twenty stitches in a hospital room

tersha ftw

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Neutral
    Posts
    944
    Spolliciometro
    +1,153

    Status
    Anonymous
    sersha meara kavinsky
    In fondo, un Barrow non dimentica mai.
    Un Beaumont ancora meno.

    Mi fai paura. - cit

    E avrebbe fatto bene, Arturo, ad avere paura se avesse saputo cosa aveva in serbo per lui quella giornata.
    Ma partiamo dal principio.

    Sersha Kavinsky era sempre stata un’individualista. Se le avessero chiesto di posizionarsi su una scala Likert che andava da 1 (per niente d’accordo) a 5 (molto d’accordo) riguardo all’affermazione in una comunità, l’individuo deve sacrificare il proprio interesse personale a favore dell’interesse collettivo probabilmente si sarebbe collocata sull’1. E no, Elisa non sta copia-incollando pezzi della sua relazione per quelle 50 parole in più.
    Comunque, il principio secondo cui viveva era sempre stato cristallino: prima se stessa, e poi gli altri. C’erano eccezioni a questa regola, per quanto fossero rare, ma mai in vent’anni di vita aveva fatto uno strappo. Fino a quel momento. Se ne pentiva? Certo che sì, era parte della natura umana ritornare sui propri passi e rimuginare su cosa si sarebbe potuto fare di diverso.
    Ricordava ancora le lacrime sul volto di Serena, la sua tenacia anche di fronte all’evidenza, la volontà di proteggere il figlio da una realtà più grande di lui. Aveva toccato una corda dentro alla Kavinsky che non sapeva di avere, quella un po’ più umana di cui non faceva spesso uso, una voce che le ricordava che anche lei da piccola avrebbe voluto avere qualcuno come Serena accanto a sé. E invece era stata costretta a crescere fin troppo in fretta e a soffocare con le proprie mani quella voce. Per una volta, Sersha aveva messo gli interessi di qualcun altro davanti ai propri, e da quel momento la sua vita era andata a rotoli- tipo adottare un bambino con Arturo Hendrickson.
    Non aveva idea di quando fossero iniziati i suoi appunti settimanali con Maria, né perché avesse accettato di spendere del tempo con il traditore. Sì, ancora ricordava di quando aveva scelto un branco di bambini al posto del Ministero. Forse Sersha si sentiva in qualche modo responsabile per quella famiglia, per quello stupido bambino che tanto aveva detestato ma di cui si era affezionata con il tempo. Era ancora convinta che avessero messo qualcosa nel tè, e che Turo glielo avesse passato come per i virus. «sono sorpresa abbiano affidato la custodia a serena» ruppe il silenzio che si protraeva da qualche minuto, osservando la figura lontana di un bambino che giocava davanti a casa. Un’immagine in troppo familiare. Quella volta, tuttavia, il piccolo Tommy non li avrebbe notati grazie al desilludo che li rendeva indistinguibili dall’ambiente circostante. Il parco era diventato il loro posto abituale per gli appostamenti, anche se più di una volta si erano avvicinati alla casa dei Beck. «comunque mi hanno detto che Tommy si è integrato bene ad Hogwarts» sorprendentemente, l’ex serpeverde aveva ancora diverse fonti ad Hogwarts, che non comprendevano assolutamente William Barrow. Figurarsi se Sersha chiedeva informazioni a suo padre sul suo figlioccio adottivo. Assurdo. «è finita meglio di quanto mi aspettassi» e la Kavinsky aveva aspettative davvero basse sulla vita. Avrebbe voluto aggiungere altro, magari fingere che le interessasse dello stupido lavoro dell’Hendrickson quando-

    Un battito di ciglia.
    Riaprì gli occhi.
    Dov’è Turo?

    Minchia l’hanno investito che cazzo di deficiente.

