astuzia, perizia ed un poco di furbizia.

ft. Bengali

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    Ravenclaw
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    CITAZIONE
    Una banda di ladri che firma i suoi misfatti come "occhi di lince" ha rubato nelle ultime settimane da musei e gallerie private alcuni quadri magici molto famosi (ovvero la versione "che si muove" e magica di quadri babbani conosciuti). Neanche ti importerebbe troppo... se non fosse che i cacciatori inglesi sospettano di te, e ti hanno messo in stato di fermo al ministero nelle sue prigioni "mentre fanno accertamenti".

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    2006 | ravenclawcheerleader | ben10
    desdemona benshaw
    «Tutto questo è davvero inaccettabile.»
    Soffiò quell’ultima parola con tutto il disappunto e mancanza di rispetto per il lavoro incompetente dei cacciatori che non solo avevano fatto un buco nell’acqua - l’ennesimo, a voler essere onesti, e Mona Benshaw era tante cose, ma non era una bugiarda - ma avevano anche avuto l’ardore, la faccia tosta!, di trascinarla al Ministero con le infondate, e francamente ridicole, accuse di aver derubato gallerie d’arte e musei di Londra nelle ultime settimane.
    «Non dovrei essere io a far presente che, chiaramente, è stato commesso un grande errore,» le iridi zaffiro, due schegge appena visibili oltre le palpebre assottigliate, «ma se nessuno commenterà la cosa, mi troverò costretta a sottolineare perché sia impossibile trovare supporto alle vostre accuse.» I cacciatori, più grandi e con molti più anni di esperienza alle spalle di quanti Mona ne avesse di vita, non sembravano particolarmente turbati dalle sue parole.
    Mona, di contro, non era turbata dalle loro espressioni assenti, ma era sicuramente preoccupata per i suoi concittadini se quelle erano le forze messe a disposizione per mantenere l’ordine: non le sembravano persone molto sveglie, né in grado di svolgere il loro lavoro.
    Schioccò la lingua contro il palato, le braccia conserte al petto. «Sono una studentessa. Passo le mie giornate ad Hogwarts, a seguire le lezioni e a svolgere i miei compiti. Noterete, facendo i dovuti controlli, che non avrei potuto trovarmi su nessuna delle scene incriminate, eccetto in data odierna, nella galleria dov'ero come visitatrice. Ma sentitevi liberi di chiedere pure ai professori, loro garantiranno per me.» Li sfidò a contraddire le sue parole, ad appigliarsi a dei dettagli inutili per ribaltare la situazione e rinforzare le loro accuse, ma i due si limitarono a scambiarsi un’occhiata poco convinta, posando poi la loro attenzione sulla sua compagna di cella.
    Mona sospirò con enfasi.
    «Siamo studentesse.» Non fece scivolare lo sguardo su Bengali, ma registrò comunque il modo in cui la special sembrò irrigidirsi sotto gli sguardi attenti dei due ministeriali. Mona schioccò le dita, riportando le attenzioni laddove avrebbero dovuto essere: su di lei. «Vogliamo rimanere qui tutto il giorno?» Agitò la mano, indicandogli la porta che avevano varcato tutti e quattro insieme poco prima, «non avete un lavoro da fare? Accertamenti, nulla?» La loro incompetenza era davvero terrificante, non poteva credere che idioti del genere avessero un posto fisso nei ranghi ministeriali.
    Quando vide uno dei cacciatori fare per muoversi, Mona puntellò entrambi i piedi sul pavimento lucido e lasciò ricadere le mani lungo i fianchi: in mancanza di Ben, spettava a lei proteggere gli altri, special compresi. Frapporsi tra i funzionali e Bengali era stato istintivo, un riflesso acquisito suo malgrado con il tempo, per abitudine. Non era una sprovveduta, Desdemona Benshaw: era ben consapevole che, fosse stata da sola, avrebbe avuto molte più chance di convincere i cacciatori della sua innocenza; avere affianco una special (e nemmeno una molto brava a controllarsi, c’era da dirlo) non aiutavano affatto la sua causa. Se Gali fosse stata una qualsiasi altra persona, Mona l’avrebbe lasciata lì — no, anzi: l’avrebbe denunciata lei stessa alle autorità. Ma Bennett non l’avrebbe presa benissimo, perciò la cheerleader non accennò minimamente a cedere, o a vacillare.
    E, infondo, Gali era abbastanza simpatica nonostante tutto.
