.
    Rendendosi conto di questo, e di starle tenendo la mano, si imbarazzò appena, ma non lasciò andare la presa, anche se con un brivido si domandò tra quanto lei avrebbe interrotto quel contatto, infastidita o, ancora peggio, a disagio. Anche questa era una sciocchezza, ma anche questa, nella sua semplicità, lo agitava e tranquillizzava al tempo stesso. «Non rifiuto mai cibo… soprattutto se lo offri tu, visto che sei tu che mi hai invitato.» Eh. Le basi dello scrocco!!
    Zigzagando tra la gente, si fece guidare dal naso fino a un furgoncino di cibo. Chiaramente salato, perché i dolci, ew, non erano la sua passione. Ordinò due porzioni di fish and chips: «Se non lo vuoi me lo mangio tutto io». Aspettò che il cuoco si allontanasse verso la friggitrice e abbassò anche la voce. «Pesce e patate.» Cosa? Cosa.
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    «Non ho detto questo. E tu dovresti sapere che io non sono così superficiale.» menomale, avrebbe voluto dire, nonostante Bertie la stesse guardando dall'alto in basso, impettito dalla sua affermazione. Non aveva mai nascosto quel lato di sé proprio perchè non voleva essere vista solo come un bel faccino. Non le dispiaceva essere apprezzata per il suo aspetto fisico ma non voleva che quello infierisse sull'idea che le persone si facevano di lei. Se le persone la sottovalutavano, comunque, era peggio per loro. «Ah, quindi stai contando i giorni…» Lo vide sorridere compiaciuto e lei scosse subito la testa per dissociarsi dalle sue parole. «ogni tanto tengo d'occhio il tempo per vedere quanto tempo mi rimane per trovare una ragazza» tempo che ora sembrava scorrere in modo diverso, in una clessidra che non sapeva se avvicinandosi allo scadere del tempo avrebbe potuto rigirarla o sarebbe inevitabilmente finito il suo tempo. «E comunque non ho mai detto di non apprezzare le bestie. Non perché io sia un furry, o uno di quelli che dicono che i cani sono meglio delle persone» e qui, Sorta avrebbe voluto ribattere che sì, i cani erano decisamente meglio delle persone e che ora aveva un dubbio su Bertie furry ma si trattenne, non interrompendo il discorso del ragazzo. «ma le bestie… sono più vere delle persone» Quando non mentivano, uh? Quello era innegabilmente un complimento diverso da quello precedente, non si stava parlando di aspetto fisico o di quanto stesse bene con un vestito, bensì stava parlando della sua essenza. Leggermente in imbarazzo spostò la sua attenzione verso bancarelle per non farsi scoprire, cercando di rendere anche la bancarella più insulsa, interessate e calamitante. «quanti complimenti, oggi. hai fatto un'iniezione di zuccheri?» Eppure non riuscivano ad essere seri per più di qualche secondo, che fosse qualche scherzo, qualche battuta di dubbio gusto, qualche stuzzicamento, non che questo la turbasse in alcun modo, anzi, l'aiutava ad alleviare lo stress. «Stronza» si strinse nelle spalle osservandolo, intoccata dal commento. «mi pareva necessario ricordarti con chi hai a che fare» Entrambi sapevano che nonostante fosse una nanetta, sapeva difendersi e attaccare (guardate come me la gufo per la quest) senza troppi problemi e che la sua statura non le era mai stata davvero d'impiccio. Anzi, aveva sviluppato maggiormente l'agilità ma soprattutto aveva imparato skills utilissime come quelle di combattere ma anche saltare e muoversi liberamente sui tacchi tanto che ormai li considerava più che altro prolungamenti del suo corpo e non uno strumento demoniaco pronto a distruggerle i piedi. Quando, avvicinando il dito alle labbra del ragazzo per zittirlo, l'ex serpeverde si scostò lasciandole un bacio leggero sulla pelle, la Motherfucka allontanò immediatamente l'indice dalle sue labbra come se fosse stata scottata, spostando la mano lungo i fianchi. «……….. Non devi chiederlo. Non davvero. E neanche dirmi che sei gelosa. Lo so già.» fece una smorfia ai continui punzecchiamenti del biondino. Sorta. Gelosa di un ragazzo. O meglio, era già stata gelosa di un ragazzo, ogni qual volta una ragazza sceglieva un uomo si struggeva in gelosia ma gelosa di qualcun altro per un ragazzo? Lei? Never. Specificatamente di Bertie? Blocked. Inoltre lo aveva detto calmo e compiaciuto, sarebbe presto tornata alle mani. «oggi vuoi proprio morire, eh?» le sfuggì, lo disse senza accorgersene e quando se ne accorse, ammutolì. Quello che aveva realizzato nel corso degli anni era che Bertie aveva, in un modo o nell'altro, iniziato a far parte della sua vita. Avevano vissuto davvero tanto assieme, erano cresciuti insieme, si erano dati l'opportunità di conoscersi a