    Sapete la parte più divertente? Non era nemmeno colpa sua. Per quanto avesse sognato nelle sue due vite di buttare Arturo Maria sotto una macchina, aveva sempre resistito all’impulso e qualcuno l’aveva battuta. Ma come osavano. Sersha non avrebbe dimenticato quello sgarbo.
    Se non avesse provato un minimo di affetto per Turo Maria, era convinta che l’avrebbe lasciato in mezzo alla strada. Quello che era venuto dopo, dal caricarsi il suo cadavere e portarlo al San Mungo al contattare le autorità competenti per gestire l’incidente, era uno sbatti che mai si sarebbe presa se non si fosse trattato di un amico. A malapena conoscente. Whatever. «sei proprio un coglione. ma già lo sai, ti sei visto in faccia?» era tentata di punzecchiarlo in faccia con una delle penne che aveva trovato in stanza, ma si trattenne per il momento. Era seduta su una stupida sedia di plastica a qualche metro dal letto, le mani impegnate a giocare con un lembo del proprio maglione, qualsiasi cosa per passare il tempo in quel posto maledetto. Odiava gli ospedali, la rendevano nervosa e irrequieta, un senso di oppressione al petto che le rendeva difficile respirare. Tirò fuori (non ci è dato sapere da dove) un muffin e incominciò a mangiarlo un po' per distrarsi e un po' perché era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta che aveva avuto del cibo solido «ma ti svegli? non ho tutta la giornata da perdere» menomale che era il weekend e non doveva lavorare, but still. Ma guarda te questo.
    We were a hammer
    to the Statue of David
    We were a painting
    you could never frame
    This city always hangs a
    little bit lonely on me

    twenty-twoex slytherinpavor


    Prima di finire in ospedale Turo mi cede gentilmente:
    [ON] muffin verita: dolcetti un tempo veduti da Madama Piediburro, prima del cambio gestione (ma ancora trovabili di tanto in tanto come dolcetti speciali). Un impasto soffice e dolce, all'interno una noce di puro cioccolato fondente. Vi è una pozione molto simile al Verita Serum, il quale vi impedirà di raccontar menzogne per un lasso di tempo variabile (dalle 2 alle 4 ore)

    ma visto che karma's a bitch
    [ON] un anello con un emblema sconosciuto sopra. Vi rendete conto che toccando una persona mentre avete questo anello addosso, vedrete un suo ricordo random (a scelta dell'altro player)


    Edited by ambitchous - 1/3/2023, 13:02
     
    .
  2.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Neutral
    Posts
    656
    Spolliciometro
    +1,112

