Smile. They're all dying.

with Erisha

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    Marcel non dormiva molto la notte. Quasi nulla di solito, un po’ perché preferiva spendere quel tempo ad occupare i letti altrui, un po’ perché non gli piaceva sognare. Non c’era comunque niente di buono da sognare.
    I suoi sogni erano solitamente un alternarsi spasmodico tra ricordi che non voleva – non che quelli piacevoli fossero molti ma qualcuno c’era – e mostri oscuri privi di senso ma ricchi di denti e artigli affilati pronti a farlo a pezzi.
    Eppure quella notte di fine marzo fu diversa da ogni altra notte prima di essa: nascosto nelle profondità del castello sognò un mondo parallelo.
    Era sé stesso, lo stesso dolore e tradimento, ma tutto era diverso: non solo dormiva in una delle torri del castello – che senso aveva? Era un barbone? – ma soprattutto una figura biondiccia camminava al suo fianco.
    Come in tutti i sogni che si rispettino non poteva vederlo ma poteva vedere ogni sua espressione, ridere della sua espressione imbronciata e calmarlo con un braccio sulla spalla.
    “Blondie, non essere così rigido, ti verranno le rughe.” Diceva con la sua voce l’estraneo sorridente che era il sé del sogno.
    “Mi amerai lo stesso quando non sarò più giovane e bello?” rispondeva l’altro, in una voce che nella realtà Marcel non aveva mai udito, miracolo di energia onirica.
    “Non citarmi Lana, te l’ho fatta conoscere io!” rimbottava allegramente il sé del sogno, spettinando con bonaria malignità il ragazzo più basso “Comunque ormai sei fregato, mi hai raccolto e ormai sei incatenato con me mani e piedi, blondie, adattati.” Ed era sciocco, era sdolcinato, ma c’era qualcosa di confortante nel sogno, di caldo, come una coperta gettata sulle spalle in una serata d’inverno, Marcel avrebbe voluto raggomitolarsi nel sogno per sempre e dormire, vivere quello sprazzo di realtà per sempre. O anche solo per un altro minuto.
    Invece si ritrovò ad essere svegliato con prepotenza dal rumore dei suoi compagni di stanza – i soliti goffi coglioni – il sogno solo una traccia dolce-amara che già iniziava a sparire dalla sua memoria. Bella merda.
    L’umore per quella giornata non era dei migliori, il ché non era esattamente una novità, Marcel era di per sé poco mattiniero e l’amaro del sogno interrotto gli era rimasto sulla punta della lingua, spingendolo a sfoggiare un’attitudine ancora peggiore del solito nel corso della mattinata.
    L’unica consolazione - che se di consolazione si poteva parlare - durante quelle prime ore fu la consapevolezza che essendo venerdì e il giorno dopo sarebbe stato libero di lasciarsi alle spalle il castello almeno per qualche ora.
    Nel frattempo, nell’attesa che le ore di incantesimi e scherma terminassero, Marcel si era già preparato una soluzione che alleviasse – anche solo temporaneamente – il suo malumore.
    Soluzione che aveva la forma invitante di una serpeverde del settimo anno dai lunghi capelli del colore della ruggine. Rebecca Stroud era ormai da un pezzo in un tanto noioso quanto vistoso tira e molla con un tassorosso del sesto anno, tale Wayde. I tradimenti da ambo le parti ormai neanche si contavano e Marcel trovava delizioso intromettersi tra loro quando ne aveva l’occasione.
    Era per questo che si era affrettato fuori dall’aula di scherma e diretto verso quella di combattimento per intercettare Rebecca prima che andasse verso la Sala grande per il pranzo.
    Non era stato neanche difficile: i due piccioncini erano in una fase buona – non per nulla Becca aveva cercato di ignorarlo – ma era bastato commentare casualmente quanto Wayde e Maeve, la sua ex nonché partner di tradimento occasionale, fossero stati vicini durante lezione per scatenare le ire della rossa. Da lì non aveva avuto neanche bisogno di convincerla, era stata Becca stessa a proporre un nuovo, ennesimo, tradimento per “farla pagare a quel bastardo, mi aveva giurato che con quella puttana era finita!”. Un rapido scambio di battute dopo avevano un appuntamento per poco dopo le lezioni nella stanza delle necessità. Fin troppo facile.
    Il resto delle lezioni pomeridiane lo trascorse con un rinnovato divertimento, soprattutto nel notare che Wayne ora apparisse tanto triste quanto seccato. La sua fidanzatina doveva averlo ignorato o magari avevano persino già litigato. In ogni caso era divertente, c’era qualcosa di profondamente divertente nel rovinare le relazioni altrui, nel vedere le loro facce distrutte dal tradimento dei loro adorati amati. Forse era un nuovo kink? Scopare solo con quelli impegnati? Nah, non gli era necessario, e anzi, talvolta quel dramma gli era fastidioso.
    Non quel giorno però. Quel giorno l’amore delle coppiette gli dava la nausea e distruggerlo era eccitante in senso quasi fisico.
    Suonata l’ultima campana abbandonò l’aula con calma e un mezzo sorriso, dirigendosi senza fretta verso la stanza delle necessità. Becca gli aveva detto di avere un qualche tipo di attività extra a quell’ora, Marcel non si era mai dato il disturbo di ricordare quale di preciso, di cui doveva liberarsi con una scusa prima di raggiungerlo, quindi l’avrebbe preceduta senza problemi. Essendo venerdì pomeriggio infatti non voleva rischiare la bega di trovarla già occupata da qualcun altro.
    Una breve passeggiata dopo, ecco la porta comparire all’orizzonte, il giovane tedesco si concesse un sorriso sapendo che era libera e disponibile per il suo rendez-vous di vendetta.
    Allungò la mano verso la maniglia, stringendola però proprio nel momento in cui un’altra mano faceva lo stesso. Preso nei suoi pensieri doveva aver mancato di notare il fatto che non fosse l’unico interessato alla stanza.
    Ah?” esalò, voltandosi per osservare il proprietario – o più correttamente la proprietaria – di suddetta mano.
    Scusa tanto, ma c’ero prima io.” Le disse col solito sorriso da schiaffi, neanche un bricioli di spirito cavalleresco sul viso regolare.

    Marcel
    von Anhalt
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
     
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0 replies since 30/3/2023, 18:21   78 views
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