Hippocrates, we have a problem.

ft. maddox

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    «AAAAAA»
    «... aaaa???»
    «AAAAAAAAAAA»
    «??? AAAAAAAA???»

    Non era una novità, per Elijah Dallaire, iniziare la giornata in maniera confusa e confusionaria: era uno dei patti ai quali era dovuto scendere, da anni ormai a quella parte, per poter quantomeno sopravvivere in una maniera che si avvicinasse alla tranquillità. Non cercava – non più – una normalità che aveva perso da più tempo di quanto potesse ricordare; non si aspettava di condurre un'esistenza davvero serena per quanto cercasse, al meglio delle proprie capacità, di ignorare i tarli che pian piano tentavano di consumarlo dall’interno.
    Si alzava dal letto, ed ogni mattina lo faceva privo di alcun tipo di pretesa: che non fosse un bene, lo sapeva da sé senza il bisogno che qualcuno glielo ricordasse. E lo faceva, qualcuno ci provava sempre a dirgli che non si potesse andare avanti per inerzia in quel sistema di rette senza né fonte né foce - che fossero Nate o Eugene, o Piz, o Bells, o Rea. Non era nel suo interesse mostrarsi sordo alle loro parole, ai loro consigli e suggerimenti, ed era sincero quando annuiva consapevole in quelle conversazioni a senso unico - ma.
    Sì: ma.
    C'era sempre un ma nel susseguirsi delle giornate di Elijah Dallaire, che definirlo "vita" era sempre un po' azzardato. In quel momento, in quel periodo, quella congiunzione d'avversità voleva dire: lo so che non è bene, ma è un bene necessario. E tanto gli doveva bastare per non affogare di nuovo - nell'alcol, nei propri pensieri, negli eventi su cui non aveva controllo.

    Dunque, anche quella mattina si era svegliato - e già: traguardi di una certa importanza - senza aspettarsi nulla di normale dal mondo, ed accettando già a priori qualsiasi cosa potesse succedere.
    Era da ritenersi strano che un tizio con un camice azzurro da infermiere - e non uno qualsiasi: riconosceva perfettamente la divisa da medimago del giovane - gli corresse quasi letteralmente addosso nella Londra babbana? Beh sì, ma in realtà no.
    Era nei pressi dell'entrata nascosta del San Mungo, intento solo a fare il suo mentre affiggeva per strada i volantini della palestra di Morley, e seppur non ricordando (nel senso stretto del termine) la vita che si conduceva all'interno dell'ospedale, sapeva nel fondo del proprio cuore che quel lavoro poteva portare ad esaurimenti nervosi di un certo qual spessore. Aveva sentito di molti dipendenti che avevano fatto la stessa fine di quel ragazzo, e che tra grida e pianti uscivano dalla struttura veloci come la luce e senza una meta. Storie di ordinaria follia che di scontato avevano tutto e niente.
    Quel che confuse il chiaroveggente, fu: «dov'era finito? la stavamo cercando dappertutto!»
    Al ché, inevitabilmente, il biondo non poté fare a meno di guardare dietro di sé: non c'era nessuno, se non una massa informe di passanti e di automobili. Dunque, con le sopracciglia arcuate e lo smarrimento a rendere più chiare le iridi acquamarina, si puntò l'indice da solo. «... ma parli con me?»
    Oltre che trafelato dalla corsa, il medimago sembrava anche parecchio contrariato. «certo che parlo con lei! l'ho dovuta seguire fuori dal san mungo dopo che è scappato, ma grazie a dio l'ho sentita.»
    Elijah, con intelletto e discrezione, dovette per forza di cose annusarsi le ascelle. Non puzzavano. «ma no, ho sentito la sua magia - dottor klein, sta bene?»
    No.
    «senta-» «non sento niente,» cit. «ora deve seguirmi.» e prima che smaterializzasse entrambi all'interno dell'ospedale magico, il Dallaire ebbe giusto il tempo di abbassare lo sguardo su di sé.