    Fosse stato lo sgorbio, invece...
    «C’è altro che possiamo fare per convincervi, agenti Il tono piatto non nascondeva assolutamente la noia di Mona, né lo sguardo gelido faceva niente per addolcire la sua posizione. Avevano già fornito le loro generalità, e i due non ci avrebbero messo molto a collegare il suo nome a quello dell’ex avvocato Fawley; allora si che avrebbe pagato per vedere l’espressione sui loro volti. Stupidi idioti.
    Accusarla — accusarle di aver rapito delle opere d’arte... Assurdo. Mona avrebbe potuto comprare l’intero museo se solo avesse voluto.
    Non voleva. «Quelle opere non erano nemmeno originali, ma sono certa lo sappiate già.» Spoiler: non era così certa. Non lo era affatto. «E non intendo gli originali originali quelli babbani che li avevano ispirati, per intenderci, «le versioni magiche originali sono conservate in un museo di Cracovia, in Polonia....» Possibile che dovesse dirgli tutto lei?
    Internamente, roteò gli occhi al cielo.
    Esternamente, serrò le labbra e sfidò chiunque a dire qualcos’altro, Bengali compresa.
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    Non è vero, alla fine non potevo riunciare ad Ava, boicottiamo le gif e torniamo alle immagini dai.
     
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    2006 | specialpyrokinesis | ben10
    bengali tipton
    «Mona» la sua voce le giunse alle orecchie ovattata, quasi fosse reduce da un viaggio in aereo seduta al 31B con il pilota che, in un incomprensibile inglese, continuava a scusarsi all'altoparlante per il viaggio turbolento. Beh, probabilmente era davvero così che poteva descrivere la sera precedente: un viaggio turbolento. Se ne era valsa la pena, Bengali doveva ancora deciderlo. A giudicare dalla situazione in cui lei e Mona si erano cacciate, comunque, era sempre più convinta gli elementi per rimpiangere ogni cosa ci fossero proprio tutti.
    Insomma – Gali non era proprio tagliata per fare la teppista. Invero, Delilah non faceva che vantare le loro grandi imprese ai tempi dell'orfanotrofio, descrivendo entrambe come due maestre del crimine in erba sin dalla tenera età ma, a dirla tutta, Bengali ricordava in maniera decisamente meno eroica la loro carriera da malfattrici. In primo luogo, il più delle volte era Delilah la mente - e anche il braccio - delle loro operazioni, mentre Bengali si limitava a seguirla per assicurarsi che non si facesse troppo male. In secondo luogo, sospettava che gran parte dei ricordi della Parker fossero per lo più arricchiti dalla sua fervida immaginazione perché, ad essere onesti, Gali ricordava meno della metà degli episodi da lei citati. O forse era semplicemente lei ad avere una pessima memoria.
    Ad ogni modo, comunque stessero le cose, l'ultima cosa che l'adolescente Gali voleva fare era cacciarsi nei guai. Aveva ormai imparato da tempo la nobile arte del quieto vivere, che prevedeva l'applicazione di appena due regole: parlare il meno possibile, e farsi i cazzi propri. Aveva imparato a sue spese come, il più delle volte, quelle che potevano sembrare due "semplici" regole potessero rivelarsi più complicate del previsto da mettere in pratica, specie facendo parte di un gruppo più caotico che neutrale, ma tutto sommato era arrivata incolume alla veneranda età di sedici anni, perciò poteva ritenersi abbastanza soddisfatta. Essere una special, tuttavia, le aveva senza dubbio reso le cose un tantino più complicate. Se prima una banale insubordinazione scolastica le sarebbe costata una tirata d'orecchi e, tutt'al più, un aspro rimprovero, da quando era stata trasferita a Different Lodge aveva l'impressione di essere continuamente monitorata, quasi che il mondo intero fosse in attesa di un suo passo falso per poterla spedire in Sala Torture se non, come in questo caso, direttamente al Ministero. Forse era soltanto diventata paranoica ma, a onor del vero, l'esperienza non aveva mai fatto niente per contraddirla. Ne erano un'ulteriore prova le occhiate sospettose dei due Cacciatori che avevano trascinato lei e Mona nelle prigioni ministeriali. Non era una sua impressione: la stavano davvero fissando, riservando invece alla sua più rumorosa compagna soltanto espressioni annoiate di pura indifferenza. Avrebbe dovuto far presente che, nel nuovo millennio, quel genere di razzismo fosse considerato disgustoso oltre che obsoleto? Era abbastanza sicura che Ben - sua guru indiscussa - lo avrebbe fatto, ma Gali aveva imparato a sue spese quanto, nella sua posizione, convenisse per lo più restarsene in silenzio. Non si sarebbe stupita se, ad un suo accenno di rimostranza, i due ministeriali avessero deciso di arrestarla per intralcio alla giustizia o insulti a pubblico ufficiale o chissà quale altra cazzata da Mangiamorte fricchettone. Non era nemmeno certa di potersi permettere un avvocato: Tipton e Hilton potevano anche suonare simili, ma sua madre non cagava mica i soldi come la mamma degli Hilton.
