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    «Tutto qui?»
    Non c’era sbrigatività nella domanda del Crane, le dita a scivolare sul bordo di un bicchiere di scotch che attendeva le sue labbra da diversi minuti; non voleva di certo liquidare l’uomo dall’altra parte della scrivania, e non aveva da occuparsi di altro in quel momento. Nemmeno curiosità, a dire il vero: guardando quella foto – una delle tante, ma non così dissimile dalle sue compagne -, sperava e temeva al tempo stesso che il ribelle gli confermasse fosse tutto lì.
    «A quanto pare.»
    Strinse le labbra tra loro, lasciando che il silenzio occupasse lo spazio tra le due spie prima di annuire alla risposta di Ptolemy. Ancora una volta scrutò l’immagine, soffermandocisi appena un po’ di più nella vaga speranza di unire i puntini di un disegno incomprensibile, per poi raccogliere questa e le altre, assieme alle pergamene che lo scozzese aveva posato sul tavolo poco dopo il suo ritorno al Quartier Generale. Delicato, come se ciascuno di quei pezzi di carta potesse sgretolarsi sotto un tocco meno gentile, spinse tutto il materiale verso di lui.
    «Non deve essere stato semplice.» incalzò, sollevando finalmente il bicchiere ed invitando il veterano ad un sentito brindisi; non disse “frustrante” unicamente perché non avrebbe voluto che sembrasse sminuire, in qualche modo, il lavoro compiuto per tutto quel tempo – ma lo pensava. Ed era certo che, in parte, lo pensasse anche Javier. Dire che lo conoscesse come membro del suo team sarebbe stato esagerato – nella base dei ribelli era riuscito ad incrociarlo un paio di volte, e mai da quando aveva preso il comando del settore; aveva avuto accesso a dei fascicoli scritti da lui, e ad alcuni su di lui, ma non era abbastanza per conoscere realmente il livello del suo operato -, ma come amico era un altro discorso. Si fidava di lui come persona, come essere umano, e per quanto fosse il finto Margarita il telepate in quella stanza, aveva imparato a capire come pensasse: niente era inutile, tutto era funzionale ad un qualche scopo; ma sbattersi in giro per il mondo per tutto quel tempo e racimolare tante briciole di pane, ma non abbastanza da sfamarsi, doveva avergli fatto girare non poco le palle.
    E ce n’erano tante di molliche, in quella stanza. Una lavagna, che a quell’ora della sera aveva saggiamente deciso di ignorare, piena di fili rossi e segni di pennarello nero; un mucchio di fascicoli e fotografie sparse sulla scrivania, quando non raccolte in plichi e assicurate nell’unico mobile utile in quei quindici metri quadri; un monitor vuoto, con un browser che se aperto rischiava di implodere per quante schede aveva aperte; e poi giornali, riviste, penne USB con più audio e video di quelle di un adolescente alle prese con il proprio risveglio sessuale.
    Aveva bisogno di fare ordine. Di raccogliere le idee e fare mente locale.
    «Hai intenzione di restare un po’, vaquero e forse dovette coglierlo dal tono della voce del biondo, prima ancora che dalle parole che non aveva pronunciato, quanto quella domanda fosse retorica e poco disinteressata. Certo, il bastardo doveva ancora passare a prendersi una bella sbronza alla Testa di Porco, ma non era per questo che voleva averlo nei paraggi ancora per qualche giorno. Ptolemy sospirò. «Se proprio devo,» dunque, finì il whiskey che gli era rimasto e si alzò. «immagino rimanderò il volo per le Maldive.» se solo non l’avesse detto in maniera tanto impassibile, priva di tono ed emozione, avrebbe anche potuto credergli.
    «Ci vediamo domani, allora.» lo congedò con un sorriso.
    Attese un po’ prima di alzarsi dalla propria poltrona, rimanendo a giocherellare con il liquido ambrato per quelle che gli parvero ore e lasciando che ogni tanto questo scivolasse giù per l’esofago.
    Aloysius Crane era passato dall’essere un semplice studente di Oxford, un aspirante medico, ad un esperimento – poi uno special, un membro della comunità magica; un protetto, un mangiamorte, un pavor; un martire di una guerra non sua, un sopravvissuto, un viaggiatore; una spia, un ribelle. Era forse per quello che riusciva a stare da quella parte del tavolo con una mente lucida, più analitica di quanto non fosse in qualsiasi altro momento delle sue tipiche giornate, senza accusare troppo violentemente tutti i colpi che quella carica assestava giorno dopo giorno. Cercava di osservare la Cappella Sistina senza soffermarsi soltanto sul Giudizio Universale, percorrendo con il palmo della mano ogni singola lunetta e pennacchio dell’affresco: non poteva dire di riuscirci – perché a dirla tutta, il lumocineta non sapeva un cazzo, e quel che sapeva si mescolava in una nube priva di alcuna forma -, ma poteva dire di provarci, e di farlo con tutte le proprie risorse. Aveva la possibilità di mettere insieme i pezzi, di analizzare sotto diversi punti di vista ogni singolo dettaglio. Ma non di certo da solo.
    Raccolse tutti i documenti sparsi qua e là per il tavolo, cercò di dare loro una mezza sistemata e tornò sulla bacheca alla quale non avrebbe voluto dare retta fino a nuovo ordine. Non toccò nulla. Rimase solo a guardarla, in piedi davanti ad essa, fino a quando non decise di mandare un messaggio al Barrow – poche parole, una domanda spicciola: “hai già qualche riunione programmata o posso rubarmi la sala domani?”.

    _-:¦:-_________◊________-:¦:-_


    «Allora,» aveva atteso che quanti più ribelli possibili giungessero nella sala delle riunioni, dopo il suo giro turistico lungo tutto il Quartier Generale volto a reclutare quanta più gente possibile per quell’incontro improvvisato. Era giunto il momento che facessero il punto della situazione, e che lo facessero tutti insieme – da pari, senza distinzione di ruoli o compiti all’interno dell’organizzazione. Lui stesso altro non era che un semplice coordinatore; uno che aveva raccolto le informazioni, e che si apprestava a condividerle con il resto della comunità.
    Fece cadere sul tavolo diversi plichi, contenenti perlopiù foto e ritagli di giornale. «grazie di aver ritagliato un po’ del vostro tempo per partecipare alla… presentazione, ecco.» se c’era un nome migliore per definire quel ritrovo, ad Al non è che interessasse più di tanto; era troppo pretenzioso definirla una riunione, quando non c’era niente di davvero organizzato e troppa confusione da sistemare. «Giuro che non vi ruberò più tempo del necessario, e che presto potrete tornare ai vostri doveri.» rivolse un sorriso ai presenti, dopodiché abbassò lo sguardo sul materiale portato e prese a sparpagliarlo su tutta la superficie.
    «Abbiamo un po’ di cose di cui parlare.»
    Indicò per primo il ritaglio della prima pagina di un numero del Morsmordre di agosto, tristemente noto a tutti loro: sulla carta, svettava l’immagine animata della Lanterna Magica; sopra di essa, il titolo riportava la buona esecuzione di un blitz ai danni di un covo ribelle. «Sono passati sei mesi. Mezzo anno. È assurdo pensare che il ministero non si stia muovendo da allora. Noi sappiamo bene che lì non ci fosse niente di riconducibile alle nostre attività, ma Helianta Moonarie poteva star effettivamente svolgendo qualche indagine per conto suo, prima di andarsene.» prese dunque un altro foglio, con appunti presi a mano. «L’ultima volta che siamo stati in contatto con lei, ci ha detto su cosa stesse indagando.» sollevò gli occhi verdi, guardando uno ad uno i presenti mentre faceva girare le pergamene con tutto ciò che avevano raccolto: date, persone scomparse, attività magiche sospette, strani avvenimenti nel loro mondo e in quello babbano.
    A proposito della cronocineta.
    Prese delle foto, abbastanza numerose da poterne far girare diverse così che più ribelli potessero vederne allo stesso tempo.
    Città rase al suolo, o paesaggi completamente disabitati laddove avrebbero dovuto pullulare di vita mondana; case vuote, utensili domestici lasciati alla rinfusa come se fossero stati abbandonati di corsa – a vederle, sembravano la scena di un disastro naturale. Non c’era un filo d’erba che si muovesse, nemmeno nelle foto sviluppate da un rullino magico.
    «Queste immagini ci sono state mandate da dei nostri compagni stanziati in giro per l’Europa, ma le loro stesse conoscenze hanno affermato che non è un fenomeno che si sta limitando al nostro continente.» umettò le labbra, incrociando le braccia al petto. «Osservate attentamente le immagini.» invitò, picchiettando sul particolare di una foto tra le mani di chi era più vicino.
    Due figure facevano capolino, in lontananza, nella maggior parte di quei ritratti. «Jeanine Lafayette, esatto.» confermò alcune voci che si alzavano tra la folla. «E , quella sembrerebbe proprio la nostra Heli. Se così fosse, se si trattasse proprio di loro due,» rimase ipotetico, poiché dare una qualsivoglia certezza in quel momento sarebbe stata un’arma a doppio taglio. «sarebbe da presupporre che il nucleo della Resistenza francese stia indagando questi avvenimenti, come noi.» non aveva mai avuto l’onore di conoscere la preside di Beauxbatons, ma aveva capito non fosse proprio la persona più amata dai ribelli inglesi. Ciò non significava che non fossero dalla stessa parte, per quanto i metodi potessero differire ed essere discutibili. «La Lafayette risulta attualmente “dispersa”:» disegnò con indice e medio le virgolette in aria. «non si vede praticamente mai in giro, ma è lecito credere stia semplicemente vagando alla ricerca di qualcosa.
    Un’ultima cosa.»
    sospirò, prendendo infine alcune lettere scritte a mano.
    Deglutì.

    “Eritrea, novembre 2022. Il Ministro della Magia è stato ucciso, in seguito ad un golpe iniziato e conclusosi nel giro di una sola giornata; Yonas Kidane, suo storico avversario, sale al potere coadiuvato da forze militari che lo Stato non è mai stato in grado di permettersi – troppo ben addestrati, capaci di magie sconosciute al resto del popolo. L’attuale capo di governo magico ha già iniziato ad apportare delle politiche radicali, in estrema contraddizione con le idee del Kidane: incarcerazione di numerosi individui, quando non esecuzioni – e solo per fare un esempio. La cosa che appare più strana, è il criterio con cui vengono scelte le persone da punire: casuale. Non sempre avversari politici, anche sostenitori; non solo special – come sapete, l’Eritrea è sempre stato un popolo fortemente tradizionalista, per usare un eufemismo –, ma anche maghi. L’unica testimonianza che sono riuscito a documentare è quella di un funzionario ministeriale sopravvissuto abbastanza per parlare con me, ma ha saputo darmi solo un’informazione utile: ha visto un’ombra; ha visto un’ombra gigante e mostruosa accompagnare i mercenari che avrebbero poi ucciso Omar Haile (il vecchio Ministro) a grandi falcate.”

    Si grattò un sopracciglio e senza alzare gli occhi dalla pergamena. «Questa lettera è di Michael Bennet.» qualcuno dei presenti forse poteva aver riconosciuto il suo nome, dal momento che era uscito da Hogwarts un paio di anni addietro, ma avendo deciso di girare il mondo in veste di spia non era certo che se lo ricordassero; sperava lo facessero. «Questa è stata la sua ultima lettera: è stato trovato privo di vita dalla sua fidanzata alle porte di Adi Felesti due settimane fa; il ventunesimo corpo trovato per le strade della cittadina, prima che questi omicidi si fermassero improvvisamente. Almeno fino ad ora.»
    Posò la lettera sul tavolo, con delicatezza. «Report del genere ci sono arrivati anche dall’Ecuador e dalla Nuova Zelanda: stesse modalità, simili testimonianze, numeri identici.»
    Lasciò tutto il materiale che aveva tra le mani sul tavolo, stringendo poi le braccia al petto. «Potrebbe trattarsi di Abbadon, di suoi tentativi – a quanto pare ben riusciti – di stringere alleanze in giro per il mondo. Non ne abbiamo la certezza, ma è giusto porsi il dubbio e dare una direzione a qualsiasi cosa scegliamo di fare in seguito.»
    Infine, si avvicinò alla lavagna sulla parete di fondo della stanza e prese a scrivere ciò di cui aveva parlato, dividendoli per ordini del giorno – le città rase al suolo, le immagini con le due donne, Lafayette dispersa, i colpi di stato. «Questo è quanto. Era giunto il momento di mettere insieme un po’ di informazioni e cercare di capirci qualcosa insieme.» posò il pennarello nero. «Sta chiaramente succedendo qualcosa, e tutti voi ve ne siete già accorti: non serviva incontrarci per dirselo, ma per parlarne. Negli ultimi quattro sono successe diverse cose parecchio strane.» e se erano parecchio strane per il mondo magico, allora i problemi aumentavano esponenzialmente – sia di numero, che d’intensità. Soffermò lo sguardo su Ptolemy, poi tornò sugli altri. «Quello che abbiamo non è molto, ma è qualcosa da cui partire. È altamente probabile che continuerà ad accadere,» un cenno del capo alle città distrutte. «e non sappiamo quanto possa incidere sulla nostra società, sul nostro futuro, sulle nostre vite. Non sappiamo se anche il Ministero sia a conoscenza di queste cose – e se lo è, quanto sarà incline a darci colpe che non abbiamo. Dobbiamo muoverci d’anticipo, iniziare a prepararci, continuare a raccogliere indizi.
    Se avete informazioni, è l’incontro giusto per darle. Se avete domande, ponetele. Se avete consigli, ne discuteremo.»

    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    WHAT IS HAPPENING? DOV'è BUGO?
    prima di iniziare con le regole vere:
    1. potete non leggere tutto. la parte che vi serve, è quella in seguito a questa " _-:¦:-_________◊________-:¦:-_ " cornicetta.
    2. può partecipare solo un (1) pg a player
    3. il pg dovrà essere ribelle, e può partecipare chiunque - a prescindere dal ruolo o dal compito che svolge nella resistenza.
    4. può essere un pg fittizio
    (*fittizio = senza una scheda pg; un personaggio che si vuole creare in futuro, o creato appositamente per nascere e morire, solo letteralmente forse, con l'evento)
    5. avete tempo per postare fino al 11.02.
    Durante questo tempo potete interagire fra voi, fare domande ad Al o a qualsiasi altro capo reparto che partecipa (vi ricordo sempre di scrivere sotto spoiler le domande che fate). Risponderemo solo a conclusione del periodo, ma non necessariamente anche il Fato: se avete bisogno di ulteriori informazioni, o avete domande la cui risposta vi aiuterà a proseguire le vostre interazioni, il fato bellissimo interverrà per darvi, se possibile, una risposta.
    6. come posso intervenire?
    Potete decidere, invece di fare una domanda, di riportare un fatto basandovi sugli indizi o informazioni che vi sono stati dati all'inizio della role: i golpe in altri stati minori, numeri ricorrenti, testimonianze particolari; qualcosa che torni con quanto già detto, e che aggiunga qualcosa di nuovo. È il momento in cui gli headcanon possono diventare realtà. Naturalmente, se non vi sentite sicuro su qualcosa o avete bisogno di suggerimenti, non esitate a contattarci dove volete - usate anche la chat dei ribelli, se preferite! ❤️

    e questo è quanto. buon inizio della fine.


