[HAPPY BDAY OBLIVION - 9TH] I think I left my consciousness in the 6th dimension

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    Non avrebbe voluto essere lì, Ramón Monrique.
    In realtà non aveva mai voluto partecipare a nessuno dei precedenti ritrovi del Ritorno (più ritor-no, che Rito-rno), eppure, per qualche mistica congiunzione astrale, si era sempre ritrovato alle porte della festa senza davvero sapere cosa lo avesse spinto ad arrivarci. Non aveva motivi per rinnegare ciò che era stata la questione dell'altro universo, tra missioni di recupero e stabilizzazioni del flusso cosmico dell'esistenza e tutta quella roba lì; tuttavia, per quanto fosse stata una tappa fondamentale del cammino personale dell'illusionista verso una meta che ancora non vedeva ben nitida, ma che lenta aveva preso a delineare i suoi contorni con tratti d'inchiostro sbavati, avrebbe preferito relegarla a quello, e quello e basta. Una soggiorno nel carcere del Monopoly al quale scampare nei giri successivi, racimolando tutti gli "esci gratis di prigione" che poteva - a costo di comprarseli, o di rubarli agli altri giocatori.
    Un'esperienza.
    Particolare. Entusiasmante, adrenalinica, strabiliante; triste, sfiancante, tragica. Qualcosa da fare, ma da non ripetere e da accantonare in un angolo remoto della memoria: sempre presente e pronta ad essere chiamata in causa se stuzzicata, ma che altrimenti lì rimane indisturbata e senza dare noie. Come salire sulle montagne russe considerando che, l'unica volta che lo hai fatto, sei svenuto ad ogni curva e hai rigettato pure il pranzo dei quindici anni della cugina Soledad - e al momento del giro sulla giostra, per inciso, ne aveva compiuti trentatré -: divertente sul momento, ma ci hai messo su un tabù e se qualcuno si azzarda a tirare fuori l'aneddoto, o a proporre una gita a Disneyland, spacchi una bottiglia e gli salti al collo durante la cena di famiglia.
    Ogni anno, si ritrovava a dover individuare almeno un lato positivo per cui valesse la pena di non fare come per le montagne russe - minacciare con una bottiglia rotta qualcuno o vomitare sui presenti: entrambe, dato che gli era già capitato di essere a tanto così dal trovarsi sia nella prima che nella seconda delle situazioni -, e di rimanere e far finta di godersi la festa. L'alcol a fiumi era, senz'ombra di dubbio alcuno, ciò che lo invitava maggiormente a non darsela a gambe; l'immagine pubblica, una delle tante, ch'era suo malgrado costretto a portarsi dietro come lo strascico di una sposa, e per la quale elargiva sorrisi a destra e manca come se ne andasse della vita di qualcuno; talvolta gli piaceva inserire Percival Buckingham Meadows Volkswagen tra le ragioni che rendevano più sopportabile quel supplizio - era un po' (tanto) una merda, ma Ramón aveva imparato a prendere anche i suoi più piccoli gesti come dimostrazioni di affetto, e se lo faceva bastare -; tutto sommato era una festa, e se scindeva il pretesto dall'esecuzione poteva trattarla come tale; c'era l'alcol.
    Qualcosa gli diceva che quella volta, però, sarebbe stata più tesa del solito.
    Innanzitutto, c'erano Matias e Tatiana. Non che non si aspettasse di vedere i suoi perfetti fratelli lì, ma lo avrebbe preferito. Soprattutto, sarebbe stata cosa gradita che non gravitassero entrambi attorno allo stesso punto invisibile: evitare il maggiore sarebbe stato impossibile, se la bionda avesse fatto la mamma chioccia tentando un qualcosa. Non ci fosse stata lei, tutto sarebbe filato sicuramente più liscio: Mat fingeva che Ramón non esistesse, e il minore che l'altro fosse morto.
    Poi, dalla propria comoda seduta (le scale, per inciso), si trovò ad ammirare l'ingresso di Sam. Accompagnato da sua moglie. Avrebbe avuto molte cose da dire al riguardo, e molte che avrebbe voluto fare, invece si limitò a prendere due bicchieri di champagne dal primo cameriere di turno e buttarli nell'esofago come acqua fresca: non erano sfuggiti i bicchierini pride, ma aveva deciso di passare alle bevande psicotrope in un secondo momento.
    Bastavano quelle quattro persone a complicargli la vita, ragion per cui, seguendo le teorie della legge di Murphy, gli occhi scuri gli caddero su sé stesso.

    «Liz bzzz crrrrr non ti sen- crrrrr bzzzzz ci deve essere un interf- zzzzzzz» «se stai fingendo che non ti prenda il telefono giuro che-» «CRRRRR ZZZZZZZ NON SENTO CIAO ZZZZ» e così, prima che sua sorella potesse uscire dallo schermo dell'iPhone come la Samara dei ricchi, chiuse la telefonata e si mise il telefono in tasca, sorridendo sgargiante a Wren per poi stringersi nelle spalle.
    Punto primo: sì okay, stava fingendo un'interferenza per non dover sentire Lisette urlargli nell'orecchio perché era andato ad una festa senza di lei, ma come poteva escludere non ci fosse davvero un'interferenza? Non era certo un esperto di viaggi di quel tipo: i suoi prevedevano draghi deformi, luci stroboscopiche che uscivano dagli occhi e dalle labbra delle persone, pieghe innaturali nei movimenti degne dei più bei filtri di Snapchat. Aveva pensato di essere finito in un'altra dimensione prima d'allora, ma quello era davvero un altro mondo. Prendevano i telefoni? Chi può dirlo.
    Punto secondo: amava sua sorella, e conosceva perfettamente il suo fiuto per le feste. Avrebbe sniffato le tracce del party come un cane da tartufo in montagna, e sarebbe tranquillamente arrivata lì con i suoi piedi in un batter d'occhio.
    Punto terzo: «Baltyyy guarda là!!!» era impegnato! Non aveva tempo di farsi rimproverare.
    Balty guardò là, gli occhi nocciola a risplendere della stessa piega sulle labbra. Aveva partecipato a così tanti eventi di gala, feste sfarzose, festini ai quali non avrebbe dovuto mettere naso, che qualcun altro al suo posto avrebbe anche potuto considerare tutto quel ben di dio come noioso. Ma lui non era qualcun altro, e faceva fatica a non entusiasmarsi con poco. Era tutto troppo bello. E non ci capiva un cazzo, il che rendeva tutto ancora più figo. «WREN!» partecipò ben volentieri all'esaltazione del maggiore, indicando un punto qualsiasi. Non era sicuro ci fosse qualcosa da ammirare, laggiù, ma era un grande fan dell'immaginazione e della libera interpretazione: magari l'Hastings vi avrebbe trovato qualcosa di eccitante.
    Continuava a salutare gente completamente a caso, presentandosi euforico a chiunque si avvicinasse e ricevendo - scioccante, considerando che non sapeva davvero chi fossero e che immaginava il sentimento fosse reciproco: che ne poteva sapere lui che anche in quel mondo i Monrique avessero un qualche tipo di fama? - sorrisi cordiali di rimando, senza davvero soffermarsi su nessuno in particolare, e quando Wren gli mise tra le mani un bicchierino colorato lo accettò senza remore alcuna.
    «Non dirlo a mia mamma» il giovane tassorosso dischiuse le labbra, fissando l'altro negli occhi. «potrebbe arrabbiarsi, avrebbe voluto farlo lei.» «Ooooh» era confuso, ma comunque annuì prima di scolarsi la bevanda indaco. Piegò le labbra verso il basso, osservando l'ormai vuoto recipiente: ammetteva d'essere un po' deluso da ciò che aveva mandato giù, pensava fosse più buono.
    «Cerchiamo qualcuno di divertente a cui accollarci?» annuì, scrutando pensieroso la sala. «Mi sembra una buona idea.» e mica perché nessuno dei due avesse idea di dove fossero e chi fossero e perché fossero e quindi sarebbe stato saggio rimanere incollati a qualcuno più esperto di loro ond'evitare qualche catastrofe cosmica ahahah no vi pare. Per giunta, aveva già individuato qualcosa d'interessante, ma non ebbe tempo di comunicarlo. Quel che espose fu, invece: «lui non mi sembra molto divertente.»