    Vabbè, in ogni caso.
    «Tutto questo è davvero inaccettabile.» gli sforzi della Benshaw erano davvero encomiabili. Ci aveva mai pensato a una carriera da Magiavvocato? Avrebbe dovuto. Gali la ammirava, più o meno come ammirava tutti gli altri Ben10 (tranne ficus. no dai, anche ficus. forse.), ma probabilmente anche più degli altri perché... insomma dai... era Mona. Fuckin Desdemona Benshaw. Le sarebbe piaciuta persino se fosse stata etero!! Ed era abbastanza certa di non esserlo. Ed era commossa dai suoi tentativi di difendere entrambe da una situazione tutt'altro che piacevole, se solo – «Mona» la chiamò ancora una volta, sussurrando per non farsi sentire dai due Cacciatori ma con sufficiente urgenza da farsi udire dalla Benshaw. Odiava dover interrompere la sua arringa, ma non era sicura che lasciarla continuare fosse una buona idea. Incassò in silenzio la sua occhiataccia, poi tornò a guardare i due Cacciatori e piegò le labbra nella brutta copia di un sorriso. «non è che ci dareste un secondo?» persuasione: 4 (l'ho tirato per la scienza, probabilmente avrebbe dovuto tirarlo rue). «no eh?» ma siccome era un'adolescente e, nonostante tutto, era una cazzo di Ben10, voltò il capo per impedire ai due ministeriali di leggerle il labiale e si sporse quel tanto che bastava per farsi sentire da Mona senza dover alzare la voce. «ho un... vago ricordo di ieri sera» quel poco che restava del delirio alcolico della sera precedente. Ancora le veniva istintivo alzare le mani per aria e urlare TRE!! «sai lo scherzo che volevamo fare a Paris... quello di rubare i quasi di casa sua...» che tecnicamente era anche casa sua, ma visto che ci aveva vissuto meno di due anni era sempre "casa di Paris". Ad ogni modo: «mi sa che non era casa di Paris». Si voltò nuovamente a guardare i due Cacciatori, e sollevò entrambi i pollici nella loro direzione per fargli intendere che era tutto a posto. A postissimo. Una favola.
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    L'ho scritto per metà in aereo quindi è più un delirio che altro. Chissà.
     
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    2006 | ravenclawcheerleader | ben10
    desdemona benshaw
    Al primo «Mona», la corvonero scelse di soddisfare l’istinto e ignorare il richiamo della compagna. Alle volte faceva così con alcuni dei Ben10 (e con tutte le altre persone): si ripeteva che, se avesse finto abbastanza bene e abbastanza a lungo, alla fine se ne sarebbero andati davvero.
    (Succedeva raramente.)
    E infatti eccolo lì, puntuale come il ciclo quando si andava in vacanza: il secondo «Mona», un po’ più urgente del primo — impellente quanto bastava a spingere la Benshaw a ruotare, lentamente e non senza un pizzico di fastidio, il viso in direzione di Bengali. «Gali, cara» usato con la stessa simpatia della collega con cui pandi ha un bellissimo rapporto, «non vedi che sto negoziando il nostro rilascio?» La guardò con un cipiglio serio, come se fosse solo ed esclusivamente colpa della Titpton se fossero finite nei guai; quel “che senza di te sarebbe stato molto più facile” rimasto taciuto, ma presente e pesante, tra le due studentesse. Purtroppo la Benshaw non conosceva mezze misure e non era fatta per trattare gli altri con i guanti bianchi, nemmeno i proprio amici. Soprattutto i propri amici.