    Edited by nocturnal - 4/2/2023, 11:50
     
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    Si prese il suo tempo, Ptolemy.
    Lasciò vagare lo sguardo su ognuno di loro, cercando di memorizzare i volti così poco familiari. Poi spostò il peso sulla gamba sinistra e tese una mano contro il petto, perlustrando coi polpastrelli contro la stoffa fino a che le unghie non incontrarono la rigidità del metallo, lì dove la catenina s’interrompeva in due cerchi gemelli. Non aveva mai smesso di indossare le medagliette di riconoscimento; un po’ come non aveva abbandonato quel nome in codice, pesante sulla lingua di chiunque provasse a pronunciarlo. Tolé, avevano preso a chiamarlo. Non che gli fosse mai interessato abbastanza da correggerli.
    Non provò ad illudersi di poter mascherare il nervosismo, già tradito dal linguaggio del suo corpo. Strano, forse, quanto si sentisse fuori dal suo elemento in quel contesto che sarebbe dovuto sembrargli così vicino a casa. L’ultima volta che aveva fatto una cosa simile il suo pubblico era appena differente. Lo colpì in pieno, allora, la realizzazione che tutto quel disagio fosse dovuto alle facce dolorosamente giovani di alcuni dei presenti. Persino quelle scurite dalla gravità della situazione e anni di coinvolgimento con la resistenza ancora erano morbide, gli occhi accesi di uno scintillio che aveva da tempo dimenticato. Lo stesso che alla loro età vedeva riflesso nello specchio, nonostante avesse già sentito il peso del metallo tra le sue mani; quando finalmente aveva indossato la divisa per la prima volta, però, era già sparito. Non poteva proteggerli da quello che li aspettava dall’altro lato; una verità semplice e impossibilmente peggiore di quella precedente.
    Esalò un respiro strozzato e strinse i denti contro il labbro inferiore.
    Dunque.
    «sono ptolemy.» da leggere con lo stesso tono di sono lillo, e di positivo c’era da dire che non esternò il brivido di umiliazione che gli percorse la schiena nel sentire il suo stesso baritono riecheggiare. Non del tutto, ecco: il labbro superiore, in un movimento che soppresse subito, si alzò in una smorfia infelice. Cercò Al al suo fianco, una scusa dipinta negli occhi. Fuori dal suo elemento, parte due. Non era fatto per tutta quell’informalità – o, perlomeno, informale per i suoi standard. A volte gli risultava ancora difficile non rivolgersi al Crane con il rispetto degno che era solito mostrare a un superiore.
    «è un piacere fare la vostra conoscenza.»
    Schiarì la gola e tirò via la manila da sotto al braccio, lasciandone cadere i contenuti sul tavolo prima di fare un cenno secco con la mano e invitare i presenti ad avvicinarsi. Di nuovo, sentì l’ormai familiare vena d’imbarazzo a pungergli il petto e colorargli le guance; si era premurato di riscrivere i contenuti delle sue ricerche sulle pergamene favorite dal Mondo Magico, convinto che la ruvidezza e la tonalità salmone fossero più… adatti, se messi a confronto con gli A4 della sua stampante – lisci e bianchi e impersonali. In quel momento, con le mani a stringere contro la cartellina fino a piegarla e gli occhi fissi sulla sua calligrafia storta, si chiese improvvisamente se fosse stata la scelta giusta. La sua era benintenzionata ignoranza, ma forse loro non l’avrebbero vista in quel modo. Forse si sarebbero offesi, se avessero saputo la storia dietro a quegli scarabocchi: un modo velato per dirgli che ritenesse la società magica arcaica a tal punto.
    Non era quello il momento di perdersi in inutili rimuginamenti, in ogni caso. Strinse i pugni dietro alla schiena – mento alto e spalle tese, sull’attenti. Questo poteva farlo. Abbandonare le pretese, ricadere nella routine.
    «negli ultimi mesi mi sono occupato di alcune… ricerche indipendenti. Sappiamo ancora fin troppo poco di ciò che è accaduto nel Norfolk. Ancor meno degli accadimenti dell’anno scorso.»
    Neanche la banale garanzia che fossero successi davvero. Cosa che, sottinteso, non era affatto rassicurante. Ufficialmente si era trattato di un’allucinazione di gruppo – nient’altro che un brutto sogno condiviso. A sentire le poche testimonianze che erano filtrate dalle cattedre di Hogwarts fino al Quartier Generale, però, i conti non tornavano.
    Non che lui fosse lì per quello; Javier Gutierrez aveva lavato via quelle informazioni (che era forse improprio definire tali: voci di corridoio era più corretto, indubbiamente) con qualche Hendrick’s di troppo, e aveva saggiamente deciso di ignorare la questione. Era un uomo semplice, Ptolemy. Non gli piaceva ammettere quanto tempo fosse passato dal fatidico giorno in cui il suo mondo era stato ribaltato, strappato, ricucito per dare spazio a una nuova realtà fatta di incantesimi magici e strani doni telepatici che sfidavano tutte le certezze della sua vita e fottute scope volanti. Si era adattato per solo spirito di sopravvivenza, e aveva smesso da tempo di sorprendersi di tante cose, ma quello? Quello era un mal di testa diverso dagli altri. Il genere di mal di testa in grado di scuotere persone più forti di lui.
    «ma ci ha portato a lei.»
    Aprì meglio il plico di pergamene, selezionandone una in particolare; quindi picchiettò con l’indice sulla foto. Attaccata rudimentalmente con dello scotch già rovinato ai bordi, sgranata, in un bianco e nero dai contrasti eccessivi – se la dovevano far bastare, perché ci aveva rimesso l’ultima cartuccia d’inchiostro e il suo iPhone 5 aveva i suoi (molto ovvi) limiti. Lo sguardo della donna non aveva mai incrociato quello di Ptolemy, ma non era comunque riuscito a lavarsi di dosso la sensazione di essere osservato. Impossibilmente grato di non aver tentato la mano con una camera magica, si era fatto bastare quell’unico scatto rubato.
    «nessuna delle fonti ministeriali sa dire quando, esattamente, sia apparsa. Semplicemente… un giorno era
    E odiava l’incertezza di quell’affermazione, la mancanza di prove sostanziali che era stato in grado di raccogliere. Spinse via la frustrazione – decisamente poco professionale; era meglio di così.
    «ma ho motivo di credere che si sia semplicemente limitata ad agire nell’ombra fino a poco tempo fa.»
    Stavolta racchiuse le dita attorno al lembo di un foglio nuovo, meticolosamente riempito di scritte in stampatello.
    «l’epidemia.»
    Una ministeriale qualunque, da sola, a fare le veci per Oshiro Kimiko mentre il castello di Hogwarts veniva infestato da un virus di cui non si conosceva la provenienza, la causa, la cura?
    «Sabine Decima. Trentadue anni. Milizia. Elusiva, si tiene a debita distanza dai suoi colleghi.»
    Non rise, ma avrebbe voluto: come biasimarla, quando c’era da sfregare gomiti con Jack Daniels.
    «Su di lei si sa ben poco. Il suo curriculum è… sommario. Lacunoso. L’idea che lavori per terzi non è da escludere, ma non sembra essere affiliata a fazioni specifiche. Ho considerato nuclei ribelli di altre nazioni, estremisti purosangue.»
    Grattò la guancia, e rilasciò un sospiro stanco contro il suo volere. «Il suo nome non risulta in alcun tipo di registro. Potrebbe essere un individuo qualunque, come si potrebbe trattare di una persona d’interesse. Non era sola, quel giorno.»
    Fece un cenno col capo in direzione della foto, e lasciò scorrere un’ultima volta lo sguardo sulla chioma corvina. Questione di secondi, e avvertì nuovamente il prurito alla base del collo e i suoi occhi a penetrargli nel cranio – distolse l’attenzione da lei, inspiegabilmente a disagio.
    Chiunque avesse scelto d’ispezionarla avrebbe notato, a quel punto, l’accenno di mani in movimento e la sagoma sbiadita di un volto sbucare da dietro a una colonna; impossibile distinguere il preside di Durmstrang da quei pochi indizi, certo. Una mossa deliberata, probabilmente, tanto quanto lo era stata la scelta del loro punto d’incontro: un pub babbano di Piccadilly, circondati da volti anonimi.
    «Ivan Lamovsky era con lei. Non abbiamo modo di sapere cosa comporti questo incontro – della loro conversazione ho sentito solo vaghi stralci. Nulla di riportabile.» E la sua, a dirla tutta, era stata pura fortuna: una serie di piccoli, quasi-irrilevanti errori umani che avevano tracciato un percorso specifico sotto le scarpe di Lamovsky e che avevano trascinato Ptolemy nel luogo giusto al momento giusto.
    «Ciò che è certo, è che è sospetto.»
    Stavolta lasciò che la smorfia infelice si facesse strada sul suo volto.
    Scontato: «e che ci sfugge qualcosa.»
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    recap per chi non ha partecipato alle lezioni dell'anno scorso:
    nell'ottobre 2021 è scoppiato un focolaio epidemico ad hogwarts. la scuola è stata quarantenata per contenere il contagio di un virus influenzale di cui non si conoscevano provenienza e cura.
    nella notte del 30 alcuni studenti e docenti si sono ritrovati catapultati in un sogno ad occhi aperti: la hogwarts che conoscevano si era trasformata in una più ostile, sconosciuta hogwarts del 1400 -- loro stessi erano diversi. con la malattia ad indebolirli, i ricordi (e i nomi, i volti) passati di persone vissute secoli prima a guidarli, e incerti su cosa li aspettasse, si sono incamminati in cerca di risposte e una via di fuga.
    nella foresta proibita incontrano una donna misteriosa: spiega ai pochi presenti (dwight, cj, lilac, laurel) di essere stata inviata lì dal ministero per riportarli nel presente. non offre alcun tipo di dettaglio sul proprio conto -- semplicemente li guida attraverso un passaggio che, dice, li porterà verso il cuore della foresta.
    man mano vengono raggiunti dal resto dei loro compagni. più si avvicinano al cuore -- o la pancia, in base ai punti di vista --, più i ricordi di alcuni degli studenti del passato riaffiorano. capiscono che al di là delle pareti rocciose in cui sono incastrati senza un'apparente via di fuga c'è qualcosa. qualcosa che conoscono; che loro stessi, un tempo, hanno risvegliato.
    gli adepti del 1400 (theero cheemy/cj, cassiopea greenwitch/willow, ché cheemy/joni, jedidiah davies/hazel, trent thirtytree/mort, earl grey/joey) si avviano verso la loro missione finale: un ultimo sacrificio alla dea baal, per sprigionare il suo potere una volta per tutte.
    ma prima che qualcosa possa succedere -- finisce tutto.
    si risvegliano nei loro rispettivi corpi, nuovamente nella hogwarts del presente. vengono riuniti in infermieria da mitchell winston, guadalupe garcía ramos, richard quinn e, inaspettatamente, la ministeriale misteriosa. a differenza di tutti gli altri, l'aspetto della donna è rimasto invariato -- come se la strana magia che aveva modificato brevemente il codice genetico di tutto il resto dei presenti non avesse sortito alcun tipo di effetto su di lei. viene spiegato loro che la causa di quelle visioni era una pianta allucinogena; tutto bene quel che finisce bene, perché nel frattempo è stata anche trovata una cura.
    la questione finisce lì, e la vita torna a scorrere normale.
     
