Is this the Derby? Griffyndor vs Ravenclaw ** Roma vs Lazio

Erisha & Romolo

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    La neve cadeva lenta e silenziosa, si poggiava in terra creando un manto morbido e bianco, la Scozia in quel periodo pareva essere magica: il castello era addobbato di colori caldi, quelli che a casa sua non c’erano mai stati.
    Seduta sugli spalti, per ripararsi da quei fiocchi tanto belli quanto freddi, c’era una piccola figura vestita di blu: capelli tenuti su dalla bacchetta in una disordinata crocchia e divisa da Quidditch, non si era minimamente accorta che giaceva sugli spalti rosso-oro, loro che erano i prossimi avversari in partita, se ne stava semplicemente lì con la scopa abbandonata di fianco e una pergamena vuota e sgualcita sulle gambe.
    Perché era così difficile?
    Scrivere lettere alla propria mamma per Erisha non era mai facile, cresciuta con la convinzione che i sentimenti fossero un errore, non aveva mai imparato ad esternare ciò che provava, figurarsi scriverlo.
    Intinse la piuma nell’inchiostro fermandosi a qualche centimetro dalla carta.
    Cosa avrebbe dovuto scriverle?
    Cara mamma come stai? Spero che papà non sia tornato, in ogni caso ci vediamo fra un anno perché non torno a casa questo Natale.
    Sentiva di essere una brutta persona, sua madre, colei che aveva conservato in lei quel po’ di umanità, nel lasso di tempo scolastico non aveva ricevuto nemmeno una volta una lettera dalla sua unica figlia.
    Inoltre non voleva passare il Natale con lei, pur non vedendola da ben quattro mesi: una figlia modello, non c’era niente da obiettare.
    Sbuffò gettando alla rinfusa pergamena e piuma sulla lastra di acciaio, incurante del fatto che la boccetta a d’inchiostro si fosse ribaltata completamente su una pergamena praticamente nuova; quasi sentiva i rimproveri del suo vecchio insegnante che si preparava a bacchettarle le mani, era in quei momenti che ringraziava il cielo per la sua libertà, una piccola parte di se però le ricordava che suo padre sarebbe potuto tornare da un momento all’altro.
    Acciuffò la Firebolt, con un piede sulla staccionata e una spinta si sporse dagli spalti e si lanciò nel vuoto in groppa alla sua scopa, virò e prese velocità, quando si trovò a pochi centimetri da terra impugnò con più forza il manico della scopa cercando di atterrare senza stramazzarsi al suolo: riuscì a non ammazzarsi però cadde comunque nella neve dove si stese a quattro di bastoni, la neve continuava a scendere incastrandosi fra le ciglia, fra i capelli, rendendola complice di uno splendido paesaggio.
    La neve sembrava portar via tutti quei brutti pensieri.

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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:39
     
