why do you like play with fire?

del&bengali || cortile

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    «Ma tu e la tua amica avete davvero dato fuoco alla culla di un bebè?»
    Delilah alzò gli occhi al cielo, santo padre (l’orfanotrofio cristiano aveva lasciato un’impronta nella giovane serpe), no, non era una culla, era il vestitino di una bimba un po’ troppo rompicoglioni, e non era andato a fuoco, non del tutto almeno.
    Si voltò verso la tipa che aveva deciso di ricevere qualcosa sulla fronte quel mattino, e sorrise in modo inquietante «Vuoi essere la prossima?» tirò fuori dai jeans scuri l’accendino portandola dinnanzi al viso della malcapitata e accendendola un paio di volte, la tipa se la diede a gambe e Delilah poté tirare un sospiro di sollievo, finalmente fuori dalle palle.
    Cercava Bengali, da poco diventata una Tipton come quello sfigato di Paris, perché a quanto pare aveva raccontato a qualcuno della loro piccola disavventura in orfanotrofio.
    Niente di male, se non fosse che ora tutta la scuola la credeva una piromane, ok che era da sempre considerata una stramba, anche per gli amici che si era fatta, insomma, non poteva biasimare la gente che la credeva con qualche rotella fuori posto, ma si era stancata di andare in giro a raccontare le sue disavventure da orfanotrofio a gente a caso, che diamine, fosse stato almeno un giornalista, un qualcuno che l’avesse resa famosa, che le avesse assicurato dei soldi, sarebbe stata ben felice di raccontare le mille e uno avventure di Delilah e Bengali, ma finché si trattava di poppanti dal pannolino sporco non aveva voglia di usare ossigeno per spiegarsi.
    Da lontano, una figura familiare si aggirava sul terriccio umido del cortile, dopo un temporale estivo (classic englandia), Del sorrise a labbra serrate prima di, mettere le mani a lati della bocca, prendere un bel respiro e gridare «BENGALI!!» dopo aver fatto girare mezza scuola, e la diretta interessata, iniziò a correre verso la sua compagna di avventure «Ho una marea di piccoli fan impazziti che mi chiedono se ho incendiato un neonato.» schioccò un paio di volte la lingua sotto il palato mentre le afferrava un braccio casualmente (contatto fisico coff coff) «Uno mi ha chiesto se potevo bruciargli le dita dei piedi» le sorrise scuotendo la testa in un assenso negativo, e con lei la lunga coda di cavallo che aveva fatto quella mattina «Mi pare si chiamasse Peppe Fetish e zappasse a vigna Joseph» avvicinò il viso a quello della ragazza tirandola per il braccio che aveva afferrato poco prima «Vuoi bruciargli le mutande?» si rese conto troppo tardi della vicinanza imposta dai suoi stupidi e irruenti modi di fare, così fece un passo indietro distogliendo lo sguardo ceruleo dalla mora «Insomma… se vuoi… se ti va»



    Deli
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    Edited by teen4ge dirtb4g - 25/9/2022, 22:31
     
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    Affondò entrambe le braccia nelle tiepide acque del Lago Nero, e un rivolo di fumo si alzò verso il cielo. Rimase così ancora per qualche istante prima di tirare fuori le mani dall'acqua e lasciarsi cadere sulla sponda asciutta. Si portò i palmi davanti al viso, quasi temesse di trovarli irrimediabilmente anneriti, ma le apparvero come sempre: bianchi e privi di cicatrici o bruciature. Sospirò, affondando il viso sulle ginocchia strette al petto. Aveva preso l'abitudine di passare i pomeriggi lì per esercitarsi col suo potere senza correre il rischio di dar fuoco a qualcosa, ma sentiva di non aver fatto molti progressi. Era decisamente una frana. In cuor suo, sapeva che il problema partiva solo ed esclusivamente dalla sua testa. Non aveva mai accettato di essere una special, né di essere in grado di manipolare il fuoco e, se lei era la prima a non crederci, chi altro avrebbe dovuto farlo?