    Non lo era, ma non sarebbe stato Ramón a farglielo presente. Se in un primo momento aveva pensato di ignorare la presenza della versione adolescente di sé, quando vide con chi fosse decise di alzarsi dalle scale, prendere altri due flute di champagne - uno bevuto subito; l'altro per fare scena, lo stelo del calice fine stretto tra pollice e indice - e approcciare i due nuovi arrivati.
    Ignorò il mini Ramón, o chiunque egli fosse, scrutando severo - e risentito, e ferito - la persona che più sembrava essere fuori posto in quella villa. Gli somigliava così tanto, ma c'era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Gli strinse le guancia tra le dita, piegandogli la testa da una parte e dall'altra, studiandolo. «È uno stronzo?» domandò, rivolgendosi al più piccolo. Domande del tutto lecite, secondo i suoi gusti. Non che gli interessasse davvero, non più, di quel che accadeva dall'altra parte del portale, ma voleva capire. Doveva sapere. «No??? Cioè, non mi pare, lo conosco da poco.» non poteva mentire Balt, non rientrava nel suo corredo genetico: Wren non gli sembrava una persona cattiva, anzi!, ma lo conosceva effettivamente poco. «Ma sono sicuro di no. Perché?» l'Eletto si strinse nelle spalle, lasciando la presa e sorridendo ad entrambi, vagamente rincuorato ma perlopiù confuso. «Sono uno scrittore.» una risposta non proprio degna di nota, ma che non suscitò poi chissà quale reazione in Balt: funzionava bene come scusa, di tanto in tanto. «Fingete fosse un... questionario, ecco. Ah, stai volando.»
    E si allontanò, ominous come era arrivato, ma non prima di dare una pacca sulla spalla del ragazzo rimasto a terra. «Non lasciarlo andare.»

    «STO: VOLANDO!» effettivamente, Baltasar stava volando da un sacco, ma fino a quel punto solo metaforicamente e spiritualmente. Aveva già preso jet privati ed elicotteri, ma non è che amasse più di tanto non avere una cabina attorno a sé mentre non toccava terra: l'unica volta che aveva provato a volare su una scopa, si era sentito male. «Ooooooh Wreeeen hai sentito che ha dettoooooo!!!» e poco poteva saperne, il Monrique, che l'adulto ubriaco si stesse riferendo ad altro. «Prendimi la gamba! Non voglio galleggiare via!!! Oh qua c'è una bella visuale, sai?» lo guardò dall'alto, e indicò un punto nella folla. «Credo che lì stia per scoppiare una rissa, ci andiamo?? Sembra divertente. Io ti guido tu mi porti.» finalmente si era ristabilito l'equilibrio cosmico e il geocineta avrebbe lavorato per lui.

    «Vorrei essere ovunque tranne che qui.»
    Ed in effetti, Samuel non era più nemmeno qui. Lo aveva visto allontanarsi da Akelei, poco prima, ed aveva deciso fosse il momento migliore - forse l'unico che volesse concedersi - per raggiungerlo. Sospirò, prendendo infine uno dei bicchierini colorati prima di tornare alle bollicine. Pessima idea.
    Strabuzzò gli occhi una, due, tre volte; alla fine, dovette fare i conti con il fatto che la gente si fosse illuminata come delle maledettissime barrette fluorescenti. Confuso, si aggrappò ad un povero Cobain di passaggio. Lo arpionò quasi letteralmente, trascinandolo verso di sé e ritrovandoselo ad un palmo dal naso. «Frankie, amico...» biascicò, avvicinandosi con le labbra al suo orecchio. «vedi anche tu la gente accesa?» tutto nella norma. «Scusa, scusami, devo aver bevuto un po'» troppo, ma mai aveva visto cose del genere. Gli sistemò pieghe invisibili sugli abiti, prima di congedarsi con un sorriso nervoso e seguire un colore specifico nella folla.
    «Sam?» lo afferrò per il polso, costringendo il Moriarty a fermarsi e a degnarlo di uno sguardo. «Potevi dirmelo che saresti venuto.» così, dal nulla. Per fare conversazione, e solo perché non poteva certo fare di più in mezzo alla folla con moglie e figliastri nei paraggi.
    Anche se se lo sarebbe meritato.
    Give me that thing that I love
    I'll turn the lights out
    Put your hands up, make 'em touch

    i've overheard your theory
    nostalgia's for geeks
    being away from you
    i found the vein

    put in here
    baltasar monrique
    ramon monrique - 28
    illusionist - sugar buddy


    eeeeeee scusate PG nuovi non so come si faccia a scrivere cose così e sì, non sono capace ad interagire quindi più che altro parlo con me stesso

    -- Balt parla con Wren, vola (eppi indaco) e vuole andare a vedere una rissa (immagino... Mason e Rich??? Non ho capito se inizi la rissa ma vabbè, andiamo dove ci porta Wren). E saluta tutti a caso perché è un bravo ragazzo.

    -- Ramon parla (da solo) con Wren, passa da Frankie e va da Samael. È arrivato già ubriaco quindi magari ha intruppato addosso a qualcuno a caso boh ciao


    Ah sì sono Lele
     
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    Vestita di tutto punto, come una bambolina da usare come soprammobile, si guardava intorno sorridendo e salutando come l’etichetta prevedeva, Tatiana partecipava al Ritorno unicamente come veste di sponsor dell’organizzazione no profit che aveva messo su con la quota della sua sostanziosa eredità, aveva messo sui vari tavoli volantini e biglietti da visita nel caso qualcuno avesse voluto unirsi alla sua giusta causa.
    Tatiana negli anni vissuti da sola, dopo la missione s’intende, aveva capito che il suo compito nel mondo era aiutare i più deboli: che questi fossero animali o umani poco le importava, lei aiutava tutti, senza alcuna distinzione; inoltre aveva scelto uno stile di vita sano e sacrificato, non aveva più toccato un goccio d’alcol se non in casi eccezionali, aveva tagliato gli eccessi dalla sua vita limitandosi allo stretto indispensabile, aveva venduto il suo attico per trasferirsi in uno squallido monolocale… ma nonostante ciò era felice, combattere le sue battaglie la rendeva molto più orgogliosa di un paio di scarpe Louboutin, i sorrisi della gente che aiutava le riempivano il cuore e questo le bastava.
    L’unico rammarico era quello di avere una famiglia che non fosse per niente unita, due fratelli che si evitavano, che la evitavano, come la peste bubbonica.
    Fu quel pensiero che la fece scendere le scale e farla accostare accanto a quello che era il fratello.
    «Sei già ubriaco?»
    Gli chiese con un sopracciglio alzato e poggiandosi alla ringhiera.

