corpses are cold, so am i

miniquest, libera per tutti tranne che per mort | mac ft. tu?

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    La consistenza non era delle migliori, ma se la sarebbe fatta andar bene.
    Appiattì le estremità del primo foglio – l’originale – tra pollice ed indice, piegandolo su se stesso ed assottigliandolo quanto possibile. Al suo fianco, un’altra pila di fogli - lettere - identici, a ridere di lui con caratteri helvetica e tante, oh tante, parole da bolla per pesci: promettenti, ed altrettanto vuote.
    L’aveva duplicata. Quando non era bastato, l’aveva triplicata. Quando ancora aveva sentito non fosse stato abbastanza, l’aveva moltiplicata e basta, senza più contare. Aveva causato un’inflazione di ringraziamenti; crollo nazionale dell’economia delle vittorie pirriche. Un azione meccanica privata perfino della vena polemica con la quale aveva curvato la prima lettera della Oshiro per renderla un non troppo ottimale filtro: l’aveva fatto perché poteva, e perché non richiedeva alcun tipo di pensiero emotivo quel genere di incantesimi. L’aveva fatto perché in fondo, molto in fondo, Mckenzie era arrabbiato, e di quella rabbia non sapeva che farsene. Non aveva mai sviluppato alcun meccanismo sano con cui smaltirla, e non conosceva i mezzi per renderla qualcosa. Se la teneva lì, sotterrata da qualche parte in mezzo a tutto il resto.
    Tutto
    il resto.
    Un brivido involontario gli fece perdere la presa sul cartoncino. Lo osservò cadere; con le gambe saldamente incrociate sulla panchina, non lo raccolse. Non era che gli mancasse la materia prima, dopotutto. Fece scivolare le iridi sul mazzetto al proprio fianco, si ricordò di inspirare un po’ d’aria, e ci riprovò, premendo i polpastrelli abbastanza forte da tagliarsi e da smetterla di tremare.
    Un foglio bianco. Teneva un foglio bianco incastrato tra il ginocchio e la coscia, una penna incastrata nelle scarpe, i pantaloni arrotolati più volte su se stessi.
    Come quelli del ragazzino nel Laboratorio.
    Il ricordo bastò a farlo tentennare, uno scatto improvviso delle dita attorno alla lettera.
    No, Mckenzie. No.
    Non doveva andare lì. Non voleva andare lì.
    Non poteva andare lì.
    Era appena uscito dal Ministero, ed aveva ancora indosso la divisa di un soldato russo. Qualcuno, in quel della Siberia, aveva provato compassione per il pallido Hale arrivato all’ospedale, ed aveva sostituito i suoi vestiti con qualcosa di meno… appariscente. Mac avrebbe voluto dargli fuoco; d’altronde, Mac avrebbe voluto dare fuoco anche alla stanza dell’ospedale, all’intero edificio, alla cittadina, alla nazione, e soprattutto a se stesso, quindi forse non contava.
    E poi -
    No.
    Scosse il capo. Un solo movimento secco, sopracciglia corrugate.
    Era uscito dal Ministero senza chiedere a Twat o Mads se volessero un passaggio a New Hovel. Senza guardare Lena o Ptolemy. Senza salutare Olga o Dominic o Darden. Aveva solo incrociato brevemente lo sguardo del suo capo, ed era bastato perché lo congedasse al giorno successivo: il report, aveva detto la Reiher, l’avete già fatto ai Pavor; possiamo rimandare di un altro po’. Per sempre, aveva pensato.
    Seriamente. Prendendo in considerazione l’opzione in maniera metodica e razionale.
    Perchè non voleva -
    No.
    Aveva imparato presto a non fidarsi di quel che volesse o meno, conscio che volere e avere bisogno fossero due concetti completamente diversi. Non si fidava abbastanza di se stesso da cedere all’uno o all’altro, o da sapere con esattezza cosa, davvero, volesse. Voleva andare a casa? Non voleva andare a casa? Era il suo appartamento, la sua vita; la sua doccia, il suo letto. Un Gaylord a cui assicurare che avrebbe ancora pagato la quota dell’affitto del mese successivo.
    Ed era anche non Willow. E non Harper.
    Alla fine, il coraggio o la codardia di tornare a casa, non ce l’aveva avuto.