    Riusciva a sentire le parole di Franklyn ancora nelle orecchie, tutte le volte in cui le aveva ripetuto "non ci stai provando davvero" durante i loro allenamenti aka esperimenti col fuoco. L'aveva sempre pensato che il Winston fosse sprecato per il suo ruolo nella security. Sebbene saggio fosse l'ultimo aggettivo a lui ascrivibile, non si poteva certo negare che avesse un modo efficace di motivare la gente a fare le cose: ammorbarle fino allo sfinimento. Con Bengali c'era quasi riuscito; la Tipton aveva innegabilmente fatto dei progressi, ma era ben lontana dal padroneggiare il suo potere in maniera eccellente.
    Afferrò un sasso dal terreno di fianco a sé, e lo lancio di piatto verso il lago. L'osservo fare un paio di rimbalzi prima di annegare con un "plof" piuttosto patetico. A quel punto, le opzioni erano due: restare lì ad autocommiserarsi, o alzarsi e cercare qualcosa di più produttivo da fare. Si alzò in piedi accompagnata dall'ennesimo sospiro, quindi voltò le spalle al lago per fare ritorno al castello. L'avvicinarsi dell'estate aveva reso l'aria terribilmente umida, e il sudore le aveva appiccicato i capelli sulla nuca. Usò l'elastico che portava sempre al polso per legarsi i capelli in una coda bassa, meditando su come impiegare il resto del pomeriggio.
    Aveva appena cominciato ad attraversare i cortili di Hogwarts, quando un familiare «BENGALI!!» la raggiunse facendola sobbalzare. L'istante successivo, diverse paia di occhi la stavano fissando. Bengali si fermò, chiuse gli occhi e si chiese per quanto tempo sarebbe dovuta restare in quel modo affinché gli altri potessero crederla morta. Probabilmente troppi, e la cosa non avrebbe fatto altro che gettarle addosso ancora più attenzioni di quelle che avrebbe desiderato. Zero, ne avrebbe volute zero, ma Delilah e il concetto di discrezione erano due mondi tanto lontani quanto sconosciuti. Ciononostante, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un piccolo sorriso. La Parker non era cambiata di una sola virgola dai tempi dell'orfanotrofio, e questo non poteva che renderla felice. Invero, Delilah era un uragano, spesso eccessiva ed a volte persino pericolosa, ma era la stessa Delilah con la quale era cresciuta, e a cui non riusciva a non voler bene.
    «Ho una marea di piccoli fan impazziti che mi chiedono se ho incendiato un neonato.» lasciò che l'altra le afferrasse il braccio, noncurante del flusso di parole che aveva deciso di scaricarle addosso. «oh, ciao del, mi avevi chiamata? Non ti ho proprio sentita» disse con tono ironico, alludendo al modo decisamente poco silenzioso con cui l'amica aveva cercato di attirare la sua attenzione poco prima. La sottile frecciatina avrebbe spinto Delilah a urlare meno la prossima volta? Ovviamente no, ma era comunque divertente provarci.
    «Uno mi ha chiesto se potevo bruciargli le dita dei piedi» Bengali sollevò il sopracciglio, perplessa. Poi scelse di non farsi troppe domande. «avresti dovuto dirgli di sì» rispose, trascinandola con sé lontana dagli sguardi ancora incuriositi degli altri studenti «i feticisti pagano un sacco di soldi, potremmo mettere su un business» e chi era lei per rifiutare soldi facili. «Mi pare si chiamasse Joseph» «duh, il grifondoro?» s'infilò in una delle porte d'ingresso del castello, lasciandosi il cortile alle spalle «sono abbastanza sicura di potergli spillare abbastanza monete da poterci pagare l'alcol per il prossimo sabato» l'ultimo, prima delle vacanze estive. Quel pensiero fu in grado di rabbuiarla per un istante, salvo poi tornare a focalizzarsi sulla Parker. Non era entusiasta dell'arrivo dell'estate, perché significava trasferirsi di nuovo a New Hovel e la convivenza con gli altri special non le era mai risultata... facile. Avrebbe preferito tornarsene a casa con Paris, o addirittura all'orfanotrofio con Delilah, ma nessuna delle due era mai stata realmente un'opzione per lei. Il Ministero non le avrebbe certo concesso un permesso speciale soltanto perché non era in grado di relazionarsi in maniera normale con altra gente che non fossero i ben10.