    […]



    «Quel figlio di una gran…» Liz, con un diavolo per capello, continuava a smanettare con il suo iPhone dalla cover rosa cercando di rintracciare il fratello che sembrava essere sparito letteralmente nel nulla, era preoccupata? Ovviamente no. Non le poteva importare un fico secco di quello che faceva Balt con i suoi amici, ma le regole erano chiare, se c’era in atto una festa il minore doveva avvisarla e dovevano andarci INSIEME, e invece le aveva dato buca.
    «Giuro che se lo prendo…»
    E continuava così, a dire frasi sconnesse e senza senso, mentre entrava nel posto in cui c’era quella maledetta festa: certo che l’aveva trovata, lei era Lizzie Monrique! Nessuna festa le sarebbe sfuggita, nemmeno una in un altro universo.
    Vestita di giallo, di piume rosa, stivali con i lustrini e occhiali da sole poco sobri, non aveva nemmeno avuto il tempo di… farsi una striscia, infilò il mignolo nella boccetta che si portava sempre dietro e lo portò fra le fauci ingurgitando ciò che rimaneva della propria polvere magica, menomale che aveva con se le pillole o altrimenti la situazione sarebbe stata tragica, rubò dalle mani di qualcuno un drink blu mentre saliva le scale e bevendone qualche sorso vide di spalle Wren… da solo? Si affrettò ad avvicinarsi, nella foga spinse una tipa con un vestito azzurro (spoiler: era lei xD) «Wow non sapevo ammettessero gente in cosplay, chi rappresenti, Daphne Bridgerton?» le disse dandole un’occhiata dall’alto verso il basso «È davvero orribile questo vestito, mio Dio se il tuo guardaroba è tutto così non dovresti più uscire» voleva davvero dirlo? No, ma ormai l’aveva fatto, se ne pentiva? Niente affatto, fatto il danno comunque raggiunse Wren acciuffandogli una spalla «Dov’è mio fratello?» seguì lo sguardo del ragazzo trovandolo in aria, era estremamente seria, il che significava solo una cosa « Scendi subito da lì, avevi detto che ci saremmo drogati insieme e invece ci sei venuto da solo!» lo aveva afferrato per una manica cercando di portarselo vicino per tirargli i capelli o dargli qualche pugno, il fatto che dicesse quello che pensava pubblicamente era ormai passato in secondo piano.

    […]



    Stava per approcciarsi con il fratello, in quello che probabilmente a breve sarebbe sfociato in un litigio, ma era stata interrotta da una ragazzina eccentrica vestita di piume e lustrini che l’aveva quasi buttata di sotto, e le aveva persino detto che il suo vestito era brutto! «Ma senti chi parla, ti sei…» vista? Probabilmente no, e nemmeno l’attivista era stata attenta, o si sarebbe accorta che quella era lei da adolescente, leggermente più eccentrica, ma pur sempre lei; l’attenzione di Tatiana però venne catturata dal fratello che spariva tra la folla, così si affrettò a seguirlo lasciando l’allegra combriccola lì da sola «Ramon!!» quasi gridò mentre si faceva spazio tra la folla.



    -Did you say party? Without me? You bitch
    -A party? Are you sure it’s safe? Really?
    Pacify her
    she’s getting on my nerves
    Say you'll remember me standing in a nice dress
    Staring at the sunset

    babe
    Lizzie Monrique
    Tatiana Monrique- 29 y.o.
    Activist- Volunteer


    Tatiana cerca di rimproverare Ramon, poi lo segue cercando di parlargli.

    Liz invece raggiunge Wren e Balt per rimproverare quest’ultimo, è leggermente fatta e sotto l’effetto del drink blu.
     
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    Il giro di perlustrazione di Ford BMW-Peetzah era ben lontano da potersi considerare finito (c'erano ancora quattro fratelli dispersi per le varie sale dell'enorme reggia e numerosi cugini, acquisti e non, dei quali doveva ancora accertarsi dei whereabouts e che non stessero combinando alcun casino, o peggio); avrebbe iniziato a godersi la festa una volta assicuratosi fossero tutti accounted for, e anche a quel punto avrebbe fatto in modo di rimanere abbastanza vigile e sobrio per poter intervenire in caso di necessità.
    Non era una persona noiosa, Ford, ma si lasciava andare solo in ambienti e circostanze nelle quali poteva permetterselo, dove rilassarsi e abbassare di qualche tacca il livello di ansia e accortezza non rischiava di ritorcersi contro di lui; una festa del genere, con così tante persone – e persone che non appartenevano a quel mondo, per di più, – non gli sembrava proprio una di quelle occasioni, ecco tutto. Per quella sera era disposto a farsi andare bene il ruolo di Supervisore e Dad Friend, concedendosi al massimo una birra o un innocuo shottino: sapeva bere con moderazione, quando necessario, e ci voleva ben di più per fargli perdere il controllo!
    Così, ancora alla ricerca di Porsche (primo sulla lista delle persone da individuare per una serie molto lunga di motivi tra cui svettava: "perché è un coglione, con affetto"), fermò un camierere e prese dal vassoio uno dei bicchierini, convinto fosse uno shot di ~qualcosa alla menta.
    (Spoiler: non lo era.)
    E aveva appena posato il bicchiere vuoto, rigorosamente al contrario, sul vassoio di un altro cameriere di passaggio, quando qualcuno lo afferrò per il braccio.
    «roy...?»
    Conosceva Roy Harvelle? Secondo me sì.
    Aveva mai parlato con Roy Harvelle? Probabilmente, ma non abbastanza spesso da poter giustificare tutta quella confidenzia.
    E infatti. «sono più simpatica di roy»
    Ah, dunque era una degli altri.
    Ford non sapeva nulla dell'altro mondo, o di quello che era successo quando lui era appena un ragazzino abbandonato dalla madre e spedito dal padre nell'orfanotrofio di Idem "per giocare con gli altri bambini". Cioè, voleva bene a More Sr ma cazzo, che infame. (Che poi, così è come la raccontavano gli altri, in realtà al ragazzino non erano dispiaciuti troppo gli anni passati con Idem)
    Ad ogni modo.
    Ford non aveva mai chiesto nulla riguardo l'altro mondo, non aveva voluto sapere nulla, perché per certi versi riguardava sua mamma e a Ford non piaceva parlare di Sutton BMW; quei quindici anni senza di lei non riuscivano a non pesare sul cuore dell'ex corvonero –ma non in quel momento. Lì, al centro della pista, gli occhi in quelli della ragazza sconosciuta e accaldata dal troppo ballare, tutto quello che aveva sempre tenuto Ford ancorato al terreno, alla realtà, la maturità che l'aveva raggiunto troppo in fretta privandolo di un'adeguata adolescenza, tutto sembrava non avere più alcun peso, alcuna rilevanza.
    Si sentiva rilassato e si sentiva bene e non stava più pensando ai ragazzini pronti a far danni o ai fratelli sperduti chissà dove o a sua madre o a niente.
    Era un bel po' che non si concedeva una canna, ed era certo al cento percento di non aver fumato nemmeno quella sera; eppure la sensazione era la stessa.
    Si domandò, distrattamente, perché avesse smesso, perché avesse scelto di barattare quella sensazione per la perenne ansia dovuta alla Responsabilità TM; dopotutto era piacevole dimenticarsi i problemi altrui e lasciare che gli scivolassero addosso, nessuno lo pagava per fare il babysitter di tutte le persone a cui voleva bene.
    E nessuno lo ringraziava per il modo in cui si prendeva cura di loro.
    «dimmi i fun facts del tuo mondo e ti dirò quelli del mio»
    Sorrise a Non-Roy, un sorriso disteso e calmo, sereno, pensando a cosa ci fosse di divertente nel suo mondo.
    (Un bel niente.)
    «barry è nell'antidroga»
    «turo mette le corna ad ake con un tassorosso del quinto» (forse????) «anno»
    «ci sono altri due mac»
    «esiste una paris hilton, ma non è paris hilton»
    «i jujoni hanno un figlio adorabile»
    «i twans sono esseri umani più o meno funzionali –e felici»
    «brodino si è digievoluto in brodaddy»
    Insomma, tutte cose molto belle e interessanti, se solo Ford avesse avuto idea anche solo della metà di tutto ciò, di quello che rendeva cosi divertenti quelle nozioni.
    E invece si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca più volte, trovando qualcosa da dire per intrattenere l'altra –e fallendo miseramente.
    «Sono Ford,» lo diceva sempre Idem, che le cose più semplici erano le migliori, perciò perché non partire da lì. Allungò una mano, le spalle sempre più rilassate e le preoccupazioni a sciolare via ad ogni battito di ciglia. «E a quanto pare sono pessimo in questo gioco.» Un verso che poco somigliava ad una risata strozzata e più ad uno sbuffo annoiato, interruppe la sua presentazione. Quando riprese, parlò con aria leggera nonostante le parole pesassero sul suo cuore più di quanto lasciasse a vedere. «Proprio come nel quidditch! Avresti dovuto vedermi, in campo, una vera schiappa. A mio papà di poco non ha preso un infarto quando ha visto i miei primi, fallimentari, tentativi di respingere un bolide!» e raccontò la cosa con l'aria più rilassata del mondo, come se lo sguardo deluso di Morley non lo avesse tormentato per anni.
    Poi, all'improvviso, si schiaffò una mano sulla fronte. «Uh! Fun fact!! Beyoncé è stata Presidente degli Stati Uniti,» cosa? Non era vero???? Che nessuno lo dica a Ford. «e... ah! Hanno annunciato il cast dell'ennesimo remake di Spider-Man.» eyeroll, perché nessuno vuole vedere l'ennesimo remake di Spider-Man, in nessun universo, hashtag basta
    Insomma, morale della favola: Run aveva beccato la persona meno interessante di entrambi i mondi a cui chiedere cose. Scusa.



