big yikes.

dark street | ft. mini

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    Theo Kayne
    Theo non era del tutto ubriaco – oh, aveva quindici anni ma non era mica un pivello che si ubriacava come una mezza sega qualunque, con una birra e via –; Theo Kayne era anche fatto, grazie prego e addio. Un dettaglio che andava specificato, sì, ma non necessariamente tenuto in considerazione in quella circostanza, perché il ragazzino riusciva ancora a rimanere dritto sulle proprie gambe; si era appoggiato alla parete dell'edificio solo per paura che il muro cadesse e lo schiacciasse, non lo vedeva molto stabile.
    Fine.
    Non stava cercando il suo equilibrio, mpf.
    Nemmeno il tempo di formulare quel pensiero, che inciampò sui propri piedi e finì contro uno dei secchi abbandonati nel vicolo in cui si era rifugiato: non significava nulla, comunque! Inciampava spesso, anche da lucido, perciò vaffanculo. Tirò un calcio al secchio, per l'affronto commesso.
    Non era bravo a rifiutare una sfida, una scommessa, una gara: perciò non aveva saputo (voluto) tirarsi indietro quando i suoi compagni avevano deciso di trasformare quell'uscita in una serata di competizioni — chi beveva di più, chi fumava di più, chi riusciva a rimanere con il viso immerso nella bacinella d'acqua di più...... Insomma. Tutte cose demenziali che a quindici anni erano divertentissime.
    E Theo si era divertito un casino.
    Per un pomeriggio aveva deciso che andava bene così, che non c'erano serrature da scassinare o animali da cercare di aizzare contro Mis o scherzi da fare a Lenny o oggetti da sottrarre a ignari passanti solo per dimostrare al mondo che ne fosse in grado. Per quel giorno, era stato se stesso.
    E, per forza di cose, era finito in mutande.
    Theo being Theo.
    Gli occhi ridotti a due fessure, infastidito dalla luminosità accecante del display, impiegò svariati tentativi per trovare finalmente lo slider e regolarla a dovere. «bitch.» Perché era catartico insultare qualcuno, ogni tanto, pure se quel qualcuno era uno smartphone inanimato e senza colpe. Pensò brevemente che, per fortuna, almeno quello non l'aveva perso; e con un gesto instintivo strinse i lembi del cappotto invisibile che aveva addosso. Non sarebbe morto di freddo a Dark Street, almeno: non ricordava a chi avesse rubato il capotto ma era contento di averlo fatto.
    Peccato che fosse inutile per il suo vero problema: continuava ad essere nudo, solo le mutande nere a coprire le sue grazie e niente più. Ma poi, chi cazzo decideva di andare in giro con un cappotto che diventava invisibile?!?! PERCHÉ? Ok, era molto caldo e molto morbido ma.....era...inutile!! Forse qualche eccentrico (e stupido) mago o strega che voleva mettere in mostra il proprio outfit anche col freddo... ugh... chissà. Theo non aveva quel genere di problemi perché il suo guardaroba, quando non era costretto ad indossare la divisa rosso-oro, tendeva quasi totalmente al nero e tutte le sue sfumature.
    Rimaneva il fatto che avesse rubato l'unico cappotto inutile sulla faccia della terra, però, quindi va beh.
    Cercò velocemente nell'app di messaggistica, la chat che gli serviva e iniziò a scrivere: «dove. Sei.» chi cazzo aveva spostato i tasti, perché gli uscivano tutte parole strane aiuto. Impiegò più tempo del necessario ad aggiungere il successivo messaggio, gli occhi che a fatica riuscivano a mettere a fuoco lo schermo, figuriamoci il resto. «Raggiungimi a Dark Street.» Oddio, almeno credeva di essere a Dark Street.
    Era una strada.
    Era buia.
    Non faceva una piega.