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    «grazie di aver ritagliato un po’ del vostro tempo per partecipare alla… presentazione, ecco.» moka, che quando il Crane lo aveva chiamato a rapporto si era appena seduto allo scopo di mettere tra i denti il primo boccone della giornata, non si mosse.
    i muscoli contratti del viso suggerivano una seria concentrazione, ma il suo sforzo per il momento era dovuto a ben altro: se quella /riunione/ fuori programma si fosse protratta più del necessario, non era da escludere che il telly si mangiasse anche Al. strinse con maggiore forza le braccia al petto, sospirando un po' troppo forte: qualcuno aveva accennato ad una festa, ma l'elettrocineta avvertiva aria di fregatura «Giuro che non vi ruberò più tempo del necessario, e che presto potrete tornare ai vostri doveri.» moka chiuse gli occhi; pensò al suo sandwich con tonno e maionese; «mh» poi si sforzò di allontanare quell'immagine (quel profumo) dalla mente.
    prese tra le mani le foto che il compagno al suo fianco gli tese, occhi azzurri rivolti allo sfacelo che ormai avevano imparato a conoscere: tutte cose già viste — la solita, snervante mancanza di spiegazioni. in pratica, non sapevano un cazzo, proprio come prima «Jeanine Lafayette, esatto.» carramba! pensa te che novità. il volto sfocato della donna gli passò sotto gli occhi per un istante, poi moka fu svelto a passare la fotografia sgranata al ribelle successivo.
    era tutto bello, bellissimo, ma restava il fatto che la Moonarie non si fosse lasciata indietro un beato cazzo, a parte briciole di informazioni che nessuno riusciva a mettere insieme o a seguire, molte delle quali finite comunque tra le mani dei mangiamorte. non era certo, il guerrigliere, che si potesse considerare un punto a favore della Resistenza.
    ma d'altronde, che ne sapeva lui.
    difficilmente il telly metteva becco nelle questioni burocratiche o strategiche, limitava il suo operato all'azione: dove gli dicevano di andare, andava; dove c'era da fare un po di casino, lui era presente. non faceva questioni, raramente chiedeva, mai si tirava indietro.
    «sarebbe da presupporre che il nucleo della Resistenza francese stia indagando questi avvenimenti, come noi.» senza poter fare nulla per evitarlo, moka telly jr. alzò gli occhi al cielo. rotearono proprio, un giro completo riservato solo alle peggiori rotture di coglioni: in quanto mangialumache lui stesso, anche se solo per metà, sapeva bene quanto se la menassero gli abitanti d'oltralpe, e quanto poco amassero collaborare. il corredo genetico ereditato dalla madre francese lo obbligava ad essere un gran rompicoglioni ma la parte inglese chiedeva pegno con uno sprezzo immotivato per i baguettari «se ogni tanto condividessero anche le informazioni..» buttò li, poco più di un sussurro mentre l'ennesima foto gli scorreva tra le mani e poi più nulla — god bless.
    «Un’ultima cosa.»
    una breve occhiata alla lettera sollevata dal crane fu più che sufficiente.
    il telly spostò lo sguardo altrove, tornando a stringere le braccia attorno al proprio torace, il mento basso; aveva tenuto le spalle dritte fino a quel momento, nonostante la spossatezza che di recente non gli dava tregua, ma il peso delle parole del ribelle era troppo da sopportare senza che si incurvassero. «Questa lettera è di Michael Bennet.» quel grandissimo coglione. il suo migliore amico dai tempi di scuola. testa di cazzo. mortomortomorto. moka gliel'aveva detto che era solo questione di tempo: avevano scommesso su chi dei due ci avrebbe rimesso prima le penne — si era guadagnato 20 galeoni che nessuno poteva più dargli.
    chiedere alla fidanzata di Micky sembrava eccessivo.
    doveva assolutamente ricordarsi di ringraziare il Crane per la descrizione dettagliata e minuziosa della scena del crimine. chi non vorrebbe avere in mente quella come ultima immagine del proprio bff? si schiarì la gola con un leggero colpo di tosse chiuso nel pugno, quando finalmente Al diede ai presenti la parola: qualcosa da riportare Moka ce l'aveva — un fatto reale, niente voci di corridoio. se poi fosse legato alla questione in discussione, questo non stava a lui stabilirlo. fece per alzare la mano (una questione di educazione, ok????), ma dovette fermarsi a mezz'aria «sono ptolemy.» ma che comportazione era quella. erano nel 2023 e ancora la gente non aveva imparato ad alzare la mano per prendere la parola????? ma il telly non disse nulla, rispettoso della sua posizione nella scala gerarchica: gli veniva chiesto di essere pragmatico, non di questionare con i superiori. e uno che parlava senza prenotarsi doveva per forza essere un superiore.
    si voltò comunque deadpan in direzione della voce, cercandone l'origine e, buonsignore, trovandola «*gasp*» a daddy. il risucchio d'aria coprì, con tempismo perfetto, il gracidio del suo stomaco, e un paio di teste si girarono verso l'elettrocineta per sincerarsi non stesse soffocando; moka non si preoccupò di tranquillizzare i compagni: quello che aveva di fronte, con tutta l'aria di volersi scavare una buca profonda abbastanza da sotterrarvisi dentro, era un perfetto esemplare di pathetic little meow meow nella sua daddy era™, e la sua rumorosa reazione non sarebbe potuta essere più giustificata di così.
    la mano sul cuore, moka telly la mise per rispettare il volere di lia — mi sono innamorata seduta stante di Pedro (cit.)
    ascoltò attentamente quanto lo sconosciuto avesse da dire (non aveva ascoltato una parola) piegandosi addirittura in avanti quando Ptolemy mostrò loro l'ennesima fotografia «Sabine Decima. Trentadue anni. Milizia. Elusiva, si tiene a debita distanza dai suoi colleghi.» un nome che al guerrigliere diceva poco o niente. sembrava lo stesso anche per i suoi compagni ribelli, almeno a giudicare dalla maggior parte delle espressioni perplesse. il secondo individuo, invece, era tutto un altro paio di maniche «Lamovsky che si fa un viaggetto fuori porta per scambiare due chiacchiere con una della milizia?» chiese, dopo qualche istante di silenzio, passando anche questa volta la foto al ribelle alla sua destra «questa sembra tutto tranne che una persona qualunque» concluse con una stretta di spalle, citando in parte quanto detto poco prima dal telepate «anyway» eh già, back on track.
    fu il suo turno di tirare fuori un foglio dalla tasca posteriore dei jeans, aperto e stirato con la mano contro una gamba «due giorni fa ho ricevuto una soffiata» da suo cugino, quello che giocava nel Milan «una piccola comunità montana sul confine tra Italia e Francia è stata colpita da una valanga. niente di straordinario, quasi tutte le abitazioni sono state risparmiate e le autorità locali hanno confermato l'assenza di vittime o feriti» diede una rapida occhiata al foglietto e al breve elenco di informazioni da lui stesso descritte, poi se lo rimise in tasca «sappiamo da fonti attendibili che nella zona si era installato da alcuni mesi un gruppo di maghi francesi, per lo più medimaghi e pozionisti: portavano avanti alcune ricerche forse collegate alla cura dell'epidemia» indicò con un cenno del capo il buon Ptolemy «ma si tratta di supposizioni, ovviamente» già detto che quelli non spillavano un cazzo? «io e Reilly siamo stati inviati per controllare la situazione» solo a questo punto moka spostò lo sguardo dai compagni ad al, da al a William «dei soggetti nessuna traccia. neanche un cadavere sepolto nella neve, sono semplicemente scomparsi nel nulla.» moka si strinse ancora una volta nelle spalle, questa volta senza poter far nulla per impedire al suo stomaco di gorgogliare e farsi sentire in tutta la stanza «insieme alle loro cazzo di ricerche segrete» chissà, magari si erano solo presi una bella vacanza.
    felice di aver contribuito alla causa, riportando un fatto di probabile scarsa importanza in mezzo a tutta una serie di fatti di scarsa importanza parte di un puzzle che non potevano mettere insieme, il telly fece un passo indietro, entrambe le mani spinte in avanti «comunque non soffro di daddy issues» sia mai che qualcuno se lo stesse chiedendo.

    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    ehhh, niente.
    moka telly è guerrigliere, 23ish anni, frequentava Hogwarts con Michael Bennet.
    riporta al gruppo della scomparsa di alcuni madimaghi e pozionisti in una piccola comunità montana sul confine tra Francia e Italia >> teorizza che forse stavano facendo ricerche sulla malattia/cura. cose random assolutamente casuali
     
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    Charlyse “Cherry” Benshaw aveva il dono di infilarsi sempre nelle situazioni più spiacevoli conosciute all’essere umano. Almeno, almeno, in ventiquattro lunghi anni di vita aveva imparato a trascinare a fondo gli altri insieme a lei. In quel caso si trattava di Kieran Sargent, ma il giorno successivo sarebbe potuta essere un’altra vittima qualunque. Non era certo colpa della Benshaw se la necessità di stuzzicare e bullizzare era un qualcosa di insito nel suo tessuto, e Kieran aveva il temperamento perfetto per diventare il suo nuovo target. Quindi, quando Al era passato a reclutare quelle povere anime ignare, Cherry non aveva esitato ad afferrare la Sargent per il braccio e a trascinarla con lei. Poco le importava che fosse impegnata a decorare la torta di compleanno della Barrow minore, se Charlyse era destinata a soffrire allora anche la mimetica avrebbe subito la stessa sorte. «ma lo sai che assomiglia a mio zio? tipo, tanto tanto» ok, and? Decise di assecondarla solo perché aveva del tempo da passare prima dell’inizio della riunione. «potrebbe essere il suo doppelgänger» Cherry inarcò un sopracciglio, osservando dubbiosa la mimetica- era chiaro che avesse letto troppe fanfiction. Non che la Benshaw fosse familiare con i tropes, ma aveva passato abbastanza tempo con Claudia da avere una vaga idea. «oppure ha una vita segreta e non te l’ha mai detto» ora, Cherry la stava palesemente prendendo per il culo, Kieran non doveva aver colto quell’undertone sarcastico. I suoi occhi si illuminarono, e quasi iniziò a…..vibrare? «oddio-ODDIO! non ci avevo pensato! sarebbe così da lui» da quello che Cherry aveva osservato della Sargent, era certa che avesse dei parenti almeno particolari come lei. Non si sarebbe stupita se lo zio fosse stato un narcos, figurarsi un pappone con la doppia vita. «poi magari me lo presenti» piegò la testa, sbattendo lenta le ciglia con un sorriso coquettish. Se suo zio assomigliava anche vagamente all’uomo presente nella stanza, non le sarebbe dispiaciuto conoscerlo più a fondo. If you know what I mean. Quando vide Al muoversi tra i ribelli, istintivamente la sua espressione divenne severa, e la sua postura si ricompose fino a rassomigliare un soldato sull'attenti. Cherry era tante cose, una cazzona di prima classe tra queste, ma quando si trattava di faccende ufficiali si trasformava nella lama attenta e affilata che aveva promesso di essere. Non un soldato sull’attenti, perché non era nella sua natura seguire gli ordini ciecamente, ma una figura disciplinata. «Abbiamo un po’ di cose di cui parlare» le labbra scarlatte di Cherry si arricciarono in una smorfia prima che potesse sopprimere le sue espressioni, lo sguardo di ghiaccio a farsi più cupo con ogni plico e foto che si aggiungeva alla pila. Di solito, quando una conversazione iniziava con quelle parole, voleva dire che la qualità della sua giornata sarebbe nettamente peggiorata. Mosse qualche passo avanti per meglio osservare quel ritaglio del Morsmordre, ma ad una più attenta visione si rese conto di essere intimamente familiare con i fatti di quella vicenda. Non aveva accettato di infiltrarsi nelle linee nemiche per niente, e poi il nome dei Benshaw portava un certo peso nel mondo magico. Tuttavia, avere un piede nella porta non significava avere la risposta a tutte le domande che negli ultimi mesi avevano affollato la mente della ragazza. Aveva tra le mani cocci frastagliati e compromessi che mal coincidevano gli uni con gli altri, il poco che era riuscita a racimolare non era abbastanza perché trovassero un’armonia. «Queste immagini ci sono state mandate da dei nostri compagni stanziati in giro per l’Europa, ma le loro stesse conoscenze hanno affermato che non è un fenomeno che si sta limitando al nostro continente.» aspettò di avere le fotografie sottomano per esaminare attentamente le scene davanti a lei, un brivido a correrle lungo la schiena alla vista di intere città rase al suolo. L’impotenza di trovarsi davanti a quelle scene senza avere il potere di fare niente era soffocante. Affondò le unghie nella carne della mano, l’energia nervosa a scaricarsi in quelle cinque lunette. «sarebbe da presupporre che il nucleo della Resistenza francese stia indagando questi avvenimenti, come noi.» Jeanine Fuckin Lafayette. Per qualche motivo, ogni volta che le cose andavano a puttane la francese era sempre presente. Charlyse aveva perso qualcuno di caro per mano della Lafayette, per una cazzo di bomba che aveva fatto detonare nella speranza che la causa inglese si unisse a lei. Charlyse era una Benshaw in tutto e per tutto, terribilmente testarda e irremovibile una volta che aveva preso una decisione, e si era giurata di non collaborare con chi aveva il sangue della sua famiglia sulle mani. «Potrebbe trattarsi di Abbadon, di suoi tentativi – a quanto pare ben riusciti - di stringere alleanze in giro per il mondo. Non ne abbiamo la certezza, ma è giusto porsi il dubbio e dare una direzione a qualsiasi cosa scegliamo di fare in seguito» non avesse avuto un controllo magistrale sulle sue emozioni, la Benshaw si sarebbe lasciata andare a una lunga e amara risata. Perché ci mancava Abbadon, con tutti i problemi che avevano nel quotidiano. La discussione continuò, con l’aggiunta di quel misterioso uomo che non aveva mai visto prima tra le stanze del quartier generale. Le notizie che portava erano ancora meno confortanti di quelle del suo superiore diretto, ma arrivati a quel punto nulla era in grado di scalfire la compostezza di Charlyse. «Non era sola, quel giorno. Ivan Lamovsky era con lei.» la Benshaw incrociò le braccia al petto, il capo chino con lo sguardo perso sulle piastrelle del pavimento. Sebbene avesse le sue fonti di informazione e fosse a conoscenza di alcuni di questi fatti, ricomporre tutte quelle informazioni insieme portava a un quadro più grande di quanto si aspettasse. Era difficile credere che Abbandon e Lamovsky stessero collaborando? Sarebbe stato più bizzarro il contrario. Era da anni che l’incognita Abbadon restava irrisolta, una figura così pericolosa e potente scomparsa nel nulla e dormiente. Charlyse aveva una conoscenza base di quello che era successo nel mondo specchio, ma se Abbadon desiderava vestire i panni di un dittatore dubitava che ci fosse qualcuno in grado di fermarlo. E se quello non era il suo obiettivo, allora, la situazione si faceva ancora più instabile. Forse era far-fetched da parte sua, ma agli occhi di Cherry quegli avvenimenti apparivano come un sacrificio. Forse per alimentare un potere più forte. Charlyse Benshaw era il tipo di persona che operava nell’ombra, discreta e silenziosa come il suo lavoro imponeva, perché dare troppo nell’occhio era considerata una sentenza di morte nel suo mondo. Eppure, sentiva di non poter più tacere. Non era quello il momento di fare i prezioso e di stringere testardamente al petto supposizioni e informazioni che uno poteva avere. Aspettò che il Telly finisse di parlare per prendere parola. Con un colpo di reni si staccò dalla scrivania su cui era poggiata, spostandosi in un punto dove i ribelli potessero vederla «sappiamo che lo scopo di vasilov era liberare abbadon, e sebbene ci sia riuscito» non era stato frutto dei suoi sforzi, ma non perdiamoci nei dettagli «è morto prima che potesse usarlo per i suoi scopi» bold of Vasilov pensare di riuscire a controllare una potenza di quell'entità, ma la Benshaw non era stupita: si trattava pur sempre di un uomo. «lamovsky era il braccio destro di vasilov, cosa ci dice che non stia cercando di finire quello che avevano iniziato? non escludo che lui e abbadon abbiano trovato un accordo che benefici entrambi» passò lo sguardo su ognuno dei presenti, cercando di studiarne le reazioni. Non le interessava passare per una persona estrema, ma era interessata alle loro idee a riguardo «in quanto a sabine decima, forse è in possesso di qualche informazione sensibile che possa essere d'aiuto ai due. potrebbe essere collegata alle sparizioni? non lo escluderei» e questo era quanto, si era esposta anche più del necessario. Tornò al suo posto, lasciando che qualcun altro si prendesse la briga di farsi avanti. Era proprio curiosa.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.



    charlyse benshaw, 24 anni, è una spia al ministero per conto della ribellione. ex serpeverde, fa un po' paura (come sua sorella.) quindi chissà se vi conosce.
    non dice nulla di che, se non che sospetta che lamy e abby si siano alleati + involvment generale di sabine. ho le mie teorie e mi sono fatta un viaggione ma non ho davvero capito un cazzo del 1400 quindi lo scopriremo solo vivendo