    Quando arrivarono, non ebbe il tempo di spiegarsi. O meglio: lo ebbe e ci provò, ma nessuno parve volerlo ascoltare.
    Era un problema.
    «sì, mi scusi eh...» guanti chirurgici alle mani, cuffia in testa, mascherina e occhiali protettivi: era pronto.
    Ma pronto per cosa. «c'è stato un terribile, terribile equivoco...» «un equivoco, dice?»
    Osservò la stanza - le macchine, i monitor, i campi sterili con tutta l'attrezzatura -, ed un po' si sentì... bene: era ciò che era stato, gli mancava senza nemmeno averne memoria, e sapeva non avrebbe mai più potuto mettere piede in una sala operatoria se non come paziente.
    Restava comunque un errore.
    «un terribile equivoco, per la precisione.» casomai non avesse capito la prima volta. «questo non è un camice, è un trench - casualmente bianco. non sono un medico, né tantomeno un chirurgo: sono» kinda. «un personal trainer...»
    Silenzio.
    Attimi di silenzio rotti solo dai bip dell'elettrocardiogramma.
    «eh, vabbè»
    «ma come eh vabbè???»
    Del fatto che Elijah fosse chiaramente shockbasito, all'infermiera cui si era rivolto non pareva fregare un accidenti. Anzi.
    «il problema è questo: tutti i nostri medici sono attualmente impegnati in altri interventi; quello che doveva stare qui ha avuto un attacco isterico ed è fuggito dio solo sa dove; questo ragazzo ha bisogno di un'operazione urgente - sa, pare abbia mangiato alcuni di quei tubicini che si illuminano, roba da giovani che vanno in discoteca valli a capire, gli si sono rotti nello stomaco e stanno facendo diversi danni -; lei è stato scelto dal destino, non è felice?» eh, come una pasqua.
    Era confuso sotto così tanti punti di vista, che decise semplicemente di chiudere gli occhi e respirare molto, molto profondamente. Tanto ci era sceso a patti, no?, con il fatto che la sua vita fosse una matassa di caos senza né capo né coda; doveva solo seguire il fl- «mA è SvEgLiO?!?!?»
    Era sveglio.
    elijah
    dallaire
    I don't want to be afraid
    The deeper that I go
    It takes my breath away
    Soft hearts electric souls
    30 y.o.clairvoyancetrainer
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it


    ho usato un random prompt della discussione

    CITAZIONE
    A indossa un discutibile camie bianco e viene acambiato per un dottore e portato al San Mungo per operare d'urgenza B.
     
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    Ogni volta che Maddox pensava di aver visto – e vissuto – la cosa più folle della sua vita, puntualmente succedeva qualcosa di ancora più assurdo che lo faceva ricredere.
    Non molto tempo prima era finito in un Tranello del Diavolo, in un laboratorio dismesso, e per trovare una via d'uscita aveva dovuto mettere da parte l'ansia (ma non le lacrime, mai le lacrime) e fare team up con una perfetta sconosciuta – e aveva pensato: peggio di così non può andarmi!
    Supposizione smentita poche settimane dopo, con la festa di capodanno – ma quello che succede a capodanno, rimane a capodanno, no? Prima regola del capodanno: non si parla del capodanno; e via dicendo.
    Poteva quasi convincersi a considerarli degli incidenti isolati, delle casualità, se non fosse che: "uno è un incidente, due è coincidenza, tre è un pattern sfiga".
    Teoria confermata un paio di mesi dopo, quando si era ritrovato con un proiettile in ciascuna gamba, solo perché aveva deciso di dare retta alle altre akas e presentarsi a quello stramaledetto appuntamento, il giorno di san Valentino – anche lì, una volta tornato in superficie, si era rassicurato ripetendosi che peggio di così, le cose, non potevano mica andare! Con quella sera aveva toccato il fondo.
    E invece.
    Avrebbe dovuto imparare a rimanere zitto, a non pensarle nemmeno certe cose, perché era chiaro - cristallino! - che portassero sfiga poiché, infatti, ancora una volta, la vita era stata pronta a smentirlo subito subito.
    Che meraviglia.