    Nel dubbio, mandò la propria posizione — lo sapevano tutti che Mis non era proprio la persona più furba del pianeta (smack bro), o l'attrezzo più affilato della scatola, ma Theo gli voleva bene comunque. «ho perso i vestiti» rimase sul vago, senza offrire spiegazioni, perché non era certo di averli persi giocando o se avesse deciso autonomamente di toglierli, salvo poi dimenticare dove li avesse messi: la serata era un blur confuso di immagini, bevute e fumate. «sbeihati» questo lo lascio così perché sì.
    Dai Mis, sbrigati e vallo a recuperare.
    Non aggiunse nemmeno di portare almeno un pantalone con sé (sperava che suo fratello ci arrivasse da solo a sfruttare il suo inutile potere per mandare qualche piccione a rubare una tuta a caso dal balcone di qualche famiglia di Hogsmeade) e invece ne approfittò per accendersi una Marlboro (non aveva perso nemmeno quelle. un miracolo) sedendosi a terra, attendendo un Mis che, ahilui, non sarebbe mai arrivato.
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    31.12.2007gryffindorkcriminal


    SPOILER (click to view)
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    9) [PROMPT] ubriacarsi è un grande classico, e sai cos'altro lo è? inviare un messaggio alla persona sbagliata (o alla persona giusta?) che non avresti mai dovuto inviare. a chi e cosa hai scritto?

    4) [ON] un cappotto di pelliccia finta. una volta indossato, diventa invisibile (lasciando voi e gli altri vestiti visibili)


    Edited by #IYKYK - 5/2/2023, 06:37 PM
     
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    sinéad MIKHAILOVA
    Era un bene che la tecnologia fosse stata abbandonata fuori fuori dai cancelli di Hogwarts, perché se Sinéad avesse avuto un accesso ad internet, si sarebbe strappata tutte le pellicine dall’ansia. In quelle ore stavano avvenendo gli europei di pattinaggio artistico, e il fatto che lei non fosse tra gli atleti partecipanti suscitava un senso di malessere e fomo che solo una pandi poteva capire. Il fatto che loro fosse a Tallin a competere e lei era rinchiusa ad Hogwarts bruciava, corrodeva le interiora goccia dopo goccia, fino a che l’invidia e ira non sarebbero traboccate- e a quel punto, sarebbe stato meglio trovarsi out of her way. No, non era Tonya Harding ma per le giuste cause poteva diveltarlo. Se non fosse stato per il suo femore frantumato, ci sarebbe stata lei sul primo gradino del podio, non qualche upstart preso dalle alpi italiane. Sinéad non aveva idea di come funzionare come un’adolescente normale, passare dall’allenarsi 40 ore in un palaghiaccio ad essere costretta in un’aula sudicia e pregna dall’olezzo di sudore era l’inferno in terra. Almeno, almeno, poteva sempre lavorare sulle sue rotazioni off-ice, fanculo a quello che diceva il dottore. Conosceva meglio il suo corpo di qualsiasi dottore, e se a causa dello sforzo sarebbe stata costretta a zoppicare per qualche giorno, so be it. Non poteva fare ferma mentre il mondo andava avanti, per cosa poi- un diploma? Meh, c’erano cose più importanti, come la gloria. La fama. Gli agognati cinque cerchi che sapeva avrebbe conquistato. Una questione di tempo, ne era certa, perché con il cazzo che avrebbe lasciato delle ossa rotte e un trauma cranico fermarla. Menomale che c’era quel cazzone di Theo a movimentarle la vita ♥ maledetto il giorno in cui si era fatta risucchiare nell’uragano di chaos che era il grifondoro. Ora, ricordate il fantastico bit dove ringraziava di non essere invischiata nel tormento emotivo che portava internet? Ecco, aveva mentito. Aveva ceduto, almeno per poter vedere i risultati degli europei e mandare le sue congratulazioni passivo-aggressive a quei pezzenti. Si trovava ad Hogsmeade quando ricevette un messaggio molto confuso e ominous, tipo ho perso i vestiti. A Dark Street.
    Il che voleva solo dire una cosa: si era fatto derubare, e poi svestire.