    Nel frattempo, sempre nel gruppo dei mocciosetti, un Leone Linguini stava cercando di ignorare quanto più possibile il ronzio fastidioso che giungeva alle sue orecchie (che poteva o non poteva chiamarsi Vittoria Linguini, vi lasceremo col dubbio), godendosi il teatrino fatto di stupide sfide e sexual tension così fitta da risultare quasi palpabile (sì Orsacchiotto e Criminale, si parla di voi), il tutto sorseggiando il suo drink arancione, un sorriso felino ad allargarsi dietro il bordo del bicchiere.
    «tutto bellissimo» in italiano, rivolgendo un occhiolino a Lexi già palesemente sbronza. Ah, si poteva contare sempre su di lei per una scenata come si deve, non si smentiva mai. Le voleva così bene.
    Peccato che qualcuno era intenzionato a rovinare il mood - e con qualcuno intendo: la putain de police, quasi letteralmente.
    Non si smosse al commento dello Stilinski, consegnando un calice ormai vuoto e l'ennesimo sorriso mellifluo e un po' strafottente. «In bocca al lupo nel ritracciare il mio.» e se ci fosse riuscito, avrebbe potuto mandare un messaggio da parte sua, perché no. Stava quasi per riferire quale messaggio, ma una commozione poco più in la catturò la sua attenzione.
    «Magnifico.» improvisadamente, aveva proprio voglia di fare a botte; non gli interessava nemmeno con chi. Certo, poteva rifilare un pugno a Francesco (era sempre piacevole) ma perché non buttarsi nella mischia invece che accontentarsi del cugino. Si allontanò dai Linguini e dal resto del gruppo, senza dire una parola, e una volta in prossimità di Mason e Richard, sferrò un gancio destro senza alcun preavviso.
    Decidete voi chi e se viene colpito.
    "really?" I say to inanimate objects
    that aren't working like they usually do

    "stay." I glare at inanimate objects
    that continuously fall over

    "thank you!" I say exasperatedly to the
    inanimate objects when they do finally
    work right/stay put
    life gave me some lemons
    so I made some lemonade
    come on, baby,
    let's just get drunk

    forget we don't get on
    guadalupe garcia ramos
    ford bmw-peetzah
    & leo(ne) linguini
    24, ex raven | 16, slyth



    - ford: beve il drink verde, si prende bene e parla con run
    - leo: beve il drink arancione, interagisce con andy e poi va a picchiarsi con mason e rich
    - lupe: poi arriverò anche con lei, baci
     
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    Non solo Frankie era un problema preso a se stesso, ma complicava la situazione venendo accompagnato da casi umani non dissimili; doveva davvero rivedere le sue amicizie. Fergie sorrise a Kenneth, un cenno con il capo a riconoscere il suo essere astemio che assolutamente non gli aveva chiesto, e non gli interessava minimamente. Non con cattiveria, il Jackson era tante cose tra cui solo raramente cattivo, ma non era tipo da fingere attrattiva o empatia per questioni così blande.
    Ma insomma. Se era amico del Cobain, non poteva aspettarsi qualcosa di migliore. Fu comunque abbastanza educato da porgergli un bicchiere il cui contenuto sapeva non essere alcolico, perché era stato cresciuto meglio di così, ed a non alzare gli occhi al cielo all’ennesima conoscenza del detective di cui al Jackson non poteva interessare di meno – lontani erano i tempi in cui organizzava furti come quelli di Dexter; ormai era un uomo in carriera, e le sue truffe giravano a piani più alti.
    «possiamo sempre andarcene» bisbigliò, abbassando il tono di voce ed avvicinando le labbra all’orecchio di Frankie.
    «perchè dovremmo? tutti i miei amici sono qui!» ed era sincero, ed assolutamente ignaro, nel sorriso che rivolse ai presenti. Perfino entusiasta, come se stesse vivendo il tempo della sua vita, dondolando nervoso ed eccitato sui talloni, lo sguardo a rimbalzare dall’uno all’altro quasi non riuscisse a focalizzarsi troppo a lungo su qualcuno di specifico. Fergie sospirò, mordendo il labbro ed alzando gli occhi al cielo, maledicendo ogni scelta di vita che l’aveva portato a quel momento. «già, perchè dovremmo» come se non fosse stato ovvio a tutti eccetto che a lui. Ingollò il contenuto incolore del proprio bicchiere, lasciando che le bollicine e la magia stampassero un sorriso un poco più sincero sulle labbra, smussando angoli e forme fino a rendere l’atmosfera tollerabile.
    Ma non dovette attendere molto, perché l’espressione allegra si facesse onesta sul serio.
    Abbandonò Frankie e la compagnia dell’anello per allontanarsi di un paio di metri, braccia allargate mentre andava incontro a quello che in un’altra vita, seppur per poco, era stato un fratello. Non aveva mai avuto modo di conoscere l’Eugene del loro mondo – un Jenkins, ew – ma in parte era felice così, perché rendeva ancora più unico e speciale il mistico legame che percepiva con quel Jackson. Si lasciò abbracciare, ricambiando la stretta con altrettanto entusiasmo. «oooohh, ma guarda come sei diventato bello» Uh? «lo sono sempre stato» biascicò sulla sua guancia, stampandogli un bacio. Ancora sorrideva quando l’altro lasciò la presa, e si sporse oltre le sue spalle per volgere un cenno di saluto anche a Jade, incuriosito dal piccolo umano aggrappato alle sue gambe. Schioccò la lingua sul palato facendo spallucce. «i portafogli non sono più roba per me. Un passatempo che lascio volentieri alle nuove generazioni» bisognava riconoscere il cambio generazionale, e permettere ai teppisti di diventare tali. «allora fergie, baby, cosa mi racconti? come stanno adina e timmy?» Ora. Contro ogni prognostico, Ferguson Jackson sapeva anche essere serio quando la situazione lo richiedeva, e domande simili – quelle che racchiudevano il dolce amaro sapore di essersi perso anni ed anni, di aver partecipato a guerre in ambedue i mondi, di aver visto morire amici e compagni e aver vissuto nell’ombra dei caduti e la minaccia che potesse ripetersi – richiedevano che indossasse il suo Badge Adulto, e aggiornasse il suo bro su quanto si fosse perso:
    «mi sono sposato» Pausa, in cui inarcò entrambe le sopracciglia. «con victoria quinn» Sorrise, perché non c’era bisogno di spiegare neanche a chi si fosse perso linee temporali, quanto fittizia fosse quell’unione. Che poi oh, a scanso di equivoci, Fergie amava Vic. Non nel modo in cui un marito avrebbe dovuto amare la moglie, ma nessuno dei due aveva bisogno di quello: era stabilità; era compagnia; erano regali di nozze ed anniversari e coprirsi le spalle a vicenda quando c’erano cene con i parenti e dovevano criticarne gli outfit o le scelte di vita. Forse non la famiglia che si sarebbero scelti, in un mondo ideale, ma quella di cui avevano avuto bisogno, e che riuscivano a far funzionare. «sono diventato un uomo d’affari. Un imprenditore» all’incirca, ma dubitava ci fosse bisogno di specificare pure quello – lo conosceva abbastanza da sapere in quali affari potesse aver messo il muso. «il mondo è...andato avanti. Si è adattato, sai. Funziona quasi tutto, eccetto le tasse» ancora, fece spallucce. «i cohen hanno aperto uno zoo, e lei lavora lì a tempo libero. Qualche anno fa si è finalmente dichiarata a rowan quinn – about time uh – e lavora come assistente di corpo a corpo» era divertente perché era vero- Timothy Cohen, il raggio di sole della loro dimensione, sapeva farti il culo like a fuckin pro - e lo sapeva per esperienza. «con lui» puntò il pollice contro Elitè, che si era approcciato a Jade silenzioso come un ninja. «sai. tuo figlio» non aveva ben chiare le dinamiche dimensioni, Fergie, e gli sembrava giusto l’altro sapesse. Con intenzione, spostò lo sguardo dal bambino al bambinone, spostandolo poi allusivo sul Jackson. «ade...milkobitch?» forse non doveva dire neanche quello, ma non aveva bisogno di bere cocktail colorati per non possedere alcun filtro. «illustra libri per bambini, è diventata una fotografa, e viaggia per il mondo. Ormai la vediamo poco da queste parti» Non poteva biasimarla, con la famiglia che si ritrovava. «barrow ha scritto ben due seguiti; ora si sta specializzando sugli Illuminati, quindi se ti fa domande strane...inventati qualche cazzata, non vedo l’ora la pubblichi citandoti come fonte ufficiale» sorrise, tutto fossette e dolcezza. «e questa, kenneth, è una domanda che non devi fare in prossimità di barrow cooper, se vuoi salvare la tua anima» diede una pacca sulla spalla del Josten, ignorando l’occhiataccia di Frankie e tornando a posare gli occhi blu sul Jackson. «loro sono kenneth e dexter. io che mi sono perso?»