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    Tristan Horner - Spia - sono qui
    Tristan, come si suol dire, non era il cacciavite più affilato della cassetta e, a dirla proprio tutta, non era un cacciavite.
    Oddio, lui credeva di non esserlo, ma le sue convinzioni spesso venivano confutate; quindi, viveva sempre col brivido di svegliarsi una mattina e riscoprirsi ippogrifo. O snaso. O lemure. Forse più lemure, si sa che non è propriamente un animale particolarmente intelligente.
    L’Horner non partecipava spesso alle riunioni dei ribelli, perché lui era una spia del Ministero, al Ministero. Non gli era ancora ben chiaro il suo ruolo, l’unica cosa certa è che, appunto, doveva spiare. Era così bravo che erano numerose le volte in cui nessuno notava la sua presenza: negli anni aveva sviluppato una tecnica particolarissima e personalissima di camouflage che consisteva nel convincersi di essere invisibile/non esistere e a volte restava così concentrato per ore nella parte che dimenticava di poter ritornare ed essere presente ai più.
    Di Tristan colpiva il suo essere anonimo, così normale e ben inserito negli ingranaggi che nessuno faceva caso alla sua persona e questo era uno dei suoi punti di forza, se non l’unico. Basti pensare che spesso si dimenticavano persino di convalidargli le ferie!
    “Io c’ero!” Esclamò entusiasta, guardando tutti i partecipanti alla riunione con un largo sorriso. “Mi sono divertito molto al bliz alla lanterna, c’erano un sacco di posti da esplorare!” ed era indubbio che le sue parole fossero sincere. Certo, c’era da chiedersi perché nessuno – o quasi – gli avesse chiesto informazioni prima su quel posto. Avevano addirittura scomodato Helianta e non lui che era proprio lì.
    “Non abbiamo trovato tantissimo, ma alcune cose hanno catturato la mia attenzione!” Annuì quasi a sottolineare la fine di quella frase, tossicchiando appena per schiarirsi la voce prima di continuare. “Allora, io ho trovato una chiave che ha aperto un armadietto, poi un codice che ha aperto una cassaforte vuota e… mh, un codice lunghissimo che ho segnato su un fogliettino e che ho consegnato alla responsabile. Tranquilli, dovrei averne una copia!” Sia mai che si arrabbiassero con lui, odiava tantissimo i conflitti e non voleva che si arrabbiassero con lui per una sciocchezza simile. “Ah! Ho pensato che potrebbe essere qualche indicazione geografica, qualcuno amava scrivere in codice nella libreria, ma non ho controllato… i numeri mi confondono così tanto… succede quando li guardo troppo. Anche a voi?” chiese perdendo un attimo il filo del discorso, guardando Al ma non vedendolo davvero, travolto dai war flashback dei calcoli matematici. “Ah, e poi, a proposito di geografia, hanno nominato Shaftesbury. A voi dice niente? A nessuno dei presenti ricordava qualcosa, magari c’è qualcosa nelle foto?” Non le aveva viste, le immagini in bianco e nero lo inquietavano e gli mettevano un po’ d’ansia, per questo non leggeva mai i giornali! Metti che le persone animate, se le guardavi troppo, uscivano dalla cornice per ucciderti??? Una tragedia.
    “E ricordo avessero nominato una data evidenziata sul planner, il 7 agosto, che non coincideva con nessun evento in programma della libreria. È successo qualcosa di importante in quella data?” Chiese ancora, magari questa volta sarebbe stato più fortunato. "Di sicuro sono stati rinvenuti articoli di giornale relativi a città fantasma, se non ricordo male, la Winston ha detto che parlavano anche di leggende metropolitane, ma io non li ho letti, sono facilmente suggestionabile.” Scosse la testa, terrorizzato al pensiero di dover apprendere cose simili. "I siti che avete menzionato prima, hanno dietro storie e racconti particolari? Sono famosi per qualcosa di specifico?” Domandò ancora, sforzandosi di sembrare abbastanza intelligente da apportare un contributo utile alla causa. “quei ritagli erano anche protetti da un incantesimo, magari erano davvero le indagini di Helianta.” Se si fosse pentito di non averci dato una sbirciatina? Assolutamente no, la sua salute prima di tutto! “E… mh.” Provò a fare un ultimo sforzo mentale, cercando di ravanare nella sua memoria come un rue nella spazzatura alla ricerca di ipotetici e fantomatici tesori. “Credo una ragazzina abbia trovato un’agenda e abbia nominato un certo Domnall Guinne, esperto di magia rituale e un altro ragazzo parlava di un certo Casimir Lamoine. Penso che questo sia tutto, per altre informazioni dovrei provare ad aver accesso ai fascicoli.” Si grattò la punta del naso, quando gli venne una piccola illuminazione. “Ma se noi abbiamo riconosciuto la Lafayette con Helianta, non penso che il Ministero questo dettaglio sia sfuggito. Ci sono persone intelligenti lì.”
    E con persone intelligenti, ovviamente, si era auto-escluso.


    Fa un recap del Golden Blitz e chiede a tutti se i nomi/luoghi da lui citati suscitano qualche ricordo, se la data menzionata è relativa a qualche attacco particolare; inoltre, chiede se i posti dove è stata fotografata Helianta sono famosi per leggende metropolitane e simili, perché lei conservava ritagli e articolo di giornale in merito.
    Dice che se noi l'abbiamo vista e riconosciuta nelle foto con la Lafayette, lo stesso potrebbe aver fatto il Ministero.
     
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    Citando un vecchio saggio, ah shit here we go again. Gli mancavano i tempi in cui la Resistenza non era fatta di zone grigie e nemici arcaici. In cui l’obiettivo comune era sovvertire il sistema, dare ai cittadini la libertà di ricordare ciò di cui erano stati privati, e costruire una società uguale per tutti in cui sopravviverci non fosse una botta di culo.
    Prima che i loro colleghi decidessero di giocare a fare Dio nei Laboratori.
    Prima che i Presidi iniziassero la loro partita a Risiko usandoli come pedine sacrificabili.
    Prima dei viaggi nel tempo. E nelle dimensioni.
    Prima di Abbadon.
    A William Barrow sembrava che ognuna di quelle circostanze, anziché spingerli a fare maggiormente fronte comune, li avesse divisi e spezzati, creando più crateri che ponti. I rapporti con i nuclei ribelli esteri, si erano fatti più guardinghi e meno fiduciosi. All’interno della stessa resistenza inglese c’erano malumori e disaccordi, e non del genere di cui si potesse parlare davanti ad una birra, mandarsi a farsi fottere vicendevolmente, e andare avanti su una strada comune. No. Un tempo era stato così. Ricordava i dibattiti con Keanu, erano troppo diversi per essere sempre d’accordo, le parole crudeli ed i pugni sbattuti sul tavolo dall’uno o dall’altro; ricordava anche che gli avrebbe affidato la propria vita in qualunque momento, e l’aveva fatto, perché sapeva gli avrebbe sempre coperto le spalle – e lui a Keanu.
    Qualcosa doveva essere successo, per aver tolto quello dall’equazione. Una parte fondamentale. Il Barrow faceva scivolare pigri occhi azzurri sulla stanza, e si domandava quanti di loro avrebbero preferito vederlo morto, che seduto fra loro. Lui, per i ribelli, aveva ed avrebbe sempre sacrificato tutto, indipendentemente da quanto essi trovassero discutibili le sue scelte e la sua mera esistenza. Tra l’aver perso la memoria e l’essere stato catapultato nel futuro, si era dimostrato inaffidabile. Non per volontà sua, ma cambiava forse i fatti? Ancora dopo anni non era certo di come colmare quella lacuna, di come rendere la Resistenza quello che era stata: unita, e non solo sotto una bandiera comune. Forse quello che stava accadendo, era esattamente quello di cui avevano bisogno.
    Un apocalisse.
    Sorrise, vacuo e distratto.
    Pur già a conoscenza di quanto detto, riascoltò comunque quanto scoperto in quei mesi, ingenuamente sperando che avesse più senso della volta precedente. La cosa più terribile di tutte era che, a ben pensarci, un senso c’era eccome: Will, semplicemente, non voleva crederci. Spostò l’attenzione su Moka alla menzione del Bennett, ma non disse nulla. Tutti lì dentro avevano sacrificato tanto, ed erano consci avrebbero dovuto dire addio a tanto altro - e di fatti, il giovane non si scompose, irrigidendosi appena. Il poker del mercoledì serviva anche a quello. Nessuno si era stupito quando il Barrow aveva proposto quella serata – era un personaggio peculiare e goliardico, facile da inquadrare - mensile, ed in pochi avevano schioccato la lingua sul palato con disappunto. Poteva sembrare l’ennesima perdita di tempo di quello che un tempo era stato qualcuno, ed ormai si era venduto al nemico, ma chi c’era da più tempo sapeva che raramente Will faceva qualcosa senza un reale scopo. Avevano bisogno di quei momenti. Non avevano tempo di piangere i loro morti, ma almeno potevano continuare a ricordarsi che ci fosse ancora qualcuno di vivo per il quale combattere. Che ne valesse la pena. Che un dito – due, cinque, dieci – di whiskey in compagnia, ed una – due, cinque, venti – lacrima a scivolare silente sulla guancia ignorata ma non negletta, non avrebbe curato tutto ma avrebbe creato quel senso di unione che sempre più pareva mancare. Conosci i tuoi nemici, dicevano, dando per scontato di sapere già tutto sui propri amici.
    «Lamovsky che si fa un viaggetto fuori porta per scambiare due chiacchiere con una della milizia?» Curvò un angolo delle labbra verso l’alto, condividendo l’assurdità della situazione. «lamovsky era il braccio destro di vasilov, cosa ci dice che non stia cercando di finire quello che avevano iniziato? non escludo che lui e abbadon abbiano trovato un accordo che benefici entrambi» Ecco, appunto.
    Dragomir Vasilov, nessuna pace all’anima sua, era stato … difficile da inquadrare. Sapeva odiasse i babbani, e tutto ciò che non fosse puramente magico, ma mai avrebbe immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe fatto riemergere dalle profondità del cazzo d’inferno, un Abbadon. Uno stratega. Un fottuto genio del male, perfino negli errori più eclatanti. Brillante, avrebbe suggerito, se non gli avesse fatto guadagnare occhiate guardinghe. Lamovsky? Ivan non era nessuno. Aveva raccolto tutto quello che Vasilov aveva seminato, concedendo dove gli fosse stato chiesto di concedere – la tregua con la Francia, ad esempio – ed era rimasto a godersi il potere sul proprio trono. Non aveva le mire conquistatrici del Drago. Era un’opportunista, un plebeo che si fosse visto consegnare la corona dall’oggi al domani.
    Voleva essere ottimista, Will, e credere che quell’incontro fosse la nascita di un colpo di stato interno. Qualcuno ai piani alti che fosse improvvisamente interessato alla carica di Oshiro, se non addirittura una follia pazzerella del buon Ivan, risvegliatosi dal suo sonnellino di bellezza. Avrebbe anche avuto una sua logica, se non fosse stato per il fatto che la donna sembrasse sempre trovarsi dove cazzo non doveva – viaggi onirici di diverso tipo, per intenderci. Sapeva un po’ troppo su un po’ tante cose.
    Quindi.
    Incrociò le braccia sul petto, rilassando le spalle contro lo schienale della sedia ed offrendo un’occhiata fiera a Cherry. «ditto. come accennava la nostra collega:» per chi si fosse perso gli ultimi episodi di pretty little liars. «nel 2020 vasilov ha in qualche modo… rotto un sigillo storico che teneva intrappolato tale abbadon nelle profondità del lago nero. Voleva controllarlo, e sottometterlo al suo volere. Seth ci ha dimostrato di essere in grado di fare… grandi magie» tipo riportare in vita i morti senza alcun sacrificio necessario: pochi anni prima, per far tornare a battere il cuore dei caduti, avevano dovuto legare anime e sangue. «e poi è sparito. Motivo per cui il Ministero non ha attivamente cambiato nulla» Passivamente sì, come avevano riportato le spie. «o almeno, così sembrava. Ma sabine? mh.» Le coincidenze non piacevano a nessuno, ed ancor meno i battiti di ciglia distratti di chi lavorava al Ministero, ed al quale veniva chiesto quando, esattamente, fosse giunta lì. «quello che crediamo» lui e molti dei ribelli che avevano vissuto il QG nell’ultimo periodo; quell’aggiornamento di trama, era solo per i player i più sfuggenti, o quelli maggiormente impegnati sul campo. «è che sia l’infiltrata di abbadon, se non lui stesso. Magari una parte della sua magia diventata qualcosa» a quel punto, non lo stupiva più un cazzo di niente, ed offrì deboli spallucce ai compagni. «di conseguenza, non sembra che quell’incontro sia un’alleanza britannica – slava» anche se l’avrebbe preferito. Alzò gli occhi al cielo, cercando una risposta sul soffitto del Quartier Generale. «potrebbe, non mi sento di escluderlo. ma...» lasciò cadere la frase, un cenno allusivo alla bionda ed a quanto aveva detto, perché era alquanto scontato quale fosse l’alternativa a frullare nella mente dell’ex Corvonero – una di cui avevano discusso, fra capi e soldati indistintamente. Una sussurrata, fra risate rauche e occhi strizzati.
    Che lavorassero insieme. E che fosse una pedina anche Lamovsky- l’ennesima – perché l’uomo, da solo, non era in grado di fare nulla. Che qualcuno stesse usando il suo potere e la sua influenza per qualcosa, promettendo non sapeva che, ed erano quelle incognite a rendere tutto nebuloso e, nella sostanza, un cazzo di niente. Solo teorie. Solo le più logiche e le più pericolose. Vedere come la Oshiro si fosse dimostrata più tollerante nei confronti degli special, suggeriva che anche Kimiko ci avesse provato – a tentativi ed errori.
    Più i secondi dei primi, a giudicare dal malumore generale di piani alti e bassi.
    Si volse poi verso Tristan. Ptolemy poteva anche essere il loro one man army, l’ombra di cui avevano bisogno, ma Tristan era la spia che meritavano: davvero nessuno si accorgeva di lui, perfino Will doveva concentrarsi per ricordarsi fosse nella stanza, e tutti lo sottovalutavano da non pesare assolutamente alcuna parola quando lui era nei dintorni. E sembrava… così, no, superficiale, ma seppur a suo modo, ricordava sempre tutto. Gli sorrise, un «e sei stato molto bravo» sussurrato e necessario, perché ai loro colleghi non sembrava piaciuto molto il fatto che l’Horner avesse trovato divertente la distruzione della Lanterna. Will trovava quel suo essere così spontaneo, lo rendesse ancora più efficiente. Schioccò le dita per attirare le attenzioni di Wren. Non era stato suo segretario molto a lungo – per nulla in effetti, pareva quasi – ma non ufficialmente ancora lo restava, ed era certo che da qualche parte nella montagna di post it che il geocineta conservava perché avrebbero potuto servire, ci fosse anche quello adatto a rispondere alle domande della spia.
    « […] un codice lunghissimo che ho segnato su un fogliettino e che ho consegnato alla responsabile. Tranquilli, dovrei averne una copia!
    […] hanno nominato Shaftesbury. A voi dice niente?
    […] il 7 agosto
    […] articoli di giornale relativi a città fantasma
    […] I siti che avete menzionato prima, hanno dietro storie e racconti particolari? Sono famosi per qualcosa di specifico?
    […] Credo una ragazzina abbia trovato un’agenda e abbia nominato un certo Domnall Guinne, esperto di magia rituale e un altro ragazzo parlava di un certo Casimir Lamoine»

