«sono... sono rimasto incastrato» butt is cold, so am i. stava ridendo ma non c'era assolutamente niente da ridere. Le mamme dei bambini avevano chiamato le autorità per incastrarlo... come se non lo fosse già. Il suo culo era incastrato in uno pneumatico, nel bel mezzo di un giardino scorrazzante di bambini che ora incuriositi, si erano avvicinati per vedere la sua patetica scenetta. Ma facciamo qualche passo indietro.
Yejun era tornato a Londra e non aveva nessuno ad aspettarlo. Yejun non aveva la fidanzata incazzata ad aspettarlo, qualcuno pronto ad ascoltare la sua storia davanti ad una tazza di the o ad una, due, tre birre. Certo, aveva fatto rapporto più che dettagliatamente ma il suo capo di certo non era una persona amica con cui potevi parlare anche di come l'avevi vissuta e la sua psicologa lo aspettava solo una volta al mese e doveva prendersi tutta la giornata per gestirlo perchè parlava troppo ma almeno pagava bene e portava la pizza ad ogni seduta ma quella giornata l'aveva già spesa. A dire il vero, qualcuno da cui tornare ce l'aveva, ma non era tornato da lei come aveva promesso. Come avrebbe anche solo potuto immaginare di tornare a casa, correre da lei per prenderla in braccio e abbracciarla quando il solo pensiero gli procurava un groppo alla gola e la nausea. Lei, la sua sorellina adorata per cui avrebbe fatto di tutto ma veramente tutto. Ogni volta che pensava di abbracciarla, la sua mente giocava brutti scherzi e ricordava il corpo inerme di Dinara fra le sue braccia e i bambini che venivano uccisi uno a uno. Perchè sì, avevano condannato a morte bambini della stessa età della sorella - alcuni addirittura più piccoli. Lui stesso li aveva uccisi e non aveva nemmeno avuto il coraggio di prendere e scappare con qualcuno di loro per salvarli. Tanto bravo a parole e a pensieri ma alla fine aveva fatto la cosa che più gli veniva facile e bene: combattere e uccidere (dai perchè i dadi sono stati buoni), anche se di facile non c'era stato niente. Vite innocenti di bambini che non avevano deciso il loro destino e che non avrebbero fatto quella fine se non fossero stati portati lì da quei dottori. La scelta alla quale erano stati messi di fronte era stata crudele: lasciar scappare i bambini rischiando di infestare il mondo o ucciderli e mettere tutto a tacere. Decisione che era spettata a loro prendere solamente dopo aver deciso di fare di tutto per salvare Dinara e che per quanto potesse sembrare moralmente facile, era stata devastante. Non aveva mai visto una tale strage di bambini davanti ai propri occhi in vita sua. La sua mente si era completamente dissociata rivivendo quanto accaduto in Siberia che non si era accorto dell'ora che si era fatta e che quel parco dove si era fermato a riposare si era pian piano riempito di bambini. Non si era accorto nemmeno che li stesse osservando, quei bambini, o che le mamme stessero osservando lui. Aveva cercato di evitare qualunque bambino per giorni, cambiando strada quando se ne trovava uno di fronte, evitando di avvicinarsi a scuole e posti frequentati da bambini. Era stato difficilissimo, non aveva mai fatto caso a quanti bambini esistessero al mondo e ora che aveva bisogno di evitarli, sembravano perseguitarlo. Un fucking incubo. Quando finalmente tornò al presente, era ormai troppo tardi: era lentamente sprofondato con il suo culo sexy nello pneumatico dove si era accasciato perchè le panchine erano troppo chic e ora non riusciva più ad uscirne. In my defense, i was left unsupervised. E quello era solo uno dei tanti problemi in cui incappava giornalmente. Ed ecco come si era trovato condannato a guardare dei bambini scorrazzare in giro e a cercare di spiegare alle autorità e alle mamme la situazione. Come poteva però spiegare che era tornato da poco da una missione in Siberia dove aveva ucciso dei bambini e stava solo subendo i sintomi del disturbo da stress post-traumatico? Non poteva. Oltre la beffa, anche il danno, visto che la sua fedina penale non era pulitissima e non avevano osato credergli nemmeno dopo che ben due di loro avevano cercato di tirarlo fuori di lì. «ve l'ho detto, sono innocente. mi ero solamente perso nei miei pensieri, non stavo assolutamente guardando i bambini ma per chi mi prendete.» e non avrebbe dovuto fare quella domanda dato che avevano la documentazione su di lui. Atti osceni in luogo pubblico - che era già stato smentito!!! - ma che ormai gli era rimasto appiccicato addosso. Il fatto che lo avessero appena accusato di pedofilia? How dare you, non era mica Nate, lui. Lui era un padre che si struggeva per la morte del proprio figlio adottivo e di 20 altri bambini orfani. VENTI. Non un numero normale di bambini, ben venti. Ma cosa potevano saperne loro di cosa significasse essere padre così giovane ma non troppo e aver perso un'intera orda di bambini speciali quando il suo sogno appena li aveva visti era stato quello di creare un orfanotrofio e crescerli con affetto cercando di fargli dimenticare gli orrori dei laboratori. Sicuro non lo sapeva colui che lo stava ammanettando in quel momento. Been there, done that. «kinky...» collegò il cervello troppo tardi per rendersi conto che quel commento poteva davvero risparmiarselo vista la situazione in cui si trovava. Good job, Giuà, keep going. «ops»
| LL’ammore è comme fosse nu malanno ca, all’intrasatta, schioppa dint’o core senza n’avvertimento, senza affanno, e te pò ffa murì senza dulore.
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