I knew you were trouble when you walked in, so shame on me now

bar| ft. Lilac e chiunque voglia unirsi

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    «Perchè mi hai portata qui?» Erisha Byrne, capitano di corvonero e ad un passo dal diploma, si era chiusa in camera dall’inizio della settimana appena passata, la sua vita scolastica era cambiata (qualcuno avrebbe detto finalmente iniziata) quando dopo un allenamento di Quidditch aveva aperto l’armadietto e ci aveva trovato dentro una busta bianca, senza mittente o alcuna scritta, al suo interno non c’era altro che la prova della fine della sua prima relazione amorosa, delle foto del, suo ormai ex, fidanzato intento a infilare la lingua fra le fauci di un’altra.
    Le era sembrato di udire un sonoro crack, quello del suo cuore che cadeva in frantumi sul pavimento lercio dello spogliatoio; inizialmente non aveva pianto, con un espressione piatta infatti aveva abbandonato quello che era in un certo senso il luogo in cui era iniziato tutto ed era corsa a cercare lilac, solo dopo un abbraccio era riuscita a dire e a mostrare cosa le era successo, e, finalmente, era scoppiata in un pianto disperato, un pianto che non era cessato per i seguenti cinque giorni.
    Non era andata a lezione, mentre fra le lacrime aveva riso con Lilac del fatto che se ci fosse stata Willow l’avrebbe costretta ad andarci, e nemmeno a pranzo o a cena, non lo aveva più visto se non in quelle maledette foto, che teneva nascoste nella fodera del cuscino in seta per paura che qualcuno dei suoi amici le sequestrasse come aveva fatto con le varie cose che testimoniavano il passaggio dell’italiano nello scorso anno: non c’era più il completo della squadra del cuore di lui, erano spariti i biglietti del luna park che teneva di fianco ad una loro foto, che era sparita a sua volta, mancavano all’appello persino i nastrini che erisha usava di tanto in tanto per legare i capelli, gialli e rossi, e andava bene così, si era detta, ma allora perché non riusciva a non pensarci?
    Era stata trascinata fuori da quella stanza, il sabato, cinque giorni dopo la tragedia, e si era trovata seduta in un bar con una grossa coppa di gelato al cioccolato extra fondente, la sua preferita, che però stava sciogliendo dinnanzi a lei senza essere ancora minimamente toccata «Devi dirmi la verità, sono orribile vero? sono patetica» si tirò su la zip del giubbotto incrociando le braccia al petto «Io sono qui a struggermi, e lui se la starà spassando da qualche parte con quella lì » una risata nervosa lasciò le labbra carnose della corvonero, occhi lucidi, come sempre in quel periodo, Erisha Byrne era irriconoscibile, non c’era quella scintilla nei suoi occhi ambrati, non c’era quel leggero trucco che usava per esaltare i suoi lineamenti «Sai cosa fa ridere? che probabilmente non si è nemmeno accorto che manco alle lezioni e in sala grande da una settimana, sarà di sicuro troppo impegnato a pensare al fantacalcio o alle figurine panini da attaccare, probabilmente pensa ancora che io non sappia nulla, che fili tutto liscio come l’olio» aveva ignorato i consigli, era stata testarda, aveva sperato nell’amore che tanto sognava, quello che non spegneva nemmeno dopo tempo, ed invece era rimasta scottata, ma in modo negativo «Possiamo tornare a scuola? non ho voglia di stare qui, ho un aspetto orribile e per di più straparlo» poggiò la testa sul palmo della mano, e di conseguenza il gomito sul tavolo, non voleva fare nulla, voleva solo aspettare finché quel gran dolore al petto si fosse placato, finché Romolo Linguini non le avrebbe fatto più alcun effetto.




    You betrayed me
    And I know that you'll never feel sorry
    For the way I hurt, yeah
    You'd talk to her
    When we were together
    Loved you at your worst
    But that didn't matter
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    Una risata leggera trillò nell’aula in disuso dove Mona si era rifugiata insieme a qualche altro Ben raccattato in giro per i corridoi — dove fossero gli altri non lo sapeva, ma le interessava: se stavano combinando qualcosa di stupido ne avrebbe risentito anche la sua reputazione. Però, in quel momento, qualsiasi altra preoccupazione era svanita in luce di quel peculiare invito. «Sto male Frequentare Delilah Parker aveva effetti collaterali, purtroppo, e assimilare (malgrado tutto) il suo vocabolario da buzzurra analfabeta era tra quelli. Troppo tardi, ormai: il danno alla sua immagine era fatto, e non c’era comunque verso di fermare la risata della Benshaw.