    «uh, me? IO SONO FRANKIE COBAIN, TI RICORDI DI ME!!!»
    Barbie, che nel mentre si era fuso con le pareti della festa, sospirò così sonoramente da causare un effetto farfalla dall’altra parte del mondo. Frankie sì che sarebbe stato il gelataio perfetto – ed invece era un detective della omicidi. Vai a capire come funzionasse il mondo.
    «Frankie, amico...vedi anche tu la gente accesa?»
    Un Mckenzie poco distante si spense.
    «intendi viva? Di solito, sì» Non sempre, effettivamente. Corrugò le sopracciglia verso Ramon, ricambiando la stretta sul braccio per stabilizzarlo. «bro u good» evidentemente no, perché così com’era arrivato, sparì nuovamente nella folla.
    Che era un po’ l’effetto che faceva in generale Frankie Cobain.
    Si volse verso Dexter, offrendogli lo sguardo d’amore che non meritava, ma che Frankie gli avrebbe sempre riservato comunque. Aveva una famiglia, certo, e non aveva davvero bisogno di qualcuno oltre a Sam, ma non significava che negli anni non avesse continuamente cercato di avere un rapporto con Percy e Dexter. CIOè MA SCUSA IN UN ALTRO MONDO ERANO ALL’INCIRCA LA SUA FAMIGLIA OK QUINDI PERCHè IN QUELLO NO CHE PALLE THE MORE THE MERRIER KIND OF THING. «hai caldo?? non ti preoccupare, ci penso io» prese un paio di bicchieri dal cameriere di passaggio, e li svuotò sulla testa di Dexter.
    Gli sorrise entusiasta alzando entrambi i pollici.
    (Non aveva neanche bevuto nulla di strano, ma ci pensate)


    frankie: (counting on my fingers)
    fergie: i just asked you how old you are
    frankie: can you just shut the fuck up for a second
    barbie ft. jane
    frankie ft. fergie
    31 & 29 - cop & criminal


    non sono certa di cosa facciano. se vi ho ignorato scusate

    - fergie: parla con euge e con kenneth? e aknowledge l'esistenza di dexter
    - frankie: parla con ramon, interviene a caso presentandosi ad euge, e bagna dexter
     
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    Keaton, che in quanto bestia aveva appreso l’arte della sopravvivenza dagli animali, prese spunto dagli opossum e decise di fingersi morto. Una scelta che raramente tendeva a rimpiangere, perché spegnersi - e non accendersi più; un errore da principianti, quello - era il metodo migliore per evitarsi un sacco di rotture di coglioni.
    Con un sacco di rotture di coglioni, si intendeva Dexter.
    «ti devi fare i cazzi tuoi» Fu l’unico commento che seguì, insieme alla noce di cocco scagliata nella sua direzione (con tutte le persone che c’erano, le probabilità che arrivasse al destinatario corretto erano minime; avrebbe corso il rischio senza rimpianti.), il Chesterton mentre quello andava a perdersi nella folla, con il sincero augurio che non si ritrovasse mai.

    «Posso partecipare al tour?»
    Vorrei dire che fossero poche le cose ad irritare Percy, ma andiamo, era Percy: era più facile elencare quello che fosse in grado di tollerare, piuttosto del contrario. Ma – ma. Era pur sempre il proprietario di casa, e visto che la classe non era acqua, sorrise genuino, per quanto genuino potesse essere un machiavellico bastardo e ipocrita come il BMW, al nuovo arrivato. Pareva entusiasta di quell’aggiunta, il metamorfo, come se non avesse potuto desiderare di meglio dalla sua giornata.
    Poteva. Tranquillamente. In qualsiasi momento.
    «non vorrei mai annoiarti. sono sicuro che, come tutti noi, sai già ogni cosa di questo posto» Quella garbata cortesia era il pane quotidiano del ventottenne, che nei sorrisi morbidi suggeriva implicitamente che se avesse avuto lacune sulla location e ne necessitasse un tour, fosse per sue mancanze. Non dico che volesse sminuirlo ed umiliarlo agli occhi della donna così che fosse meno credibile, ma – beh.
    Era così. «è parte del tuo lavoro, dopotutto, mantenere la villa in sicurezza - è un auror» suggerì alla mora, abbassando il tono di voce, ma non abbastanza perché l’altro non potesse sentirlo. «a meno che tu non voglia sostituirmi come guida, in quel caso: uh, rude» Arcuò le sopracciglia, roteando drammatico gli occhi al cielo. «Cosa stracazzo è successo qui?» E lavorava per il Ministero, ma ci potevate credere. Percy fece guizzare gli occhi chiari dall’uno all’altra, abbastanza certo che la minima distanza avesse reso cristalline le parole anche alla ragazza, ma caso mai non lo fossero state: «signor keen! baci tua madre, con quella bocca?» mano al petto, bocca leggermente socchiusa in oltraggiata sorpresa. Non durò molto, però; l’espressione di Percy si addolcì, e quello che posò sull’Auror, fu uno sguardo più caldo e comprensivo. «mi dispiace, pensavo lo sapessi» indicò la stanza attorno a loro, scandendo le parole meticolosamente. «ci troviamo all’annuale festa nazionale dedicata al Rito. Ricordi? annuale. significa: ogni anno» Lo guardò corrugando le sopracciglia, studiandolo con più attenzione. «non mi sembri in forma, oggi. Vuoi sederti un attimo?» o magari per sempre. «soledad, cara» sorrise caloroso alla nuova arrivata, soffiandole in bacio. «non credi anche tu che il signor keen debba prendersi una paus-» «ciao mamma» Percy corrugò le sopracciglia.
    «non so se debba commentare perché l’ha detto ad alta voce, o se l’abbia solo pensato. È in corsivo, e non grassetto. sus» Spiegò, rompendo la quarta – e forse quinta e sesta – parete. Avrebbe(ro. Lui e Sara) atteso delucidazioni in merito.