vicenda e l'ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento era vederlo morire. Quelle parole, dette per scherzo, avevano acquistato un nuovo peso dopo quanto successo poco prima. Sperò che l'altro non l'avesse sentita coperta dalla folla ma non ci credette più di tanto, così si aggrappò all'ultima cosa che le era stata detta, cercando di cambiare discorso. «Non hai fatto una scelta molto saggia, però. Un portaborse gracilino non è particolarmente utile» Uh, quindi aveva toccato un nervo scoperto. Il tono leggermente stizzito sulla parola che poco prima aveva usato per descrivere Bertie... Non doveva aver particolarmente apprezzato. In altri momenti avrebbe ridacchiato divertita dalla reazione del ragazzo ma in quel momento doveva ancora riprendersi dalla realizzazione delle parole che aveva detto poco prima quindi sorrise solamente. «non ti avrei scelto se non fossi stato adatto per il ruolo» disse giusto in tempo per evitare una persona che le stava venendo incontro e una volta riaffiancatasi a Bertie, lui la prese per mano. Sussultò per il gesto inaspettato e abbassò lentamente lo sguardo verso le loro mani, le dita intrecciate. Si chiese se fosse stato un gesto istintivo di Bertie per non perderla nuovamente nella folla o era stato voluto. Se anche fosse stato istintivo, Bertie non sembrava intenzionato a lasciar andare la sua mano. Spostò nuovamente lo sguardo davanti a sé, lasciando che Bertie la tenesse per mano. Non era altro che un gesto che avrebbe potuto fare chiunque, in qualunque momento e non implicitava necessariamente altro. «Non rifiuto mai cibo… soprattutto se lo offri tu, visto che sei tu che mi hai invitato.» prima l'aveva tenuta per mano e ora doveva pagare lei... «non sapevo di essere diventata una sugar mommy» disse seguendolo verso il furgoncino di cibo che aveva adocchiato, osservandolo ordinare due porzioni di fish and chips. Ovviamente. «Se non lo vuoi me lo mangio tutto io. Pesce e patate.» Non osò dire che le piaceva il pesce, visto il doppio senso avrebbe solamente potuto rivoltarsi contro di lei e prese la propria porzione senza commentare o almeno inizialmente. Se stavano così le cose, se era quello che voleva, poteva giocarci anche lei. Prese una patatina fra pollice e indice, avvicinandogliela alle labbra. «le uniche che vedrai»
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    Più e più volte, quel pomeriggio, si ritrovò a chiedersi a cosa fossero dovute le reazioni di Sorta. A quello che le diceva, ai loro soliti e continui innervosirsi a vicenda, o a quello che da lì a poco sarebbe inevitabilmente successo, a loro e al resto del mondo, magico e non, o a lui?
    Razionalmente sapeva che delle tre ipotesi la più corretta e del tutto sensata era la seconda. Eppure, da bravo egoista, non poteva fare a meno di pensare che quelle occhiate, quei tremori, quell’essere, per una volta, non del tutto sicura di sé, non fossero dovuti alla paura di Abbandon e della guerra imminente, ma al fatto di trovarsi lì in sua compagnia. Forse, anzi, di sicuro era un modo come un altro per allontanare il terrore di perdere tutto, di perdere lei...
    «ogni tanto tengo d'occhio il tempo per vedere quanto tempo mi rimane per trovare una ragazza» Alzò gli occhi al cielo e sospirò con fare plateale. «Ancora con questa storia?», cominciò con l’intento di irritarla. Ma poi, quando tornò a guardarla, il desiderio che Sorta stesse bene vinse sulla voglia di darle fastidio a tutti i costi. «Devi smetterla di pensare che la cosa più importante sia trovare un’altra persona con cui passare la vita, che… l’amore sia la cosa più importante.» Perché, pur essendo un accanito sostenitore di questa idea, dire quelle parole gli faceva male? «Devi pensare a te stessa. Tu sei la cosa più importante. La tua realizzazione come persona. Nella vita, nel lavoro… in quello che vuoi, insomma. Ma devi toglierti dalla testa la convinzione di poter essere intera, e te stessa, solo insieme a qualcuno.»
    Sapeva che era troppo tardi, adesso, ma poteva almeno sperare che un granello di quel discorso si depositasse comunque dentro Sorta, che l’avrebbe tenuto a mente se anche… Non voleva neanche pensarci. Non riusciva a farlo. Nuovamente si sforzò per non dirle di andarsene il più lontano possibile. Nuovamente si rese conto che, anche volendo, non c’era posto in cui nascondersi.
    E poi si trattava di Sorta Motherfucka. Era il suo specchio e, dunque, una persona profondamente egoista. Ma proprio perché in lei poteva scorgere il suo stesso riflesso, sapeva, sentiva, che non sarebbe scappata mai e poi mai.
