something they all want (that only you can have)

privé lilum | hey mickey nicky

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  1. niwabi
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    (chouko m.) bambi sweeney
    And if it feels good,
    then it can't be bad
    Where I can be immoral
    in a stranger's lap


    21 y.o. ✧ home of sexual
    And if you want it good,
    downright iconic
    Then I would show you
    something
    that you wish you had
    Su carta era sembrata una buona idea.
    Per ben – venti secondi. Poi aveva stretto il pollice tra i denti, Chouko, e aveva abbandonato il telefono sulle lenzuola, rifiutandosi di cacciarlo nella borsa anche quando il lavoro l’aveva obbligata a smettere di crogiolarsi in un angolo della stanza e uscire di casa, volente o nolente.
    Al suo ritorno il centro notifiche era rimasto tristemente vuoto di una risposta; idem quello successivo. E quello dopo ancora. Quando si era arresa all’idea di aver rovinato tutto con quella semplice proposta – un po’... forward, indubbiamente, ma non tirata fuori dal nulla –, il ping di Twitter l’aveva scossa dal suo torpore per altri brevi attimi prima di tornare alla familiarità del panico.
    Perché. Beh.
    Facciamo che esploriamo la situazione a fasi.
    All’incirca tremila anni fa una temeraria Mizumaki Chouko aveva deciso di non averne abbastanza, delle sue mille personalità su internet: glie ne serviva un’altra. Difficile non farsi tentare da quel gioco slash esperimento sociale che l’aveva guidata dritta dritta nei messaggi diretti di Starr. Starr, con la quale si era subito trovata. Starr, che – ma era indubbiamente solo una grande coincidenza – le ricordava qualcuno. Starr, che ci stava palesemente provando dal primo minuto. E che aveva smesso in modo misterioso quando si erano incontrate dal vivo quella volta alla Lanterna. Anche lì: Chouko si era fatta le sue mille paranoie ma l’aveva lasciata stare. Lei stessa non era riuscita a vedere oltre il suo stesso disagio; aveva a malapena incontrato il suo sguardo per tutta la durata dell’evento, insomma. Una cosa temporanea, in ogni caso. Un giorno di silenzi imbarazzati, poi il flirt spudorato era ripreso come se non si fosse mai veramente fermato.
    E Chouko non era proprio una cima, a leggere le persone, ma le piaceva pensare di averci comunque capito qualcosa su quale fosse l’andazzo generale. Che girarci attorno era davvero inutile, quando entrambe volevano una cosa sola. Perché esitare? Non era più una bambina. Non era più in grado di giustificare quella distanza – perché proibirselo, se era sulla punta delle loro lingue da tutto quel tempo?
    Aveva preso un lungo respiro. Spinto giù il dubbio che forse, se fino a quel momento non era successo nulla, era perché Starr non cercava il concreto che bramava lei; solo un po’ di divertimento, niente di impegnativo. Pigiato sul tastierino del telefono. Premuto invio.
    Così facile, finché nell’equazione non aveva dovuto considerare davvero una risposta positiva da parte di Starr. Non si era resa conto di quanto, esattamente, lo avesse fatto per mettersi l’anima in pace, finché quella prospettiva lontana non era divenuta solida realtà.
    Finché non si era guardata allo specchio, e riflessa aveva visto Bambi, e non Chouko. Lì sì, che era diventato tutto vero. E la tentazione di inviare una scusa pseudo-plausibile, nascondersi sotto le coperte per un mese e fingere non fosse mai successo nulla era stata molto, molto forte.
    È che aveva deciso di non fuggire più dai problemi che si creava da sola solo perché era terrorizzata delle conseguenze. Era stanca di sentirsi un personaggio secondario della sua stessa storia, Chouko; di sorridere sorrisi vuoti, e guardare il mondo andare avanti mentre lei rimaneva incollata nello stesso posto. Una prigioniera per crimini mai commessi.
    Se l’era fatto davvero, quel viaggio fino al Lilum.
    … perché i motel erano squallidi. Gli hotel non se li poteva realisticamente permettere; e poi sapeva di incontro ufficiale. Una botta per far passare la fantasia e ciao, ognuno per la sua strada. Casa Mizumaki era off limits per ovvi motivi – identità falsa a parte. Ogni altro luogo pubblico un enorme no.
    Era rimasta un’unica, vera opzione.

    Accavallò le gambe, nascondendo un palmo sotto la coscia, prima di azzardare uno sguardo nella sua direzione.
    «io… ah.» umettò le labbra, prima di stenderle in un sorriso nervoso. «non sono solita fare queste… cose.»
    Che probabilmente era già abbastanza palese così – con Bambi un fascio di nervi, il linguaggio del corpo a chiuderla a riccio su se stessa. «in verità è la prima volta che lo faccio.»
    Portò una ciocca corvina dietro l’orecchio, il palmo libero a carezzare la lunghezza della gamba esposta; un gesto quasi inconscio. «cioè.» sbuffò una risata, e scosse la testa. «non… in generale. è solo la prima volta che non lo faccio da sola.»
    Racchiuse i denti attorno al labbro inferiore, incurante del gloss inevitabilmente rovinato. «sai, con l’aiuto di altre… mani.»
    Scrollò le spalle, cercando disperatamente di apparire un minimo rilassata. Dio, ma perché doveva essere così.
    Si lasciò andare a un sospiro.
    «non dal vivo, quantomeno.»
    Ed era quello, infondo, a destabilizzarla di più. Non la richiesta in sé – non quello che stessere facendo. L’idea di essere del tutto impreparata a quel momento. Di tutta l’esperienza che Starr aveva, in confronto alla purezza di Bambi – di Chouko.
    Eccitante, come prospettiva, sì. In teoria. Nella pratica, l’anticipazione era quasi del tutto soffocata dalla paura di non essere, di nuovo, abbastanza. Di vedere sul volto dell’altra un cocktail di emozioni… sbagliate. Compassione, disinteresse.
    «mi dovrai guidare un po’.»
    Una confessione a fior di labbra – solo per lei. Come se quella stanza, lontana dai corpi caldi e dalla musica, avesse telecamere puntate su di loro; microfoni nascosti.
    Poteva farcela. Poteva provare, quantomeno.
    Solo allora allungò una mano verso di lei per stringerla attorno al suo polso. Un tocco timido. «i miei headcanon sono… un po’ singolari.»
    Quindi allungò l’altra sul tavolino. Ed esitò solo qualche secondo, prima di volgere il taccuino verso di lei.
    smut
    hurt/comfort
    jealousy
    handcuffs
    light bdsm
    horny with religious undertones
    kaegan sub
    salem dom

    «ma forse voglio sentire prima i tuoi.»
    Una chiara dimostrazione di fiducia. Il suo modo per dirle: sono tua, per una sera.
    Ci abbiamo danzato attorno per troppo tempo.
    Ora alza quella penna e mostrami cosa sai fare, straniera.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    "haha e se l'aprissi in cravings" "haha"
    lo faccio. lo fece.
     
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