    Il Fiendfyre non era male come posto – se non eri un antisociale che temeva (la gente e) il contatto fisico non consensuale, e quando anche una carezza innocente e accidentale non ti mandava in tilt facendoti saltare fuori dalla tua stessa pelle.
    Se, invece, checkavi tutte le boxes precedenti, come nel caso di Maddox, era un fottuto incubo.
    Nelle serate migliori, c'era abbastanza gente da far impallidire lo special e schizzare alle stesse la sua ansia (di vivere); peccato per lui, però, che doveva affrontare la pista pullulante di corpi sudaticci e appiccicati tra loro un numero imbarazzante di volte, per via del suo lavoro, e non poteva davvero rifiutarsi di farlo. Quali erano le alternative? Preparare cocktail col rischio di rovesciare a terra bottiglie che costavano più del suo stipendio? Mettersi a fare il buttafuori con la sua inesistente prestanza fisica e l'aria da cucciolo spaventato che non avrebbe fatto desistere nemmeno un bambino? Mettersi alla cassa e rischiare di far casino con i soldi e con i permessi e i timbri e lE rEsPonSabIliTà. Oh God, no.
    Tutto sommato il suo ruolo era il più adatto a lui – certo, l'idea di pulire i cessi o il pavimento della pista da ballo dal vomito dei clienti, o fare avanti e indietro in mezzo a loro per raccogliere i bicchieri vuoti e abbandonati ai loro tristi destini, non era quello che immaginava di fare per il resto della vita ma... ad esser del tutto onesti, non vedeva molte altre possibilità. Tirando le somme, Maddox non era bravo in nient'altro. Okay, sapeva suonare almeno tre diversi strumenti musicali e alcune altre akas avevano conoscenze abbastanza disparate da poterlo rendere, potenzialmente, bravo in tante cose – il problema era il suo atteggiamento remissivo e pessimista. E la timidezza. E le lacrime. E il fatto che tendesse a reagire a letteralmente qualsiasi cosa con angoscia e tremarella.
    Insomma, aveva molto da lavorare su se stesso prima di poter anche solo pensare di fare qualsiasi altro lavoro. E fino a quel momento, non gli rimaneva altra scelta se non accontentarsi del lavoro che J aveva procurato loro – se solo non fosse stato... in mezzo... a tanta....... gente.....
    Quella sera, soprattutto, sembrava interminabile: c'era troppa confusione, troppa gente ubriaca, troppe voci (stranamente non quelle nella sua testa), troppi ordini da parte del suo capo, troppe faccende, troppe corse, troppo stress, troppo troppo troppo.
    Lì per lì, rifugiarsi nel magazzino gli era parsa una buona idea.
    Solo il tempo di tornare a respirare, solo un attimo lo prometto”, aveva pensato, accolto subito da sospiri scettici e occhiate di sbieco che riusciva a vedere benissimo nella propria mente: nessuno degli inquilini della Scatola gli credeva – e a buona ragione. Non era mai "solo un attimo", con lui; nei migliori dei casi era qualche giorno prima che riuscisse a riemergere e a riprendere il controllo sulla sua vita, lasciando nel frattempo le responsabilità a qualsiasi aka se la sentisse di comandare la nave per un lasso limitato di tempo.
    L'ultima cosa che ricordava era di aver promesso che sarebbe durato pochissimo, davvero, solo cinque minuti, per calmarsi e poi sarebbe tornato al proprio lavoro, lo prometto lo prometto lo prometto.