    «Oh, grazie!» L’abbozzo del sorriso di Mac era sincero, per quanto… fragile. Era ancora confuso (non mi dire) e sentiva di camminare su un filo sempre più sottile che lo separava dall’abisso ululante STAN ARAM CIAO AMICI DI LEAGUE OF LEGENDS della follia, ma avrebbe dovuto essere molto meno Mckenzie per non cercare di sembrare almeno in parte normo. E nel millisecondo e mezzo in cui si era azzardato ad incrociare lo sguardo della ragazza, poteva essere anche un po’ platonicamente innamorato, chissà.
    (io lo so. È così. GIRLS ARE PRETTY AND IM SCARED still gay tho. La cosa peggiore di tutte)
    «Anche tu ti chiami Percy?»
    Come voi saprete bene, Mckenzie Leighton Hale era un asso nel fare conversazione, e fare subito un’ottima impressione con chicchessia; il migliore, affascinante di natura e sicuro di se stesso, socievole, chiacchierone, in grado di sentirsi a proprio agio di fronte a chiunque, soprattutto a ragazze sconosciute con enormi e magnetici occhi nocciola che lo osservavano sperando di trovarsi di fronte qualcuno in grado di rispondere alle domande più banali. Infatti: «no?» AH THERE IT IS MY BOY! «Io sono -»
    «DEMETRA»

    E Mckenzie era lì, con il suo bicchiere ancora pieno in mano, desideroso di capire anche solo un quarto di quello che stesse succedendo, quando vennero raggiunti da un’altra ragazza. Chissà se era troppo tardi per andare a cercare l’altro se stesso e continuare a farsi prendere a mazzate; almeno quelle le capiva.
    «mi aiuti a sparire, miao?»
    «uh» Aveva appena miagolato? Sentì le guance arrossare, perché oh mio dio cosa stava succedendo, e era davvero carinissima, senza dimenticare aiuto evergreen, in qualunque contesto. Premette il palmo sul viso, apprezzando il freddo della mano ed un po’ meno la fitta di dolore alle ferite ancora fresche – ma sapete? Forse in realtà apprezzava anche quello; università del keep it real, perché nulla lì sembrava esserlo. «Lei è- mia sorella, miao.»
    «ok?» Si sistemò i capelli? Certo che si sistemò i capelli. Così, senza un motivo preciso, sentendosi improvvisamente il bambino di sette anni che a Sacramento doveva fare buona impressione sui genitori della sua fidanzatina quando andava a bussare alla loro porta per chiedere se lui e Sally potessero giocare insieme.
    Chissà che problemi aveva.
    (Tanti)
    (i wish i was joking)
    «Ti prego non mi lasciare, okay? Miao»
    Mckenzie Hale, softly: «neanche tu»
    «Posso tenerti la mano? Miao. No, anzi. Non vorrei bruciacchiarti involontariamente. Miao»
    Provava emozioni contrastanti. Non era un grande ammiratore del contatto fisico, ma onestamente? Gliele avrebbe date anche entrambe. E infatti: «posso correre il rischio» forse perché anche lui in quel momento voleva un po’ una mano da stringere, visto che era stato sedotto e abbandonato in una FESTA IN UN’ALTRA DIMENSIONE PIENA DI SCONOSCIUTI. Le offrì un sorriso ed il proprio palmo, dopo averlo asciugato smooth as fuck sui pantaloni.
    «Parliamo.»
    Mac rimpianse tutto. Si sentì d’improvviso di troppo, e non sarebbe esagerato dire che fosse un po’ terrorizzato dalla nuova aggiunta. Deglutì, osservandolo come un cerbiatto di fronte ai fari di un automobile prima di essere investito.
    «O-okay, ma prima ti presento il mio nuovo amico! Miao»
    Stava peggiorando.
    Tentò un sorriso, e non sapendo cosa fare con il (proprio esistere.) flute ancora in mano, lo porse alla nuova arrivata come un ramo d’ulivo in segno di pace.
    Cioè.
    Cercò di porgerlo alla nuova arrivata come un ramo d’ulivo in segno di pace.
    Abbassò il capo seguendo il volo ad angelo del bicchiere, chiedendosi se avessero appena infranto qualche legge (L’AVREBBERO ARRESTATO? QUANTO COSTAVANO QUEI FLUTE), e lasciò il mortificato sguardo sul pavimento per un tempo davvero lungo. Lunghissimo.
    Perchè non aveva bisogno di guardarlo, per sapere chi fosse stato. E non aveva neanche margine di dubbio da chiedersi se fosse il suo – cioè, loro, non suo suo HEAVY SWEATING – Mort, o quello degli altri, perché dubitava che la natura potesse replicarsi così fedelmente per ben due volte.
    Gli venne di nuovo da ridere istericamente.
    «non puoi fidarti di lui. è malvagio, se berrai questo drink ti clonerà, diventerai il suo quarto clone!!»
    Oh mio Dio. Morse il labbro per non ridere, chiudendo gli occhi e (soffocando, perché non riusciva a respirare, ma andava bene così). Non – non.
    Cosa.
    Cosa.
    Era così assurdo e fuori luogo che giurò per un istante di volergli bene. Fu breve, ma sincero. Doveva ammettere a se stesso che le minchiate di Mort Rainey riuscivano a risultare in qualche modo sempre confortanti, ed in grado di dargli il vibe check per riavviare il sistema e tornare un essere umano funzionale. Bisbigliò appena, e più a se stesso (@se stesso) che al Serpeverde «mi sei mancato», comunque sincero per entrambi.
    Quando fu certo che non avrebbe riso, alzò il capo osservando Mort. «sono felice di vederti» assurdamente, era vero anche quello.
    E giusto perché poteva, decise di dargli corda. «ha ragione lui. scusate» solo a quel punto offrì la mano, decidendo di presentarsi alle due ragazze con un vago luccichio divertito nello sguardo. «piacere di conoscervi. Io sono mort» spostò gli occhi sul vero Mort, sorridendo brillante. «mort rainey.» “e sono un sociopatico” era implicito.





    mac: do you wanna hear a joke?
    percy: what is it?
    mac: my life! cause my life is a joke
    kit: don't say that
    percy: wow that's so swee-
    kit: it has to be funny to be a joke

    same shit
    different celestial plane
    everything got mixed up
    the time

    & the space
    mckenzie hale
    percy & kit - 28 & 22


    this is a bullizziamo i pg di lele stan club (scusa pidi.)
    kit: risponde male a dex e gli lancia il cocco. ma se volete prendervelo in faccia voi, fate pure!!
    percy: chiacchiera amabilmente con teddy caro, e saluta soledad
    mort mac: si innamora un pochino di demi perchè sì (no. non ha neanche bevuto) quindi le fa gli occhi dolci, saluta (all'incirca...) Flo e le offre da bere, ma non può bere eprchè arriva mortino di casa (scusa flo) che saluta. e si presenta alle due fanciulle ♥
     