    Status
    Online
    arturo maria hendrickson
    Turo aveva capito da un pezzo che nascondere le cose con Sersha – o con i freaks, più in generale – tendeva solo a peggiorare le cose; ma non significava che fosse diventato più facile, per lui, esprimere ciò che sentiva dentro. Ci stava ancora lavorando, stava ancora imparando, e tutti sapevano che la curva d’apprendimento di Arturo Maria Brook Hendrickson Jiménez fosse terribilmente lenta.
    Ma una cosa l’aveva imparata — a sue spese, e fin da subito: «mi fai paura» Cioè, l’aveva sempre saputo, ancora prima di essere compagni di casata, ancora prima di essere conoscenti, ancora prima di essere circa parenti. E, soprattutto, l’aveva saputo ancora prima di iniziare a reputare Sersha Kavinsky una sua amica. La bionda era terrificante, e solo uno scemo non lo avrebbe ammesso. Arturo non si faceva più problemi ad esprimere quella verità a voce alta; aveva smesso persino di fingere di non allontanarsi da lei perché spaventato, ora era decisamente più palese sui propri stati d’animo. Che dire: aveva messo un po’ di sale in zucca, e aveva imparato la lezione.
    Per quanto vere – e Merlino solo sapeva quanto lo fossero – quelle parole venivano sempre accompagnate da un mezzo sorriso da parte dello spagnolo, prima di distogliere le iridi azzurre e riportarle verso altri orizzonti. Arturo sapeva che Sersha sapesse; e sapeva anche che la ex concasata trovasse quasi piacevole quel genere di ammissioni. E per uno che aveva impiegato quasi diciassette anni prima di capire se stesso, figuriamoci gli altri, quella consapevolezza era davvero qualcosa di grande. Di insostituibile. Così come lo era quella di sapere che fosse ormai diventato un freaks onorario — con tutti gli alti e bassi che quello comportava. Turo non era come loro, non avrebbe mai avuto l’ardore di pensare di poterlo essere, eppure col tempo, dopo un inizio incerto in cui aveva temuto di essere finito nuovamente nel posto sbagliato, era giunto alla conclusione che, a modo suo, fittasse perfettamente tra loro. Lo chiamavano “il sostituro di Sandra” (sostituto, ma è uscito così e non lo cambio nemmeno perché è troppo perfetto.) e lui ci rideva su. Voleva pensare che Sunday non fosse davvero così facilmente rimpiazzabile (soprattutto, non da uno come lui) ma non aveva mai sfidato né CJ, né Barry, ne tantomeno Joey, a dirgli come la pensassero veramente a riguardo. Sapeva che, se lo avesse chiesto, avrebbero risposto: e non credeva di essere pronto.
    Sersha, dal canto suo, non aveva bisogno certamente di inviti per essere onesta con lui, anche se spesso e volentieri lo era solo sulle questioni che la stessa Kavinsky trovava più facili, più accettabili. E Arturo non avrebbe dovuto sfidare la sorte, era meglio di così, ma quel giorno aveva deciso che se dovevano continuare a spiare Tommy, nascosti dietro i cespugli di Little Arrow come due stalker qualsiasi, tanto valeva che fossero un pochino più onesti l’uno con l’altra. Su tutto. Per questo motivo aveva portato con sé, all’appostamento, una scatola di muffin ricevuto come dolce pensiero da un genitore il giorno precedente, all’uscita di scuola; ingenui come non mai, i Tarles avevano subito affondato i denti negli impasti soffici e cioccolatosi, salvo poi pentirsene quasi subito: il cuore di cioccolato fondente del muffin, a quanto pareva, era accompagnato da qualche gocciolina di Veritaserum. Lo avevano scoperto a loro spese.
    E Turo, being Turo, aveva subito confessato al collega e amico il suo piano geniale: avrebbe portato con sé i muffin, all’indomani, e li avrebbe offerti a Sersha. In quel modo, la loro ex compagna di squadra non avrebbe potuto più mentire o omettere parti di verità.
    Geniale!
    Se solo il destino non ci avesse messo lo zampino, forse per ripagarlo con la stessa, amara, moneta utilizzata dall'Hendrickson!
