cool cool cool no doubt

ft. willow

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    C’erano molte cose che Camden avrebbe voluto dire al ragazzo che sarebbe diventato, il bambino sperduto in un altro tempo e cresciuto senza il punto di riferimento che era la sua famiglia. Se avesse potuto dargli un consiglio, sarebbe stato: non inseguire la fama, perché finiva per scavarti dentro, consumare tutto quello che sei finché non hai più niente da restituire. Non era facile vivere sotto i riflettori, ma l’Hilton-Peetzah pensava di essersela cavata egregiamente per più di vent’anni…finché Penn non era morta. Gestire un lutto e l’attenzione mediatica che uno di quel calibro portava non era facile, e non sarebbe dovuto cadere sulle sue spalle. Ma a chi avrebbe potuto scaricare quel peso? Ai suoi fratelli, che avrebbero finito per distruggere la fragile immagine che si erano costruiti negli anni? A suo padre, che a malapena si alzava dal letto? No, era compito di Camden pensare alla sua famiglia, a prendersi cura di loro ora che sua madre non poteva più. «vogliamo…vogliamo solo stare soli, al momento» il ragazzo spinse gli occhiali da sole sul ponte del naso, camuffando gli occhi gonfi e provati dal pianto, ma nonostante tutto si costrinse a fronteggiare la telecamera a testa alta «spero che rispetterete la nostra decisione in questo momento difficile» annunciò in un tono piatto, le stesse parole che non faceva che ripetere da settimane, scritte per lui da qualcuno che aveva il compito di curare l’immagine di famiglia. Voltò le spalle a quell’assurdo shitshow, percependo la rabbia vibrare sottopelle e l’acido ribollire sulla punta della lingua, pronto a fare a pezzi chiunque osasse rivolgergli la parola. A nessuno importava della morte di Philadelphia Hilton, quei giornalisti erano solo sciacalli in cerca del prossimo gossip, affamati di dolore e di sconforto così da poter rendere il mondo un posto un po’ più peggiore con i loro articoli. Si mise dietro il volante della sua macchina, un breve flash di lui che metteva sotto i reporters a passare nella mente- ma non poteva. Sarebbe stato too much, persino in quella situazione. I giornalisti si erano accampati fuori dai cancelli di casa Hilton-Peetzah, e sebbene non fosse la prima volta, Camden aveva bisogno di spazio per pensare, un posto dove non fosse raggiungibile da nessuno.
    Avrebbe potuto aprirsi con i fratelli, con la sua gemella, ammettere per un breve momento che non ce la faceva più nemmeno lui, che non voleva essere forte. Voleva solo sparire per un po’, l’Hilton-Peetzah, fingere che quella maledetta malattia non gli avrebbe strappato dal petto tutte le persone che amava.
    Ci doveva essere una soluzione.
    E la trovò, quella soluzione.
    Solo che non era quella che si aspettava Camden, che il solo pensiero gli faceva venire voglia di chiudersi in una stanza e murarsi dentro. Tutto sarebbe stato preferibile a quello.
    Perché come poteva l’ex grifondoro pensare di abbandonare la sua famiglia, quando ci aveva pensato prima Bang e poi Penn. Il fin troppo buono, ingenuo Camden non aveva messo in conto di essere stato l’unico a porsi degli scrupoli, che i suoi fratelli avevano già pensato di abbandonarlo ancora prima che prendesse la sua decisione. Almeno c’era stata Tiny, a provare a convincerlo a partire con lei. All’inizio si era rifiatato, perché come avrebbe potuto? Aveva la sua vita lì, qualcosa per cui ancora valeva la pena di lottare. Aveva ancora Piz, un padre, nonostante tutti sembrassero dimenticarsene. Ford nel dubbio era ancora più infame, così a caso ma almeno lo cito. Nessuno degli Hilton-Peetzah si era posto il problema di cosa avrebbero detto a Piz, semplicemente perché avevano deciso di scavalcarlo completamente. Allora sì, che Camden una volta venuto a saperlo aveva sbottato per davvero: erano davvero delle merde, ad andarsene senza nemmeno salutare. Ma non era quello che veniva meglio a loro? Camden lo sapeva bene, quello che in un modo o nell’altro veniva sempre lasciato indietro- ma andava bene così, finché era solo lui. Alla fine aveva deciso che si sarebbe assunto lui la responsabilità di parlare con il padre, perché si meritava almeno quello, non di tornare a casa un giorno e di non trovare nessuno.
    Anche Camden aveva deciso di partire, era vero, non era migliore dei suoi fratelli. Eppure, almeno lui aveva deciso di intraprendere quel viaggio sulla fragile speranza di poter tornare indietro e rimettere insieme i pezzi della sua famiglia, che non avrebbe più permesso che si facessero del male a vicenda in quel modo. Era un idiota, Camden Hilton-Peetzah, un inguaribile ottimista, ma almeno ancora credeva in qualcosa.