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    «E pure oggi, vedemo na gioia domani» Le parole di un grandissimo saggio, tal Romolo Linguini, che usciva dall'aula a testa bassa e con gli occhi pieni di sonno. Non è che le lezioni del Quinn non lo entusiasmassero o altro, eh, sembrava un tipo apposto pure se un po' troppo palo in voi-sapete-dove per i canoni del romano, ma tutto sommato era un bravo professore: non era mica colpa sua se gli era capitata la materia più noiosa di sempre!!
    ...o, a ben pensarci, sì: magari se l'era scelta di proposito Storia della Magia, e quindi un po' la colpa era sua per quei sermoni infiniti a cui sottoponeva la classe -- sermoni di cui Lollo perdeva il filo dopo la prima parola, un po' come quando Bruno Vespa apriva bocca e a te partiva in automatico lo sbadiglio. Va beh, quale che fosse la verità, a Lollo non fregava una beata minchia: era solo felice che la lezione fosse finita e, con essa, pure quell'ennesima giornata al castello.
    Hogwarts era un sacco diversa rispetto a Beibastoni («e menomale») ma in generale, vuoi perché aveva lezioni da seguire, vuoi perché era pur sempre una scuola, Romolo non se la stava spassando come aveva creduto: il casino che aveva portato per i corridoi di Beibastoni non era nemmeno paragonabile a quello che aveva fatto in Scozia fino a quel giorno -- perché aveva scoperto molto presto che ad Hogwarts, se ti comportavi da Romolo male, avevi vita breve e le torture erano sempre dietro l'angolo; non che gli importasse davvero finire in punizione (e aveva una soglia del dolore anche abbastanza alta, per fortuna) ma aveva dovuto correggere un po' il tiro e limitare le Romolate, per mettere un freno alle strillettere invitar da sua madre, sua nonna e Gin -- e per placare le pizze che i cugini continuavano a rifilargli ogni volta che usciva dalla sala torture. COME SE NON FOSSE GIA' A PEZZI, POI!! Che merde.
    Ma vabbeh, li faceva già preoccupare abbastanza di solito, e per questo aveva scelto di... beh, di comportarsi bene. Wow, fa quasi strano dirlo.
    C'era stata persino una mattina in cui, mentre si dirigeva a colazione con Remo e Ciruzzo, aveva esclamato «quasi quasi quest'anno me faccio pure promove» un commento a cui Remo aveva risposto leggendo un orologio da polso (che non indossava.) e poi guardando Ciruzzo, un «questa era 'a stronzata de'e otto e ventuno, Cì» con annessa risata a crepapelle dello zingaro. MA CHE NE SAPEVANO LORO! Romolo era serio, poteva quasi diventare un ragazzo nuovo! UNA PERSONA DIVERSA!
    O forse no. E infatti: «aò, io me ne vado ar campo tanto nun c'ho capito un cazzo de quello che demo studià, poi copio da te.» Fermo a pochi passi dall'aula appena abbandonata, diede un bacino sui capelli scuri del gemello ed poi trotterellò via, non curante dei compiti che lo attendevano per quel pomeriggio e desideroso solo di perdere un po' di tempo nella maniera che gli riusciva meglio: perdendo tempo. Sì, esatto, proprio così: Romolo non faceva nulla, perdeva letteralmente le ore in balia del niente più assoluto, sdraiato sugli spalti in legno dello stadio scolastico e riflettendo su... un cazzo, okay, va bene, chi vogliamo prendere in giro: non formulava un pensiero coerente nemmeno quando il Neurone Linguini rimbalzava verso di lui.
    Ma andando avanti.
    Si diresse quindi al campo, tracolla in spalla e "Piazza Trilussa" di Carletto er Coraggioso fischiettata sovrappensiero; a cosa pensava? Beh, faceva un freddo cane, maledetta Scozia, roba che quelle temperature le aveva viste (e sentite) solo quando era andato in trasferta in giro pe l'Europa sostenendo la Roma; ma un conto era farsele andare bene allo stadio, immischiato nella tifoseria, più ubriaco di quanto fosse lecito, e infervorato dalla partita (e dagli schiaffi che solitamente la Roma prendeva) (breve storia triste) ed un altro conto era viverlo tutti i fottutissimi giorni, svegliarsi ed andare a dormire con le minime che boh, potevi mettere al fresco una bottiglia di prosecco senza manco il frigorifero, bastava metterla sul davanzale della finestra. Era imbacuccato fino all'inverosimile, la sciarpa giallorossa a coprire bocca, naso e pure un po' gli occhi, le mani guantate nascoste nelle tasche del mantello e il berretto calato con prepotenza sui riccioli castani: nonostante l'outfit da eschimese, però, stava gelando. Magari andare al campo non era stata proprio un'idea brillante, maledettissima neve, ma non c'erano tanti altri posti dove al romanista piacesse rifugiarsi: la Stamberga era per i giorni di luna piena, e tendeva ad evitarla il più possibile il resto del mese; la torre dell'orologio era per i momenti di ispirazione acuta (rari, ma esistevano); e il resto del castello era sempre pieno zeppo di gente o fantasmi impiccioni. Vero: poteva andare a rompere le palle a Giacomino in quel di Different Lodge, ma il piccoletto si stava !! facendo !! degli !! amici !! e Romolo era così emozionato che non se la sentiva di disturbarlo -- almeno per il momento.
    Alla fine, comunque, arrivando sul campo dovette ammettere che ne era valsa la pena. Il sorriso si allargò dietro la lana colorata e lo sguardo si illuminò di una luce malandrina: non poteva chiedere di meglio come passatempo per quel pomeriggio. «Va beh, quindi praticamente abbiamo già vinto.» Minchia, quanta fatica che gli costava parlare correttamente, per lui che della sua calata romana ne faceva un vanto. «Non so se lo sai, Byrne, ma lo scopo del gioco è rimanere in sella alla scopa, non volà giù.» Ci aveva provato (manco troppo.) a non cedere all'accento pesante, ma non avrebbe potuto negare le proprio origini e la propria provenienza, nemmeno se avesse voluto farlo (e non voleva.) «Speravo che Joey t'avesse insegnato almeno l'abbiccì de come se vola, e come se gioca.» Scosse la testa, fingendosi dispiaciuto. «Mannaggia, la fine di una promettente carriera.» Un'altra promessa del Quidditch, una stella bruciata troppo velocemente. «Però oh! Se cambi idea puoi sempre venì a tifà come me sugli spalti! Anzi no, er tifoso occasionale porta male. Rimani nella curva degli aquilotti*» *corvetti, dannato autocorrettore.
    Che poi: Erisha giocava per gli avversari, e tale doveva rimanere. Almeno sul campo.
    E loro erano sul campo, in quel momento, no?
    Più o meno.
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    Doveva ammettere che forse rotolarsi nella neve fresca non era stata una buona idea, per lei che adorava il caldo, che era nata in estate nella giornata più calda dell’anno, era stato uno shock trovarsi completamente congelata dalla testa ai piedi; inoltre parve ricordarsi solo quando sentì il freddo ghiacciarle le ossa, che indossava unicamente la divisa della propria squadra, ed infatti non si sentiva più le mani, l’unica cosa al caldo erano probabilmente i piedi, coperti dai grossi stivali da Quidditch.
    Se Joey l’avesse vista probabilmente le avrebbe lanciato qualche fattura, era la cacciatrice della squadra, se si fosse presa un malanno avrebbe rischiato di far fallire i corvonero senza che questi nemmeno mettessero piede in campo, con questo pensiero si rimise seduta sulla neve e, passando una mano fra i capelli si accorse che erano umidicci;
    con la mano libera riacciuffò la bacchetta, che era caduta a qualche metro dalla strega lasciandole i capelli in balia della neve, e la ficcò in uno stivale.
    Stava per alzarsi quando qualcuno parlò, facendole venire un colpo.
    «E che diamine, Romolo, per poco non mi facevi venire un infarto!»
    Si era immediatamente voltata verso quella voce scoprendo che era quell’attaccabrighe di Romolo, Lollo come si faceva chiamare, Linguini.
    «Sei venuto ad autocommiserarti prima della sconfitta?»
    Da malinconica e triste, l’espressione di Erisha era mutata in maliziosa e provocatoria, lo sapeva che il grifone era la cheerleader di punta dei rosso-oro, ricordava bene le sue soavi urla durante le partite.
    «Questa volta metti il gonnellino e i pon-pon?»
    Si rialzò completamente trovandosi di fronte al proprio interlocutore, non era molto alto ma la sovrastava di una decina di centimetri: il berretto calato sui capelli scuri, la sciarpa che lasciava fuori solo il naso e le guance arrossate dal freddo, doveva ammettere che era… carino;
    Si appuntò di darsi uno schiaffo appena sarebbe stata sola: Romolo Linguini carino?!, il fastidioso grifondoro che prendeva sempre in giro tutti? Ovviamente non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, nemmeno sotto tortura!
    «Guarda che mi sono buttata di proposito.» quasi«E Joey sa bene che può contare su di me per battere voi leoncini spelacchiati
    Con un incantesimo d’appello richiamò la firebolt, solo per poggiarla qualche metro più in là, poi incrociò le braccia sotto al petto, guardandolo con aria di sfida.
    «Ti assicuro che il vostro portiere non la vedrà nemmeno, la pluffa, passare fra gli anelli.»
    Si chiese come doveva apparire in quel momento, Erisha, di sicuro non composta come quando passava fra i corridoi, non pensava di dover incontrare qualcuno ed infatti non si era nemmeno truccata o acconciata i capelli, probabilmente era un disastro ambulante e arrossì al pensiero.
    «Mi dispiace, il tifo non fa per me, preferisco ricevere i complimenti dopo una vittoria schiacciante.»
    Sperava che il rossore delle proprie guance non si notasse, data la pelle scura, o potesse essere ricondotto al freddo, nonostante ciò però continuò a parlare in quel modo pungente che tanto la contraddistingueva.
    «Però magari puoi venire a fare il tifo per me, io non li disdegno i tifosi occasionali»
    Sorrise felina, per poi infilarsi nuovamente la bacchetta fra i capelli, se doveva essere un disastro tanto valeva che stesse comoda, no?