    Sinéad glielo aveva detto, che i suoi concasati erano una pessima compagnia. Theo l’aveva ascoltata? Certo che no, perché credeva di essere tanto furbo. Ma andava bene così, erano tutte esperienze di vita: si cadeva una volta, per poi imparare ad evitare che accadesse di nuovo. Almeno, nel suo caso funzionava così, dubitava fosse lo stesso per il Kayne.
    Scommetteva che i suoi amici lo avevano abbandonato al primo segno di pericolo.
    Mica scemi, loro.
    Le….toccava raggiungerlo, vero? Peccato, davvero, poteva essere un’ottima lezione di vita e invece Sinéad aveva deciso di avere pietà per quella volta. Solo perché era pieno inverno. Certo, non era paragonabile al freddo della Russia, ma la Scozia poteva essere altrettanto bastarda. Si infilò nel primo pub che trovò (perché, a quell’ora, che cazzo di negozi erano aperti.) facendo attenzione a scompigliare i capelli, sgualcire un po’ i vestiti e in generale a darsi un’aria trasandata. Un po’ come una povera ragazza straniera che si era persa, una dei tanti studenti eramus che bazzicavano per il castello. Alla fine, riuscì ad estorcere un cambio di vestiti a qualcuno -anche qui, i dettagli non importavano- che evidentemente aveva un po’ una vena pedofila, perché era bastato mostrarsi vulnerabile e ricorrere alla tecnica della scollatura per farli cedere. Ah, uomini, non la deludevano mai.
    «mi devi venti galeoni» così salutò il grifondoro, apparendo dal nulla come uno dei tanti spiriti che infestavano la strada: dalle ombre. «per questi» sventolò un ammasso di vestiti accartocciati davanti al Kayne, lo sguardo a rimanere fisso nel suo senza vagare altrove. Ew, ma che cazzo. Ci stava facendo credere di aver pagato quei vestiti? Certo, quei venti galeoni sarebbero stato il suo compenso emotivo. «sei nudo……..per un particolare motivo? non giudico» forse. Decisamente sì.
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    Theo Kayne
    Ora.
    Contrariamente a quanto diceva la gente di lui, Theo Kayne era un ragazzetto perspicace e sveglio –
    (mh mh)
    – a cui non sfuggiva davvero nulla, dalla discrepanza più lampante al particolare più nascosto.
    (seh.)
    Perciò notò subito qualcosa che non andava in quel «mi devi venti galeoni» che giunse alle sue orecchie svariati minuti dopo, e che lo costrinse a riaprire gli occhi.
    (Certo che s’era addormentato nel bel mezzo di Dark Street, nascosto tra un secchio della spazzatura e un ammasso di cartoni schiacciati e inumiditi dalla pioggia scozzese.)
    Osservò la figura davanti a lui per qualche istante, sbattendo piano le palpebre per metterla a fuoco. «Non sei Mis.» Ve l’ho detto! Perspicace. «Avevo scritto a Mis.» Aveva scritto a Mis, no? Era certo al cento percento di averlo fatto, ma non pescò il telefono dalla tasca dell’inutile cappotto per dare conferma alla sua teoria; Mis, o Mini, insomma quasi stessa cosa. Viaggiava su mondi tutti suoi, in quel momento, il Kayne; avrebbe potuto chiamare il Ministro stesso e non rendersene conto.
    (Non che avesse il numero di Kimiko Oshiro, ma insomma, avete capito.)
    Quindi: non era Mis, ma bensì la sua «RUSSA!» preferita, che appariva dalle ombre come un angelo (demoniaco) qualsiasi, aw! E gli chiedeva soldi in cambio dei vestiti offerti, aw parte due! «Venti galeoni? Non ce li ho venti galeoni, Russa.» E lei lo sapeva. «Lo sai.» E forse glieli stava chiedendo proprio per quel motivo. Per tutta risposta, alzò un dito medio e le rivolse un sorriso ubriaco, mettendo in mostra il dente scheggiato. «Tanto li hai rubati a qualcuno, dammi qua—» e fece per allungare la mano e strapparli via dalle grinfie di Sinéad, ma con i muscoli intorpiditi da freddo, canne e alcol, riuscì solo a fallire miseramente e finire quasi faccia in avanti sul selciato umido.