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    Rich non si rese conto subito che il brut(t)o si fosse rivolto a lui. Perchè avrebbe dovuto? Parlare con i poracci non rientrava fra le sue (infinite!) competenze, ed era chiaramente fuori dalla sua lega. Fu dopo qualche istante di intenso silenzio che, sentendosi osservato, ruotò gli occhi scuri sul coinquilino di Lambrusco. Lo osservò con una certa curiosità, forse più stupito del fatto che sapesse parlare piuttosto del fatto che stesse parlando con lui, ma quando rispose non lo fece al diretto interessato. C'era una marcata nota di sdegno nel tono di Richard, nonchè di puro e semplice fastidio nell'essere stato preso in causa da qualcuno che non poteva permettersi neanche un bacio soffiato nella sua direzione. Cioè, buongiornissimo, i vichinghi non andavano più di moda da quando si era conclusa l'iconica serie dei Manzi TM. «lame, scusa, ti sei perso la lezione in cui ti ho esplicitamente spiegato che la cosa con cui condividi l'appartamento non deve neanche guardarmi? mi sento nudo e violato» spostò infine l'attenzione dal biondino al suo bro, un'espressione contrita e sincera. «lame. lame. le basi» era deluso, il buon Richard Mitchell-Keen - e sì, aveva adottato il tono di voce autoritario e severo con i quali negli anni daddy teddy aveva cercato di redarguirli, fallendo sempre miseramente perchè sì. «ma ti voglio bene lo stesso. come sei prezioso. che bei capelli che hai oggi» allungò una mano per fargli una carezza sulla testa, intenerito e affettuoso malgrado anche Lame rientrasse nella Specie Inferiore (capitalizes, so it's true - cit), un morbido sorriso sulle labbra. «potevamo venire insieme. perchè non siamo venuti insieme? lame. lame. tutto io ti devo dire» scese dal tavolo, persistendo nell'ignorare la Situazione (era un Lapino quello che si era appena lanciato a tirare pugni? Non avrebbe saputo dirlo con esattezza, l'unica cosa certa era che fosse un Linguini, perchè erano tamarri like that. Nulla a che vedere con zio Ciruzzo, lui poteva essere tamarro quanto voleva, glielo perdonava). «come stai. sei triste? abbracciami. ce l'hai la fidanzatina? il fidanzatino? il partner? » gli prese il viso fra le mani per dargli un bacino in fronte. «mi manchi a casa. torna a vivere con noi. perchè ti fai questo» e caso mai questo non fosse stato abbastanza chiaro, indicò platealmente il biondo.

    «col cazzo che li saluto, sei te che mi hai trascinato qui almeno assumiti le tue responsabilità» Mh. Mh? Jamie si fermò, obbligando anche Gugi a fare lo stesso, osservandolo con un cinico sopracciglio sollevato. «magari mi è sfuggito qualcosa» concesse, dopo un paio di secondi di silenzio, studiandolo con lenta intenzione dal basso verso l'alto. «ad ultimo aggiornamento, eri un adulto e non una mia responsabilità» soprattutto perchè aveva agito nel proprio libero arbitrio: chi aveva ucciso William? Lui. Chi si era presentato all'incontro? Lui. Insomma, Jamie Hamilton poteva averlo (sedotto.) guidato, ma non sentiva di avere alcun biasimo in quelle scelte. Coscienza pulita, qualcuno avrebbe detto. Gli sorrise mostrando uno spiraglio di denti, seguendolo lungo le scale e persistendo nel sottolineare l'ovvio. «sei la mia condanna. il mio peccato originale. il mio errore di calcolo» e lo sguardo dell'Hamilton si ammorbidì appena, o forse fu un gioco di luci; forse stava scherzando, o forse era mortalmente serio.
    Probabilmente, entrambe le cose insieme. «ma una mia responsabilità? eh» e invece niente, quello continuava a fare il demente.
    Ma perchè. Ci pensate mai che se l'era scelto lui? Non una volta, ma per metà della sua vita, ogni fottuto giorno? Lui sì, spesso. Passò la lingua sull'arcata superiore dei denti, ruotando gli occhi verso una nuova dimensione (quella dove Stiles chiede a Murphy di sposarla usando una pokèball e l'evergreen "scelgo te"; è canon ed esiste, piss off) lasciando che si nascondesse dietro di lui.
    Per poi poggiarcisi sopra, a peso morto, come fosse parte della tappezzeria. Incrociò anche le caviglie, lasciando che il proprio equilibrio fosse dettato dalla presenza concreta del Barrow alle proprie spalle. «possiamo sempre cercare un posto più appartato,» suggerì in tono impassibile, scrutando la folla. «non ho mai fatto sesso in un'altra dimensione» una delle poche cose che non avesse mai fatto; terribile. «chissà» dubitava fosse diverso, ma magari avevano altri usi e costumi. Certo, sarebbe stato uno spreco con Gugi - che ne sapeva, William - ma la tentazione di battezzare il posto era comunque spericolata. «ma pensavo volessi salutare flos e taki» fece spallucce.
    Non l'avrebbe ammesso, ma lui sì.

    - hey i'm rich!
    - good for you
    i told you
    i never

    lose
    poor & jamie
    richard "rich" mitchell-keen
    23 y.o. - former gryff


    RICH: ignora mason mentre lapino lo prende a pugni (il dado ha parlato) e coccola lame!!!&&& che ho dato per scontato essere il mio bro ma chissà. scusa ale

    JAMIE: niente. fa proposte sconce a gugi e basta. e aspetta (taki e) flos perchè in fondo non ci crede nessuno ma ha un kwore d'oro
     
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    Fingeremo con nonchalance che non abbia perso il filo della festa, ma d'altro canto: è Wren. Quindi è tutto nella norma.