    Avevano trovato il post it misterioso? Certo, sotto diversi fogliettini colorati riportanti gli ordini da fare su JustEat e le password di Will, e cercò con lo sguardo le risposte alle domande dell’altro. In effetti, forse non tutti avevano avuto tempo di recuperare quello che sapevano. «sì, erano tutti parte delle indagini di Helianta, mh vediamo… le coordinate appartenevano ad un sito di recente interesse a causa di avvenimenti particolari – una zona morta, hanno riferito le fonti – shaftesbury è stata distrutta ed è diventata una città fantasma, il libro su Guinne e i suoi studi suggeriscono che Heli stesse cercando dei pattern fra gli avvenimenti, correggetemi se sbaglio» magari anche un modo per evitarli e prevederli. «Lamoine? Studi sulla genetica» cercò lo sguardo dei Guaritori e Medimaghi presenti, più informati di lui in materia. Erano giunti alla conclusione che «per cercare di capire… cosa sia abbadon» scandì, perché ancora nessuno di loro aveva una risposta a quella domanda. Puntò un dito contro Tristan, rimbalzandolo poi fra lui e le spie. «sono tutte teorie, ce ne ha parlato qualcuno un po’ di tempo fa» sentitevi liberi di essere quel qualcuno. «non hanno nulla in comune, i siti degli avvenimenti, ma sembra ci sia sotto una storia riguardanti… linee d’energia e coincidenze di esse. Comunque non abbastanza specifico da capire in base a cosa, o come» o perché, ovviamente. Tamburellò il mignolo sul tavolo, sospirando piano. «l’opinione che va per la maggiore, è che siano tutte prese di corrente» non era certo di chi avesse dato quel suggerimento per primo – Zac, forse, o Kyle; JD? - ma aveva in qualche modo una sua… logica. «per ricaricare qualcosa» o peggio. «qualcuno» mormorò.
    «Ma se noi abbiamo riconosciuto la Lafayette con Helianta, non penso che il Ministero questo dettaglio sia sfuggito» Amore santo. Gli diede una pacchetta sulla spalla, sorridendo bonario. «eh amo, speriamo non abbiano i nostri stessi paparazzi» a suggerire che speranzosamente, fossero gli unici in possesso di quelle foto.
    Era un altro però il dente in bilico di Will. Quello su cui premeva continuamente con la lingua, il suo dubbio più grande.
    Lamovsky era stato avvisato con Sabine.
    Lafayette sui siti distrutti.
    Sospirò, massaggiandosi le palpebre abbassate. C’era ancora un protagonista a mancare in quella storia, uno che si vantava di essere custode dell’equilibrio, che aveva colto ogni occasione per non farsi i cazzi propri, e che invece, in quel contesto specifico, ancora non aveva fatto nessuna mossa. Era preoccupante.
    «chissà quel figlio di puttana di Lancaster»
    Abbassò maggiormente il tono di voce: «comunque auguri niamh» qualcuno doveva dirlo.

    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    TAKE ONE FOR THE TEAM!
    prendendo spunto da cherry e moka, fa un recap di quanto accaduto negli episodi precedenti, suggerendo un rapporto intimo fra lamovsky e sabine - non di quel tipo, forse, ma chissà
    poi risponde al buon tristan, sentitevi liberi di essere le fonti citate da will (!!!), citando i Fattacci e le linee energetiche
    e poi chiede dove sia lancaster.
     
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    Marjorie Marshall aveva sempre amato leggere i gialli – Sherlock Holmes, Poirot, Miss Marple, Nancy Drew, e ovviamente Augustine Dupin. Edgar Allan Poe, neanche a dirlo, era un mito per lei; e come darle torto se l’autore americano non solo era stato il capostipite dei suoi due generi letterari preferiti, ma era ancora e sempre estremamente attuale e lungimirante: avete mai visto un ritratto di Poe? Se non l’avete fatto, fatelo. Fatto? Bene, avete notato qualcosa? Esatto, il fantomatico pornobaffo che stava spopolando nella comunità magica. Un mito, in sintesi, ed estremamente brillante, volendo essere riduttivi, e anche un’icona della moda, in aggiunta.
    Per un detective – o un aspirante tale – era importante avere delle figure di riferimento e di ispirazione, e in ognuno dei tanti libri che Jo aveva letto, e in ognuno dei film che aveva visto, ogni serie che aveva bingewatchato, e ogni podcast crime che aveva attentamente ascoltato a notte fonda con gli occhi sbarrati dopo essersi detta con convinzione “solo uno e vado a dormire”, l’ex tassorosso aveva trovato qualcosa da poter fare propria, qualcosa che poteva illuminare il suo cammino nel mondo dell’investigazione. Sì certo poteva avere tutta la passione e l'ispirazione del mondo, ma alla fine della fiera non era ancora una vera e propria investigatrice, era più una… lavoratrice in proprio, mettiamola così. Non era mai stata assunta da qualcuno per indagare su niente, nessuno l’aveva mai pagata, nessuno le aveva mai chiesto nulla, ma lei comunque leggeva tutti i giornali, ascoltava tutte le radio, e finalizzava teorie su fatti su cui però nessuno le aveva chiesto di pronunciarsi; ogni tanto sbagliava, ma la maggior parte delle volte, nei casi che seguiva fino in fondo, riusciva sempre a scovare la verità – o parte della verità, un fondo di verità, alla fine non è che si possa dare una definizione universale di verità suvvia, spesso è interpretabile o fraintendibile, insomma qualcosa di relativo su cui nessuno poteva fare pieno affidamento, e questo era anche il motto della Marshall. Per questo e per il suo continuo ficcare il naso – il muso, spesso – in situazioni che non la riguardavano, si era più volte trovata a fronteggiare situazioni spiacevoli e pericolose, ma fortunatamente ne era sempre uscita illesa, e per questo lieto fine un ringraziamento d’onore andava fatto sicuramente a Basil. Quindi a… se stessa, ma in versione pocket, con quattro zampette minuscole, una sottile coda a spuntarle dal didietro, e un muso rosa curioso che le permetteva di seguire le tracce più nascoste e infiltrarsi nelle crepe più strette dei vicoli di Londra: il suo animagus, un topo, nothing special, ma un salvavita nelle occasioni più spiacevoli, e anche un’arma, se usata sapientemente.
    E la resistenza non la usava sapientemente. Non secondo lei, perlomeno.
    Era attenta, furba, curiosa, scaltra, e sapeva bene la distinzione tra ingegnoso e analitico che le aveva insegnato proprio il buon Edgar Alla Poe attraverso Augustine Dupin, quindi perché non le davano più importanza? Perché non la mandavano in avanscoperta come spia? Lei poteva sopportarlo!!! Il suo compito da guerrigliera le piaceva, ma sentiva di poter fare di più per i ribelli; e nel suo piccolo, cercava sempre di farlo comunque. Nel frattempo, alle riunioni ufficiali, continuava a mostrarsi attenta e capace come aveva sempre fatto, quindi aveva aperto il taccuino e iniziato a prendere appunti al primo «Allora» di Aloysius.
    E aveva continuato a scrivere. E a scrivere. E a scrivere. E poi aveva semplicemente lasciato che la penna scrivesse da sola e lei si era limitata ad ascoltare attentamente, e solo alla fine aveva deciso di alzarsi sulle punte dei piedi – il formato pocket a cui era abituata con Basil, per fortuna o per sfortuna, valeva in proporzione anche per la sua forma umana – e sventolare la mano in aria per attirare l’attenzione e prendere finalmente la parola.
    «buonasera, sono Marjorie, o Jo, ma non Marge perché solo nonna mi chiama così, e prima di tutto: tanti auguri Niamh!!!» ecco, passato in rassegna l’ordine del giorno più importante, si schiarì la voce e lanciò un’occhiata agli appunti sul suo taccuino:
    1) l’epidemia?!?!?
    «c’è una domanda che vi devo fare: l’epidemia… cosa?» il caso l’aveva ovviamente interessata in quanto detective, ma sfortunatamente Hogwarts era fuori dalla sua portata già da qualche anno, e non erano trapelate molte informazioni – o comunque non erano certamente arrivate a lei –, quindi era particolarmente curiosa di approfondire quel discorso «da quello che mi è parso di capire dal discorso di Ptolemy si suppone che Sabine, una minesteriale, sia connessa in qualche modo con la malattia; ma alla fine si è trovata una cura, giusto? E non ci sono stati morti, che noi ne sappiamo, quindi in che modo potrebbero essere connesse? il ministero ha provato a uccidere un manipolo di studenti e professori per qualche ragione usando Sabina e lei ha fallito?» chiedo «oppure li ha salvati?» chiedo, di nuovo.
    Il che la riportava direttamente al secondo punto:
    2) Lamovsky > Abbandon > Sabine > LA DISTRUZIONE TOTALE????
    E sì su questo punto era molto confusa anche lei, era troppo piccola per conoscere nel dettaglio tutto quello che era successo anni fa, quando non militava ancora nella resistenza ed era una povera ed innocente studentessa che vestiva la divisa giallonera, ma provò comunque a collegare i puntini, approfittando dell’assist del Barrow «è che sia l’infiltrata di abbadon, se non lui stesso. Magari una parte della sua magia diventata qualcosa». le sembrava in qualche modo plausibile, e nonostante non fosse ferrata su questa parte della storia (hi it’s me i’m the non ferrata su questa parte della storia it’s me), sentì comunque scorrere un brividino lungo la sua schiena all’idea. «ok ma se è abbandon, perché una ministeriale qualunque, perché non il braccio destro di Kimiko?» perché insomma va bene volare basso, ma aveva letto anche lei l’autobiografia di Mort Rainey e se anche un ragazzino con le manie di grandezza era riuscito a capire che “va bene volare basso e non dare nell’occhio, ma se sei un supercattivo supercattivissimo non vale questa regola e devi sempre attaccare per primo”, non vedeva come non ci fosse arrivato abbandon stesso -- o chi per lui. Però insomma non si aspettava che le sue domande avessero molto senso, era partita un po’ scoraggiata in realtà e ora si ricordava il motivo per il quale odiasse così tanto quelle riunioni: perché la facevano sentire fucking stupida!!! E lei non lo era! Non era neanche una luminare, è vero, ma così stupida? Eh no, era sempre convinta che ci fosse qualcosa sotto che nessuno le diceva mai, che non le permetteva di finire il quadro generale; e quindi anche quella volta, come tutte le altre, le toccava prendersi i pat pat caritatevoli sulla spalla e indagare da sola.
    L’avrebbe fatto certamente, ma prima HER TIME TO RISE AND SHINE! Finalmente poteva passare al terzo punto della sua lista
    3) SPARIZIONI LEGGENDE METROPOLITANE PRESE DI CORRENTE!!1!!1!!!
    Figurava uno schemino, una mappa concettuale, abbozzata velocemente e in modo un po’ confusionario, ma toccava diversi punti.
    «un paio di giorni fa ho rincontrato un mio vecchio amico, Remy, un ex cuoco che ha lasciato tutto per viaggiare» un topo, per i pochi che non l’avessero capito «e mi ha raccontato che un paio di mesi fa era finito nella steppa siberiana attraverso un carro merci che trasporta patate rosse in Russia, ma che è dovuto scappare da quel posto perché succedevano cose… strane» perché le cose strane succedono sempre in siberia «strani sbalzi di corrente, in effetti, campi magnetici alterati che hanno fatto impazzire la sua bussola e l’hanno fatto vagare per quaranta giorni nel deserto buio più totale della foresta siberiana. E la cosa interessante» schioccò la lingua sotto il palato e per la prima volta da quando era iniziata quella riunione accennò un piccolo sorrisino soddisfatto «è che mi è parso di leggere che mesi fa, all’inizio di ottobre, i cittadini di Norfolk e dintorni abbiano lamentato gli stessi inconvenienti – in misura molto minore, ovviamente, e solo momentaneamente, ma ora mi pare…» se avesse avuto una pipa e una lente d’ingrandimento avrebbe senza dubbio assunto la tipica posizione di Poirot, ma si limitò a immaginarlo nella sua testa «sospetto. Forse dovremmo documentarci su altri casi simili, vedere se coincidono con le sparizioni, o peggio, con qualcosa di più grande».
    Chiuse il taccuino con un gesto veloce della mano e attese – e se anche quella volta le sue teorie e supposizioni si fossero rivelate inesatte, beh, almeno c’era la torta di Niamh a consolarla. Vero Niamh??
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    non fa molto se non chiedere cose, chiarimenti, spiegazioni su Sabine, l'epidemia, e l'ipotesi Abbandon x Sabine + un topo le ha detto che in siberia ci sono sbalzi elettrici e anche a Norfolk perché insomma cos'è Tottington se non una piccola Siberia?!? quindi non è molto utile, però almeno vi ho presentato un altro wip!!!
    e sì, ovviamente:

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    Quando Aloysius aveva fatto il giro del QG e aveva iniziato a radunare ribelli, aveva trovato Nelia in sala pesi.
    La Hatford l’aveva guardato intensamente al «riunione straordinata tra 10 minuti» del Capo Spie. Lui l’aveva guardata di rimando. Nelia aveva continuato a guardarlo — poi aveva sospirato intensamente, passandosi l’asciugamano sulla fronte imperlata di sudore e poi lasciandolo cadere intorno al collo. «Me ne bastano cinque» Perché aveva bisogno di una sigaretta.
    Non era una gran fumatrice, anzi di norma sceglieva di evitare se poteva, ma l’odore acre del fumo e il bruciore nella gola, nei polmoni, servivano a centrarla. A calmarla. Quel giorno sentiva di averne bisogno, in previsione della riunione: se venivano chiamati tutti, di punto in bianco, dal capo all’ultima recluta, di solito era per due motivi: o era successo qualcosa di grosso o non era successo proprio un bel niente. Nelia non sapeva dire quale fosse peggio; l’idea che finalmente le spie ribelli avessero messo mano su informazioni top secret che avrebbero sbloccato la situazione, o la possibilità che si sarebbero trovati a girare ancora intorno alle solite due-tre questioni, senza apparente senso e senza cornice.
    Quando mise finalmente piede nella sala delle riunioni, percepì subito che anche quella volta, si cadeva nel secondo caso. Fece un sospiro, sedendosi accanto a Wren. Il primo di molti.