    Più che un invito, quella nella lettera ricevuta via gufo le sembrava una richiesta di aiuto del povero Parker: in effetti, sai che palle. Mona non avrebbe voluto trovarsi al suo posto: le questioni delicate, le questioni di cuore, le lasciava ai Ben che un cuore dimostravano di avercelo, e che sapevano come usarlo. A lei avevano sempre insegnato tutto il contrario: i cuori andavano infranti, e calpestati. Giocare andava bene, era lecito, ma bisognava farlo solo conoscendo bene le regole — oppure si accettava una possibile sofferenza come nel caso di Erisha.
    Che poi, «ugh». Saltò giù dal banco dove si era appollaiata, bacino sui riccoli di Gol mentre le passava accanto, e un severo ma giustissimo «per un pene, poi» non riusciva davvero a concepirlo. Non era nemmeno attaccato al ragazzo più figo del castello, oltretutto!! CIoè, Romolo Linguini aveva il sex appeal di un cetriolo raggrinzito; come avesse fatto, il capitano blubronzo, a farsi infinocchiare rimaneva un mistero.
    Non era razzista (capito, Ben?) e non aveva nulla contro gli italiani. Lucrezia, ad esempio: tanta roba. (Entrambe, nel dubbio.) Persino Ezra aveva un certo je ne sais quoi che lo rendeva affascinante. Ma Romolo?! Era l’ultimo nella scala sociale, cibo per folletti della Cornovaglia! Assurdo. Blocked.
    «Vado, è stato richiesto il mio intervento.» Come biasimare Lilac, dopotutto: c’era bisogno di qualcuno che le cose le dicesse apertamente, le dicesse in faccia, e Mona Benshaw era tutto fuoché bugiarda. Era, al contrario, anche troppo onesta.
    Si sarebbe divertita moltissimo.
    Quando raggiunse Hogsmeade, tutta boccoli rosa e glitter ad illuminare il viso, non dava affatto l’impressione di essere sul punto di prendere Erisha Byrne a sberle di petto e metterla davanti alla brutale verità; le apparenze, nel caso dei Benshaw, erano sempre ingannevoli.
    «Devi dirmi la verità, sono orribile vero? sono patetica» Si prese un attimo per contare fino a dieci, consapevole che Bennett avrebbe voluto così, poi ridusse del tutto la distanza tra lei e la (patetica.) Byrne. «Merenda a base di autocommiserazione?» Uao, che gioia. Prese posto tra i due compagni di casata, senza attendere l’invito: quello era già arrivato tramite una busta firmata dal Parker. «Tornare a scuola non ti farà stare meglio,» aw, sembravano quasi parole dolci e di conforto, ma in realtà si riferiva all’aspetto della maggiore: troppo lavoro doveva fare per rimediare a quegli occhi gonfi e rossi e all’espressione da patibolo. «Così come non ti ha fatto stare meglio bruciare le sue cose.» Non poteva negare, o mentire: Mona sapeva tutto.
    (Anche perché il dormitorio non era così grande.)
    (Erano stati cinque giorni terribili.)
    «Sai cosa ti farebbe stare bene?» Eliminare il problema alla radice, ma quello stava pensando di tenerlo come attività di coppia #monet e di suggerire a Ben una spedizione punitiva nei confronti del Linguini. Girls just wanna have fun. Quindi non, non stava per suggerire a Erisha Byrne, Erisha fucking Byrne!, di commettere un (più che doveroso) omicido. «Smetterla con i ragazzi.» Fine, semplice.
    Si strinse nelle spalle. «Sempre detto che sono troppo inferiori per meritarsi le nostre attenzioni.» Uno sguardo veloce a Lilac, al suo fianco. «SÌ, era un’offesa. Puoi offenderti.» Che senso aveva mentire con un “nessuna offesa” quando tutti e tre sapevano che fosse esattamente così. «Posso darti il numero di qualche amica, se vuoi» ne aveva davvero un sacco che non aveva mai più ricontattato, bottini di guerra di quando usava l’incantesimo invecchiante e andava in giro per Hogsmeade con l’aspetto di una quasi venticinquenne (Cherry era stata molto fiera di lei, quando glielo aveva confessato). Per una che era stata più di un anno con un vecchio, una ragazza più grande e matura sarebbe stata manna dal cielo. Una prima esperienza con i fiocchi!