    Da seduto.
    Accarezzò allora il pavimento con una mano, battendola poi piano un paio di volte, osservando la russa dal basso. «Facciamo così, mettili qui va.» Poi, con calma e molta forza di volontà, si sarebbe alzato e si sarebbe vestito.
    Non aveva fretta.
    Diamo per scontato che Mini, being Mini, non avrebbe dato retta al caloroso invito di Theo, perciò il grifondoro mise il broncio e sbuffò. «Siamo tutti nati nudi, Russa. Cosa c’è di strano.» Minchia? Ma faceva sul serio? Che domande impertinenti erano quelle. Certo che era nudo per un particolare motivo; un motivo valido, per giunta. Fece scoccare la lingua contro il palato, e decise che era il momento per fumarsi un’altra sigaretta. «Volevo sfoggiare i tatuaggi,» commentò sarcastico, filtro stretto tra le labbra e accendino avvicinato al viso. No che non era quello il motivo, ma come dice il saggio: acab.
    Provò una, due, tre volte, a far scattare la rondella dell'accendino — niente; il pollice andava sempre a vuoto, e del bagliore rosso della fiamma nemmeno l’ombra. «Mi aiuti?» Se ti va eh, Mini, altrimenti rimani pure a guardare EH UTILE COME SEMPRE. «E siediti, altrimenti mi fai venire il torcicollo.» Era davvero strano guardarla a ruoli invertiti, di solito doveva abbassarsi e posare le mani sulle ginocchia per guardarla negli occhi o sentire cosa dicesse la serpeverde, poiché gli arrivava a malapena al fianco.
    «Ah,» come aveva potuto dimenticare quel particolare, che cretino!, «comunque non sono nudo. Ho un cappotto addosso, mica sono scemo.» Rischiare di morire per ipotermia non era nella sua bingo card del 2023. «Solo che non puoi vederlo. Nessuno può.» Aveva senso, mh. Davvero un sacco.
    Non sembravano affatto le frasi sconnesse di un fattone, figuriamoci.
    Poi un: «bugiarda.» Così, umpromped, e con una manciata di minuti di ritardo da quel “non giudico” falso come una banconota da cinque falci. «Stai già giudicando,» ma le sorrise, quando lo disse: infondo, erano amici anche per quello; per il modo spiccio e pragmatico con cui Mini lo trattava, e per quello caotico e permissivo con cui Theo la lasciava fare. L’unica al mondo, in realtà, a cui permettesse una libertà simile — perché sapeva che nel giudicare di Sinéad non c’era un briciolo di cattiveria. Solo caos, lo stesso che dava energia allo stesso grifondoro.
    Pat-pattò un’altra volta il pavimento, questa volta una zona un po’ più libera dai cartoni vicino a sé, e inclinò la testa di lato, osservando l’amica da dietro le ciglia scure, e lo sguardo un po’ spento di chi stava chiaramente facendo una fatica immane a mettere a fuoco il mondo: non aveva alcuna voglia di muoversi da lì. «Fammi compagnia, ti offro una sigaretta.» Ci provava sempre, pur sapendo di non ptoer vincere quella guerra contro una Russa fissata con l’attività fisica e lo sport. «Poi mi riporti al castello», perché lui, da solo, non sarebbe andato da nessuna parte.