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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:40
     
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    «E che diamine, Romolo, per poco non mi facevi venire un infarto!»
    Non che Erisha potesse vederlo, nascosto dietro la sciarpa pesante, ma il sorriso di Romolo si allargò felino. «Lo so, lo so, faccio questo effetto di solito: la gente mi vede e gli prende un colpo per quanto sono-» i Linguini, tutti: «un cesso», «- meraviglioso!» Le rivolse un occhiolino, avvicinandosi alla studentessa corvonero.
    «Sei venuto ad autocommiserarti prima della sconfitta?» «Byrne, io non so nemmeno come si scrive quella parola.» Detta a mo' di battuta, certo, ma era anche la verità: l'inglese per lui era ancora un tabù. «Nel mio vocabolario non esiste. Sono venuto qui per trarre ispirazione, il lavoro dell'ultrà non finisce mai.» Davvero, per gli artisti come lui (. ma quali), non c'erano orari: l'ispirazione colpiva all'improvviso e doveva accoglierla e sfruttarla quando colpiva.
    Scosse la testa e qualche fiocco di neve volò via dai riccioli e dal cappello, mentre lo sguardo si faceva più assottigliato e malandrino. «Mettere in mostra le gambe è compito di Ciruzzo*.» *Ezra, ma Lollo non l'aveva chiamato con quel nome neppure una (1) volta nella vita. «Le mie grazie sono riservate a pochi» oh, lui ci provava davvero davvero tanto a non provoleggiare con chiunque capitasse sotto mano, specialmente con gli studenti minorenni come la Byrne, ma oh!! era più forte di lui. Fece schioccare la lingua contro il palato, e poi aggiunse. «I pon-pon, sempre. Immancabili.» Nel suo caso erano più bandierette giallorosse sventolate a mezz'aria ma okay. «Ah, quindi cadere si dice anche “mi so' buttata de proposito”? Aspetta che me lo segno.» Mimò il gesto di tirare fuori dalla tasca un blocco note, di aprirlo e scrivere qualcosa con una penna immaginaria, poi gettò tutto oltre le spalle. «Ecco, apposto, messo insieme a tutte le altre cose di cui non mi interessa.» Non voleva essere antipatico, è che semplicemente nella sua testa c'era poco spazio e doveva decidere cosa ricordare e cosa invece rimuovere dopo pochi secondi dall'averlo appreso (nella prima categoria ricadevano sicuramente le formazioni della roma dagli anni novanta ad oggi, ad esempio; nella seconda tutto ciò che riguardava la scuola) – le sue priorità erano chiare. Fece spallucce, dunque, osservando la cacciatrice. «Ti assicuro che il vostro portiere non la vedrà nemmeno, la pluffa, passare fra gli anelli.» «Ah beh... vi piace vincere facile, eh.» Si stava forse prendendo gioco del povero Julian? Quell'anima pura e innocente???? Lo sapevano tutti che era un po' lo Szczęsny di Hogwarts, ma perché prenderlo in giro così spudoratamente!! «Co' Juliano tutto è possibile, stella. Ho visto video delle scorse partite, purtroppo. Lo so Inforandom per Jade che non lo sa: Juliano vs gli anelli is still a better lovestory than twilight, son successe cose che . MA!! Un conto era se a prendere in giro il raggio di sole erano loro; un conto erano gli avversari. «Quest'anno s'è messo sotto!! È migliorato tantissimo e tu non hai chance, fiorellino.» Madonna, Giuliano, al primo goal che pigli Romolo ti azzanna. CI STA METTENDO LA FACCIA!!!
    «Però magari puoi venire a fare il tifo per me, io non li disdegno i tifosi occasionali»
    OH NO. MAI. CIOÈ. PIUTTOSTO SI UCCIDE. Tifare una squadra che non fosse (la Roma) Grifondoro era I-M-P-E-N-S-A-B-I-L-E !!!! Scosse con veemenza la testa. «Nun se po' fa.» Cioè, sapeva riconoscere il talento e apprezzava chi giocava bene, ma tifare????? qualcuno ???? che non ??? fosse ??? dei suoi?????? «No, no, nun me ce fa pensà.» Era così scosso che aveva dimenticato del tutto di tenere a freno l'accento e la calata italiana, che andò inevitabilmente a contaminare il suo inglese già tutt'altro che perfetto. «Aò, però! Mi manca perde un po' di soldi alla SNAI» (voce di rovere fuori campo: e piantala di dare i soldi alla snaaaaaiiii (ciao zia)) «quindi se vvoi, possiamo fa 'na cosa. » Ci pensò su un minuto, trovando il compromesso perfetto, poi si illuminò. «Ce l'ho. Se vince Corvonero, alla prossima partita faccio un coro interamente dedicato a te.» Madò, se stava a sentì male solo a dirlo. «Se invece vince Grifondoro, tu mi dedichi il prossimo goal. Non pretendo la maglia “6 UNICO” sotto quella della divisa eh, capisco che è un po' too much, me accontento de un ROMOLO SEI GRANDE urlato a gran voce» dai, si accontentava. «Ce stai?» E allungò una mano per sancire il patto.
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    Quando Romolo si definì meraviglioso, Erisha pensò che gli uomini, a differenza delle donne, dovevano avere i neuroni completamente bruciati dal testosterone, e quasi ringraziò Merlino per la stupidità maschile: fosse stato più sveglio magari l’italiano avrebbe capito che si era imbarazzata perché aveva proprio lui davanti, invece potette tirare un sospiro di sollievo perché Romolo non aveva capito un bel niente.
    Si lisciò la frangetta con le dita mettendo su un broncio quando la prese in giro, insomma si era buttata davvero di proposito, aveva la piena padronanza della propria scopa, non per questo era la cacciatrice di punta dei corvonero, non le stava bene che Romolo Linguini la prendesse beatamente per i fondelli.
    «Dovresti metterlo il gonnellino, ti donerebbe.»
    Spostò il peso da una gamba all’altra non facendo altro che affondare nella neve fresca quasi fino al polpaccio, poi lo guardò alzando un sopracciglio ma sempre con classe.
    «Il vostro portiere potrà essersi allenato quanto vuole, la pluffa non la vedrà comunque.»
    Terminò la frase con un gesto della mano, di quelli che si fanno per scacciare via le mosche, poi però il grifone attirò la propria attenzione con una sfida.
    Un coro tutto per lei? Cosa sentivano le sue orecchie, avrebbe potuto sentire Romolo tifare per qualcuno che non fosse della propria casata o della… Roma? Il suo ego era davvero troppo grande per rifiutare quella proposta, e non le importava la penitenza, tanto era sicura di poter vincere: era una Byrne, dopotutto.
    «Affare fatto!»
    Afferrò la mano del ragazzo, che rispetto alla propria era enorme, stringendola.
    Poi però, mollò la presa e sfilò i guanti da Quidditch per immergere le mani scure nella neve, il ragazzo non avrebbe avuto il tempo di capire cosa stesse facendo la corvonero, quindi Erisha, per semplice goliardia personale, gli avrebbe gettato sul viso un bel po’ di neve fresca.
    «Scusa, non l’ho buttata di proposito»
    Si era chiaramente vendicata per la presa in giro di qualche minuto prima.
    Con un sorriso malandrino fece qualche passo indietro aspettandosi una ritorsione, con la coda dell’occhio osservava la Firebolt che era pur sempre una via di fuga, non poteva prendere a palle di neve un Linguini senza aspettarsi che lui reagisse, no?