    «Ma ti prego. Ti prego e Mona Benshaw non pregava mai nessuno, quindi doveva essere proprio disperata: «smettila di lagnarti e di piangere per Romolo Linguini o faccio fuori te.»
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    Lucrezia non si era imbucata. Aveva ricevuto un invito. Ufficiale.
    Non che ci fosse nulla di male, eh, nell’imbucarsi. Anzi, lei lo adorava, era una delle sue attività preferite (dopo bere. E suonare. E mangiare. E… d’accordo, era una delle sue attività preferite, non è importante sapere a quale altezza della classifica). Ma stavolta il suo aiuto era stato esplicitamente richiesto, il che la faceva sentire… bene?? No, era il termine sbagliato. Le piaceva aiutare gli altri e, tendenzialmente, non c’era neanche bisogno di chiederglielo: se non era troppo ubriaca si sarebbe offerta spontaneamente di farlo, con tutta la sincerità e il disinteresse del caso. Ma in questo caso era difficile parlare di bene, data la situazione. E, a dirla tutta, si sentiva persino un po’ in colpa.
    «Ragazola, apri bene le orecchie. Anzi, apret ben le uracce tutte voi, cinne!!», intervenne, alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo. «La dovete smettere di correre dietro ai miei cusein!!» Le guardò una per una, per poi soffermarsi su Erisha. «Sopratot tu. Deg un taì con i Linguini…» Pausa a effetto. «… maschi Sì, arrivati a questo punto, persino Crez (CREZ!!!) era una scelta migliore di… «Lollo?? Lapo??», gemette esasperata, mentre alzava occhi e mani al cielo. Sul serio, perché erano tutte così… non masochiste, ma, ma… sceme?? Davvero? Con tutto l’affetto del mondo, eh, Eri, Maddy, vvtb4e, ma tra tutta la popolazione del Castello………… e tutti i suoi cugini……….. DAI. ALLORA. Proprio quei due?? «Se proprio avete il kink per gli italiani… ci sono LE italiane. PER DIRE.»
    E stava per rincarare la dose, ma la Ben numero ??? la precedette: «Sai cosa ti farebbe stare bene? Smetterla con i ragazzi. Sempre detto che sono troppo inferiori per meritarsi le nostre attenzioni.». Sorrise e annuì solenne, per poi circondare le spalle della ragazza con un braccio e schioccarle un bacio sui capelli. «DIO TE STRADORA!! BREV!!!», si complimentò orgogliosa. «Bona lè con gli usèl. Al fen schiv, in tutti i sensi (sul serio, pensateci……….) e sono attaccati ad altrettante teste di cazzo.»
    Lasciò andare Mona (ma solo dopo averle mormorato che i numeri delle sue amiche li prendeva volentieri anche lei) e si sporse verso Erisha prendendole le mani. «An soia menga perché io sia qui», le disse seria e allusiva, sollevando un sopracciglio per sottolineare quel particolare sottinteso. Certo, lei e la corvonero erano amiche e Lux, per quanto la riguardava, la adorava, ma il pezzodimerdatraditore era letteralmente sangue del suo sangue, quindi… «Non voglio farti più mal che bein…» Sospirò e le strinse le mani. «Però, bendessa, al deg davvero. Non ne vale la pena. Gli voglio bene, per carità, ma è un insemunì?? Forse prima o poi imparerà come ci si comporta con le persone, ma… non stare ad aspettarlo. Non se lo merita brisa. E non te lo meriti tu Le parlò continuando a stringerle le mani e guardandola negli occhi, per una volta stranamente seria. Che l’effetto dell’alcol che aveva ingerito fino a quel momento della giornata stesse un po’ svanendo? Anche, ma più che altro il fatto era che… le dispiaceva veramente, veramente tanto.
    I’m not here for your entertainment
    You don’t really want to mess with me tonight
    Just stop and take a second
    I was fine before you walked into my life
    Cause you know it’s over before it began
    Keep your drink, just give me the money
    It’s just you and your hand tonight
    P!NK
    U + Ur Hand
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    Credeva di avere un ottimo senso dell’umorismo, ma Bennett dovette ricredersi: non rise, alla lettera di Lilac Parker. Non la trovò divertente. Perchè era… era uno scherzo, vero? Doveva esserlo. Non c’era una, mezza, un quarto di motivazione per cui qualcuno dovesse invitare lei a confortare qualcuno dopo che il qualcuno in questione aveva commesso l’atto più impuro ed immorale che la mente umana potesse concepire (piangere per un ragazzo) e nel peggior modo possibile (Romolo Linguini). L’unico scenario che poteva seguire il (ugh) cuore spezzato da un uomo, soprattutto quando eri promettente come Erisha Byrne, era un caustico te l’avevo detto. Battè le palpebre, sguardo scuro ad osservare le parole sulla pergamena.