    «sono sorpresa abbiano affidato la custodia a serena» Volse lo sguardo in direzione di Sersha, cercando di non mostrarsi troppo ansioso all’idea che non avesse ancora toccato i muffin: come faceva a resistere al cioccolato fondente?! Assurdo. Annuì, i pensieri un po’ più lucidi, attenti, ogni volta che i Beck finivano, invevitabilmente, nella conversazione. Dopotutto, erano andati lì proprio per loro. «già» E lo era anche lui, davvero, nonostante fosse esattamente ciò che aveva sperato sin da quel terribile momento in casa loro, quando i Tersha avevano messo insieme i puntini (circa, dai, ci erano andati molto vicini) e tutto si era concluso tra le lacrime generali — incredibilmente, non quelle di Turo. Girava voce avesse fatto perdere tre galeoni al prof Jackson, mantenendo la sua innaturale compostezza, ma questa è una storia per un altro momento. «e di quanto sperassi» che senso aveva negare a Sersha che le speranze di Turo, per i Beck, fossero andate ben oltre ciò che ci si sarebbe aspettato da un ragazzino estraneo alla faccenda. Era Turo: chiunque si sarebbe aspettato da lui che si incatenasse a casa Beck pur di dar loro un finale, non dico felice, ma dignitoso. Invece, non aveva fatto nemmeno quello. Era proprio cambiato, rispetto a un anno e mezzo prima.
    «speriamo che -» Hogwarts sia buona con lui, come non lo era stata con Turo, se non fino alla fine. Scosse la testa, lasciando cadere l’argomento e posando invece lo sguardo sulle altre finestre di Little Arrow.
    Nei mesi successivi all’esame, aveva cercato di dare un senso a ciò che era successo nel borgo babbano la notte del sette agosto: non c’era riuscito. Per quanto fosse certo che le ipotesi formulate da lui e Sersha fossero molto vicine alla realtà dei fatti accaduti, non poteva averne la conferma. E smuovere le acque, che a fatica sembravano esser tornate tranquille dopo una tempesta chiamata TuroSershaCJMacHazel, solo per la propria tranquillità mentale gli sembrava poco carino nei confronti di Giselle e compagnia varia.
    Forse era davvero meglio non sapere; negazione plausibile a cui appellarsi in caso di convocazione al presunto processo di Mallory. Il fatto che nessuno lo avesse mai chiamato in quasi sei mesi, gli faceva presumere non ci fosse stato alcun processo. Non era sorpreso. Deluso e rammaricato, triste anche, quello sì: ma non sorpreso. Il Ministero della Magia era esattamente il posto dove lupi mannari fuori controllo entravano in manette, e non ne uscivano più. E poi Sersha aveva ancora il coraggio di reputarsi offesa per il fatto che lui avesse declinato l’offerta di andare a lavorare lì dentro. Se non l’avesse conosciuta bene, se non le avesse voluto – loro malgrado – bene, l’avrebbe reputata un po’ scema.
    Guardò la sua complice in quel momento di criminalità, la fanta-papà al suo essere fanta-mamma (almeno spiritualmente!!) di Tommy Beck, e sorrise. Felice. Sì, tutto sommatto le cose potevano andare molto peggio e almeno loro due, da quella terribile giornata, avevano guadagnato qualcosa di buono — checché Sersha lo ammettesse o meno. «non mi azzarderei a dire “tutto è bene quel che finisce bene”,» “bene” era molto lontano da come stavano le cose a Little Arrow, ma almeno Tommy ora sembrava un po’ più felice ed era tutto ciò che Arturo voleva, «ma possiamo... brindare con un muffin?»
    Se solo avesse saputo che quel gesto sarebbe tornato indietro per colpirlo in maniera violenta. Molto violenta.
    (L’avrebbe fatto comunque, ma sarebbe stato meno subdolo a riguardo.)
    La colpa, la vera colpa, infondo, era da attribuire ad un pallone scivolato via dallo stop di prima intenzione di un ragazzino chiaramente negato col calcio; la palla era sgusciata via, dritta verso la strada, e Arturo aveva agito prima di rendersene conto. Aveva mollato i muffin a Sersha ed era corso dietro al pallone, dimenticandosi per un istante di essere praticamente invisibile.
    L’ultima cosa che ricordava era il muso di una macchina diretta a tutta velocità contro di lui (ma chi è che correva nei pressi di un parco per bambini?! ANIMALE!) e poi più nulla.