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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:40
     
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    Romolo di certo non era ludopatico come Lucrezia (nessuno era ludopatico come Lucrezia) ma una puntatina in Sisal “la domenica e il mercoledì” o una giocata al fly su Eurobet.it tra un tempo e l'altro non le rifiutava mai: aveva perso il conto di quanti maledetti soldi aveva perso al picchetto nel corso degli anni – e continuava comunque a cedere al gioco perché, quando invece succedeva il contrario, quando vinceva, si sentiva proprio uno figo. Ancora più del solito. Sapete le cene di pesce alla Villetta che s'era pagato con i soldi delle schedine prese?!?! Quanti antipasti di crudo e quanti sautè di cozze s'era sparato???!?! Non ne avete idea.
    (Spoiler: poche, in realtà, ma perché il resto delle giocate l'aveva sperperato in altre tremila stronzate.)
    «Dovresti metterlo il gonnellino, ti donerebbe.» Oh, ma guarda che carina Eirsha, gli faceva pure i complimenti!! Era proprio caruccetta. «Lo so! Nun me la metto perché altrimenti faccio sfigurà gli altri!» Nel suo inglesse un po' così, un po' maccheronico, cercò di spiegare alla Byrne la teoria che non faceva una piega: se avesse indossato lui la gonnellina da cheerleader, nessuno avrebbe guardato più Hailey – e lui mica poteva rubare la scena alla Capo Cheerleader, no?! Sarebbe stato maleducato, quelle cose di solito le facevano (i Cristiano Ronaldo della situazione o) i francesi!! Lui stava al posto suo.
    E poi: «fa pure troppo freddo per la gonnellina, magari in primavera. Se mai ce sarà, 'na primavera, da ste parti....» l'ultima parte fu più un commento borbottato tra sé e sé, mentre rifletteva che, tutto sommato, il tempo un po' incerto (per utilizzare un eufemismo) di Roma, un po' gli mancava.
    «Il vostro portiere potrà essersi allenato quanto vuole, la pluffa non la vedrà comunque.» «No, davvero, basta, non è per niente carino sparlare di chi ha evidenti disagi.» Cioè, Giuliano era un tortino con cuore al cioccolato fondente, grande grosso e tenerone, prenderlo così spudoratamente per i fondelli era !! meschino !! Persino per un Corvonero. E poi, solo loro Grifi potevano permettersi quel lusso. «Lo dirà il campo, Byrne. Ricordati che: noventa minutos en el Bernabéu Hogwarts son muy largos» con tanto di ditino guantato agitato davanti al naso della ragazza, che accompagnava una citazione più o meno letterale, ma abbastanza vera e applicabile anche lì, se non si teneva conto del fatto che una partita di quidditch raramente durava solo novanta minuti: ma va beh, DETTAGLI!
    Ad ogni modo, Romolo si ringalluzzì quando lei strinse la sua mano(na enorme in confronto a quella piccolina della Byrne) e accettò la sfida: eccolo lì, il suo armadillo personale, che proprio come succedeva per Zero, appariva nei momenti meno opportuni per dispensare consigli che il romano (e romanista) non voleva e avrebbe bellamente ignorato.
    «Guarda te come rimpiagnerai 'sto momento, a 'mbecille. Te devi da imparà a fa funzionà quer cervelletto che t'aritrovi, ogni tanto. Ah no ma che sto dì, l'urtimo neurone che t'era rimasto s'è fucilato pe' 'a disperazione.» E se la voce di Armadillo assomigliava a quella di Valerio Mastrandrea, quella della coscienza di Lollo suonava spaventosamente come Maurizio Mattioli. #ahokay
    Come già detto, comunque, Romolo badò molto poco a quella voce e sorrise, abbassando la sciarpa affinché Erisha potesse bearsi di quell'espressione da Stregatto (ciao sara, smacksmack). E poi, con tutta la saggezza che lo contraddistingueva, sancì quel patto con la parolina magica, l'abracadabra delle sfide, l'hocus pocus dei patti, il simsalabim degli accordi: «bella Okay, ora era finalmente un Patto Vero, altro che voto infrangibile de' 'sta ceppa!!!!
    «Daje, quin-» momento, momento, momento. «-di Si passò una mano sul volto ora inumidito dalla neve che !! quell'aquilotta dei suoi stivali !! gli aveva gettato addosso a tradimento. «No vabbeh.» L'ultima volta che Remo aveva provato a fare una cosa del genere, aveva quasi scatetato la Terza Guerra Mondiale tra cugini. E ora Erisha osava sfidare lui?!?!? A UNA LOTTA DI PALLE DI NEVE?!?!?!
    Minchia, .
    «Se te pio, te disintegro Byrne!!!» urlato con una risata ad accarezzare le labbra, un cipiglio divertito mentre si inchinava per raccogliere un po' di neve gelida da appallottolare. «Guarda che lancio che te faccio, TIÈ!! Manco il fichissimo del Baseball tirava così!!!» un commento da vero professionista, il suo, mentre osservava la palla completare la parabola e scendere dritta verso una spalla della ragazza. «Se ti prendo quanti punti so'?!» chiedo
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    Erisha molte volte non si spiegava i suoi stessi comportamenti: insomma, la maggior parte delle volte era una Byrne con la lettera maiuscola! Quella con la puzza sotto il nasino aristocratico che non dava confidenza a nessuno, che se ne stava per le sue a leggicchiare sotto l’ombra di un albero o in biblioteca a studiare.
    Ma spesso, quando ne aveva l’occasione, si comportava in modo malandrino, ribelle… quasi come sua madre.
    In effetti, secondo i racconti di quest’ultima, il lato indiano della propria famiglia risultava essere leggermente libertino, il palazzo di famiglia era stato messo più volte sotto sopra dai fratelli della propria madre, e quando Erisha commetteva qualche marachella sua madre le diceva che somigliava tantissimo a loro.
    In quel momento, mentre iniziava una battaglia a palle di neve con Romolo Linguini, pensò che l’italiano sarebbe stato uno dei pochi a vedere quell’aspetto giocoso della propria personalità, poteva ritenersi fortunato.
    «Intanto ti ho colpito per prima!»
    Iniziò a correre all’indietro mentre rideva liberamente, forse per la prima volta da tanto tempo.
    «Per disintegrarmi devi prendermi, sei lento!»
    Quando, per i suoi gusti, fu abbastanza lontana, si chinò per prendere della neve, doveva colpire di nuovo Romolo per vincere la battaglia.
    Stava effettivamente per alzarsi e lanciare nuovamente una sfera di neve verso il ragazzo, quando una palla di neve ben assestata le colpì la spalla e la fece cadere direttamente con il sedere nella neve.
    «Ahi!»
    Protestò con un cipiglio arrabbiato verso il ragazzo, non ci mise nulla ad alzarsi e a lanciare una palla di neve che se sarebbe stata fortunata l’avrebbe colpito in pieno volto.
    «Non lo so, quanti punti vale la tua faccia? Perché sono in vantaggio»
    Rise mettendosi le mani sui fianchi, nella corsa aveva perso la bacchetta e i capelli le si erano sciolti sulle spalle, si sarebbe impegnata dopo a ritrovarla.
    «Facciamo così! Ogni palla di neve che va a segno vale un pensiero sull’altro che non avresti mai detto! Che ne dici? Iniziamo da ora!»
    Gridò, perché si trovava abbastanza lontana, prendersi a palle di neve in quel modo sarebbe stato leggermente più interessante.