    Era rimasto a vagare per la Londra magica senza un obiettivo. Non aveva neanche avvisato di essere tornato, perché - perchè?
    Perchè non pensava di rimanere?
    Oh, Mac. Perchè non pensavi di rimanere?
    E quando l’aveva capito, e capito sul serio, si era fermato e si era detto: no.
    E quindi il foglio.
    E quindi la lettera.
    E quindi l’erba sbriciolata fra le dita, recuperata da un cassetto non troppo nascosto dell’abbandonata casa di Heidrun, partita per la Siberia un paio di giorni prima. Non le interessava che la facessero aspettare, aveva detto; avrebbe aspettato anche tutta una vita. Cose che ti facevano pensare, se volevi farlo.
    Mac non voleva. Non a quello, e non ancora.
    Aveva un foglio, una penna, delle lettere, ed una canna stretta fra pollice ed indice.
    I disegni -
    No.
    Per favore -
    No.
    Chiuse gli occhi, accese la canna con un lieve movimento di bacchetta. Se ci vollero un paio di tentativi, furono solo cazzi suoi.
    Il sole era calato da un pezzo, ma né a Mac né al restante gruppo di persone presenti all’Avis sembrava importare. Aveva scelto quella panchina, una delle quattro che circondavano la piccola fontana del parco, per un motivo ben specifico: dava le spalle al resto della gente, e le sentiva comunque. Vive, e vibranti. Un rumore di sottofondo a sfrigolare come un falò estivo suggerendo che esistessero, che fossero concreti, che condividessero lo stesso piano e non volessero un cazzo di niente da lui perché
    Qualcosa a sfiorarlo piano -
    No.
    Si fece ancor più piccolo, rannicchiato alla sua postazione.
    Aspirò, provò a schiarirsi la voce, ed asciugò una guancia umida – non necessariamente in quell’ordine.
    Un foglio.
    Una penna.
    Aspirò l’erba sentendola pungere la lingua ed il palato.
    Non sapeva neanche che ora fosse. Non credeva fosse importante, non quando doveva -
    Tutto quel sangue -
    No.
    Non quando doveva scrivere.
    Bucò il foglio solo un paio di volte, con quel tremolio dispettoso delle dita, prima di riuscire a scrivere qualcosa, e poi un qualcos’altro, e altro ancora.
    Una lista.
    Una lista metodica, organizzata, e precisa – non come lui, ma come lui avrebbe voluto essere.
    Il primo punto era la prima cosa che gli fosse venuta in mente, e dovrebbe dirvi di suo a che livello sottile sottile fosse arrivata la sua psiche, perché era
    1. Uccidere qualcuno?
    Una specie di chiodo scaccia chiodo. Forse un’altra morte avrebbe cancellato quelle prima. Non aveva tempo di interrogarsi troppo su quello, perché doveva scrivere, e scrisse tutto quello che gli veniva in mente.
    2. fare rafting?
    3. l’alba sulla spiaggia
    4. andare al ristorante da solo
    15. andare a New York
    26. ordinare una pizza telefonicamente. Da solo
    37. scalata libera?
    E via così.
    (Non era certo che i numeri fossero giusti. Forse ne aveva perso ed inserito qualcuno in più.)
    Aveva bisogno di una lista. E di obiettivi. E di qualcosa da fare che non fosse morire.
    Si disse che finita la lista, avrebbe potuto farlo.
    Ed allora continuò ad aggiungere punti, finendo una canna ed iniziando quella dopo.
    Fino a che non iniziò a sentirsi osservato, e lentamente – molto, lentamente – sollevò lo sguardo. Era abbastanza fatto da spaventarsi pur sapendo ci fosse una Persona, perché il cervello ci metteva sempre un po’ di più ad elaborare le informazioni. Figurarsi uno in fattanza. Figurarsi uno in fattanza e in stato di shock.
    Figurarsi uno in fattanza e in stato di shock e di Mckenzie punto, si poteva iniziare e finire anche così.
    «gesù» che non era sulla lista – ma forse, avrebbe dovuto .

    mckenzie
    hale

    I feel like something that's been stretched out,
    over and over again
    Until I'm creased,

    and I'm about to break down the middle

    side eye (20 y.o.)
    bombastic side eye (legionario)
    criminal offensive side eye (h)
     
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