    A lei. Bennett Meisner. La stessa persona che dopo aver bruciato tutto ciò che riguardava l’inetto ed inutile Lollino trovato in sala comune, aveva minacciato di fare lo stesso con il Capitano in persona. Ma di quale droghe si faceva il Parker? Ruotò gli occhi su Paris, sventolando la busta con aria accusatoria. «hai dato la tua roba scadente al parker? Te l’ho già detto che devi riciclarla nelle altre casate.» ok che Lilac non giocava a quidditch, ma Ben voleva la coppa, e non poteva averla se quei dementi dei suoi compagni continuavano a bruciarsi i pochi neuroni posseduti dietro l’erba cipollina offerta da un annoiato Tipton. «non di recente?» Mah, magari aveva avuto effetto tardivo. Curvò le labbra verso il basso, assottigliando le palpebre e lasciando che un entusiasta Ficus prendesse dalle sue mani la lettera incriminata. «ohh, un invito! Bello! Te lo meriti, ti vorrei anche io. Quando sono triste sono sempre più felice quando ci sei tu. E anche tu, paris!» Benjamin poteva dirle le cose più cringe esistenti sul pianeta terra, e per la Meisner sarebbe sempre stata poesia: sapeva non ci fosse un centimetro di malizia, e parlasse sempre con il cuore in mano. Anzichè rispondere che lo sapesse e gli volesse bene anche lei, gli prese la mano e se la portò sulla guancia, sospirando felice. «tu vieni con me» perché la mera esistenza di Ficus le aveva impedito diverse volte di commettere un omicidio. Lo guardava, ed era già più felice e rilassata. Il suo giardino zen personale, non proprio in formato tascabile, ma si faceva quel che poteva. Aveva bisogno di averlo al suo fianco, anche solo per togliere quell’espressione un po’ triste del non essere stato invitato anche lui: sapeva per certo che avrebbe concluso quella giornata in modo violento, Ben. Poteva almeno cercare di tenersi la fedina penale pulita, anche solo per non farsi raccattare al Ministero da Nelia – aveva già abbastanza preoccupazioni senza aggiungere la sorellina vendicativa alla sua lista. Aveva due mani, e porse quella libera ad un ancora confuso Tipton. «e tu pure» perché se Ficus non fosse riuscito nel miracolo di salvare la sua anima, avrebbe avuto la certezza di avere un Paris a tenerle compagnia all’inferno.

    Questo prima di rendersi conto che Lilac Parker avesse invitato anche Mona.
    Aveva proprio scelto il caos. La violenza. La distruzione.
    Bennett era già più felice.
    Aveva appena messo piede dentro al locale, e già aveva posato gli occhi sulla Benshaw. Difficile non farlo: ovunque andasse e qualunque cosa facesse, Mona era il centro dell’attenzione. Perfino se non fossero state amiche, e se Ben non fosse stata convinta fossero anime gemelle (capito Polgy. Fuck you francesina, tieniti il tipo basic delle ripetizioni. Ma vedi te questa.), non avrebbe potuto fare a meno di guardarla e sentirsi già più felice. La cheerleader era un regalo per l’intera popolazione, ma per lei un po’ di più.
    «ricordate cosa vi ho detto? Non una parola. Non mezza. Paris, sono seria, fatti i cazzi tuoi. E ficus… baby, lo so. Resisti però, ok?» era abbastanza egoista da esserseli portati fino a lì malgrado la loro presenza non fosse richiesta, perché lei li voleva lì – e, onestamente, avrebbe voluto portarsi dietro anche tutti gli altri, compreso Lila e il Goblin – ma sapeva anche fossero entrambi in grado, a modo loro, di peggiorare la situazione e di farlo molto in fretta. Ficus avrebbe cercato di spezzare una lancia in favore di Romolo (hhhh unread it) e con Paris si rischiava sempre la giocata che fosse la pietra dello scandalo nel drama derby: sperava avesse più buon gusto di così, ma non si sapeva mai. Si era persa il momento lesbian rights di Mona – ma sapevano tutti fosse d’accordo. - e la conversazione a cuore aperto della Linguini giusta – davvero Erisha, ma che minchia di priorità hai – ma non potè fare a meno di notare la cosa più grave di tutte.