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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:41
     
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    Era un Linguini semplice, lui: iniziava solo (o, come in quel caso, ingaggiava in) battaglie che era convinto di poter vincere. Insieme ai cugini, insieme al fratello, in solitaria – non faceva alcuna differenza: se Romolo annusava aria di guai per cui valesse la pena giocarsi la faccia, lo faceva senza pensarci due volte. Una bella sfida, una partita, di qualsiasi tipo essa fosse, lo rinvigoriva sempre; certo, puntava a vincere e quando perdeva (da bravo romanista.) (eh già.) tendeva a rosicare e dare la colpa a mille fattori esterni piuttosto che ammettere di non essere stato all'altezza -- ma quello era un altro discorso.
    C'era anche da dire che, vuoi perché incapace di accettarlo, vuoi perché gli sbeffeggiamenti dei cugini si sarebbero sprecati altrimenti, Lollo tendeva sempre a “buttarla in caciara” quando vedeva un andazzo non proprio favorevole: non potevi perdere una partita a briscola se mischiavi le carte in tavola - letteralmente - mandando a monte tutto. Era un fottutissimo genio.
    «Intanto ti ho colpito per prima!» «Va beh, ma non vale, ero distratto!!» tipico di un corvonero, utilizzare la distrazione altrui per portare a casa i primi punti, buuuhhh disonestiiiii buuuhhhhhh «L'arbitro non aveva ancora fischiato.» Ma quale arbitro? Boh, un arbitro generale, si fa per dire. «E per tua informazione,» alzò un po' la voce, le mani a coppa per dirigere il suono in direzione della studentessa che si allontanava, pronta a colpire nuovamente. «La mia faccia vale un sacco di punti!!» Non per niente era il Linguini più bello #certocomeno «Però mi dispiace per te ma li hai persi perché, appunto, il colpo non era valido!!» era scritto nelle regole de 'La guerra di palle di neve'.
    E, a proposito di neve, gli stivali imbottiti aiutavano ben poco a preservare il calore quando i pantaloni della divisa erano ormai praticamente zuppi fino al polpaccio: già sentiva le ossa brontolare, ah che belli i reumatismi a ventidue anni. Saltellò sul posto un paio di volte, agitando le braccia per scaldarsi – sia perché stava gelando, sia per prepararsi allo sforzo atletico richiesto dalla battaglia. L'ho detto che prendeva tutto seriamente, lui!! Tutto tranne lo studio.
    «Facciamo così! Ogni palla di neve che va a segno vale un pensiero sull’altro che non avresti mai detto! Che ne dici?»
    Ma che c'avevano quindici anni?
    Oddio, Erisha effettivamente sì. Lui.. beh, non era più un ragazzino ma tanto di testa non era mai cresciuto. Perciò allargò il sorriso ancora un po', scoprendo i denti non proprio drittissimi ma sorprendentemente bianchi nonostante le troppe sigarette, e annuì. «Ci sto.» Vi pare, ogni scusa era buona per dire la sua -- non che avesse davvero bisogno di scuse, Romolo Linguini, per dire ciò che pensava, ma vabbeh. O per sentirsi elogiare un po' #cosa?cosa .
    «Palla in arrivoooooo» e, imitando un famosissimo giocatore di baseball di cui non gli viene il nome perché tanto chi cazzo è che segue il baseball non di certo lui, lanciò una palla deciso a colpire la cacciatrice. Colpo che, da maestro quale era (ma dove.) andò a segno. «SEH, DAJE!» Esultò con la solita eleganza che lo contraddistingueva, portando entrambe le braccia verso l'alto, pugni serrati e una risata soddisfatta. «Sentiamo Byrne, illuminami: cosa ne pensi del sottoscritto. Niente bugie, mi rakk!!»
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    Seppe di aver firmato la sua condanna, maledetto gene indiano, quando Romolo Linguini accettò la sua infantile sfida; se lo aspettava, dopotutto, quel gene malandrino che aveva ereditato dai fratelli di sua madre in Romolo era amplificato di almeno 100 volte, se non qualcosina in più.
    «Ma come non vale!! Sei disonesto!! Non c’è alcun arbitro a controllarci!»
    Indispettita e con le mani sui fianchi cercò di pensare ad un qualche modo per vendicarsi, oltre ad un modo per scansare quella domanda scomoda che presto sarebbe arrivata: fregata al tuo stesso gioco Byrne, come ci si sente?
    Ebbe la tentazione di portarsi le mani alle tempie, come quando pensava ad una delle sue malefatte, ma non ne aveva il tempo perché doveva affrettarsi a colpire Romolo, almeno sarebbero stati in due a dire la verità, forse.
    «Di te penso che sei un buffone, ma sarà la neve, perché oggi mi sembri anche tanto carino!»
    Dopo quell’eclatante confessione, fatta con le mani sul viso ad uso di megafono, non diede il tempo al ragazzo di realizzare ciò che aveva appena detto, si calò nella neve fresca, congelandosi ulteriormente le mani, raggruppò quanta più neve possibile creando una sfera, poi si rialzò lanciandola verso Romolo, colpendolo in pieno petto.
    «Preso in pieno! Questa volta l’arbitro aveva fischiato?»
    Lo prese in giro mettendo le mani sui fianchi ed alzando un sopracciglio.
    «Ora voglio sapere tu cosa pensi di me! E non risparmiarti, mi raccomando!»
    Lo imitò nel modo di parlare, era di sicuro arrossita dopo quella mezza confessione, ma avrebbe sempre potuto dare colpe al freddo se qualcuno gliel’avesse chiesto: Erisha Byrne che si imbarazzava? Giammai! Lei era quella che snobbava tutto e tutti non degnandoli nemmeno di uno sguardo, eppure aveva appena detto a Romolo Linguini di trovarlo tanto carino.
    Eh si, aveva proprio firmato la sua condanna.
    Probabilmente l’avrebbe presa in giro per il resto dei suoi giorni.