    Gaylord era, come capitava spesso nella vita, confuso. Non capiva perché sua sorella l’avesse trascinato fuori di casa durante un fin troppo caldo pomeriggio di Agosto, o perché insisteva che ci fossero i crocifissi satanici in saldo e dovesse assolutamente comprargliene uno. Così, perché portavano fortuna. Il Beckham aveva provato a dirle che no tranquilla, ne ho già uno a casa ma Willow si era impuntata, facendo leva sul lato più buono di Gay. Come poteva abbandonarla dopo avergli detto che ci teneva particolarmente, perché per lei era importante? Sarebbe stato un mostro, ecco cosa. Da quello che gli aveva detto Will, ci sarebbe dovuto essere un mercatino dell’oscuro (ma che nome era) al Wicked Park, ma Gaylord non riusciva a vedere niente nonostante fosse alto cinque metri. «ma…..sei sicura sia qui? magari abbiamo sbagliato giorno» si guardò intorno in cerca di qualcosa, tipo una bara gigante con le indicazioni per il mercatino. Si vedeva che non era del mestiere. «percepisco bad vibes» chissà come mai.
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    WHILE YOU FADE
    WHOEVER YOU USED TO BE
    AND NOW I WON'T REMEMBER
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    «se proprio ci tieni, parlaci te»
    ed era così che tintagel hilton aveva liquidato il gemello, stroncando sul nascere quella che sarebbe potuta diventare una discussione o, se fossero stati più maturi, una semplice conversazione tra persone (kinda) adulte. Ma tiny non aveva la minima intenzione di imbarcarsi in quel discorso, nè di far i conti con quei pensieri che la tormentavano da giorni.
    settimane.
    mesi.
    e, in quella frase buttata lì prima di uscir di casa e lasciarsi un cam interdetto alle spalle, c'era nascosto ben altro: che era più facile, andarsene via senza dir niente.
    che non ce l'avrebbe fatta, a guardare suo padre negli occhi e dirgli la verità.
    che un addio dal vivo avrebbe solamente riportato a galla ricordi che la hilton peetzah aveva meticolosamente seppellito, e promesso a sè stessa di non rivivere più.
    che, anche se non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, lei non era forte come camden. ed aveva sempre trovato più semplice delegare a lui alcune cose, ma dopo la morte della mamma il tutto si era accentuato: gli aveva lasciato gestire la stampa e il vortice mediatico che li aveva travolti, così come era ricaduto su di lui il compito di non permetter a piz di cadere totalmente in depressione e di gestire birch.
    lo sapeva bene, la hilton-peetzah, di essere un'ipocrita: aveva criticato - e odiato - così tanto bang per essersi allontanato dalla famiglia quando penn aveva iniziato a peggiorare, eppure... tiny era rimasta a casa, certo, ma a volte più come un fantasma che come una persona davvero presente, quindi suo malgrado non era poi così diversa da suo fratello maggiore.
    e si odiava per questo.
    ma, al tempo stesso, sapeva che di più non avrebbe potuto fare. e che si stava davvero impegnando, per reprimere i suoi istinti e non comportarsi molto peggio.
    perchè dopo aver perso penn, cam aveva rappresentato l'unico briciolo di umanità di tiny. (assieme a levi, #ti-levi4evah)

    «percepisco bad vibes» ma che frase inutile da dire era «li emano io, scemo» era così ovvio. e gay avrebbe dovuto saperlo, vivendo nella sua stessa orbita da... beh, ancor prima di nascere.
    una cosa era risaputa, a casa beckham: mai mettersi tra willow ed i suoi crocifissi satanici. o le svendite di bare. o i mercatini di antiquariato con gioielli fatti con pezzi d'ossa. Quindi, quando aveva chiesto a gay di accompagnarla a quella svendita, sapeva che il ragazzo avrebbe detto sì.
    anche perchè, se avesse detto no, will era già pronta a lanciargli il malocchio e rovinargli tutto il resto del mese. o spezzargli a metà qualche matita per le sopracciglia, kissà, i modi per torturarlo psicologicamente erano davvero infiniti!!!!! ( ...che ci poteva fare, durante le vacanze estive diventava sempre un po' più cattiva, senza più gli studenti di hogwarts da poter trattar male!!!)
    e comunque erano lì al wicked per un buon motivo!! che, SHOCK!, non erano davvero i crocifissi satanici.