    Letteralmente.
    «ma ti svegli? non ho tutta la giornata da perdere»
    Che: rude, okay, scusa?
    Borbottò qualcosa di incomprensibile, muovendo piano la testa in direzione della voce seccata. Se esistere era difficile, allora muoversi o aprire gli occhi era impossibile. Ma lo fece comunque, si costrinse a farlo, perché il buio era più spaventoso del vuoto totale che aveva nella testa.
    Ci mise un (bel) po’ a mettere a fuoco i primi dettagli – una figura seduta a pochi metri da lui, una finestra alle sue spalle, una porta chiusa, un mobile con qualche arnese sopra che non riusciva a vedere da quell’angolazione – e alla fine decise che registrare tutto fosse uno spreco di energie, e di soffermarsi solo su quelli che riteneva più semplici da annotare: la ragazza che aveva urlato poco prima, ad esempio. Nella sua testa c’era solo rumore statico, qualsiasi suono sopra un sussurro era comparabile ad un grido spacca timpani. «sono sveglio» E lì finiva la lista di cose che sapeva di essere.
    Non se ne rese conto subito, nessuna persona sana di mente si chiederebbe “come mi chiamo” appena aperti gli occhi — ma con le iridi azzurre puntate sulla ragazza, e la consapevolezza di non avere la minima idea di dove fosse, domandare «cos’è successo?» era solo che naturale. E quel quesito ne portava con sé altri mille, perché nel vano tentativo di dargli una risposta, bisognava per forza cercare nella mente altri dettagli: luoghi, persone, momenti. Nomi.
    Il proprio.
    Ci pensò forte, fortissimo, ma trovò solo buio pesto e un muro contro cui schiantarsi ripetutamente. Forse era dovuto a quello il mal di testa lancinante che l’aveva atteso al risveglio. Ma la testa non era l’unica cosa a fargli male: ad ogni respiro, il suo corpo si incazzava e soffriva. Lui con esso. Soffocò l’ennesimo lamento, muovendo appena il viso per stare un po’ più comodo (impresa ardua, ma necessaria), gli occhi ancora fissi sull’altra. Manco a dirlo, non conosceva neppure il nome di lei: sarebbe stato molto bello avere finalmente una risposta, anziché l’ennesima domanda. Perché aveva come l’impressione di conoscerla, ma la risposta al chi fosse era qualcosa che sfuggiva alla sua presa; così vicina da tormentarlo, stuzzicarlo, eppure lontana abbastanza dal non riuscire ad aggrapparcisi. Era una sua parente? Era una sua amica?
    Oddio.
    Era la sua fidanzata?
    Non sapeva nulla di sé, perciò tutto poteva essere.
    «magari-» Anche parlare era difficile, cazzo. Ci riprovò comunque, tossicchiando un po’ (di vita e organi) prima di riaprire la bocca. «magari suonerà strano,» ma dai, «ma... ci conosciamo?» sperava proprio di sì, aveva bisogno di risposte e non le avrebbe di certo trovate chiedendo ad una sconosciuta! Bisognava anche accertarsi del livello di amicizia, però: potevano essere solo conoscenti e non avrebbe comunque aiutato la sua causa. «siamo amici?» Prima di ammettere di non ricordare assolutamente nulla nemmeno di se stesso, avrebbe preferito capire quanto, di lui, l’altra sapesse: se si fosse rivelata un buco nell’acqua, avrebbe preferito non (umiliarsi) mettersi completamente a nudo ammettendo di essere vulnerabile.
    E manipolabile.
    Un’idea che lo fece rabbrivide: perché qualcuno avrebbe dovuto cercare di usare la sua (momentanea, sperava) amnesia a proprio favore? Dio, ma in che razza di mondo si era svegliato, se quelli erano i primi pensieri che il suo incoscio gli suggeriva? Forse non voleva saperlo, non davvero.
    (Il karma, comunque, era davvero spassosissimo: Arturo aveva appena ritrovato se stesso, a fatica e dopo innumerevoli tentativi fallimentari, e ora ovviamente non ricordava più chi fosse. Bene, ma non benissimo.)
    'cause when you play the fool, now,
    you're only fooling everyone else;
    you're learning to love yourself