    Un Wren euforico e su di giri per quella festa fikissima. Così su di giri che continuava a strattonare il ragazzino accanto a lui, al punto da rischiare di beccarsi, prima o poi, una denuncia per molestie. Lo lasciò andare, dunque, sistemandogli un po' la giacchetta (o la camicia, o quello che indossa insomma) sulle spalle per mascherare quanto possibile le pieghe create dal suo continuo strattonare.
    «lui non mi sembra molto divertente.»
    Sì, ma lui chi.
    Seguì con lo sguardo laddove indicato da Balt e notò un ragazzo muoversi in loro direzione; aveva ragione il ragazzino, sul viso dell'altro era possibile scorgere un'espressione decisamente poco adatta ad una festa del genere. Buh, che spaccagioie!
    Lo fissò, comunque incuriosito, fino a che non se lo ritrovò davanti, uno sguardo severo e ferito rivolto proprio verso di lui. Uh, rude. CHE SUCC BRO PERCHÈ QUEL MUSO LUNGO DAI NON TI STAI DIVERTENDO, VUOI UNA CANNETTA? UNA WRENSPECIAL E TI PASSA TUTTO.
    Avrebbe voluto urlargli tutto quello e di più, ma si ritrovò a non fare una piega quando lo sconosciuto gli prese le guance tra le dita e lo iniziò a studiarlo come sua madre Valeria la prima volta che l'aveva beccato strafatto come una pigna. Uno sguardo, quello del moro, più severo di quello di Val; più accorto, più difficile da decifrare.
    O da mandare giù.
    Si sentiva oggetto di una critica silenziosa di cui non capiva la natura, l'Hastings – non una novità, certo, ma di solito sapeva perfettamente in quali guai si era cacciato, perché qualcuno volesse guardarlo così male.
    In quel caso?! Beh, era certo di non averlo mai visto prima – ma magari si sbagliava? Magari era un cliente insoddisfatto? POTEVA FORNIRGLI UN RIMBORSO, SE VOLEVA!!!
    Tra l'altro, sì: non aveva ancora capito come riconoscere quelli del suo mondo, dagli abitanti dell'altro. DAI CHE ALLA FINE TUTTI GLI UNIVERSI SONO PAESE! #cos
    «È uno stronzo?» una domanda che lo prese talmente tanto alla sprovvista da portarlo a domandarsi se, in fin dei conti, non parlasse affatto di lui: dai, chi mai avrebbe defintio Warren Trevor Hastings in arte Wren uno stronzo?!!?!?!? ERA UN KWORE PURO. Si indicò con un dito, dunque, lo sguardo un po' più incredulo e gli occhi spalancati, chiedendo ad alta voce (perché sia mai che tenga un pensiero che sia uno(1) per sé) «aber geht es um mich?» che mi fido sia la traduzione tedesca non corretta ma almeno approssimativa di: “ma sta parlando di me”, grazie (di nulla.) Google Translate.
    «No???» scelse di non sentire la domanda nella voce del più piccolo, e lo ringraziò. «DANKE» dai, almeno questa la sapevo. Era proprio un esserino speciale, quel Monrique...
    «Cioè, non mi pare, lo conosco da poco.» ...meh, aveva cantato vittoria troppo presto. «Ma sono sicuro di no. Perché?» erano confusi tutti, Wren per primo, ma decise di accontentarsi e fece un patpat sulla testolina del suo aiuto (ma quale) pasticcere. Andava già un po' meglio.
    Se si era reso conto di aver parlato in tedesco? Ovviamente no. Ma si sa che certi pensieri, nella testa del geocineta, arrivano sempre in differita come le partite su DAZN.
    Annuì convinto alle parole dello scrittore, perché oh insomma poteva essere no? Che fosse uno scrittore (e infatti: lo era) e che stesse facendo... boh, ricerche. Pure Wren faceva ricerche quando doveva creare nuovi batch fenomenali!!!! Lo studio era importante (detto da quello che era stato felicissimo di finire nei labs, a quindici anni, per non dover sostenere i GUFO)
    «Figo, cosa scrivi?!!?» ma in tedesco, però non lo traduco dai. «Uhhhh ma ich spreche deutsch, da quando?!?!?!» Vabbeh tutto troppo figo, BELLISSIMO COMPLIMENTONI A CHI HA ORGANIZZATO LA FESTA, WREN STA VOLANDO!!!
    «Ah, stai volando.» duh non era la prima volta!! «JA JA!!! ICH KENNE» lo sapeva!!! LO SAPEVA!!!!
    «Non lasciarlo andare.»
    Cos.
    C'erano un sacco di stadi e livelli di confusione, ma con quella conversazione Wren era certo di averli checkati praticamente tutti.
    Non staccò gli occhi dalla figura ominous che, così come si era avvicinata, ora decideva di andarsene senza lasciare ulteriori spiegazioni in relazione a quella frase buttata lì quasi per caso: misteriosoH, urca!! E Wren, being Wren, ci mise un secondo di troppo a collegare le sinapsi e decidere che forse voleva saperne di più, che aveva bisogno di un contesto che non fosse sono uno scrittore perché qualcosa, nelle parole dell'altro, avevano colpito un po' troppo vicino casa; parole precise, calcolate. Niente affatto lasciate per caso.
    Parole che miravano dritte al (cuore) punto.
    Parole che però Wren non recepì nel preciso istante in cui furono pronunciate, ma solo dopo qualche secondo di imbambolamento riuscì a scrollarsi via il torpore di drink e droga e, scuotendo la testa, si voltò per cercare nella folla la schiena dello sconosciuto – di quello, neppure l'ombra.
    E lo cercò ancora, allungando il collo e sollevandosi sulle punte per scrutare oltre la massa di acconciature in bilico sulle nuche degli invitati, sculture traballanti di gelatina e lacca in quantità industriali; ed era così preso e concentrato dalla propria ricerca che le prime parole di Balt gli scivolarono addosso. Non era una novità che volasse(ro, entrambi), insomma, la droga tende a farlo fare, sapete . «Ooooooh Wreeeen-» e solo a quel punto il geocineta tornò effettivamente a prestare attenzione al minore che si era trascinato oltre il portale, e fu allora che lo vide fluttuare a mezz'aria, come un palloncino scivolato tra le dita poco attente di un bambino ad una festa. «Ma dove vaiiii», sempre in tedesco, perché domandarsi come fosse possibile che l'altro stesse volando senza ausilio di mezzi magici, era un po' troppo per la mente annebbiata dell'Hastings. (E poi, non era così strano)
    D'istinto, allungò una mano verso Baltasar e gli afferrò la caviglia, non poteva mica lasciarlo andare.
    Forse era quello ciò che aveva inteso lo sconosciuto.
    (O forse no.)
    Fatto sta che (fatto stava) Wren si ritrovò a farsi guidare attraverso la folla verso un punto non meglio precisato della sala dove, a quanto pareva, era in corso una rissa.
    «CHE!!!FIGATA!!!»
    Ma in tedesco.


    Si affrettò a tirare fuori un fazzolettino dalla tasca, il Mitchell, per porre rimedio al disastro generato dalla sua improvvisa apparizione al fianco di Akelei. Lo porse alla donna, insieme a delle silenziose scuse per averle involontariamente fatto rovinare l'abito.
    Un'espressione che, tuttavia, venne spazzata via poco dopo dalle risate suscitate dal tono concitato della bionda; solo Ake poteva parlare con tanta passione di una ricetta per cucinare l'orata. Sorrise insieme a lei, contagiato dal suo buonumore, e nascondendo solo parzialmente l'espressione dietro il bordo del bicchiere – un modo come un altro per annusare il drink senza farlo in maniera troppo palese: sarebbe stato maleducato da parte sua.
    Il pozionista notò che non aveva alcun odore distinguibile e quello, per qualche ragione, suonò ancora di più come un campanello d'allarme: gli intrugli peggiori spesso sembrano (e odoravano) di innocuo.
    «davvero? sono felice che si stiano divertendo» portò di nuovo gli occhi su Ake, vagamente incuriosito dal tono incredulo della donna: aveva forse temuto il contrario? «Penso di aver visto i tuoi prima. Credo. Non lo so, questo drink è davvero strano mi sento euforica e confusa»
    Ecco, vedete. Quasi che se lo sentiva – non per niente era il papà smart (Teddy poteva anche essere quello intelligente, tra i due, ma non sempre bastava per salvarsi la pelle). Scuotendo la testa allinvito di Ake, e alzando il calice che aveva in mano per dimostrare di essere apposto, prima di decidere di metterlo via sul vassoio di un cameriere di passaggio: nope, niente drink dalla natura sconosciuta per lui quella sera. Aveva già (un sacco di) problemi di suo, senza bisogno di aiuti esterni, e l'ultima cosa che voleva era Teddy arrabbiato con lui per averlo dovuto portare via dalla festa dopo una delle solite scenate di un Cole unhinged.
    «possiamo essere confusi insieme!!!»
    «Direi che siamo già un pezzo avanti, eh.» Mica solo lei, Cole era il primo dei confusi. «Però non voglio rovinarti il mood,» non era così che dicevano i giovani (Cole: trentatre anni e si comporta come un novantenne.) «è una bella festa, sarebbe un peccato non godersela.» Credo?? Chissà: lui non era molto tipo da eventi sociali, era lì solo perché doveva, ma avrebbe preferito di gran lunga trascinare la famiglia in qualche viaggio in Nepal o quelle zone lì, zaino in spalla e pochissimi contatti con il resto della società civilizzata.
    Sospirò; perché non aveva altro da dire.
    E dondolò sui talloni; perché non aveva altro da fare, se non quello e guardarsi intorno.
    Proprio allungando il collo, alla fine, intercettò il profilo di Lame nel centro di un gruppetto che sembrava intenzionato a causare una scene ma non si preoccupò: suo figlio era stato cresciuto meglio di così. Si rilassò ancora di più quando vide apparire Rich, sulla traiettoria di un invitato ora gentilmente uscito dal campo visivo di Cole; allora si che era tutto apposto.
    (Cole ma quanto li conosci i tuoi figli? Sei certo di quello che dici? Ovvio che no, ma mica poteva andare a rompergli le palle e metterli in ridicolo, poi toglieva tutto il divertimento a Teddy.)
    I'm here for you
    Thanks! : ) I'm going through a rough time
    so it means a lot.
    and sorry, I lost all my contacts who is this?

    this is your Uber diver
    I'm here to pick you up.

    oh

    'cause nobody wants to do it
    on their own;
    and everyone wants to know
    they're not alone
    I'm (NOT) gonna trade this life
    for fortune and fame
    I'd (WON'T) even cut my hair

    and changed my name
    maddox rory &
    wren hastings
    cole mitchell &
    Matías Sebastián monrique
    33, potionist | 35, empathy



    eh, ho davvero perso il filo sorry quindi è un post un po' a caso
    - wren: parla (in tedesco.) con balt e ramon, poi si dirige verso la fight mason/leo
    - cole: parla con ake...?? lancia uno sguardo a lame&rich??? e basta???
     
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36 replies since 19/4/2022, 23:00   1834 views
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