    «Vuoi bruciargli le mutande? Insomma… se vuoi… se ti va» «penso di volermi risparmiare la visione del suo vermicello in fiamme, ma se tu ci tieni...» sussurrò, scoccando un sorriso amabile a un soffio dal viso della Parker «anche se sono abbastanza certa che esistano modi più convenzionali per spogliare la gente, del» aggiunse senza smettere di sorridere. Se adorava prenderla in giro? Da morire. «in ogni caso, visto che sei in vena di dar fuoco alle cose» una piccolissima lingua di fuoco le avvolse l'indice, poi scivolò tra le sue dita avvolgendole una per una. L'unico trucchetto che fosse mai riuscita ad imparare decentemente in quattro anni da special. «avevo pensato di fare, non so, una torta» seguì con lo sguardo la fiammella, troppo in imbarazzo per sollevare gli occhi sulla Parker «per te e gli altri» ammise, lanciandole un'occhiata veloce «tipo un regalo di addio, ma non davvero di addio. Voglio dire, non stiamo andando in guerra» sorrise nervosamente, facendo muovere ancora per un po' la lingua di fuoco sino a farla estinguere in una scintilla dorata. Tornò quindi a rivolgere il viso verso l'amica «l'idea era di festeggiare il fatto che non potremo più vederci ogni giorno per qualche mese, hai presente?» aveva smesso di camminare, indecisa se trascinare o meno Delilah con sé verso le cucine. «cioè, uau, niente più ben tra i piedi per tutta l'estate, evviva» aggiunse sarcastica, sebbene la cosa non la rallegrasse affatto «e visto che io sono uno schifo in cucina, forse se ci provassimo insieme potremmo riuscire a fare qualcosa di commestibile?» era abbastanza certa che avrebbero provocato ai ben10 un'intossicazione alimentare, ma almeno lo avrebbero fatto col cuore. ♥
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    Edited by dark/energy - 16/9/2022, 18:53
     
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    Delilah Parker non ci sapeva fare con i sentimenti.
    Insomma, era una ragazzina, una strega cresciuta in un orfanotrofio babbano, cattolico, era stata educata a stare in silenzio per non ricevere bacchettate sui palmi delle mani, non era abituata ad esprimere ciò che sentiva, lo teneva dentro custodendolo come il più geloso dei suoi segreti, come se si dovesse vergognare di ciò che provava.
    L’inesperienza, inoltre, la portava a non capire il significato delle proprie reazioni: perché sentiva il bisogno di toccare, anche solo un braccio, della sua amica? Perché quando Bengali la prendeva in giro, assaltando il povero piccolo cuoricino di Del, arrossiva senza poterci fare nulla?