    «dov’è l’alcool» si piazzò sullo stesso sgabello della Benshaw, la mano offerta con naturalezza perché le desse la sua. «e ho portato il materiale giusto» che non erano fazzoletti e gelato.
    Invitò Ficus a raggiungerli con un cenno del capo, così che posasse ai loro piedi il borsone che si trascinavano appresso dal castello.
    «lo apri, per favore? grazie» come il bellissimo aiutante del mago che era, il Tassorosso mostrò il contenuto della borsa: coltellini di ogni forma e dimensione, e foto di Lollo in ogni sua decadente, terribile, angosciante, era. Raccogliere quelle, era stata la parte più difficile: complesso distinguerlo da tutto il resto delle persone, mediocre com’era. Aveva chiesto l’aiuto di Gol e Dara, perché loro se ne intendevano. «le regole sono semplici: uno shottino a testa; dopo ogni shottino, diciamo un motivo per cui odiamo Coso» dargli un nome significava dargli importanza. «e sfregiamo una foto» sorrise felice, Bennett, fossette in mostra e ridente sguardo nero come la sua anima.
    Almeno non aveva (ancora.) tirato fuori nulla sul sacrificio di sangue.

    Girls should stick together
    I'm talking skin on skin
    If you ask me you better
    Kill your darling
    cloudy june
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    21 y.o. | umbrakinesismen are trash
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    La famiglia viene prima di tutto era l’insegnamento che tutti i componenti del clan si portavano dietro da generazioni e generazioni e generazioni di Linguini prima di loro; un motto trapassato dalla tradizione di Linguini briganti, a quella dei resistenti che avevano lottato contro il fascismo, fino ad arrivare all’attuale progenie di Linguini che avevano conosciuto l’emigrazione – e qualcuno anche il capitalismo – e si erano sparsi per tutta la penisola. Una tradizione importante, quindi, che cercavano tutti di rispettare al massimo delle loro possibilità (tranne Lapo, lui neanche si impegnava piemontese infame), ma che comunque era soggetta all’invalicabile e santissima legge del buonsenso supremo che permetteva a Ginevra Linguini di anteporre a quella regola non scritta sentimenti e convinzioni decisamente più importanti; tra questi senza dubbio la libertà di poter urlare a suo cugino: «tu sei veramente una testa di cazzo, Romolo Antonio Linguini» detto col cuore in mano e una puntina di esasperazione nella voce, accompagnando il tutto con uno – due – tre (forse anche qualcuno in più) scappellotti dietro il collo del grifondoro pluribocciato – si era dovuta arrampicare sulle sue spalle per raggiungere quella altezza, sì, ma ne era valsa la pena.
    Insomma, sue her. Chiunque le avrebbe dato retta conoscendo la situazione, conoscendo Erisha e soprattutto conoscendo Lollo. Da una parte si sentiva addirittura sollevata da come si era evoluta la loro storia-non-storia, aveva sempre pensato che la corvonero (che tanto corvonero non doveva essere se si era innamorata di un tale buzzurro) meritasse qualcosa di più rispetto al cugino, che la sua bellezza fosse sprecata per qualsiasi penemunito, figurarsi per la metà non utile in cucina dei gemelli della lupa.
    Non fraintendetela, voleva bene al cugino – in fondo, molto in fondo – ma ew. Insomma, avrebbe capito se la corvonero si fosse presa una sbandata per Giacomino, ma per Romolo… davvero Erisha, davvero? Lì il problema evidentemente era alle fondamenta perché se Erisha si era innamorata di Lollo, si sarebbe potuta innamorare anche di qualsiasi altro maschio etero cis del genere: «una tragedia». Si passò una mano tra i capelli e con un sospiro pesante prese coscienza che quella ormai era diventata una missione e che non l’avrebbe considerata archiviata fin quando Erisha non avesse cambiato… prospettiva, mettiamola così.
    Aveva avuto un buon motivo, quindi, per lanciare l’invito del Parker nella sua borsa di tela e lasciare il bar dello sport nelle mani di Lapo quel giorno; considerava un po’ meno buono farlo per recarsi in un altro bar, ma si disse che studiare la concorrenza non guastava mai – per migliorare la sua attività, certo, ma soprattutto per scoprire il punto debole dell’altra attività e colpirla proprio lì. Poteva unire l'utile al dilettevole, in cui la parte del dilettevole era stata presa molto seriamente, tant'è che la special si era attrezzata con manuali, libri, riviste, foto e materiale vario che era stato tutto portato nel luogo dell'incontro.