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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:42
     
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    Con uno sguardo serio, Romolo ricordò alla corvetta che «c'è sempre un arbitro a guardarci» così avrebbe detto Ash, no? alzando anche un dito verso il cielo plumbeo per indicare l'Arbitro Supremo, il Giudice dei Giudici. Ma Romolo, essendo Romolo, stava pensando ad altro. «Infondo, le Collina hanno gli occhi -- ovunque» e rise come il deficiente che era; rise a crepapelle per la sua battuta di merda. «Dai, l'hai capita?!?!! COLLIN-A» meritava di essere linciato male per quella cretinata? Assolutamente sì.
    Ma fu lui a colpire per primo, a colpire duro, senza pietà (ciao Mortino) e quando il suo lancio andò a segno, rivolse un inchino in direzione della ragazza e si mise in attesa di quei complimenti che, lo sapeva, sarebbero arrivati entro pochissimo: perché Lollo era così, credeva di piacere al mondo intero e, anche quando riceveva insulti, si convinceva che erano solo parole dettate dalla gelosia o dall'impossibilità di averlo.
    Ok, a volte erano gli insulti dei laziali ma quelli avevano decisamente un altro tono -- e a quelli, Romolo, solitamente non faceva caso, perché infondo che cosa stracazzo ne sapeva i laziali, dico bene?
    Le parole di Erisha, invece, lo fecero sogghignare. Accentuò ancora un po' l'inchino, ringraziandola. «Lo so, lo so. Ma fa sempre piacere sentirselo dire.» Oh, era vero. Lui, per esempio, non si risparmiava mai e riempiva di complimenti tutti i suoi cugini (tranne Lapo.) perché se lo meritavano (tranne Lapo.) e quindi, riceverli, ogni tanto faceva piacere anche al romano. Dopo aver mantenuto la posa per qualche istante, addrizzò la schiena pronto a colpire di nuovo ma venne a sua volta investito da una sfera di ghiaccio dritta sul petto. «m'hai sparato» con entrambe le mani al cuore, finse di esser stato colpito dal più atroce degli spari e si inginocchiò a terra, un'espressione sofferente a dipingersi sul viso: oh, uno mica recitava nei corti di Giacomino un estate sì e l'altra pure senza imparare almeno un briciolo su come si recitava, no?! «hai colpito dritto qui» indicò il cuore -- «dritto al cuore» le sorrise, ancora inginocchiato nella neve, poi sciolse le mani prese a spazzolare via quella che era rimasta attaccata al suo mantello. «mhhh vediamo.... vediamo» osservandola bene, c'erano tante cose che Romolo avrebbe voluto dire, ma dovette ricordarsi che, infondo, lei era minorenne e lui rischiava il carcere già solo gettando l'occhio verso le gonne di almeno l'ottanta percento delle studentesse di Hogwarts. Menomale che almeno era in mezzo al freddo, e poteva tuffarsi a pesce nella neve per calmare i bollenti spiriti.
    «io penso che non avrei mai pensato» (??) «di vederti arrossire per l'imbarazzo e lo trovo molto-» la guardò con malizia, «carino» per citare il suo commento di poco prima. «e non provare nemmeno a giustificarti, lo so che è la mia presenza a farti arrossire, byrne.» come ci credeva romolo linguini, nessun altro.
    Non aggiunse altro, comunque, tenendosi eventuali altri pareri per il prossimo giro.
    Si limitò invece a creare un'altra palla e lanciarla verso la ragazza, sempre rimanendo in ginocchio nella neve.
    «vediamo se mi becco il bis...»
    dado: u wish
    La palla cadde lontano (tiro: 1) dalla figura agile della Byrne, e Lollo mise il broncio. «vabbeh!! ma te sei spostata, non vale.» ve l'ho detto che rosicava facile -- però lo disse comunque ridendo, e tirandosi in piedi per prepararsi ad evitare il nuovo colpo della ragazza.
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    Avrebbe voluto sotterrarsi.
    Sotto dieci strati di neve.
    Ma cosa le diceva la testa? Era arrossita molte più volte quel giorno che nell’intero anno scolastico, era vero, e le sue parole di poco prima erano state dettate da un cuore in subbuglio oltre alla costrizione della palla di neve.
    E quando le aveva detto che gli aveva sparato al cuore? Ma come si poteva essere così tanto cascamorti e allo stesso tempo… adorabili?
    Lo aveva trovato carino persino quando aveva fatto quella battuta su Collin, per Merlino.
    Si calò sulle ginocchia mettendo le mani sul viso con il tentativo di nascondersi: ecco che diventava di nuovo un peperone, se l’avesse vista sua madre si sarebbe fatta una grassa risata visto che lei le emozioni si impegnava a non tirarle fuori proprio mai, non per quello le stava scrivendo una lettera poco prima.
    Calandosi in quel modo inoltre aveva schivato l’ennesima palla di neve.
    «Volevi chiedermi qualche altra cosa imbarazzante?»
    Scostò le mani dal viso rivolgendo al ragazzo lo sguardo di una bambina beccata con le mani nella borsa di caramelle, non ne sapeva nulla di quel sentimento che stava provando e si sentiva incredibilmente insicura; mai nella vita avrebbe pensato di provare qualcosa del genere per Romolo Linguini, eppure avrebbe dovuto accorgersene: lo osservava sempre, quando lo incontrava per i corridoi lo seguiva con lo sguardo fino a che non spariva dietro qualche angolo di castello, i suoi cori da ultras li aveva visti tutti o quasi.
    E si rese conto di esserci dentro con tutte le scarpe.
    La consapevolezza le fece sgranare gli occhi, poi aggrottare le sopracciglia: aveva una battaglia a palle di neve da vincere.
    «Sei uno… sfacciato!»
    Raccolse un bel po’ di neve lanciandola verso il grifondoro, ma probabilmente era troppo arrabbiata perché il colpo andasse a segno.
    «Accidenti a te Romolo Linguini!»
    Affondo un piede nella neve e incrociò le braccia al petto, beh anche lei c’aveva il rosicamento facile oh.