    Sembrava un’eresia, Delilah Parker che arrossiva perché una ragazza (ma bengali non era una ragazza qualsiasi, wink) le diceva che c’erano modi più convenzionali per spogliare la gente «In che… senso?» error 404, Delilah ha smesso di rispondere «Comunque gli ho detto di sì, ovviamente» sorrise birichina me tre afferrava una ciocca di capelli dalla sua lunga coda di cavallo e la attorcigliava sull’indice «Dovrei vederlo in questi giorni, da sola non c’è bisogno che tu intervenga» si poggiò al muro dietro di se incrociando le braccia al petto «Gli farò pentire di esser nato con le dita dei piedi, oltre che grifondoro» lo sguardo venne poi catturato dal gioco delle lingue di fuoco sulle mani di Bengali, la mente di Del smise di connettersi a tutte quelle stronzate che la popolavano di solito, il suo sguardo seguiva quella fiammella come se fosse ipnotizzata, la mano destra della serpeverde si mosse da sola di nuovo, andando ad afferrare il polso della special «Quello che sai fare con i tuoi poteri è bellissimo» la frase fuoriuscì dalle proprie labbra senza che potesse pensarci ulteriormente, e nonostante le guance colorate di rosa Del decise di continuare, fregandosene del magone che aveva sul petto «molto più bello di quello che io o chiunque altro possiamo fare con una bacchetta, il tuo potere è speciale» ascoltò poi il resto del discorso di Bengali, saperla a New Howel, fuori dalle grinfie di Paris la faceva sentire più leggera, aveva già chiesto vagamente alla ragazza se i due a casa loro dormissero in stanze separate, e bengali, a cui piaceva torturarla, non glielo aveva mai detto chiaramente, ma saperla a new howel tutta sola per un’intera estate le faceva contorcere le budella «Col cazzo che ti lascio da sola qui» ed infatti.
    Aveva già parlato con qualche compagno special, informandosi sul se fosse possibile, legalmente entrare lì per un mago, ovviamente le risposte ignare non l’avevano destabilizzata, ed ora cercava un piano per scassinare new howel manco fosse la zecca di stato «ci rimango io con te, in qualche modo» le sorrise, lasciandole poi la mano che le aveva afferrato poco prima «Comunque facciamo questa torta» si drizzò con la schiena, trovandosi di nuovo di fronte alla special «il cianuro non è ammesso fra gli ingredienti?»



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    Edited by teen4ge dirtb4g - 25/9/2022, 22:33
     
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    C'erano molte cose su cui lei e Delilah erano diverse. Bengali era silenziosa, riservata, e preferiva di gran lunga la solitudine al caos. Delilah invece era... un uragano. Letteralmente. Il suo essere esplosiva rasentava i limiti della sopportabilità di Bengali, e non raramente finiva per oltrepassarli. Ciononostante, Gali non sarebbe mai stata in grado di odiarla davvero.
    Non era in grado di dire cosa le legasse: forse l'essere cresciute assieme, abbandonate dalla propria famiglia e accomunate da una situazione tutt'altro che semplice, forse il fatto che in un certo qual modo si compensassero. Dove Bengali era troppo cauta, Delilah era la spinta di cui tutt'e due avevano bisogno. Dove Delilah era troppo avventata, Bengali era la ragione in grado di guidarle. E forse era questo a far funzionare il loro rapporto, quell'equilibrio perfetto che da sempre impediva a entrambe di cadere.
    Ciò non implicava, però, che fosse sempre facile.
    Non erano più delle ragazzine, ed il fatto che Gali fosse stata adottata dai Tipton aveva gettato un'ombra nel loro rapporto difficile da ignorare. La gelosia di Delilah per Paris era tanto evidente quanto invadente e, per quanto Gali la ritenesse comprensibile, non sempre riusciva a sopportarla del tutto. Invero: Paris era la prima persona cui Bengali si fosse mai aperta dopo Delilah, e la velocità con cui la pirocineta aveva accettato di farlo entrare nella propria vita era del tutto insolita per una come lei, l'esatto opposto del concetto di socievole. Quel che la Parker non riusciva a capire, tuttavia, era che Bengali aveva bisogno di quel rapporto con il Tipton. Delilah era la sua migliore amica, la sua sorella non di sangue, ma anche Paris era famiglia, quella famiglia che sino a prima dell'adozione non le era mai stato concesso di avere. Non era disposta a rinunciarvi per un'immotivata gelosia, ma temeva la testardaggine di Delilah: sapeva quanto difficile fosse toglierle qualcosa dalla testa una volta che vi avesse fatto il callo. La conosceva fin troppo bene per credere il contrario.