    Riaprendo gli occhi dopo quelli che gli erano parsi davvero solo pochi secondi, si accorse però che la penombra del magazzino era stata sostituita da luci abbaglianti e fredde, e la musica ovattata che proveniva dalla sala principale era sparita: al suo posto, solo sussurri confusi che non riusciva a decifrare e un bip costante e terrificante.
    «-non sono un medico, né tantomeno un chirurgo-»
    Girò la testa, confuso, in direzione della voce ma la sua visuale era bloccata da individui in camice e cuffietta e mascherina e... oh no, non di nuovo, non di nuovo, per favore per favoreperfavoreperf-
    Maddox, o chiunque fosse stato un tempo, aveva rimosso gran parte dei ricordi relativi ai laboratori ma non aveva dimenticato il terrore delle sperimentazioni, la paura nel ritrovarsi legato ad un lettino, privo di qualsiasi possibilità di difesa, vulnerabile e solo – le altre akas erano sempre state con lui, da che ne aveva memoria, ma in quei terribili momenti nella sua mente c'era stato solo uno spaventoso silenzio.
    Ed ora... ora era di nuovo nei laboratori.
    Tentò di agitarsi, di parlare, ma gli uscirono solo versi strozzati; un ago bucava la pelle del dorso della mano sinistra e nel vederlo Maddox si sentì quasi mancare – una cosa era certa, non avrebbe avrebbe mai potuto drogarsi perché gli aghi gli facevano così tanta paura (che strano.) e -
    «eh, vabbè»
    «ma come eh vabbè???»
    In che senso /eh vabbè/.
    Portò di nuovo gli occhi nocciola sui medici che stavano parlando fittamente tra loro, e che non sembravano aver registrato la sua presenza. «– il problema è questo: tutti i nostri medici... ragazzo ha bisogno di un'operazione urgente... quei tubicini che si illuminano, roba da giovani che vanno in discoteca... gli si sono rotti nello stomaco e stanno facendo diversi danni... lei è stato scelto–»
    Aspetta.
    In che senso "tubicini che si illuminano, rotti nello stomaco, diversi danni"?!? Ma parlavano di lui??? Del sUO stomaco??? Si lasciò sfuggire un piagnucolio, gli occhi che già pizzicavano pronti a riempirsi di lacrime da lì a breve: ma quale deficiente decideva di mangiare degli starlight???? A quanto pareva, uno dei deficienti che abitava nella sua testa.
    Grandioso.
    E pensare che era stato via così poco – come avevano fatto a farlo finire in guai così grossi in così poco tempo, era inspiegabile, era impossibile, era... assurdo.
    Ma peggio di così non poteva andare, no? Ora aveva davvero toccato il fondo, più in basso non c'era nulla.
    «Dovevi proprio pensarlo, eh, cretino. Ora siamo fottuti.»
    Non ebbe tempo di rispondere alle accuse di Hartley, che all'improvviso una faccia entrò nel suo campo visivo, accorgendosi che: «è SvEgLiO?!?!?»
    have been for a while now thanks for noticing”, pensò l'aka drogata di Pinterest, ma ciò che fece Maddox fu limitarsi ad annuire con foga, perché sì: era sveglio. Sveglissimo. Strasveglio!!!
    Cercò di parlare, ma la gola gli bruciava (per colpa degli starlight?!?!? STAVA MORENDO????) e vivere era, semplicemente, difficile. Decise dunque di affidarsi allo sguardo da cucciolo di cerbiatto spaventato per implorare quello che, tra le altre cose!!, non era un vero dottore, di non operarlo – punto, stop: sveglio, non sveglio... non voleva essere aperto da un bisturi, fine.
    Non si sentiva nemmeno così male, tutto sommato!!
    Ma erano proprio sicuri che avesse sostanze chimiche potenzialmente letali nello stomaco???? E se lo avessero squarciato senza un vero motivo??? QUANTO ERANO SICURI DA UNO A DIECIMILA?????????
    Involontariamente, osservando gli occhi verdi che lo studiavano confusi, si ritrovò a formulare un pensiero che sembrava più un ordine: «non operarmi». Ed era proprio così, un gesto involontario e inconsapevole, perché Maddox, a differenza di Hartley, non utilizzava mai deliberatamente il proprio potere; ma in quella situazione era troppo spaventato anche solo per rendersene conto lo stesse facendo, figurarsi controllarlo.
    maddox
    h. rory
    so. which one
    of us did the
    stupid thing now?
    21 y.o.metamorfosisspecial(e)
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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
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