    Qualche giorno prima, la beckham aveva ricevuto una soffiata - aka: aveva prima stalkerato, trascinato in un vicolo buio e poi puntato un coltello alla gola di posh gates - su dove trovare penn hilton.
    perchè non all'amortentia??? di cui la hilton era proprietaria??? perchè assolutamente no, lei in quel luogo di torture non ci avrebbe mai messo piede. quindi l'alternativa era ritrovarsi lì a wicked park ed attender (secondo quanto le aveva detto il gates) la passeggiata pomeridiana di penn con suo figlio.
    sua madre e suo fratello
    bella merda, sinceramente.
    ma aveva ignorato la cosa per troppo tempo, ed era arrivato il momento di parlarne anche con gay. anche perchè ... aveva la quasi certezza che l'avrebbe presa bene.
    scoprire di avere il dna non di una, ma due persone famose? e di venire da un futuro dove era cresciuto con un reality show incentrato sulla loro vita?? probabilmente su wat-pad esistevano già una ventina di fanfiction scritte dal ragazzo con scenari simili.
    e forse era proprio per questo, che non gliene aveva parlato prima, prendendosi tempo per sè così da poter elaborare una verità che sospettava gay invece avrebbe amato all'istante. così quindi, de botto e senza senso, mentre passeggiavano tranquilli ecco che lanciò la prima parte della bomba.
    «ti piacerebbe più esser nato bang hilton o leone ferragni?» cosa? cosa. e poi presa out of context non era nemmeno una domanda così strana: una volta aveva beccato il fratello fare un test simile online, qualcosa tipo "scopri chi sei tra stormi webster, leone ferragni, bangkok hilton e khai hadid malik". per non parlare dei test "a quale famiglia famosa appartieni?", quelli li faceva sempre.
    ciò che era strano, però, era che una domanda del genere arrivasse da willow beckham
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    but that's alright
    I can hardly feel anything,
    I hardly feel anything at all
    I hate you
    for what you did
    And I miss you
    like a little kid
    tintagel hilton-peetzah
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    Gaylord era sempre stato un fratello che incoraggiava le passioni della sorella, non importava quanto insolite o inquietanti fossero. Ogni tanto cercava di interessarsi ai suoi hobby, anche se la maggior parte delle volte finiva con l’essere profondamente turbato- aveva un animo candido, non era colpa di Willow. Dopo che Willow aveva insistito affinché Gay venisse con lei a quel mercatino non se l’era sentita di deluderla, specie quando passavano così poco tempo insieme. Ognuno aveva la propria vita e impegni da rincorrere, e ultimamente con il suo libro in uscita non aveva avuto un momento da dedicare a niente che non fosse la sua promozione. Era dura la vita di un influencer, come avrebbe detto una certa beauty guru di Tiktok, ma non l’avrebbe comunque scambiata per nessun altro lavoro. Gaylord Beckham non aveva molte skills nella vita, ma essere popolare era un qualcosa che gli era sempre venuto naturale- little did he know, che era un qualcosa insito nel suo DNA, dal primo vagito. Quello che Gaylord non capiva era il motivo per cui si erano fermati in mezzo al Wicked, apparentemente in un punto a caso, senza dirigersi verso il mercatino dell’oscuro. Forse Willow voleva spillargli qualche soldo e farsi offrire da mangiare, o aveva intenzione di rapire qualche povero innocente per sperimentare con le bambole voodoo. In ogni caso, aveva un brutto presagio. Chissà se era stata lei a mettergli l’amortentia nel tè, pensiero random ma del tutto giustificato in quel momento di panico interiore. «ti piacerebbe più esser nato bang hilton o leone ferragni?» ah…o-kay? Si aspettava molte cose, il Beckham, ma quella non rientrava nella lista. Era vero che Willow l’aveva beccato innumerevoli volte mentre sospirava sulle postcard di Natale delle Kardashian-Jenner, oppure a fare i test di Buzzfeed su a quale famiglia famosa appartenesse, ma non capiva perché menzionare qualcosa del genere in quel momento. Forse si era finalmente interessata anche lei? Voleva farsi una cultura? BASTAVA CHIEDERE. «beh, è sicuramente una domanda molto complessa a cui rispondere» no, non lo era ma Gaylord era un esperto a parlare per ore sul niente «sulla superficie le loro vite potrebbero apparire le stesse dato il loro pedigree, per questo bisogna esaminare attentamente le sfumature» di cosa? del Fato ovviamente, delle mille direzioni che il loro futuro poteva prendere «innanzitutto, leone ferragni non è frutto di uno scandalo, non dovrà mai portarsi quest’etichetta appresso. la sua figura è paragonabile a quella di una kylie jenner, nato come un nepobaby in una famiglia già influente, circondato da influencer e dal mondo dello spettacolo italiano» aveva gli occhi a cuoricino, si notava? Gaylord era un grande fan di Chiara Ferragni, avevano persino una foto insieme «a causa delle circostanze della sua nascita bang hilton ha avuto e avrà sicuramente un’esistenza difficile, che condizionerà anche il tipo di persona che sarà da adulto. la sua famiglia è radicalmente diversa da quella dei ferragnez, nato nella generational wealth e con valori diversi. detto ciò, sua madre spacca i culi e sono un grande fan quindi probabilmente ti direi bang» le priorità erano molto chiare: nepobaby Hilton per sempre. «era una domanda a caso o...?» rip cameron hilton-peezah you would've loved this shit.
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