we're all just the same, what a shame

ft. ben

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  1. benuàn
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    There's nothin' left numbin' my fall (thrills)
    I want everythin'
    or nothin' at all (thrills)

    It's dangerous, I know it is,
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    «non può essere così difficile» Bennett Meisner, che non poteva rinunciare a vestirsi di nero neanche nelle giornate infernali come quella - il sole è solo un concetto; il caldo è solo nella testa, non esiste, non lo percepisco: manifesting - sbuffò a denti stretti, la lingua contro gli incisivi inferiori. Calciò il coperchio di una ghianda che si portava appresso dall’entrata al parco, la fronte ancora accartocciata nella sua posa riflessiva ingrugnita, come la chiamava Gol appiattendole le rughe con la punta dell’indice. Nulla da aggiungere, tutto vero - d’altronde, la sedicenne portava tutti i propri pensieri sulla pelle come lentiggini, enfatizzandole anziché cercando di nasconderle. Perchè avrebbe dovuto? Era sincera e genuina in tutto quello che provava e pensava, perfino quando, come in quel momento, entrava nella sua delulu era. Non vedeva draghi come Balt che era strafatto metà del suo tempo, e neanche Gargoyle King come Dara, ma aveva anche lei le sue allucinazioni.
    Tipo credere che iniziare a lavorare, con un contratto! E delle ore pagate! Le persone!, non fosse così difficile. Lo facevano tutti, perché avrebbe dovuto essere diverso per lei…? Solo perché non conosceva l’ambiente, e non aveva passato gli ultimi cinque anni e mezzo della sua vita con i colleghi con cui avrebbe dovuto collaborare?
    Ugh. Lì stava forse uno dei punti più deboli del testardo carattere della Corvonero – possessiva, e di nicchia. Non voleva aprirsi ad altre persone, contenta del suo piccolo decagono sociale, e di conseguenza partiva prevenuta in qualsiasi contesto che implicasse la presenza di membri esterni alla sua cricca. Come se non bastasse, in quanto cameriera avrebbe dovuto servire degli esseri umani, ed essendoci passata da cliente, sapeva fossero tutti dei rompicoglioni (s’inseriva nel mazzo, perché le piaceva credere di essere coerente). Un altro passo, un altro calcio a quella che era stata una ghianda. Ficus era troppo distratto per darle ascolto, fra i mille suoni ed animali variopinti che li circondavano – ma per una volta non l’avrebbe trascinato a forza sul piano del reale, lasciandolo sorridere ignaro a tutte le creature sul loro percorso. Parlava per se stessa, Ben. Credeva nell’auto affermazione. A essere del tutto onesti, non voleva la sentisse: c’erano dubbi che dovevano rimanere fra lei e Dio, e quelli in se stessa certamente rientravano in categoria. Era pur sempre la sorella di Nelia, e sarebbe stato troppo bello se dalla Hatford avesse preso solo lati positivi. Chiedere aiuto non era un problema per nessuna delle due, anche se la Corvonero faticava ad ingoiare perfino quello, ma ammettere di doverlo fare era uno scalino spesso insormontabile. Richiedeva tanti, tantissimi respiri profondi, e mai nessuna certezza che quei pensieri si sarebbero concretizzati in parole. Non pensava fosse sinonimo di debolezza, ma… sapeva di essere percepita in un certo modo, e ne andava fiera. Ammettere che quel riflesso fosse solo un miraggio, sarebbe stato un colpo troppo duro per la sua autostima.
    Il messaggio arrivò in contemporanea sia a lei che a Ficus, l’unico adolescente al mondo che ancora avesse il telefono non impostato su silenzioso, e Ben si chinò dietro la schiena del Tassorosso per leggere lo schermo sotto il maledetto sole britannico. Le piaceva la pioggia, mentre non sapeva che farsene di tutta quella …. luce. Odiava anche l’odore della crema solare, ma la accettava perché a spalmargliela sul viso era Mona: un passo fondamentale della skin care, a quanto pareva. «hanno ….perso bengali» Corrugò le sopracciglia. Una pausa.
    Bennett valutò seriamente l’idea di sbattersene il cazzo, e continuare con la loro gita.