    «In che… senso?» per l'appunto, la conosceva abbastanza da riconoscere al volo l'imbarazzo nei suoi occhi. La Parker rappresentava sì una buona definizione di eccesso ma, quando si parlava di sentimenti e intimità, la sua spavalderia finiva visibilmente per vacillare. A Bengali quell'accenno di vulnerabilità piaceva, forse più di qualsiasi altro aspetto della Serpeverde.
    «Dovrei vederlo in questi giorni, da sola non c’è bisogno che tu intervenga» Bengali strinse le labbra fra i denti per nascondere un sorriso. Sebbene fossero coetanee, talvolta Delilah assomigliava più a una bambina. «Gli farò pentire di esser nato con le dita dei piedi, oltre che grifondoro» «oh, non ne dubito» e non ne dubitava davvero. Delilah poteva sì essere una bambina, ma una bambina pericolosa. Non avrebbe augurato a nessuno di entrare a far parte della sua lista nera.
    «Quello che sai fare con i tuoi poteri è bellissimo» strinse il pugno con uno scatto, soffocando qualunque accenno della fiammella apparsa tra le proprie dita. Si era a malapena accorta di averlo fatto. Con Delilah, così come sempre più spesso accadeva con i ben, le risultava facile lasciarsi andare, dimenticare chi e cosa fosse. Sapeva che nessuno di loro l'avrebbe mai giudicata negativamente per il suo essere special, così come sapeva di poter contare sulla loro comprensione per i suoi involontari disastri. Soltanto per lei era ancora difficile accettarsi. «molto più bello di quello che io o chiunque altro possiamo fare con una bacchetta, il tuo potere è speciale» scosse il capo, come se quel singolo gesto fosse sufficiente a scacciare il nodo allo stomaco provocato da quelle semplici parole. Avrebbe voluto spiegarle la ragione per cui non riuscisse proprio a credere alle sue affermazioni, ma la verità era che neppure lei riusciva a comprendere perché le risultasse tanto assurdo farlo. «riparliamone quando dovrai aiutarmi a fare la valigia perché io non sono capace di piegare magicamente i miei vestiti» ribadì ironica, come se tutto il problema si riducesse a cosa potesse o non potesse fare in quanto special.
    «Col cazzo che ti lascio da sola qui, ci rimango io con te, in qualche modo» avrebbe voluto essere meno egoista Bengali, dirle di non fare cazzate ed impedirle di correre un rischio tanto stupido. Non le piaceva l'idea di saperla in Sala Torture, ma forse le piaceva meno l'idea di non poterla vedere per tutta l'estate. «pigiama party clandestino?» mormorò, non riuscendo a celare del tutto la flebile speranza di poter restare assieme all'amica per più tempo del previsto. Aveva anche valutato di fare il contrario, di mollare New Hovel per rifugiarsi in orfanotrofio assieme a lei, ma non era del tutto certo di poterlo fare senza rischiare l'arresto.
    «Comunque facciamo questa torta» la Tipton batté le mani, entusiasta. Quello era decisamente un argomento meno complicato. «cioccolato?» sollevò un barattolo di crema al cioccolato, cercando di capire quale fosse la data di scadenza sull'etichetta «il cianuro non è ammesso fra gli ingredienti?» «non sono certa che ben la prenderebbe così bene» quale ben? Nel dubbio, tutti.
    Svitò il barattolo per odorarne il contenuto, lieta di venire travolta dal profumo dolciastro del cacao e non da quello più acre della muffa. Giusto per essere sicuri, affondò un dito nella crema e fece per portarselo alle labbra. All'ultimo istante cambiò idea, e si allungò per spalmarlo sulla fronte della Parker. «simbah» pronunciò con enfasi, già pronta alla morte imminente.
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