    Non le disse nulla di quello che avrebbe voluto, e dovuto, naturalmente. Dopotutto, era pur sempre sé stesso. Essere onesto era fuori discussione. «quanti complimenti, oggi. hai fatto un'iniezione di zuccheri?» «Non è colpa mia se non ho avuto occasione di sfogarmi per un bel po’», le fece notare sarcastico, sebbene fosse vero l’esatto contrario, o quasi. Era anche colpa sua, se da mesi non si vedevano faccia a faccia. La vita, sì, quella che lui non aveva, al di fuori del lavoro… La paura di ogni cosa, se mai, e soprattutto di Sorta. «mi pareva necessario ricordarti con chi hai a che fare» Questa paura.
    «oggi vuoi proprio morire, eh?» E quest’altra. Le lanciò uno sguardo, non potendo non notare lo strano silenzio che, all’improvviso, era calato. Non intorno a loro, visto il caos, ma tra di loro. Bastò quella battuta per far cadere tutte le irreali supposizioni, tutte le speranze, in fondo, che aveva accumulato in quel lasso di tempo. Sorta non si sarebbe tirata indietro, esattamente come lui. Si maledisse per non aver ribattuto prontamente, ma, anche facendolo, i secondi continuarono a scorrere. Era così? Voleva morire? Lui che lo ripeteva così spesso, voleva davvero farlo? Era pronto a farlo? «No.» Ma forse sarebbe successo. O sarebbe successo a lei. O a entrambi. In qualsiasi modo, l’esito era lo stesso. E lo straziava.
    Non l’avrebbe rivista mai più.
    E ora anche per questo, proprio per questo, le teneva la mano, tra la folla, sentendola sobbalzare e tremare, forse per la confusione, forse per la paura, forse per lui. L’aveva definito adatto per il ruolo, strappandogli una finta smorfia di disgusto e un luccichio negli occhi. Erano entrambi maestri dell’essere l’esatto contrario di quello che un certo ruolo avrebbe richiesto da loro, sia agli occhi del resto del mondo sia a quelli dell’altro. Bertie non era ciò che Sorta voleva. Eppure. Seguì il suo sguardo che si posava sulle loro mani, con la coda dell’occhio, domandandosi tra quanto avrebbe mollato la presa e l’avrebbe colpito. Ma Sorta guardò avanti. E non lo lasciò andare.
    Chiaramente, però, le capriole del suo stomaco erano dovute solo e soltanto alla fame, non a quello che stava succedendo – e che, purtroppo, sarebbe successo. «non sapevo di essere diventata una sugar mommy» Per un istante si sentì in colpa e persino in imbarazzo, realizzando, cosa che gli succedeva solo sporadicamente, quanto Sorta fosse all’estremo opposto di quella definizione. Non tanto per l’assenza di figli, ma, più che altro, per la sua età. La vita, per lei, era appena cominciata. Non poteva, non doveva finire. «Perché credi che passi il mio tempo con te? Ho fatto le mie ricerche. So cosa nascondono i Motherfucka nelle profondità della Gringott», le spiegò come se fosse ovvio, l’ombra di un sorriso sulle labbra.
    E infatti lasciò che Sorta pagasse, perché fanculo i ruoli di genere!! (e viva lo scrocco, soprattutto), per poi sporgersi a prendere i due cartocci e, infine, passarne uno a lei. Si era fatta nuovamente silenziosa, motivo per cui, ancora una volta, si chiese il motivo. La catastrofe che stava per abbattersi su tutto il mondo era il motivo, lo sapeva bene. Non lui. Cosa stava facendo, allora? Prima che potesse rendersene conto sentì il viso farsi caldo e il respiro appena accelerato. «le uniche che vedrai» Schiuse le labbra per accogliere le patatine che lei gli stava porgendo. «Stronza», tornò a ripetere, con un borbottio che però, chissà perché, avrebbe potuto suonare quasi dolce.

    Le ore successive passarono in un battito di ciglia. Erano in mezzo al caos che manco Napoli il giorno dello scudetto, ma erano soli. Come sempre le loro solitudini continuarono a sfiorarsi, ancora e ancora, senza però mai venire davvero in contatto. Non potevano. Fiumi di parole, salti dagli argomenti più seri alle battute più becere, tutto condito dal reciproco sarcasmo. Eppure nessuno dei due riuscì davvero a dire quello che avrebbero dovuto.
    Ma quando Bertie si ritrovò a osservare Sorta nell’ennesimo silenzio sospeso e carico di parole non dette, non riuscì a non farlo. I suoi occhi, a differenza della sua voce, non erano mai stati bravi a mentire. La guardò, per uno, due, tre istanti, e le prese il viso tra le mani. «Vattene. Ti prego. Salvati.» E poi fu solo…
    Un bacio d’addio.
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    2000 | 23
    EX SLYTHERIN
    REBEL


    Edited by sehnsüchtig. - 6/5/2023, 11:40
     
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5 replies since 23/4/2023, 19:35   181 views
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