    Si stupì che il posto prescelto per quel raduno anti-Lollo fosse così popolato? No, non troppo, e fu anzi addirittura contenta che così tante giovani marmotte fossero lì a dire tutte la stessa cosa: NO a Romolo Linguini, e più in generale NO ai peni; fu stupita di trovarci sua cugina? Sì, quello sì, stupita ma non del tutto sorpresa. «Lux ma tu...» non dovevi essere agli allenamenti di quidditch? eh! O meglio, si rese conto in quel momento che quella era solo stata la scusa che la cugina aveva utilizzato per saltare il turno, un altro, al bar. Le rivolse un'occhiata storta degna della nonna e alzò un sopracciglio verso di lei «vabbè, poi ne parliamo» liquidò la questione dell'assenteismo di Lux con un vago gesto della mano, poi prese posto al tavolo e – dopo aver commentato con un disgustato «ma questo sarebbe un aperitivo?» le quattro pietanzine fredde e scotte lasciate lì su un piattino – si schiarì la voce e prese parola.
    «mh» commentò accigliata osservando il kit di drunk&play che aveva portato la mora e sorrise istintivamente perché in un certo senso lo trovava tenero; tutti così piccoli e caotici, era ovvio che avessero portato l'alcool. «non è una cattiva idea, ma se non vuoi finire come lo zio Enzo il 25 dicembre all'antipasto, consiglierei di non iniziare a bere a quest'ora del giorno» sorrise comunque alla Meisner, ma poi coprì le preziose foto del cugino con cui aveva cosparso il tavolo con un enorme tomo polveroso.
    «allora, qui la questione è più delicata e più profonda, ma partiamo dapprincipio» recuperò un piccolo gruzzoletto di foto del romano che andavano dalla tenera età all'età attuale (quindi tante tante foto, visto che ormai Lollo era un vecchio) «questo è Romolo Linguini, un esemplare di maschio etero con le dimensioni del cervello più o meno così» dalla sua borsa di tela tirò fuori, tra le altre cose, anche una noce e la piazzò proprio sulla foto del Linguini, in corrispondenza della sua chioma folta. «un risultato imbarazzante, dirai, ma la cosa più triste è che è lì a prendere polvere, perché sai cosa usa per ragionare?» infilò di nuovo la mano nella sua borsa e questa volta tirò fuori un modellino 3D di un paio di centimetri di un pene. «questo usa mio cugino per ragionare, e forse il suo non è neanche così carino come questo qui» ci pensò per un attimo, poi scosse la testa con un brividino per quell'immagine raccapricciante che le era parsa davanti agli occhi, quindi prese un grosso respiro profondo e continuò: «la maggior parte dei maschi usa il suo pene per ragionare, e ti renderai conto che non potrà uscirne fuori nulla di positivo dai loro ragionamenti, visto che, tra le altre cose, non sanno usarlo neanche per fare sesso» a tal proposito si schiarì la voce e si guardò intorno con aria un po' sospetta per assicurarsi che nessuno stesse assistendo alla sua lezione sul sesso a dei minorenni. Una volta assicuratasi che nessuno l'avrebbe denunciata per quello (Gin non poteva sapere il tipo di professori che insegnava ad Hogwarts – poteva averne un'idea, una vaga idea, ma non poteva sapere che a scuola facessero molto di peggio), aprì il tomo impolverato su una pagina specifica in cui era illustrato con immagini in movimento 100% fedeli alla realtà il sistema riproduttivo maschile.