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    Edited by Melanie~ - 3/3/2022, 22:43
     
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    Che Romolo fosse una (mente.) persona semplice era facilmente intuibile; ma era anche chiaro a tutti quanto fosse, nella sua estroversione, anche genuino: non si nascondeva dietro false apparenze, non si presentava al mondo per qualcosa che non era e, soprattutto, era ben conscio dei suoi limiti e dei suoi difetti. Per dirne una, al liceo una volta era stato con una ragazzina della Fiorentina -- quindi insomma!! Sbagliava anche lui, ogni tanto, sapeva riconoscerlo!! E lo ammetteva!!! Quando reputava di avere torto, ovviamente.
    Ecco, l'inghippo stava proprio lì: per quanto riconoscesse di essere umano e difettoso, era anche difficile che ammettesse ad alta voce di esserlo. Un controsenso, sì; un'ipocrisia, se vogliamo.
    Lui sbagliava ed era in difetto, come tutti quanti, ma solo quando lo diceva lui. Per il resto del tempo era bellissimo, bravissimo, levissimo -- e innocente. Con quell'aria da diavoletto angelico, che non fregava nessuno, ma ci provava comunque: perché le regole del gioco a lui piaceva farsele da solo, ed erano le uniche che seguisse.
    Lo si amava o lo si odiava, non c'erano mezze misure col maggiore dei Linguini.
    Maggiore, poi. Quel cuore puro di Giacomino, nonostante la differenza di età, era probabilmente più maturo di lui ma hey!! Per lo meno lui era meno frigidone di Gin e meno svangapalle di Gigio, quindi insomma, a ciascun cugino il proprio merito.
    E, appunto, il suo non era la maturità; per questo, nel vedere Erisha a terra e in imbarazzo, un po' gongolò soddisfatto. Era bello vedere che, nonostante tutto, faceva quell'effetto pure alle ladies d'oltremanica.
    «Sei uno… sfacciato!» Si strinse nelle spalle, lo sguardo innocente e un sorriso divertito ancora appiccicato sulle labbra. «Mai sostenuto il contrario!» Eh già!! Come dicevo prima: riconosceva i suoi difetti e i suoi pregi. Le parole della corvonero, comunque, non lo colpirono più di tanto perché gli era stato detto decisamente di peggio dalle piskellette paxxe di TBM quindi insomma: era temprato. Le rivolse quindi un occhiolino, per ringraziarla di quello che, a conti fatti, era un complimento. E pensare che quella volta non aveva dovuto neppure colpirla per riceverlo!! Era genuino!! «Grazie grazie, sei troppo gentile.» e, per ricambiare quella gentilezza, non commento ulteriormente il rossore delle sue gote, fingendo fosse colpa della neve e del vento freddo.
    «Accidenti a te Romolo Linguini!»
    «Hey!» allargò le braccia, il sorriso sempre presente anche se finse di sentirsi oltraggiato da quelle parole, «stavi andando così bene!! Proviamo a tornare su quell'argomento,» ovvero quanto splendido e speciale Romolo Linguini fosse, «me piaceva de più!!!» e, così dicendo, si avvicinò di qualche passo per tirarle una palla di neve sui capelli corvini -- e quella volta la prese in pieno. «COLPITA!! A-AH!» maturo, molto molto maturo. «Vediamo 'n po' che c'hai da dì, mo!!*» *o qualunque fosse la traduzione romano-inglese di quelle parole, insomma.
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    Erisha si era messa a nudo, non letteralmente per fortuna, dinnanzi al più stupido esemplare di maschio presente ad Hogwarts: insomma, uno che continuava a chiedere complimenti dopo che gli aveva praticamente quasi confessato della leggera (si Erisha, credici) infatuazione che aveva per lui com’era da definirsi?
    Eppure il suo cuoricino, difettoso avrebbe osato dire, continuava a battere all’impazzata, persino quando le aveva lanciato un’ennesima palla di neve prendendola in pieno.
    Sospirò cercando di mantenere la calma, e non piazzargli una palla di neve in fronte per eliminare quel sorrisetto da stregatto che si trovava, doveva ribattere: non era da Erisha Byrne starsene in silenzio, e se aveva capito qualcosa riguardo al ragazzo che le piaceva (se lo ripete ancora una volta si da a testate nel muro da sola) era che il suo essere un Narciso sovrastasse tutti gli altri lati del suo carattere.
    «Vuoi sapere cos’altro penso?»
    Si avvicinò di qualche passo, trovandoselo di fronte, ignorò i battiti del cuore accelerato appuntandosi mentalmente di trovare un incantesimo che lo facesse smettere di battere ma senza morire definitivamente.
    «Penso che tu sia carino, ma che con le donne tu non ci sappia proprio fare.»
    Un sorriso obliquo apparse sul suo viso, mentre incrociava le braccia sotto al petto e lo guardava con aria di sfida.
    «Eppure gli italiani sono famosi per il loro savoir-faire, i tuoi cugini come se la cavano?»
    Avrebbe poi approfittato della sua distrazione per lanciargli una palla di neve sulla spalla, le risultò facile visto che erano ormai a pochi metri di distanza.
    «Colpito in pieno! Ora voglio sapere tu cos’altro hai da dire!»
    Non era di certo il miglior modo per conquistare la persona che beh… ti piace, ma Erisha Byrne era talmente spocchiosa, e priva di esperienza, che quello le era sembrato l’unico modo per rapportarsi con Romolo.
    E le guance rosse, il battito accelerato e le mani tremanti?
    Beh a quelle cose ci avrebbe pensato dopo.