    2003teacheramnesiac



    era un po' che volevo dirlo e lo farò ora senza motivo, ma sono felice di aver ritrovato il piacere di scrivere turo MY BABY !! MY SON !!

    scusa comunque per il pippone È TUTTO BELLISSIMO CIAO SERSHA GRAZIE

    CITAZIONE
    5) [ON] muffin verita: dolcetti un tempo veduti da Madama Piediburro, prima del cambio gestione (ma ancora trovabili di tanto in tanto come dolcetti speciali). Un impasto soffice e dolce, all'interno una noce di puro cioccolato fondente. Vi è una pozione molto simile al Verita Serum, il quale vi impedirà di raccontar menzogne per un lasso di tempo variabile (dalle 2 alle 4 ore)

    21) [PROMPT] ti svegli in ospedale: non ricordi più chi sei.
     
    .
  3.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Neutral
    Posts
    944
    Spolliciometro
    +1,153

    Status
    Anonymous
    sersha meara kavinsky
    Scusa Turo, la palla ha deciso e Elisa ha scelto di scrivere in preda ai fumi della Bonarda. Giusto così, almeno non sento i parenti che parlano di migranti rumeni. E mia madre che si lamenta zittitela. Sersha non era preoccupata, non era nel suo dna, non era concepibile per qualcuno che aveva speso metà della sua vita a scappare dall’ombra del proprio passato. Ok? Non era preoccupata. Ma poi per quel pezzente di Arturomaria? Lo sapevano tutti che i sorci avevano sette vite. Sì, i sorci non i gatti, ma che ne sapete voi che nel ghetto non ci avete vissuto. Per un breve istante il pensiero di abbandonare l’ex serpeverde al suo destino le passò per la mente, subito abbandonato in favore del fatto che, in fondo, non avesse nulla da fare. O forse era proprio perché considerava Arturo suo amico, parte della cerchia dei Freaks.
    Aspetta, cosa?
    Ma che cazzo.
    Non aveva nemmeno bevuto (lei), perché i suoi pensieri stavano vertendo verso zone sconosciute e che, francamente, la mettevano a disagio. Poteva lanciargli qualcosa addosso per distrarsi? Un succo, una pietra, qualsiasi cosa. «sono sveglio» peccato «menomale» ma menomale una beata minchia. Si morse la lingua, quasi come se temesse che qualche altra frase inopportuna tipo ero preoccupata si facesse strada tra i denti senza il suo permesso. Osservò per qualche momento l’ex serpeverde, cercando un qualche segno che l’incidente l’avesse rovinato per sempre; insomma, già di norma non era che stesse al peak della forma fisica e mentale, figurarsi dopo un incidente stradale. NPSs in Grey’s Anatomy erano morti per molto meno. «cos’è successo?» ah, non era quella la domanda del secolo? Sersha si mosse sulla sedia in un tenativo di mettersi comoda, cosa che era impossibile perché quella era una sedia di merda e la sanità stava andando a rotoli, but moving on «ti sei buttato sotto una macchina. o ti hanno investito. difficile dirlo, davvero» perché non stavo prestando attenzione. Davvero, uno si girava un attimo e qualcuno finiva all’ospedale. Valeva con i Freaks, e adesso anche l’Hendrickson, il che diceva molte cose delle compagnie che la Kavinsky decideva di tenere. Oddio c’è un elicottero in mezzo si campi Ciao Francesco- sì il papa hahaha. «magari-» ed eccolo lì, che si stava strozzando. Chissà se era davvero sul precipizio della morte. «toh, prendi» gli cacciò un bicchiere d’acqua in mano, poco interessata al fatto che fosse pronto o meno a riceverlo- al massimo se lo sarebbe versato addosso, amen. «magari suonerà strano, ma... ci conosciamo?» eh? Cosa. What the actual fuck.
    Oh mio dio.
    No dai che due coglioni Arturomaria che le combini.
    Sersha, deadpan quanto un Joey: «che ridere. Haha. Sto ridendo, non vedi?» peccato che non fosse il primo d’Aprile, se no sarebbe stato davvero divertente. Chi sapeva che Turo stava celando quel lato da comico innato. «siamo amici?» no dai basga mi sta salendo il vino ma cazzo turo che domande di merda che mi fai. Non sapeva nemmeno bene come reagire, schiude la bocca in una perefetta imitazione di una persona: basita «ma sei serio?» si sporse verso il letto per osservare la sua espressione, se davvero fosse serio o fosse in una…sit camera. Joke camera . Camera caffè vabbè. «arturomaria, hai sbattuto la testa?» aIUTOOOOOO MARIA MA LA STATALE SI SENTE POCO EH «sì che siamo amici, che domande fai. ma dovresti saperlo, no?» o forse no, glielo aveva mai detto? Non ricordava. Doveva sentirlo nel suo cuore.
    We were a hammer
    to the Statue of David
    We were a painting
    you could never frame
    This city always hangs a
    little bit lonely on me

    twenty-twoex slytherinpavor


    Edited by ambitchous - 10/4/2023, 15:38
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Neutral
    Posts
    656
    Spolliciometro
    +1,112