    1. Il blitz, Heli e Lafayette.
    Gli occhi scuri di Nelia si posarono con attenzione sul ritaglio di Morsmordre che Al aveva fatto girare, come se non ne conoscesse già il contenuto. Purtroppo era familiare a tutti loro, e comunque non ne sapevano nulla. Sembrava essere un po’ il tema ricorrente di quegli ultimi anni. Concordava con il Crane quando sosteneva fosse assurdo che, in tutto quel tempo, nessuno avesse fatto nulla al Ministero: per quanto ne sapevano loro, si stavano mettendo in moto per un altro blitz, un altro colpo a loro spese. Erano le spie di AL a doverglielo dire. La professoressa alzò lo sguardo pesante sull’uomo, cercando di trasmettere il messaggio. Anche sapere su cosa stesse indagando Helianta al tempo, erano informazioni che dovevano recuperare le spie.
    «Io c’ero! Mi sono divertito molto al bliz alla lanterna, c’erano un sacco di posti da esplorare!» Nelia non aveva dubbi riguardo la sincerità di Tristan, così come non dubitava che Will lo trovasse in qualche modo divertente nella sua spontaneità. Quantomeno, era anche una spia utile. Lo osservò un po', la piega impercettibile delle labbra a disegnare un vago sorriso divertito.
    Non commentò sulla lista di indizi trovati dall’uomo — per quello, lo sapeva bene, c’erano gli appunti disordinati di Wren e Will. Osservò infatti il leader richiamare l’altro all’attenti, e ordinargli silenziosamente di cercare subito, tra i mille foglietti volanti, gli appunti per dare un senso a quanto trovato da Horner. Notando che sembrava in difficoltà, Nelia offrì il suo aiuto allo special e insieme misero da parte una quantità ragionevole di post-it da allungare a Will. Il tutto mentre Al continuava a parlare, e Tristan a renderli partecipi di quanto trovato al blitz.
    «L’ultima volta che siamo stati in contatto con lei, ci ha detto su cosa stesse indagando.» Ah, ma pensa. E sarebbe? Città rase al suolo, villaggi distrutti, gente scomparsa: uao, qualcosa che non leggevi affatto sui giornali, di quei periodi, eh. Ma brave, spiette.
    (Oh, che volete. Nelia aveva il ciclo, le era concesso essere petty almeno una volta al mese, non era una santa. Era umana, era fallibile. Il fatto che avesse molti pregi non significava che non avesse molti difetti; la pazienza non era mai stata il suo forte, nonostante avesse imparato con gli anni ad aumentare le sue scorte e perderla con meno facilità.)
    Quando fu il suo turno, osservò le foto da sopra le spalle di Wren — solo perché Al l’aveva chiesto educatamente (mh mh.) «Jeanine Lafayette, esatto.» OK, quindi Helianta e Jeanine lavoravano insieme. Uao, di nuovo, che scoop. Incredibile. Chi l’avrebbe mai detto. «sarebbe da presupporre che il nucleo della Resistenza francese stia indagando questi avvenimenti, come noi.» Ah, stavano indagando? Ma pensa.
    Nelia lanciò un’occhiata di soppiatto ad un Will inespressivo e con la mente chiaramente altrove: chissà se anche lui stava rimpiangendo i tempi in cui cercare un modo per rovesciare il Governo era la loro unica preoccuazione; quando sparizioni, villaggi distrutti non per mano dei Mangiamorte e resurrezioni improvvise non entravano minimante nell’equazione. Quelli erano sempre stati i loro problemi. Tutto il resto? Una spiacevole novità.
    «La Lafayette risulta attualmente “dispersa”:» Perlomeno, nessuno finse di essere dispiaciuto: Lafayette non piaceva a nessuno, in quella stanza.
    «Ma se noi abbiamo riconosciuto la Lafayette con Helianta, non penso che il Ministero questo dettaglio sia sfuggito. Ci sono persone intelligenti lì.» Portò di nuovo lo sguardo su Horner, sollevando appena un sopracciglio. Enfasi sul ?
    Ma, d’altronde, Nelia non aveva dubbi sul fatto che al Ministero avessero già processato e analizzato tutte quelle informazioni, mentre loro stavano ancora cercando di capire dov’erano andate in gita Moonarie e Lafayette.

    2. Colpi di stato e notizie dall’estero.
    Quando Al prese a leggere la lettera di Bennett, Nelia chiuse gli occhi. Un altro ragazzino che aveva deluso; una persona in più che aveva fallito a proteggere.
    Un altro figlio, fratello, cugino, amico, alleato che perdevano.
    Non guardò in direzione di Telly, voleva per lo meno fingere di dargli tempo di processare quella notizia in privato; se lo meritava. Non era mai facile; e di certo non era quello il luogo per farlo, ma lo meritava lo stesso.
    «Report del genere ci sono arrivati anche dall’Ecuador e dalla Nuova Zelanda: stesse modalità, simili testimonianze, numeri identici.» Non aveva mai creduto particolarmente nelle coincidenze, la Hatford; il fatto che si fossero ripetute altrove, stesse modalità e numeri identici non poteva essere un caso. Sapeva molto di sacrificio: non escludeva che qualcuno avesse scelto di allearsi con Seth, o Abbadon, o qualsiasi nome del cazzo avesse, pur di salire al potere.
    Grandioso: Mangiamorte ed esponenti politici di tutto il mondo che scendevano a patti con la variabile più incerta dell’equazione e rimettevano tutto in discussione. Proprio quello di cui avevano bisogno. Certo, non era ancora un loro problema: ma presto o tardi lo sarebbe diventato; quando, e non se, Abbadon avrebbe acquistato abbastanza potere da tornare a farsi vivo e concludere finalmente quello per cui era stato risvegliato da quell’infame del Drago.
    O qualsiasi altro nefasto programma avesse sulla sua personale agenda.
    Nelia non voleva saperlo, e il solo pensiero le faceva già venire il mal di testa. Entità del genere non potevi semplicemente prenderle a calci; non funzionava così.

    3. La Decima, Lamovsky e altre alleanze.
    Nelia aveva notato Ptolemy non appena aveva messo piede nella sala. Difficile non notarlo, come avrebbe poi sottolineato il gasp di Telly, al quale Nelia avrebbe risposto con un sorriso nascosto dietro il palmo della mano, un sorriso complice scambiato con il geocineta accanto sé.
    L’aveva notato, e si era posta delle domande; ma aveva imparato con gli anni che fosse meglio non farle. Non sempre, almeno. Se Ptolemy era lì, sapeva il fatto suo: Will aveva di certo approvato la sua presenza, e la sua testimonianza. Cercò il Capo della Resistenza, dall’altra parte del tavolo, e non si stupì quando notò di non riuscire a leggere alcunché nell’espressione volutamente impassibile del Barrow.
    «negli ultimi mesi mi sono occupato di alcune… ricerche indipendenti. Sappiamo ancora fin troppo poco di ciò che è accaduto nel Norfolk. Ancor meno degli accadimenti dell’anno scorso.» Nelia non aveva mai cercato di capire troppo, non era lei ad avere il pallino della scienza, o della storia. Mai avuto. Era solo grata che Ben non fosse rimasta coinvolta come vittima dell’improvvisa pandemia — aveva le sue priorità, la prof, fatele causa. Quel poco che sapeva del resto lo aveva imparato ascoltando le conversazioni di studenti e di colleghi. Nulla aveva mai avuto senso.
    «ma ci ha portato a lei.»Lei, a quanto pareva, risultava essere una ministeriale che nessuno aveva mai visto prima e che aveva forse un ruolo chiave nella pandemia. O forse no. Come al solito, non avevano nulla di certo.
    La cosa interessante, l'unica cosa interessante, era che la donna fosse stata beccata insieme a Lamovsky. Quella, almeno, era una prova schiacciante: se, ed era un grande se, tal Sabine Decima era l’elfo aiutante di Abbadon (o lo stesso Abbadon sotto mentite spoglie, aveva sentito qualcuno suggerire anche quella follie — ma perché escluderlo, arrivati a quel punto) il fatto che si fosse incontrata con il nuovo preside di Durmstrang era qualcosa da non sottovalutare.
    «e che ci sfugge qualcosa.» Era abbastanza matura da non dirlo ad alta voce, ma la espressione, rivolta direttamente a Ptolemy, era un palese e inconfondibile non mi dire. Facciamo anche più di qualcosa.
    Lasciò perdere la spia, portando l’attenzione su Cherry Benshaw.
    (Aw, big sis Monet alla riscossa.)
    «lamovsky era il braccio destro di vasilov, cosa ci dice che non stia cercando di finire quello che avevano iniziato? non escludo che lui e abbadon abbiano trovato un accordo che benefici entrambi.» Onestamente? Più veniva sottolineata quella possibilità, meno Nelia si sentiva tranquilla. Se il Drago era stato folle nella sua imprevedibilità, il suo successore era preoccupante nella propria, al contrario, prevedibilità. Era finito al potere per una successione non così fortuita di casi, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimanerci. Non potevano escludere nulla.
    E le sparizioni, che Benshaw suggeriva potessero essere imputate anche a Sabine Decima, rimanevano comunque un grande punto interrogativo. Erano tutte collegate tra loro? Oppure, andavano a contribuire a diversi progetti, diversi schemi e disegni? Di quanti altri sacrifici avevano bisogno?
    Erano domande per le quali Nelia non aveva risposto
    E, sembrava, nessun altro ribelle.
    Ancora una votla, l’addestratrice scelse di immagazzinare quelle informazioni in assoluto silenzio.

    4. L’epidemia, il 1400.
    E rimase ancora in silenzio anche quando fu il turno di Telly a prendere la parola. Ascoltò tutto il suo resonto, del villaggio sommerso dalla valanga e degli scienziati spariti — insieme alle loro ricerche. Classico.
    Iniziò a picchiettare con le unghie sul tavolo, lo sguardo lontano e perso in pensieri chre non Nelia non aveva intenzione di condividere con nessuno, per il momento.
    Non le piaceva parlare senza prima sapere cosa dire; non è più quella ragazza.
    Lasciò che altri prendessero la parola dopo l’elettrocineta, che formulassero le proprie ipotesi e che contribuissero con le loro supposizioni: tutto faceva brodo, e nulla faceva ordine.
    Fu solo quando la giovane Marshall prese parola, tornando ad esaminare quanto avvenuto ad Hogwarts l’anno prima, che Nelia raddrizzò la schiena; non aveva mai smesso di prestare attenzione, ma non voleva dire che non avesse scelto volontariamente di riflettere, a modo suo, su quanto emerso in quella riunione. Fino a quel momento, il suo contributo non era stato necessario, o rilevante.
    Ma al «non ci sono stati morti, che noi ne sappiamo, quindi in che modo potrebbero essere connesse? il ministero ha provato a uccidere un manipolo di studenti e professori per qualche ragione usando Sabina e lei ha fallito? oppure li ha salvati?» fermò l’incessante picchiettare sul tavolo, unico segno che fosse meno calma e composta di quanto lasciasse credere, e portò lo sguardo serie sulla concasata.
    Riflettè un minuto: aveva abbastanza fatti per supportare quanto stava per dire? , e quello bastava per convincerla che valesse la pena, a quel punto, parlare e condividere. Puntellò l’indice contro la superficie liscia del tavolo, poi lo battè due volte, pensierosa.
    «Non il ministero.» Sentì Wren shiftare sulla sedia accanto a lei, ma non lo guardò, gli occhi fissi su uno dei foglietti che dal geocineta si erano sparpagliati fino ad arrivare di fronte sé. Non sapevano chi fosse stato, ma sapevano che non fosse stata opera dei Mangiamorte. «Alcuni colleghi docenti hanno organizzato dei team di ricerca per trovare risposte a quanto accaduto lo scorso anno,» finalmente alzò lo sguardo, cercando i pochi studenti che si erano trovato al QG quel giorno, e che erano presenti alla riunione; non i soli, comunque, ad essere al corrente della cosa.
    Spostò le iridi ebano su William, e continuò. «Parlavano di “storia che si ripete”, di fatti accaduti e poi dimenticati.» Com’è che si diceva? «damnatio memoriae» letterale, in quel caso. «Accennavano a qualcosa nascosto nella foresta che, stando alle loro preliminari ricerche, intorno al 1400 sembrerebbe esser stata la causa di una pandemia identica a quella che ha colpito Hogwarts.» Aveva sentito Guadalupe e Richard parlarne più volte, e si era anche offerta di seguirli nella Foresta Proibita come paio di occhi in più per controllare studenti e volontari che si erano uniti al team. «Da quello che so, non hanno ancora fatto luce su nulla di certo, e il fatto che nei libri non venga mai citato questo particolare capitolo della storia del castello, non aiuta.» Ma faceva sorgere delle domande: cosa poteva mai essere successo di così terribile da meritare di essere cancellato dai libri e dalla memoria collettiva? Cosa nascondeva la Foresta?
    Si strinse nelle spalle, Nelia, incapace di rispondere ai suoi stessi quesiti. «Il Ministero è solo intervenuto per evitare che se ne parlasse troppo.» Contenere i danni, e tutta quella roba lì; quello che faceva di solito. Lanciò un’occhiata significativa ai ricercatori seduti a quel tavolo: c’era molto lavoro da fare, sia per contrastare la censura che veniva applicata quotidianamente dal MInistero, sia per ricostruire una storia con fin troppi buchi.
    A Marjorie, rivolse un’espressione calma. «Immagino che Sabine fosse lì per accertarsi che nessuno riportasse qualcosa che non doveva.» Inizialmente, nelle vesti di ministeriale: ma alla luce di quanto appena emerso, forse era stata mandata lì da qualcun altro. «Su quanto successo, il Ministero,» per una volta, «ne sa tanto quanto noi. Non è stata opera loro
    Che lasciava una domanda non detta, ma chiara per tutti: quindi, di chi?
    Nelia picchiettò il dito una volta, e tornò in silenzio.

    5. Lancaster.
    Guardò Will, ancora e sempre; checché ne pensasse il Barrow, la fede di Nelia in lui non aveva mai vacillato. La sua era, finalmente, una domanda sensata.
    Nelia cercò subito, con lo sguardo, la Matthews — che però si strinse nelle spalle. Avevano tentato, a loro modo, di indagare un po’ anche sul fronte americano, dopo che Willa era andata da lei con una bozza di idea e qualche stralcio di informazione arrivatole da vecchie conoscenze oltreoceano.
    Ne erano comunque uscite a mani vuote, nulla che valesse la pena condividere con la classe.
    Non avevano informazioni utili, per Will, su Lancaster.