    Scosse il capo, picchiettando la fronte sulla schiena di Ficus con un sospiro sottile. Ci stavano provando, a riabituarsi gli uni agli altri. Qualcuno (Ben; Paris) sembrava metterci più tempo, ma ci stavano provando, ed anche nei casi più drastici funzionavano come pacchetto unico. «quanto ci dai che è stato balt?» Fece piroettare il biondo sul posto così che potessero andare nella direzione da cui erano arrivati, porgendogli la mano perché la stringesse. Voleva evitare si perdesse anche lui, grazie tante, ma in generale a Ben piaceva tenere per mano i suoi amici. Perfino quella piattola di Lila, che sbuffava tutto il tempo come se a lei non piacesse: non c’era spazio per le stronzate, nella vita di Bennett Meisner.
    Giunsero dal resto del gruppo giusto in tempo per il prevedibile «Non poteva succedere a Parker?» di Mona, a cui Ben alzò gli occhi al cielo (affectionate). Erano amici da un terzo della loro vita, eppure la Meisner ancora non aveva capito con esattezza quale fosse il problema della concasata con la Serpeverde. C’era anche da dire fosse una domanda che si poneva davvero poco di frequente, perché se si fosse fermata a chiedersi i motivi per i quali la Benshaw ce l’avesse con qualcuno, avrebbe perso un sacco di tempo che avrebbe invece potuto saggiamente usare su tiktok. Un modo come un altro per dire che non le importasse abbastanza, fintanto che non avesse odiato lei: faceva parte della dinamica del gruppo, e per quanto Mona fosse edgy, Ben sapeva che a suo modo, e con le sue percentuali, volesse bene a tutti e nove, e li avrebbe comunque preferiti a chiunque altro. Ricambiò l’occhiata della Benshaw, ammonendola con un sopracciglio inarcato. Sì, Mona, andremo a cercare Gali. «immagino che ora dovremo dividerci per cercarla, non è così?» «è più semplice coprire tutto il parco, visto che qualcuno non sa neanche che animale sia diventata» dal caotico scambio di messaggi in chat – metà delle quali erano sticker senza senso – aveva colto abbastanza da poter fare quel commento guardando di sottecchi Balt e Gol, che si strinsero nelle spalle più o meno colpevoli. Immaginava di non poterli biasimare: Gali era andata in guerra, avrebbe dovuto essere abbastanza responsabile da non perdersi allo zoo. In forma d’animale, per giunta. Non poteva biasimarli per essersela persa di vista. A statistica, avrebbe detto che i più papabili a diventare creature fossero Balt e Ficus, perché troppo fiduciosi nel genere umano, e Gol e Dara, perché non sapevano quando tenere la bocca chiusa.
    «Va bene, andiamo a cercare il fiammiferino.» E mentre Mona si avviava già alla ricerca della Gali scomparsa, Gol, Dara, Ben e Paris facevano morra cinese per dividersi il resto delle persone con più possibilità di perdersi: Paris, bastoncino corto, con Goblin; Gol e Ficus; Dara, Balt e Delilah; eh, avrebbe fatto l’enorme sacrificio di andare con Desdemona Benshaw, che doveva fare. No, non aveva barato: Ben aveva semplicemente un meraviglioso rapporto simbiotico con il Fato (o la palla, o i dadi) che tendeva a volgere le situazioni a suo vantaggio.
    Un Bardo qualsiasi.
    Oddio, era Maicah? (derogatory)
    Arrivò alle spalle di Mona, una smorfia divertita al «Bengali?» verso il coccodrilletto sulla roccia. Si appoggiò con i gomiti al recinto, dando le spalle agli animali per guardare la Benshaw. Un tattico colpo di testa, e fece scivolare le lenti scure degli occhiali da sole sulla punta del naso. «sarebbe stato più strano se ti avesse risposto» incoraggiò, abbozzando un sorriso. Le offrì la mano a palmo aperto, indicandole con un cenno il resto della strada. «se è stata trasfigurata in un animale, non penso sia già nel proprio habitat. Magari possiamo chiedere a qualcuno se hanno recuperato di recente un fuggitivo…?» Un po’ rimpianse di non aver prestato la giusta attenzione alle lezioni di Freddie – a suo favore, era un lesbofobico, lo sentiva nelle ossa - e non avere assolutamente idea di come funzionasse la trasfigurazione umana, se come animali mantenessero o meno la propria identità. Già faticava con la forma animagus, ed era un processo completamente diverso. «è ancora lei?» perché Mona invece era una donna di cultura, e certe cose le sapeva TM, e non si vergognava mai di chiedere alla Benshaw: poteva mansplaining quanto voleva *meme del tipo che spiega e quello di sotto che ascolta heart eyes*
    I give it all my oxygen,
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