    Status
    Online
    arturo maria hendrickson
    Poteva pure non star capendo un [redacted] di quella situazione, ma una cosa era chiara: la ragazza di fronte a lui non aveva la minima voglia di trovarsi lì. E sapete una cosa? Nemmeno lui. Ma almeno lei non era nuda sotto il camice dell’ospedale, e poteva andarsene quando voleva. Lui, d’altro canto, non avrebbe saputo nemmeno dove andare, una volta uscito di lì.
    Perciò, al commento poco utile della bionda, il ragazzo rispose arricciando il naso in una smorfia per niente colpita. «mi sono buttato, o mi hanno investito? C’è differenza.» ‘dio, sperava di non averlo fatto di proposito: non sentiva di essere il genere di persona da lanciarsi volontariamente sotto un’auto in corsa, ma chi poteva dirlo? Non ricordava assolutamente nulla di sé — ma almeno quello voleva escluderlo a priori, in uno slancio di ingiustificato ottimismo.
    Le lanciò un’ulteriore occhiata, studiandola: lei era lì perché l’aveva trovato in strada, perché era stata con lui durante l’accaduto, o perché— «hey, mi hai investito tu?» Non avrebbe voluto suonare così accusatorio, ma eh. Cosa ne sapeva, tutto poteva essere.
    Per grazia divina, e per merito di riflessi che non sapeva di avere (riflessi abbastanza inutili, a suo parere, se si ritrovava in una stupida stanza d’ospedale per non essere riuscito a schivare una macchina, ma okay), afferrò il bicchiere d’acqua prima di rovesciare il contenuto sulle lenzuola, aggrottando le sopracciglia in direzione dell’altra. «troppo gentile deadpan, come anche deadpan fu la risposta della ragazza quando lui le chiese se si conoscessero, una domanda che, a quel punto, sorgeva spontanea: non le dava la sensazione di essere una sconosciuta, vuoi per il modo in cui lo osservava (truce.) come se temesse che da un momento all’altro facesse qualche (altra.) stronzata, vuoi per i modi bruschi ma familiari che gli rivolgeva.
    «che ridere. Haha. Sto ridendo, non vedi?» Batté lentamente le palpebre, una, due, tre volte. «io no.» Cosa stava succedendo, stava davvero perdendo il filo del discorso: perché mai avrebbe dovuto scherzare su una cosa del genere?! Ma non lo vedeva la fatica che gli costava ammettere di non ricordare? Di non sapere?
    «ma sei serio?» «certo che sono serio.» e lasciò che lei studiasse la sua espressione, sguardo fermo e labbra serrate: non avrebbe mai scherzato su una questione simile, no? Oddio... Almeno, voleva sperarlo! Non si conosceva così bene, ma sperava di non essere un cazzone che faceva scherzi del genere in giro. ‘dio, che razza di persona si divertiva in quel modo...? «arturomaria, hai sbattuto la testa?» «A giudicare dal dolore ovunque, non solo quella.» Ogni muscolo e ogni osso del suo corpo gli faceva male, ma dalla palese amnesia di cui soffriva, dava per scontato che la testa avesse subito il colpo peggiore. «non ricordo assolutamente nulla.» Così, per chiare, nel caso in cui ci fossero ancora dei dubbi. «né dell’incidente, né— » fece un vago cenno con la mano, indicandosi. Poi indicò la ragazza, chiedendogli se fossero amici. «sì che siamo amici, che domande fai.» EH, che domande faceva? Le prime che gli venivano in mente, fategli causa. «ma dovresti saperlo, no?» «dovrei ponendo parecchia enfasi sulla parola, incrociò le braccia al petto e la osservò con serietà, «ma ti ho appena detto che non ricordo un bel niente.» Arricciò le labbra, pensieroso. «quindi... Arturomaria? Mi chiamo così?» attese un cenno o una risposta da parte dell’altra, prima di continuare con le domande. «e tu chi sei? C’eri quando è successo? O sei... Sì, sai, tipo il numero da contattare in caso di emergenza?» Inclinò la testa, riflettendo che in quel caso sarebbe stato strano chiamare lei, piuttosto che... Non so... Un adulto. Un genitore, ecco. Oddio, ce li aveva i genitori?! «sentiti libera di riempire i buchi con tutte le informazioni che vuoi, eh» sarcasmo, questo sconosciuto: suonava strano sulle sue labbra, un sapore amaro e poco familiare, ma non era riuscito a fermarsi. Cosa stava aspettando? Che facesse lui tutte le domande? Non poteva... non so, dargli qualche altra informazione senza che fosse lui a strappargliela?! «non mi offendo.» forse.
    'cause when you play the fool, now,
    you're only fooling everyone else;
    you're learning to love yourself

    2003teacheramnesiac
     
    .
3 replies since 29/1/2023, 03:03   138 views
  Share  
.
Top