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    31.12.2007gryffindorkcriminal


    SPOILER (click to view)
    che vita di stenti. e che odio i codici con due gif quando è già tanto se ne hai mezza I PRETEND I DO NOT SEE
     
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    sinéad MIKHAILOVA
    Sinéad era una buona samaritana, la protagonista della parabola che tanto piaceva raccontare ai catechisti di tutto il mondo nella speranza che qualcuno facesse propri quegli insegnamenti di solidarietà. Menomale che esistevano persone come lei al mondo, studiate come poche cose nell’arte di Gesù. L’altruismo non era nella sua indole, era stato raschiato via con ogni scheggia di ghiaccio che si aggrappava testardamente alle sue lame. Concedersi una debolezza del genere era fatale, tendere la mano al tuo avversario al posto di calpestarlo non era quello che le era stato insegnato. Ma Theo non era un avversario, e Sinéad aveva dovuto abbandonare le lame per una stupida scopa. «Non sei Mis» premette i pugni contro i fianchi, osservandolo impassibile dall’alto del suo metro e cinquanta. Lasciò il silenzio a distendersi per qualche attimo ancora, musica per le orecchie della russa dopo ore passare in mezzo al baccano, per poi sottolineare l’ovvio «certo che no.» Capitava spesso di essere scambiata con Mis, dopotutto avevano entrambi tendenze animali e asociali, anche se sinceramente sospettava che a quel punto servissero degli occhiali al grifondoro. Permanentemente, non solo quando si ricordava di averli. «RUSSA!» fece un suono affermativo, il piede a battere impaziente contro l’asfalto «ma allora funziona il criceto che hai in testa» detto con affetto, ovvio, per quanto la Mikhailova potesse provarne in quel momento per il migliore amico. Non aveva freddo, non quando gli inverni russi erano molto più rigidi, ma non significava che le faceva piacere rifugiarsi in un vicolo buio. Anche se, ora che ci pensava, aveva vissuto scenari ben più squallidi: la cripta, per esempio. «Venti galeoni? Non ce li ho venti galeoni, Russa. Lo sai.» gli fece il verso, perché Sinéad era una persona molto matura, ricambiando il dito medio del gridondoro. Ma guarda te, pure gli amici pezzenti le toccavano. «Valli a chiedere al tuo-» anzi, meglio di no. Backtrack, cambio di direzione tattico per evitare un meltdown ubriaco da parte di Theo «valli a rubare, visto che sei tanto bravo» non nascose il cipiglio ad increspare i lineamenti, lo sguardo di rimprovero che rivolse alla figura rannicchiata: non era un segreto che non approvasse. Sinéad aveva sempre guadagnato quello che aveva con duro lavoro e disciplina, l’idea di prendere la strada più corta non faceva parte del suo corredo genetico. Osservò il patetico tentativo del Kayne di sottrarle i vestiti da mano, quando riuscì solamente a finire con il muso sull’asfalto «ma come ti sei ridotto.» pezzente, ma era sottinteso. Ignorò l’invito del grifondoro a posare i vestiti al suo fianco, lanciandoglieli invece in faccia con la scusa di testare i suoi rifletti da portiere e cazzate simili. «Siamo tutti nati nudi, Russa. Cosa c’è di strano» decisamente tante cose, ma preferì passare oltre «da quando sei così poetico?» ma che gente frequentava, bah. «e poi non vuol dire che voglia vederti nudo, ma che schifo. ew, cancelled» un brivido di puro disgusto percorse il suo corpo, le spalle ad alzarsi e irrigidirsi e le labbra tirate indietro in una smorfia. Già aveva fatto lo sfortunato errore di permetterle di baciarla, non avevano bisogno di superare altre linee. Fu costretta ad osservarlo mentre cercava -keyword: cercava- di accendersi una sigaretta, e per un momento si sentì allo zoo; un po’ come il primato che si sbucciava una banana con i piedi. «Mi aiuti?» sigh, certo che l’avrebbe aiutato ormai aveva firmato una condanna a vita era suo dovere morale. «E siediti, altrimenti mi fai venire il torcicollo» ma guarda te sto- «vuoi anche una fetta di culo?» così, visto che c’era. Si sedette comunque, ma