    6. Buon compleanno, Niamh.
    Ah, ma quindi davvero?
    All’ennesimo “tanti augurii niamh”, Nelia si voltò in direzione della Barrow e mimò, col labiale, un «auguri?»
    Intanto, un gasp alla sua destra la fece saltare sulla sedia. «NESSUNO MI HA INFORMATO DI DOVER FARE UNA TORTA!?!? Le priorità di Wren.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    se pensate sia solo un recap di quanto detto fino ad ora, pensate bene.
    l'unica cosa (non) utile che dice è in risposta a Jo, sulla questione 1400
    rileggo? yes no maybe i dont know can u repeat the question
     
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    Non ci capiva nulla. In generale, e sempre di più, ma in particolare lì, in quel momento. Quel senso di incomprensibilità e, ancora di più, di impotenza, ormai non lo abbandonava mai. Era con lui al Ministero, nelle otto più un numero imprecisato (e non pagato) di straordinari ogni giorno della settimana. Era con lui quando la sera, sfinito, e in ogni ritaglio di tempo, si trascinava al quartier generale dei ribelli nella biblioteca (?) polverosa e caotica per cercare di svolgere il suo vero lavoro, facendo ricerca e cercando di capire.
    Ma era tutto inutile. Lui era inutile. Quante volte, e sempre più spesso, ormai, si era ritrovato a piangere silenziosamente per la frustrazione – ovviamente dopo essersi accertato che non ci fosse nessuno nei paraggi, perché mai si sarebbe fatto vedere non tanto in quello stato, ma intento a provare la qualsivoglia emozione –, quante volte si era domandato il perché, quale senso avesse tutto questo.
    Non riusciva a darsi alcuna risposta.
    Eppure, doveva esserci un senso. Continuava a ripeterselo, come per autoconvincersene, perché non poteva fare altrimenti: accettare la mancanza di senso significava accettare anche un’altra mancanza. Quella di una soluzione. La mancanza della salvezza. La salvezza di tutti, certo, ma, in primo luogo, egoisticamente, dei suoi cari.
    E fu proprio loro che cercò febbrilmente con lo sguardo tra il capannello di gente richiamato all’ordine da Crane, provando un tuffo al cuore quando gli parve di intravedere un ammasso di ricci dello stesso colore dei suoi capelli. Si schiacciò istintivamente contro la parte di fondo, quasi sperando che lo inghiottisse. In tutti quei mesi, anzi, quegli anni, ormai, passati lì dentro, si era ben guardato dall’incrociare i propri passi con quelli di lui, di loro, troppo terrorizzato da quello che sarebbe potuto succedere e, ancora di più, delle sue possibili, probabili, reazioni. E poi tutti conoscevano i problemi scaturiti dai paradossi dei viaggi del tempo. Era lì per un motivo, e quel motivo erano proprio loro. E tutto il resto del mondo, d’accordo. Non per questo, però, non faceva male…
    La schiena appoggiata al muro, le braccia incrociate sul petto, la (poca) altezza a nasconderlo totalmente, o quasi, dal resto dell’assemblea, Bertie ascoltò in silenzio i resoconti e gli indizi portati dai colleghi, cercando per l’ennesima volta di mettere insieme i pezzi. Ma, altrettanto per l’ennesima volta, si ritrovò con in mano un pugno di mosche. Serrò la mascella, mordendosi inavvertitamente le guance con fin troppa forza; il dolore, però, lo fece solo continuare, un po’ per frustrazione, un po’ – soprattutto – per punizione.
    Possibile che non riuscissero mai a fare il benché minimo passo avanti? Possibile che non si rendessero conto di quanto, ormai, il futuro incombesse sempre più minaccioso su di loro? Il futuro… Se solo fosse stato più attento, nel futuro. Ma era troppo giovane, troppo convinto che, nonostante tutte le brutture del mondo, le cose sarebbero andate meglio, tutto si sarebbe, in un qualche modo, sistemato… Non voleva imputare a loro quel suo menefreghismo, perché la loro unica colpa era solo averlo amato troppo, averlo amato così tanto da tenerlo sempre e comunque lontano dalla realtà e dai suoi problemi. Allora non faceva parte della Resistenza. Perché troppo giovane. Troppo innocente. Troppo spensierato, troppo noncurante.
    «E se…» Quasi non si accorse di aver preso la parola, lì nel suo cantuccio. Ma quel pensiero, quella paura, gli premeva troppo forte dentro per restare confinata dietro la barriera dei suoi denti serrati. «Abbandon, o chi per lui – e , Sabine potrebbe essere lui – volesse dare il via a una pandemia? Una morbo antico, dimenticato, volutamente dimenticato, anzi… Se dietro al viaggetto camuffato da allucinazione collettiva nel Quattrocento non c’è il Ministero, non potrebbe esserci lui? Un salto nel passato per recuperare il virus… e riportarlo qui. E ora lo sta studiando. Lo sta selezionando, forse persino modificando. E lo sta testando. A Norfolk. In Siberia. In Eritrea. Un’arma di distruzione di massa…»
    Non era un complottista, Bertie, ma era egoista e sapeva cosa sarebbe successo dopo. La guerra. La malattia. La morte.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    Perché mi ostino a fare pg che dovrebbero essere intelligenti, quando poi si ritrovano me come player e, be', fail totale?

    Bertie è inutile come sempre e spara cose completamente a caso solo perché, obv, non può starsene zitto.
    Ipotizza che Abbandon abbia ripescato dal 1400 una malattia terribile, sottoposta volutamente a damnatio memoriae a suo tempo, e che ora la stia testando nei posti dove sono successe cose /strane/ (Tottington, Siberia, Eritrea, ecc.) per scopi oscuri TM.
    E, anche se non lo dice, sospetta, teme sia l'origine dell'epidemia del 2043.
     
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    Se avesse potuto sprofondare di più nella propria sedia, l'avrebbe fatto. Si sentiva di nuovo a scuola durante le lezioni del professor Jeong, quando questi faceva domande a sorpresa alla classa e Joohno evitava il suo sguardo con tutte le proprie forze, fingendosi invisibile e sperando di non diventare la vittima del giorno.
    Avrebbe fatto bene a starsene nel laboratorio dei pionieri. Non voleva il reminder di essere responsabile del fatto che il ministero avesse scoperto delle ricerche di Helianta Moonarie, che potessero essere mezzo passo avanti a loro (a lui che non aveva capito una sega, sicuro).
    Che poi sapeva a nessuno fregasse niente di lui, sapeva che la metà della gente presente neanche si ricordasse il suo nome, figuriamoci il fatto che fosse stato lui a invitare Finley a lavorare come suo assistente e usare come ufficio la Lanterna Dorata, e poi a lavorarci- ma non voleva dire che l'ansia non gli rodesse lo stomaco, il groppo in gola non lo facesse sentire sull'orlo del pianto, e cincischiare col tablet (per prendere appunti, davvero) non lo stesse rilassando. Gli mancava la versione di sè che non si agitava, che amava piacere ma non si preoccupava che questo accadesse.
    «Tutto bene?»
    Gli mancava anche la versione di sè che era ben più capace a fingere di stare sempre una favola, anche quando non era così.
    Alzò un pollice verso Dakota sorridendo e sussurrando di ricambio: «Certo. Sto prendendo appunti»
    Che erano già nella merda così i ribelli, non serviva anche infilarci i drammi personali
    ...e poi doveva resistere fino al momento della torta per Niamh.

    (...)


    «se ogni tanto condividessero anche le informazioni..»
    Sorrise fingendosi divertito, giusto per dar segno a Moka di aver sentito l'affermazione, ma non la condivideva. Ovviamente le varie ribellioni avrebbero dovuto contribuire vicendevolmente alla salvezza del mondo, raccontarsi tutto - la loro unione era forse l'unica possibilità che avevano per arrivare al loro obiettivo comune di libertà... ma era difficile fidarsi dei propri a volte, come poteva pensare che qualcuno avrebbe rivelato con tanta leggerezza informazioni simili a gente di altri stati?

    (...)


    Guardò le foto, e cercò velocemente sul tablet alla ricerca di mail ricevute tempo prima per aggiungere le proprie fonti.
    «In Corea i ribelli abbiano segnalato situazioni simili, da loro e in Giappone» mise in centro il tablet, giusto il tempo di far vedere le foto. Luoghi abbandonati, immobili, scene del delitto tuttavia prive di sangue. «Inizialmente hanno dato la responsabilità al governo coreano e giapponese: alcune scomparse sono state effettivamente rivendicate, dicendo che le famiglie erano nemiche del regime... ma ovviamente la cosa puzzava, per questo miei conoscenti mi hanno inviato le foto chiedendo se notavo qualcosa» Niente Lafayette, nelle sue foto... e in fondo, la resistenza coreana non era organizzata come quella inglese, era già tanto riuscisse a sopravvivere, figuriamoci se avrebbero notato helianta o lafayette. «gli ho chiesto di tenermi informato se succede altro di simile o inspiegabile»
    Si riprese il tablet, cercando altre informazioni. «Sbaglio, o a Bodie erano capitate cose simili?» si guardò in giro, cercando chi poteva saperne. Ne aveva parlato con Mads, ma non era che un segreto di pulcinella, probabilmente. «gente morta senza ragione, la leggenda di qualcuno che faceva sperimentazioni per trovare il segreto della vita eterna, un'intera cittadina diventata città fantasma dall'oggi al domani il... mmh... 21 aprile 1919?»
    Non che volesse confondere sè o altri con informazioni inutili, ma se a qualcuno si fosse accesa una lampadina con quelle cose buttate a cazzo?? CHI LO SA NON IO!!! «senza contare che è uno dei posti dove si sono registrati i picchi di energia inspiegabile»
    Parlare gli aveva dato un po' di coraggio, e nonostante il rush al battito di cuore, si sentiva... meglio.
    Oh, almeno era inutile, ma carino.

    (...)


    Un'ombra gigante che aveva ucciso un capo politico. A JD non sfuggiva il collegamento Abbadon-magie potentissime, e neppure la similitudine del cambio di governo con l'attuale regime inglese (duro e severo con i maghi tanto quanto con gli special)... a confonderlo era più che altro la supposizione che fosse stato il super special in persona a buttarsi nella mischia. Non era tipo... boss op imbattibile lv. 999 all'ultima ascensione? Non sarebbe bastato l'esercito mercenario in grado di fare queste magie cazzutissime? Gli sembrava quasi sprecato mandarlo contro un solo uomo, quando avrebbe potuto conquistare il mondo.
    «Abbadon chiamava le persone che ha salvato le sue ombre» Mandò un metaforico bacio in cielo a Sehyung, sperando se la stesse passando meglio fuori dal regno unito. Con sta storie di Abby, iniziava a pentirsi di averlo lasciato andare via. «Abbiamo dovuto escluderli dalla resistenza per paura che potessero passargli informazioni. E se facessero di più per lui?» si beccò lo sguardo offeso di Dakota, ma si strinse nelle spalle sussurrando un «Lo sai che è possibile. Non dico volontariamente, ma potrebbero». Non è che solo perchè avrebbero preferito di no, non era possibile. Avevano tutti quel terrore da anni.

    (...)


    Cherry: «lamovsky era il braccio destro di vasilov, cosa ci dice che non stia cercando di finire quello che avevano iniziato? non escludo che lui e abbadon abbiano trovato un accordo che benefici entrambi»
    Un purosangue della peggior specie, e quello che tecnicamente poteva definirsi un super special? Special la cui prigioniera era stata causata proprio dai maghi? JD si segnò le teorie altrui, ma se non per l'incontro fra possibileformafigadi abbadon e il preside di durmstrang, gli risultava difficile credere che fossero in combutta.
    O forse non voleva solo farlo per dormire sonni più tranquilli.

    (...)


    «l’opinione che va per la maggiore, è che siano tutte prese di corrente. per ricaricare qualcosa, qualcuno»
    Annuì leggermente, anche se nessuno lo stava guardando.
    Insomma, lui aveva anche detto a Zack e Kyle che credeva stessero facendo un mega pentacolo di omicidi alla FMA creando queste ley line ma a quanto pareva l'alchimia non funzionava davvero così quindi niente

    (...)


    Sapeva poco della malattia, sapeva ancora meno della cura. Sapeva del Norfolk quello che sapevano i ragazzi che (in un modo o nell'altro) gli avevano dato le informazioni, quindi quello che aveva era confuso e sconclusionato. Se non fosse stato citato, non avrebbe neanche pensato fosse collegato ad Abbadon
    «La malattia del 1400... pensate sia collegata in qualche modo a quella che ha provato a diffondere il Drago nel 2017?» non c'era stato, in quel primo scontro aperto e dichiarato, ma ne aveva ovviamente sentito parlare.
    Si strinse nelle spalle. Ok, probabilmente non c'entrava nulla. Scusate, si cita "malattia" e io collego le due cose (eh malattia 2043) nonchè la quest 4 che non c'entra sicuramente niente ciao Al almeno se scoppia la pandemia ci provi a salvare tu.

    (...)


    «chissà quel figlio di puttana di Lancaster»
    Doveva candidarsi ufficialmente per cercarlo?
    "Non lo faccio". Non lo fece.
    Will mi fa così paura.

    «(niamh ma la tagli sta torta o dobbiamo aspettare la fine delle cose serie? Mangiare fa pensare meglio)»
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    è inutile (e ovviamente vi consiglio di leggere solo i dialoghi colorati apposta per essere visti meglio).

    -- sulle scomparse e luoghi risucchiati (cosa) aggiunge che succede anche in corea e giappone (wow)
    -- paragona le scomparse (?) a quelle di bodie nel 1919
    -- butta lì che forse i resuscitati di dicembre lavorano per abbadon
    -- «La malattia del 1400... pensate sia collegata in qualche modo a quella che ha provato a diffondere il Drago nel 2017?»
    -- niamh ma ci tagli la torta? chiedo
     
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    Milk, così si faceva chiamare perché il suo nome thailandese era impronunciabile e spesso veniva chiamato semplicemente kinese, quindi onde evitare sbagli aveva scelto Milk.
    Faceva parte della resistenza già da qualche anno ed era un miracolo che fosse ancora vivo ma non sapeva fare altro se non combattere e lo faceva dannatamente bene.
    Sapeva bene che quell'incontro era del tutto diverso e avrebbe voluto dire qualcosa ma alla fine lui era un semplice guerriero, credo, che eseguiva gli ordini nella speranza di un mondo migliore, credo.
    Non era molto intelligente ma sicuramente se erano tutti lì era per qualcosa di importante, anche perché il tizio ubriacone (e si parlò di Al) aveva spiegato la situazione e chiesto suggerimenti ma lui aveva davvero capito? Ovviamente no quindi con le braccia incrociate e faccia seria, credo, continuava ad annuire.
    ora pensa! si perché tutti sembravano davvero pensare alle parole di Al e davvero stavano dicendo la loro. Assunse la posa del pensatore ma non aiutò e solo un pensiero lo fece sobbalzare
    ho fame sussurrò a se stesso, poi tornò ad ascoltare gli altri, avrebbe provato ad assimilare altre informazioni e magari tra qualche mese avrebbe detto la sua, era lento a pensare.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    scusate il post, volevo partecipare a tutti i costi perché sto provando a tornare attiva, ma ho letto solo i primi due post quindi sono abbastanza inutile. Prometto che mi rimetto in pari e riuscirò a dire la mia la prossima volta.
     