    «e ora, cinque motivi per cui dovresti tenerti lontana dai maschi:
    1) hanno i peni, e i peni sono esteticamente molto brutti, sono dei mini pali della luce e la maggior parte delle volte sono anche asimmetrici e storti, e sono... ugh, penzolanti, e si muovono di qua e di là in mezzo alle gambe, sono veramente brutti»
    facts, non perché fosse particolarmente esperta di peni, ma perché era informata e perché nei bagni delle ragazze nel liceo si facevano certi discorsi dettagliati che è meglio non replicare
    «2) sono sporchi» vabbè forse non proprio tutti, ma la maggior parte dei maschi lo era e lei lo sapeva benissimo dovendo dividere la casa, il bar, la vita, con TROPPI cugini maschi «tu pensi che si lavino ogni sera, ogni mattina? Che usino il sapone quando si fanno la doccia? Ma per favore, se neanche si lavano il pisello quando vanno a pisciare
    3) sono stupidi»
    e forse anche quella era una questione prettamente soggettiva o ristretta a un piccolo gruppetto di maschi, ma who cares tanto per lei lo erano davvero tutti
    «4) sono egoisti! non funzionano o funzionano solo quando pare a loro. Tu magari sei lì che vorresti farci qualcosa e loro niente... zero, caput, rimangono lì con i loro peni appesi come un corpo morto a fare assolutamente niente e si alzano solo quando vogliono loro 5) non sanno dov'è il clitoride e questo forse era anche il punto più importante «cioè mio dio non è così tanto difficile, non è un tesoro nascosto, è proprio lì davanti a loro e loro... zero, non lo capiscono, non lo calcolano. E fidati» sorrise un po' più maliziosa, le guance un po' accaldate ora, abbassò leggermente il tono di voce «che senza clitoride non c'è orgasmo» più chiaro di così si moriva, insomma. «sai cosa dovresti valutare, quindi?» girò la pagina del grosso libro e comparve stampata in tutta la sua magnificenza una signora vagina «le donne!» si fermò un attimo perché si aspettava un fragoroso applauso, ma se non fosse partito se ne sarebbe fatta comunque una ragione «siamo più intelligenti, più sensuali, siamo più recettive, abbiamo le tette» annuì con convinzione sull'ultimo punto perché dai, le tette «e soprattutto non considereremmo mai concluso il sesso se l'altra persona non raggiunge l'orgasmo» le sembrarono argomenti abbastanza convincenti, quindi si poggiò allo schienale della sedia e sorrise soddisfatta. «thank you for coming to my ted talk».
    sto ancora aspettando
    qualcuno che si espone
    briandiamo alla mia
    alla tua generazione
    tutti fenomeni
    qualcuno che si esplode
    merce funebre
     
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    ravenclaw, VII | lycanpervenche roux |
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    parker
    Pervenche era: disperata.
    E non perché lo stato d’animo di Erisha fosse un peso, ma no. Era disperata perché adesso aveva un ulteriore motivo per non sopportare Romolo Linguini, ma non poteva 1) picchiarlo, avrebbe attirato troppa attenzione 2) picchiarlo E/O farlo fuori, perché l’italiano sapeva cOsE che non avrebbe dovuto sapere (tipo che andava in giro con le sembianze di un armadio a due ante e invece era un’abat-jour, tanto per dirne una).
    Stava impazzendo per la violenza repressa. E informarsi attraverso le ragazze se Erisha avesse mai lasciato il dormitorio, ricevendo risposta negativa, non faceva che innervosire Lilac come un drago in gabbia. Aveva atteso ben cinque (5) giorni prima di decidersi a intercettare Erisha, prenderla non letteralmente di peso ma quasi e portarla a un bar per piazzarla davanti a del gelato. «Ti ho portata qui perché non puoi stare chiusa in camera per sempre, chère.» Mento sul palmo della mano, gli occhi verdi di Lilac scrutavano Erisha con tutto l’amore fraterno che si potesse provare. La Byrne era entrata rapidamente nel gruppo ristretto di persone che Perv non solo sopportava, ma che più preferiva al mondo – e si contavano letteralmente sulle dita di una mano, almeno al momento. Le dispiaceva da morire vederla così giù e non poter far nulla per cancellarle quella fronte aggrottata o il rossore dagli occhi. Lilac si mosse irrequieto sulla sedia, e infine posò il braccio sulle spalle della corvonero.
    (ripetiamo, sei solo falsamente accusata di omicidio, non è che devi diventarlo sul serio...
    Unless.)
    Ma non era finito qui, il piano già di per sé scarso: la Roux non sapeva consolare. Punto. Era proprio un dato di fatto. Non aveva mai esternalizzato ciò che la affliggeva, né in Francia aveva avuto amici al di fuori delle cugine, quindi non aveva mai imparato come tirare su il morale a qualcuno – e del resto quando non era a Hogwarts viveva con Daveth, santo cielo, nemmeno ora aveva chissà quale esempio…
    In un certo senso, poi, si sentiva un po’ troppo matura, ma sappiamo che il termine più giusto AHIME’ è vecchia per dare a Erisha suggerimenti che un’adolescente avrebbe potuto capire. Non aveva mai avuto un animo romantico, se non si considerava la sua passione per le cose vintage, i libri e altre-cose-noiose-da-Pervenche. Perv, al limite, le avrebbe potuto dire di mandare Lollo al diavolo, perché avrebbe di sicuro trovato qualcuno capace di apprezzarla come si meritava. Consigli da vecchia. Esatto. Talmente vecchia che ora che ci pensa Sara ha cambiato idea e le concede la grazia (non quella divina, quella del presidente della repubblica) di diplomarsi a giugno ed entrare in qualche circolo degli scacchi.