    Il fatto che Gali avesse poi scelto di ignorarla e tornare a rivolgersi direttamente ai cacciatori, infastidì ancora di più la cheerleader, che incrociò le braccia al petto, in attesa. «no eh?» Una smorfia di (trionfo. con accenno di) te lo avevo detto curvò appena le labbra di Mona: wow, chi l’avrebbe mai detto che sarebbe andata così. Incredibile, del tutto inaspettato, era così sconvolta! L'espressione deadpan lo diceva al suo posto!
    Ma poi eccola lì, la piccola Gali pronta ad ignorare gli adulti, i maghi, e ribellarsi alla loro volontà; se non fosse stata una Ben, a quel gesto maleducato Mona avrebbe storto il naso. Ma Gali rimaneva pur sempre una BEN10 — e anche Mona, checché ne dicessero tutti (Dara.): non poteva non sentirsi, in parte, fiera per il caratterino mostrato dalla special. In qualsiasi altro caso: lo avrebbe denunciato e fatto presente alle autorità (non ci si poteva fidare, ugh) ma Gali era... Gali. Purtroppo o per fortuna. E Mona aveva un soft spot per la pirocineta che non era ancora pronta a confessare al mondo. Mantenne quindi salda l’espressione poco impressionata, pur concedendo all’altra ragazza di tirarla leggermente a sé per parlare in toni più bassi, in modo da non farsi sentire dalle guardie.
    «ho un... vago ricordo di ieri sera» Sul viso di Mona continuò a non trasparire alcun accenno del ritrovato rispetto nei confronti della special, ma anzi rimase una maschera priva di emozioni, in attesa di un continuo che giustificasse l’interruzione della sua arringa.
    Anche lei aveva ricordi della serata precendente — e non erano vaghi. «Ma cosa stai dicendo?» Sciolse le braccia solo per scacciare, con cenno della mano, quell’assurdità. Ma di cosa diavolo parlava?! Aveva forse fumato qualcosa di andato a male? Quante volte doveva ripeterle di non rubare dalla scorta di Paride...?! «Gali, per favore, lasciami fare il mio lavoro essere la mente razionale dei Ben10 era una professione a tempo pieno.
    Ma fu in quel preciso istante, che un ricordo tornò prepotente alla mente.
    Le stesse parole, ma dette da una Mona più allegra e decisamente più sbronza.
    Una Mona in piedi sulle spalle di Ictus (a qualcosa doveva pur servire lo sgorbio, e farsi calpestare era un buon inizio), che cercava di raggiungere una cornice affissa alla parete.
    Bengali, accanto al medium, che cercava di dirle come fare il suo lavoro dandole consigli superflui e inutili; e Ben che da sotto la osservava con curiosità.
    Desdemona Benshaw era una ragazza dalle mille risorse, ovvio che sapesse come disattivare gli allarmi di sicurezza dei quadri di un dannato museo. Cherry le aveva insegnato quello ed altro.
    No, nessuno museo. Erano a casa Tipton.
    Perché stavano rubando da casa di Paride, non è vero?
    Si voltò lentamente, molto lentamente, verso Bengali: cosa diavolo avevano combinato? E dov'erano gli altri Ben10? Quello era un quesito altrettanto importante, ma per un altro momento. O forse avevano arrestato anche loro ed erano detenuti in altre celle?! Effettivamente Mona, ora che ci pensava, non ricordava precisamente il momento del loro arresto.
    Si schiarì la voce, osservando Gali con attenzione e spostando le iridi zaffiro sulle guardie solo per un istante, prima di nascondersi alla loro vista usando la special come riparo. «Mi avete fatto fumare la roba di Paride?» Peggio, potevano essere le pasticchine di Enrique Iglesias — ma non era pronta, in quel momento, a dover affrontare anche quel pensiero, e poi sperava di sbagliarsi: avrebbe ucciso per molto meno.
    «Ricordo benissimo la sbronza, e i giochi alcolici.» Soprattutto quelli: la sua resistenza all’alcol era invidiabile, e trovava molto divertente far perdere gli altri e vederli distruggersi, uno shottino dopo l'altro.
    Ma il fumo?! Ugh.
    Erano una pessima combo, Mona e la droga; ecco perché la rifiutava categoricamente.
    Che le bestie avessero deciso di vendicarsi, e drogarla contro la sua volontà?! No, Bennett non l’avrebbe permesso.
    Squadrò Gali per qualche istante, cercando di rammentare altri particolari della notte precedente, e trovato solo alcune parole apparentemente confuse e senza senso che premevano per essere gridate.
    «...economia?» a fior di labbra: sperava di sbagliare e che fosse solo un brutto incubo.
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