non prima di accertarsi che i cartoni fossero in uno stato decente, privi di urina umana e quelle cose super simpatiche. Non voleva farsi venire il colera per colpa di Theo. «stai attento che ora te la accendo» allungò il braccio verso il Kayne e fece scattare la rotella dell’accendino, la fiamma a prendere vita sopra alle sue dita. Si sentiva sempre più una babysitter, ma preferiva che Theo si affidasse a lei o Mis in quelle condizioni piuttosto che al primo passante per strada. Ritirò l’accendino, facendolo scivolare nella propria tasca come se fosse appartenuto a lei in primo luogo, per poi sporgersi a scrutare lo stato dell’amico «ma perché ti fai questo» non capiva il divertimento di ridursi in uno stato pietoso, ma forse era lei il problema. Non preferiva, boh, stare al caldo nel dormitorio a morire dentro come tutti gli adolescenti normali? «Ah, comunque non sono nudo. Ho un cappotto addosso, mica sono scemo» al che, gli lanciò uno sguardo che diceva già tutto senza bisogno che apresse bocca: ah no? «Solo che non puoi vederlo. Nessuno può» forse era ancora più fatto e ubriaco di quanto gli avesse dato conto. «e dove avresti trovato questo magico cappotto? sono curiosa. e sì che ti sto giudicando, qualcuno deve keep it real è il mio sacrosanto dovere» e poi lo faceva con affetto, quindi non valeva davvero. Lo osservò per qualche attimo, notando come la palpebra stesse calando pericolosamente, un chiaro segno che ormai era più nel mondo dei sogni che con lei «non ti azzardare, non addormentarti. pesi troppo per me» un cazzo di bufalo di due metri, ma che cosa mangiava a colazione per diventare così. «non vedo davvero il fascino di fumare quella roba. sa di morte e basta» rifiutò con il suo solito tatto l’offerta di Theo, allontanando la mano dalla sua faccia. Ma per piacere, chi fumava marlboro rosse a quattordici anni mica erano nella periferia di una città russa.
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    Theo Kayne
    “Ma allora ti funziona il criceto che hai in testa”, disse Mini, alludendo al criceto spiaggiato sulla ruota, troppo pigro per funzionare, che per tutta risposta abbassa gli occhiali da sole in direzione della russa e borbotta un: eh??? infastidito.
    Certo, certo, funziona benissimo.
    «Valli a chiedere al tuo-»
    Silenzio.
    Theo guardò Mini.
    Mini guardò Theo.
    Nessuno:
    Assolutamente nessuno:
    Ma proprio nemmeno una sola anima:
    *vociare in lontananza di gente che passeggia in maniera assolutamente non sospetta per Dark Street*
    Theo, un intellettuale: «nemmeno mio fratello ce li ha» nessuno dei due, per inciso; Mis era più scannato di lui (che, perlomeno!!, rubacchiava qua e là ogni tanto), mentre Lenny era tirchio come zio Paperone e non gli concedeva nemmeno uno zellino fuori dal concordato. Chiederli a loro non avrebbe portato assolutamente a nulla. Ma che ne sapeva il grifondoro, nel suo attuale stato, che ciò che intendeva Mini era ben altro. Mpf.
    «valli a rubare, visto che sei tanto bravo»
    Ecco, ora si che si ragionava.
    Un sorriso ebete curvò le labbra del grifondoro verso l’alto, gonfio di orgoglio per quel riconoscimento tanto sudato: era il migliore dei ladri, lo riconosceva anche la Russa! E l’espressione accigliata che gli stava riservando, nasceva chiaramente dall’invidia per non essere un’abile ladruncola tanto quanto lui. SUCK IT UP, RUSSA!! «va bene, li rubo» non ci voleva molto a convincere il Kayne, eh, «però dammi almeno fino a domani.» perché in quel momento non avrebbe rubato nemmeno le api frizzole ad un poppante, considerando che non riusciva nemmeno ad alzarsi dal pavimento. «avrai i tuoi venti galeoni, russa, e pure qualcosa in più perché ti voglio bene e sei la mia migliore amica» sdolcinato? no, ma figlio di una buona donna (salvando Mamma e Boss!) sì: sapeva che alla pattinatrice certe dimostrazioni d’affetto davano l’orticaria, e lui le riservava solo per i momenti speciali come quello.
    «da quando sei così poetico?»