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    gifs30 y.o. | wantedchronokineticHELIANTA MOONARIE
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    Il suono del campanella sulla porta accompagnò l'uscita del cliente dalla Lanterna Dorata. Helianta lo seguì con lo sguardo finchè non scomparve dietro uno degli angoli bui di Quo Vadis Town. Era abbastanza sicura che per quella giornata gli affari erano finiti, nessuno sarebbe stato così incosciente da andare in libreria alle quattro del mattino in piena settimana lavorativa, ma conosceva sufficientemente bene la propria clientela da non dare nulla per scontato. Dopotutto era anche per loro che la Lanterna faceva quegli orari apparentemente così assurdi -orari che Heli non avrebbe mai imposto a nessuno dei suoi dipendenti e di cui si faceva carico non senza piacere. Proprio quel giorno aveva dovuto insistere per il turno di chiusura della libreria, nonostante i reclami di Fin e gli evidenti segni lasciati sul volto dalle notti insonni.
    «tutta quella caffeina ti ucciderà» l'aveva rimproverata. Lo switch dal tè al più efficace caffè era il primo segnale che i suoi amici avrebbero dovuto cogliere che qualcosa non andava, non che fosse necessario notare un dettaglio così piccolo dopo gli eventi che avevano costellato i suoi ultimi sei anni di vita. «sono sopravvissuta a cose ben peggiori, credimi» lo aveva tranquillizzato «e poi stanotte deve passare un cliente importante, ho bisogno di parlarci personalmente», sperava di non ricevere altre domande al riguardo. Solo quell'informazione gli sarebbe potuta costare molto.
    Chiuse a chiave la porta della libreria e girò il cartello su "closed". La persona che stava aspettando non avrebbe usato un ingresso così banale ed esposto.
    Heli controllò l'orologio sul bancone torturandosi le mani dall'ansia «ho ancora un po' di tempo». Ironico da parte di una cronocineta preoccuparsi del tempo, eppure non c'era cosa che temesse di più. Invincibile, inarrestabile, capace di distruggere qualunque cosa. C'era un motivo se gli orologi erano uno degli oggetti babbani più diffusi nel mondo magico: maghi, streghe, special, babbani, nessuno si sottraeva al ticchettio incessante che scandiva le loro vite. Quasi nessuno.
    Heli era forse la prova vivente di questa eccezione e sapeva bene di non essere l'unica, aveva incontrato altri come lei, aveva visto di persona come il tempo poteva piegarsi al volere, al potere, di chi ne avesse bisogno. E ciò la spaventava anche più del tempo stesso. Era soprattutto per quello che aveva praticamente smesso di usare le proprie abilità. Ogni volta che sentiva quel formicolio lungo le dite e la pelle d'oca affiorare sotto i vestiti iniziava a sudare freddo. Il respiro si faceva pesante, affannato, la testa le girava, la vista le si offuscava e ogni movimento sembrava a rallentatore.
    Distinguere un attacco di panico da un uso accidentale del suo "potere", come lo chiamavano quelli del Ministero, era ormai impossibile.
    Si guardò attorno ancora scossa dall'ansia che l'attesa portava con sè. Avrebbe potuto fermare quell'istante per sempre, vivendo la propria vita in una notte estiva perenne, le luci della Lanterna Dorata soffuse e scaffali di libri a proeteggerla dal mondo esterno, ma non avrebbe mai osato. Non si sentiva al sicuro con le sue capacità anzi, usare la cronocinesi era per lei come puntarsi una pistola alla tempia e giocare alla roulette russa.
    Helianta Moonarie era sopravvissuta fino ai suoi trent'anni, ma non senza cicatrici -cicatrici che il tempo aveva indurito e inspessito, cicatrici che il tempo aveva causato.
    Quel posto le sarebbe mancato molto più del suo appartamento a New Hovel. Se c'era un divanoletto nell'ufficio era anche per quello. Certo, tornava utile un posto comodo dove appoggiarsi tra un turno notturno e l'altro, ma era anche la scusa migliore per evadere da un luogo che non l'aveva mai fatta sentire a casa, nonostante tutti i suoi sforzi.
    Le mani scorrevano sui dorsi dei libri lungo gli scaffali, gli occhi chiusi e i piedi a percorrere quei corridoi che conosceva come le proprie tasche.
    Non poteva saperlo, ma immaginava Heli ciò che sarebbe successo senza di lei. Avrebbe potuto affacciarsi sul futuro e vederlo di persona, forse anche impedirlo, ma, ancora una volta, non avrebbe mai osato così tanto.
    Ebbe la certezza di non aver fermato il tempo solo quando sentì il rumore di quei passi così familiari.
    «sei pronta?»
    No che non era pronta, ma aveva già preso una decisione e sapeva di non poter tornare indietro. La domanda non ricevette una risposta.
    Helianta si avvicinò al bancone e ne tirò fuori uno zaino da viaggio con lo stretto indispensabile. Come richiesto, solo oggetti babbani: nulla che potesse lasciare dietro una traccia magica che il Ministero potesse seguire. Nemmeno i libri su cui aveva passato notti insonni, le pagine piegate e piene di post-it, matite, bigliettini e segnalibri che sbucavano disordinati dai tomi, nemmeno i suoi appunti, i suoi quaderni scarabocchiati con una grafia che diventava sempre più disordinata man mano che la stanchezza aveva la meglio su di lei. Aveva cercato di nascondere tutto, distruggere quello che poteva, ma sapeva che non sarebbe bastato.
    Non si fidava della Resistenza, non era mai stata così incosciente da andare apertamente contro il regime politico che tanto temeva, e la persona a cui aveva finito per rivolgersi era per certi versi peggio della Resistenza, ma era anche l'unico modo per poter andare avanti con le proprie ricerche. Nonostante i limiti che essere una babbana comportava, Helianta sentiva di essere sulla strada giusta, ma i suoi amati libri potevano aiutarla solo fino ad un certo punto. Aveva bisogno di risorse. E così avevano stretto un accordo.
    Poteva dirsi quante volte voleva che non si stava schierando, che il fine giustificava i mezzi, che non aveva sposato la loro causa e che non credeva nei loro metodi, ma sapeva bene che a nulla sarebbero servite quelle parole una volta che la sua assenza prolungata fosse arrivate alle orecchie del Ministero.
    «ci tengo a precisare che non sono dalla vostra parte» il viso indurito da un'espressione seria che le fece corrugare la fronte «non sto da nessuna parte. Siamo collaboratrici, non alleate» parole vuote, le azioni avrebbero rivelato tutt'altro.
    «collaboratrici? speravo in qualcosa di più... intimo- un sopracciglio alzato e un sorriso tagliente -dopo tutto quello che è successo».
    Helianta arrossì nella penombra della libreria, forse per l'espressione beffarda di Jeanine Lafayette, forse per le sue r così parigine.

    ◊◊◊

    Quando il collegamento si richiuse senza ricevere alcuna risposta per la quinta volta di seguito, Helianta perse definitivamente la paziena «è inutile, non ho intenzione di aspettare ancora» afferrò il piccolo cilindro argentato sul tavolo davanti a lei prima che Merlin potesse fermarla e si alzò bruscamente, subito seguita da lui, come se avesse voluto fermarla. «Tu es sûre de vouloir prendre ce risque?» l'occhiata fulminante che il mago ricevette lo ammutolì «ho ricevuto un ordine e non ho intenzione di disobbedire» non le era mai stato particolarmente simpatico, potete dunque immaginare la reazione della cronocineta alla notizia che sarebbe stato proprio quel ragazzino a doverle coprire le spalle durante l'assenza della sua collaboratrice. «assicurati che nessuno si avvicini, incanta la porta e se succede qualcosa ti faccio venire le rughe sul fondoschiena con un solo tocco, chiaro?» non era sicura di poterlo fare, ma le sarebbe piaciuto affinare le sue abilità, quindi conveniva che Merlin non facesse brutti scherzi.
    Si chiuse a chiave nella squallida camera da letto che componeva il piccolo appartamento, nel frattempo sentiva il mago bisbigliare in latino incantesimi che conosceva ormai a memoria e che avevano accompagnato ogni suo spostamento da quando aveva lasciato Quo Vadis Town più di sei mesi prima.
    Si posizionò al centro della stanza e osservò il cilindro. L'aveva vista farlo decine di volte, sapeva come muoversi: un giro, due giri, premi l'estremità, due giri. Helianta allentò la presa attorno al piccolo artefatto che si mantenne fluttuante nell'aria, mentre un tenue bagliore bianco iniziava ad irradiarsi dal dono che le aveva fatto Jeanine.
    Le scintille iniziarono a disegnare delle sagome vagamente umane davanti alla cronocineta «Quartier generale mi ricevete? Quartier Generale?» la voce tremante, le gambe ugualmente instabili. «Quartier Gnerale mi sentite? Sono Heliante Moonarie, ripeto Helianta» poteva vedere le sagome muoversi ma ancora non distingueva alcun suono, nè riusciva a capire chi la stesse effettivamente ascoltando, ma ormai il danno era fatto. Aveva detto chi era e se i destinatari non fossero stati i ribelli, ad Azkaban ci sarebbe stata già una cella con il suo nome sopra «c'è qualcuno?».
    Un volto noto apparve davanti a suoi occhi, impallidito dal colore della magia che aveva permesso quel collegamento, più barbuto, più provato, ma Heli lo avrebbe riconosciuto anche in una stanza buia. Alla fine era così che si erano conosciuti.
    «chi muore si rivede, giusto?» un sorriso beffardo ma sollevato mentre Al e quelli che presumeva essere gli altri ribelli iniziavano a stagliarsi più chiaramente nel suo ologramma. Poteva percepire la sorpresa dei presenti, sentiva i loro sguardi puntati su di sè. Sembrava che avessero visto un fantasma e, effettivamente, i precedenti e le attuali circostanze in cui Helianta Moonarie aveva interrotto il proprio silenzio radio giustificavano a pieno quelle occhiate. Non che questo rendesse più facile sopportarle.
    «non ho molto tempo» l'ironia della sorte non smetteva mai di stupirla «ho delle informazioni per voi» sfilò dalla propria giacca un plico di carta contenente ciò che lei e Jeanine avevano raccolto nei loro appostamenti e iniziò a mostrarle una ad una, davanti a sè. Avrebbe voluto avere un fax babbano, sarebbe stato più efficace, ma sperava che i pochi secondi concessi per ogni immagine bastassero ad aiutarli, a dare loro delle informazioni preziose. Sperava che potessero essere loro a mettere insieme i pezzi che aveva raccolto con Jeanine. «grazie alla collaborazione con Beauxbatons abbiamo scoperto che... non è da solo» non serviva fare nomi, non voleva fare nomi «durante le nostre indiagini lo abbiamo visto sempre accompagnato da una scorta, si muovono insieme, non sappiamo esattamente perchè, ma alcuni di loro sono volti... noti». Ci aveva provato, aveva scavato in tutti i propri ricordi cercando di recuperare nomi, indirizzi, date, ma erano poche le informazioni che era riuscita a fornire durante le indagini. Ricordava di aver intravisto i tratti di Stiles ma col passare dei giorni quello nella foto sembrava sempre meno il ragazzo che aveva conosciuto Heli, divenendo sempre più anonimo, quasi sbiadendo ad ogni sguardo che si posava sulla sua immagini. Una folta chioma riccia circondava il volto spento di una ragazza. Una figura dai tratti duri, seria ma impassibile. Ancora un altro, capelli chiarissimi, ancora lo stesso vuoto inespresssivo che infestava gli incubi della Moonarie.
    Ci aveva provato a ricordare, qualcuno di loro era sicuramente passato di lì, dalla Lanterna Dorata, magari qualcuno di loro aveva anche sofferto alla tragica notizia del blitz. Avrebbe potuto salvare qualcuno, velocizzare le indagini, se solo un nome fosse affiorato con certezza dalla marea di volti che le sembravano così familiari e così sconosciuti al tempo stesso. Riflessi sbiaditi, come se da un momento all'altro potessero scomparire dalle foto.
    Decise comunque di non dire nulla in quel momento, non voleva dare false speranze e sicuramente tra i ribelli c'era chi sarebbe stato più capace di lei nell'identificazione degli altri individui. «non è tutto» aggiunse dopo un respiro profondo. Il silenzio la circondava. Un silenzio assordante.
    Quello che stava per dire non faceva parte della missione, non sapeva se era la cosa giusta da fare e non era sicura di quello che ne sarebbe conseguito, ma non poteva far finta di niente. «Lafayette mi ha ordinato di mettervi al corrente delle nostre indagini nel caso in cui avessimo perso le sue tracce e adesso...» sentì la voce cedere impercettibilmente «adesso è arrivato il momento, è scomparsa» sapeva bene che la richiesta della preside francese singificava molto per entrambe. Helianta era ormai uscita allo scoperto, era ufficialmente colpevole di tradimento, bastava che una sola persona si lasciasse sfuggire il suo nome per sciogliere ogni dubbio sulle sue azioni; Jeanine era dovuta rimanere nell'ombra, far credere a tutti di essere scomparsa per potersi dedicare al cento percento alle ricerche e ora era lei stessa a chiederle di bruciare una copertura rimasta perlopiù intatta, dopo averla protetta e averle garantito asilo in cambio della loro collaborazione, ma non ci sarebbe voluto molto prima che qualcuno si mettesse sulle tracce della cronocineta. «sperava che poteste aiutarci... speravo che poteste aiutarla. Nessuno ha sue notizie da quando ha avviato l'ultima indagine in Armenia tre giorni fa, non è da lei rimanere così a lungo nell'ombra senza fare rapporto al team e ogni nostro tentativo di stabilire dei contatti è stato-» un tonfo sordo la interruppe.
    Helianta si voltò di scatto verso la porta chiusa a chiave che la separava dalla stanza in cui si trovava Merlin. I vetri delle finestre iniziarono a tremare, ma nessun temporale era in vista «non può essere...».
    Immediatamente accartociò le foto tra le sue mani, le dita formicolanti: degli scatti non doveva rimanere nulla, non potevano lasciare alcuna traccia. Delle foto perfettamente integre fino a pochi istanti prima rimanevano ora frammenti sbiaditi e sottili, incomprensibili ed erosi dal tempo.
    Un altro tonfo, stavolta però contro la porta stessa. Non avrebbe retto ancora per molto. Non c'era più tempo. «dovete stare attenti, è più pericoloso di quanto pensiate. Ciò che è successo in quei posti è solo l'inizio: ha un piano» cercò di fornire quante più informazioni nel minor tempo possibile, mentre col pensiero andava già a ciò che avrebbe dovuto... potuto fare negli istanti successivi.
    Sentì le guance avvampare, gli occhi pizzicarle. Si era trovata in situazioni simili fin troppe volte, ma era sempre come la prima volta. La morsa allo stomaco, il sudore freddo, le labbra tremanti. Era circonadata dai ribelli, ma sapeva bene che non avrebbero potuto fare nulla se non testimoniare impotenti qualunque cosa stesse per accadere. Ma come aveva fatto a trovarli? Avevano preso tutte le precauzioni possibili e immaginabili.
    Rivolse un ultimo sguardo ai fantasmi che la guardavano confusi, diafani e lontani «questa non è più una linea sicura, siamo stati compro-» una punta non così lieve di disperazione in quelle parole che si spensero prima di poter essere terminate.
    Buio.
    Le luci della stanza fulminate, il collegamento chiuso, il trasmettitore in frantumi sulla moquette crema.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.
     
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