    Insomma, la soluzione era stata cercare gli amici di Erisha.

    «Devi dirmi la verità, sono orribile vero? Sono patetica.» «Merenda a base di autocommiserazione?» Okay. Era arrivata Mona. Le lasciò il proprio posto, scuotendo la testa. «Non sei patetica, hai il cuore troppo tenero.» Verissimo: al posto suo, un meschinissimo piano di vendetta e poi addio (ah ochei). Smetterla con i ragazzi? Annuì con forza. «È una soluzione.» Anche se, meh, Erisha era troppo popolare e nel pieno della gioventù per smetterla coi ragazzi. Ma Perv approvava, trovava i ragazzi troppo fastidiosi per essere il centro del loro universo, adesso come a quindici anni. Non fece una piega all’“offenditi” di Mona, anzi!!!! «No no, approvo. Cento per cento.»
    ANCHE SE «Se proprio avete il kink per gli italiani… ci sono LE italiane. PER DIRE.» Ridacchiò all’uscita di una Lux alticcia. Era un risvolto…. Inaspettato.
    Sì, aveva pensato le amiche di Eri fossero la soluzione. Vedendo i personaggi, stava iniziando a cambiare idea. Erano tutte fuori di testa.
    Ma, in effetti, erano così fuori di testa che lo costringevano a tratti a ingoiare delle risatine, per cui avrebbe potuto funzionare anche per il morale dell’amica. Stette a osservare tutta quella chaotic energy, sporgendosi sul tavolo per fregare una cucchiaiata del gelato di Erisha: non si abbandona una coppa di gelato. «A che ti serve un ragazzo quando hai questo Lilac indicò con il cucchiaino ora vuoto il resto del tavolo, CONVINTISSIMO! Non conosceva bene le altre ragazze – magari di vista, ma non davvero – però erano… divertenti. FIERISSIMO DI AVERLE INVITATE, l’avrebbero distratta per… forza. Letteralmente. Come si faceva a rimanere seri mentre Ben proponeva di sfregiare foto di Lollo («Uh, questo sì che è vendicativo. Dimmi di più Poteva essere una forma di self-care per i nervi.) e Gin si lanciava in una lezione di educazione sessuale con tanto di libro.
    Sospirò dolente, alle parole sul pene: mai avrebbe detto che un giorno si sarebbe ritrovata ad averne uno, e invece si era abituata anche a quello. Con lo stesso mainagioia di quel pensiero a permeargli lo sguardo spento e la voce rassegnata, precisò: «Io mi lavo sempre. Sempre Traumi. Davvero traumi. «Ma andiamo avanti.»
    «sai cosa dovresti valutare, quindi?» Here we go again. «le donne!» E stavolta, incrociando lo sguardo di Erisha, non riuscì a non ridere. Che meraviglia. «Noto un pattern in queste proposte.»
    Si rigirò tra le dita il bicchiere di succo di mirtilli (di nuovo: vecchiaia). «Ok, mi spiace per il popolo femminile» (Popolo? Popolazione? Ma ha senso? È tardi. Daremo la colpa all’essere francese di Lilac) «Ma io proporrei di lasciar stare le relazioni per un po’.» Alzò le mani. Nel suo cuore avrebbe tifato per un’eventuale slut era di Erisha, CONQUISTA IL MONDO BYRNE, ma da demisessuale che odiava il 95% delle persone non poteva esserci altra proposta.
    Detto ciò.
    «L’idea di Ben(net) mi piace.» Violenta il giusto. Just saying, ma in francese.
    First things first
    I'ma say all the words inside my head
    I'm fired up and tired of the way that things have been,
    The way that things have been,
    Second thing second
    Don't you tell me what you think that I could be
    I'm the one at the sail, I'm the master of my sea,
    The master of my sea.
    imagine dragons
    believer
    evolve

    è inutile ma non a caso vi ha invitato sks
     
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5 replies since 20/2/2023, 00:02   329 views
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