we're all just the same, what a shame

ft. ben

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  1. [bitch]craft
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    desdemona benshaw
    teen accused of being a bully:
    'somebody has to tell people
    that they're ugly'


    2006 ✧ ravenbitch ✧ cheerleader
    bitch, he spits;
    'witch', he sneers;

    && I say:
    actually, I'm both
    Contrariamente a quanto succedeva con il resto della popolazione (di Hogwarts, e mondiale) Mona non provava volontariamente a rovinare l'umore di Bennet Meisner; tutto il contrario, a dire il vero: veva fatto della felicità della concasata la sua missione principale, perciò vederla accigliarsi al pensiero di Bengali, la fece sospirare. E non in maniera cute o romantica.
    «l’ha già fatto»
    Certo, certo.
    Prima o poi Ben avrebbe capito che non tutti avevano la sua stessa cieca lealtà, e che non poteva pretendere che altre anime la pensassero esattamente nel suo modo, che condividessero quella territorialità così feroce: qualcuno di loro era destinato a perdersi, nel tempo, e i soldi di Mona erano banalmente piazzati sulle Bengali della situazione. Soldi fin troppo facili, e che la Benshaw non avrebbe scommesso perché non voleva dimostrare che la Meisner si sbagliasse — ma in cuor suo sapeva che c'era alta possibilità che lei avesse ragione. Una situazione senza vincitori, in pratica.
    E tanto sapevano entrambe che ormai, per certi versi, l'avessero già persa.
    Nella rabbia della concasata, Mona poteva leggere qualcosa che forse neppure Ben stessa si rendeva conto di possedere: paura di non essere all'altezza, una insicurezza che non aveva modo di esistere, perché se qualcuno – poniamo l'esempio: Bengali – pensava di poter trovare di meglio nel mondo, meglio di Bennet Meisner, nella sua feroce e cieca lealtà, la sua forza e la sua dedizione, allora non avevano davvero capito nulla del mondo.
    Per sua fortuna, Mona Benshaw era più sveglia dell'essere umano medio, e aveva capito già da tempo le sue priorità, e la teneva stretta per la mano, le lunghe dita ad incastrarsi perfettamente tra gli spazi di quelli della giocatrice.
    Tentò di (conquistarla) distrarla con un racconto, perché sapeva che la via per raggiungere (il cuore di) Bennett Meisner era dimostrarsi colta, socura di sé e piena di risorse, e Desdemona Benshaw rientrava perfettamente nella descrizione.
    Se chiudeva gli occhi forte forte, poteva quasi convincersi di non essere lì alla ricerca della Ben perduta— oh wait, non aveva bisogno di fingere, era già così.
    In verità, raccontare, a Mona, piaceva davvero: era cresciuta tra le parole, che fossero quelle preziose e colte di sua nonna, quelle gonfie e ipocrite dei suoi genitori, o quelle scritte nei libri che vedeva passare sin da giovanissima sotto il suo naso, quando si intrufolava nella sede della Wizzhard e si perdeva tra i manoscritti in attesa di essere stampati e pubblicati; era solo normale che avesse sviluppato una certa predisposizione per le parole, e la dialettica.
    Non era raro che intrattenesse i ben10 con dei racconti, dai toni più svariati — e poi, le piaceva il suo della sua voce.
    «uomini e uccelli»
    Sorrise, quel genere di sorriso che solo Bennett Meisner, o una sciagura ad abbattersi su Parker e Paride, o la presenza di Cherry nella sua vita, tendenzialmente le strappavano: entusiasta, genuino, capace di illuminare un intero villaggio. Il brillantino sul dente in bella mostra, Mona rivolse il suo sorriso color ciliegia in direzione di Ben, annuendo. «Lo so, davvero una pessima accoppiata, ew. Dovrebbe davvero essere questa la morale della storia.» E invece – purtroppo – non lo era.
    Si lasciò tirare, pur non sapendo non ce ne fosse bisogno: avrebbe seguito la concasata ovunque, e sempre. «secondo me è solo un airone. Perché Sameer dovrebbe tornare? Ormai ha la sua vita» Le rivolse una scrollata di spalle, e un semplice: «per come la vedo io, non può cancellare del tutto la sua natura umana, né i legami creati durante quest'ultima» Il che voleva dire che – ugh – Bengali li avrebbe ancora voluto nella sua vita e considerati suoi amici, a discapito di tutto. «Tornerà sempre, in qualche modo, consapevole o meno di starlo facendo, perché richiamato da quello che aveva un tempo. Esseri umani.» Eccoli lì, i suoi umili due scellini di conclusione messi neri su bianco.
    Derogatory, sempre e comunque; creature difettose e, nella maggior parte dei casi, stupide. Erano davvero rare le eccezioni, e una Mona la stringeva a sé senza la minima intenzione di lasciarsela scappare.
    «magari è tornata ad hogwarts. Dovremmo mandare un messaggio a qualcuno? Se vedessero arrivare una… creatura randomica»
    E, a dimostrazione che Mona avesse già capito tutto, Ben confermò che stessero ormai parlando di Bengali, e che Sameer Singh fosse solo una metafora. «Potremmo.» Ma volevano? Uhm, Mona non molto, ma non poteva continuare a tirare la corda per molto, era un argomento troppo delicato e che bruciava sulla pelle di Bennett, e l'ultima cosa che voleva la bionda era che l'altra sfuriasse contro di lei tutti o sentimento negativi riservati invece alla Ben mancante.
    «erisha? Neffi?» ricambiò l'occhiata, senza aggiungere nulla a parole: lei non parlava con le due special – oh, derogatory so – da quando avevano rimesso piede al castello, ma Ben era libera di contattare chiunque volesse. «chi va con lo zoppo…» “birds of a feather” sarebbe stato più poetico, ma in italiano come lo traduci? Ugh. Anyway.
    Seguí lo sguardo della mora fino agli altoparlanti, valutando il suggerimento. «Ma sì,» non avrebbe contribuito con suggerimenti intelligenti perché: non le interessava così tanto trovarla, era davvero lì solo per Bennett.
    Bengali era stata una delle poche eccezioni di Mona, nella questione special, fino a che non le aveva dimostrato – ancora una volta – che avesse avuto sempre ragione; da quel momento, aveva chiuso con la Tipton.
    La mano libera andò automaticamente a cercare la schiena di Bennett, accarezzandola piano mentre posava il mento sulla sua guancia e nascondeva il viso nell'incavo del collo; Bennett Meisner profumava sempre di pergamena, di shampoo al cocco e vagamente di sangue. «Non pensi siamo già apposto per la quota casi umani? Abbiamo Parker, e lo sgorbio.» Avevano davvero bisogno di un tassorosso senza denti? «Ben9 non suona così male.» sussurrò sulla sua pelle, mantenendo quello strano abbraccio.
    Un'altro motivo per cui detestava la Tipton, di recente, era per via del modo che aveva di rovinare l'umore di Bennett con un semplice pensiero: non se la meritava tutta quella importanza. «Tu hai fatto il possibile, Ben, ad un certo punto non dipende più da te E sapeva che l'altra non la vedesse allo stesso modo, ma Mona era lì anche per quel genere di reality check.
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