    «ma che ne sai tu dei miei tantissimi hobby, mini» mah, a me suona falso simona: Sinéad li conosceva tutti, e pure benissimo, perché Theo (non ne aveva così tanti, ed erano tutti molto basic) la trascinava in ogni sua (dis)avventura senza l’espresso consenso della serpeverde. Prendere o lasciare, quell’amicizia era un contratto che Mini aveva sottoscritto tempo prima, quando aveva accettato di girare per il castello in compagnia proprio del grifondoro senza speranza. «e poi quante storie che fai, indosso le mutande!!!» Mica era così scemo da andare in giro nudo nudo (ah no?) con quel freddo. E, per provare quanto detto, indicò la biancheria nera, scura almeno quanto l’inchiostro che macchiava svariate zone della sua pelle olivastra. «la fetta di culo la voglio solo se è quella vicina all’osso» praticamente pandi @ vane e viceversa, ogni giorno per tre lunghissimi anni di centralino — ma anche dopo.
    Le sorrise, contento come un bambino la mattina di Natale, quando finalmente lei si mise seduta accanto a lui. «benvenuta nella mia umile dimora» le disse, allargando entrambe le braccia per presentarle il vicolo buio in cui si era rifugiato. «ti piace?» prese una generosa boccata di ossigeno, piegando poi il meno verso l’alto ed espirando, attento a non far finire il fumo in faccia alla russa, a cui rivolse un’occhiata laterale con il naso ancora rivolto all’insù. «non è molto, ma almeno ha i tappeti» aka i cartoni umidicci su cui erano seduti, per ripararsi almeno un po’ dal lerciume della strada.
    «ma perché ti fai questo»
    «uh?»
    Cosa si stava facendo?
    La osservò confuso, battendo le lunghe ciglia scure più volte, senza capire. «non ho capito.» e infatti. Ma l’attimo era passato, perché Mini stava chiedendo informazioni riguardo il magico cappotto e la mente (semplice) di Theo era già partita verso quei nuovi, gloriosi, lidi.
    «e sì che ti sto giudicando, qualcuno deve keep it real è il mio sacrosanto dovere»
    «allora, innatizzutto. no.» alzò un dito, cercando di mettere a fuoco il viso dell’amica, senza riuscirci. «smettila di muoverti mi fai venire il mal di mare. dicevo. innanzitutto, stai giudicando.» le passò una manona sulla faccia, accarezzandone in modo distratto i lineamenti familiari, «posso sentirlo» e ok, Mini aveva appena ammesso di star giudicando: sveglia, Theo!
    Un ghigno poco raccomandabile si allargò sulle sue labbra. «vuoi sapere dove l’ho trovato, eh? dillo che ti piace da morire e sei gelosa.» disse, parlando di un cappotto invisibile.
    Mini be like: eye mouth eye.
    «me lo ha offerto una strega molto gentile,» che era termine tecnico per “l’ho rubato dallo schienale della sua sedia senza che lei se ne accorgesse”, e lo sapevano bene sia Theo che Sinéad, «vedendomi passeggiare per la strada tutto infreddolito. vedi? c’è ancora un po’ di gentilezza in questo mondo, dovresti prendere esempio. la signora– non mi ha chiesto mica… mh, non mi ha chiesto mica venti galeoni in cambio… del suo cappotto» così, dico.
    Sul finire della frase, la testa di Theo aveva rischiato più volte di cadere sotto il peso del sonno e della sbronza, mento a battere contro il petto e a riportare all’improvviso il ragazzone alla lucidità.
    «non ti azzardare, non addormentarti. pesi troppo per me»
    «non sto dormendo!» cit pandi durante i film «sto riposando gli occhi.» poco credibile anche il grifondoro, ovviamente.
    «non vedo davvero il fascino di fumare quella roba. sa di morte e basta»
    «oh, mini. di qualcosa si deve morire, no?» oddio, parlava come il tipton. UGHHHH. «sto conducendo un esperimento.» ma non le disse quale, perché era sottinteso: l’avrebbero spedito sotto terra prima le sigarette, o una rissa di troppo?
    Si strinse nelle spalle, soppesando quelle opzioni. «i like my odds» così, perché in italiano come frase non ha senso.
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