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    Nel cervello soltanto la Roma non era solo il verso di un coro della curva sud, o semplice inchiostro a macchiare la pelle dello studente romano: no, era di più; era la sacrosanta verità, la religione della sua vita, l'unico Credo da recitare giorno e nottte, la sua intera esistenza.
    Romolo aveva perso il conto di quanti pranzi e cene di famiglia aveva paccato (nel senso di: dare buca) per andare allo stadio; quanti appuntamenti aveva fatto saltare con tre semplici paroline: “no, gioca la roma” (sono quattro ma lui non sa contare); quante ragazzette aveva fatto innervosire arrivando in ritardo perché “aò è arrivato Salah a Fiumicino, amò scusa, non poi capì che avemo trovato pe' strada ar ritorno, er panico sul raccordo”; quante giocate perse perché “ma te pare? deve vince pe forza pe' pija i tre punti, e quest'artri so' praticamente retrocessi, te pare che perde, la roma, in casa poi, questo è 1 secco Rè”; quanti weekend passati a cantare e a farsi le chiappe piatte su pullman diretti in ogni parte d'Italia perché “no vabbè che nun se la famo la trasferta a Genova? e che nun annamo a Milano?”; e così per tanti altri aspetti della sua vita, sacrificati in favore di un amore più grande.
    L'unico grande amore della sua vita.
    Quindi non doveva assolutamente stupire se per il Linguini nulla fosse chiaro e semplice, comprensibile, come la fede giallorossa.
    I cugini lo chiamavo idiota per non aver mai pensato a niente di più serio: non a mettere a posto la testa, non a trovarsi una brava ragazzetta con cui mettere su famiglia, non di certo a preoccuparsi per la carriera scolastica. Per lui, era tutto relativo: certe cose sarebbero arrivate, prima o poi, no? Non serviva sbattersi per averle, bisognava solo essere aperti alla possibilità che accadessero – quando e come decidevano loro.
    Solo che era, obiettivamente, troppo stupido per comprendere che forse stavano accadendo proprio quel giorno, sul campo di quidditch innevato.
    Cioè, non che non avesse chiaro il fatto che lui ed Erisha stavano flirtando (dai..... era palese. Cristallino!) ma.... non lo faceva forse con tutti, lui?! Era nel suo DNA di italiano (e Linguini) comportarsi in quel modo con chiunque gli desse corda; la cosa veramente speciale era il comportamento della corvonero, di solito così composta e sulle sue e che invece, quel pomeriggio, si stava lasciando andare, anche (costretta) aiutata da quel giochino che andava avanti a suon di palle di neve.
    Non gli dispiaceva davvero vedere la Byrne sotto una luce diversa, a essere sincero: poteva quasi risultare simpatica per il modo in cui cercava a tutti i costi di trattenersi dall'arrossire alle sue stesse confessioni.
    «Vuoi sapere cos’altro penso?»
    «Assolutamente sì.» Poteva andare avanti così PER GIORNI, non sto esagerando. «Penso che tu sia carino, ma che con le donne tu non ci sappia proprio fare.» Si finse profondamente turbato da quell'affermazione, portando nuovamente una mano al cuore. «Erisha Byrne...... te l'hanno mai detto che ti sbagli di grosso Ah, questi corvi che pensavano di sapere sempre tutto!!! E che invece non sapevano proprio un ca- «Eppure gli italiani sono famosi per il loro savoir-faire, i tuoi cugini come se la cavano?» appunto. «quella... quella parola. savuarché» sei anni di beibastoni e l'unica parola che aveva imparato davvero era.... a ben pensarci, nessuna. «quella, insomma. Ti assicuro che non è italiano.» una smorfia quasi schifata si dipinse sul suo volto (come nello sticker) mentre pensava a come qualcuno potesse confondere francesi e italiani in quel modo: assurdo. Inconcepibile. «Noi italiani semo molto mejo Fulmineo, un sorriso sghembo soppiantò quello rivoltato di poco prima, «fidate or maybe dont.
    Era il suo modo per dirle che, se voleva, le avrebbe dimostrato il modo in cui gli italiani ci sapevano fare?! Assolutamente: sì.
    Avrebbe iniziato volentieri lì, in quel momento, ma Erisha lo prese in pieno ricordando al romano che erano nel bel mezzo di una lotta di palle di neve. «Colpito in pieno! Ora voglio sapere tu cos’altro hai da dire!» «merda aveva abbassato la guardia e aveva preso goal: tipico atteggiamento da roma in campo, che palle.
    «E vabbene!!!» Alzò entrambe le mani, in segno di resa. «Però c'ho n'altra idea.» Si avvicinò un po', togliendo delicatamente un po' di neve che era rimasta incastrata nei capelli corvini della cacciatrice avversaria. «Famo che mo' te dico 'na cosa... il resto, poi, davanti a una tazza da thé da Madama Piediburro?» Le stava chiedendo di uscire?!
    Beh sì, duh. Sono felice si sia capito .
    «Ci stai?»
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    È la vita, quella che ti fa forgiare un carattere brusco, con il quale impari a nascondere tutti i tuoi sentimenti, le tue emozioni, e poi un giorno ti fa battere il cuore per il ragazzo che hai osservato per l’intero anno scolastico, senza se e senza ma ti ritrovi in un brodo di giuggiole solo quando lui si avvicina, il bello? È che lui non sembra accorgersene, non del tutto almeno.

    […]



    Lo ascoltava Erisha, mentre tesseva le proprie stesse lodi e le diceva che la parola savoir-faire non era italiana, come se non lo sapesse; portò la mano alla bocca per nascondere l’ennesimo sorrisetto idiota che le nasceva ascoltandolo, distolse anche leggermente lo sguardo in modo da non peggiorare ulteriormente la sua di situazione, ora che gli era di fronte non voleva mica arrossire come aveva fatto poco prima.
    Il suo tentativo venne però messo a dura prova, Romolo non solo le aveva chiesto di uscire, ma addirittura l’aveva invitata ad andare da Madama Piediburro?
    Immaginarsi un tipo turbolento come lui, si lo aveva osservato anche a tavola, prendere il tè fra tazze di porcellana, fiori, fragole e tanto rosa la fece ridere di gusto, tanto che poi sollevò lo sguardo verso il grifondoro.
    «Scusa non volevo ridere di te, solo che non ti ci vedo affatto a prendere il tè.»
    E nemmeno lei a dirla tutta, si sarebbe sentita a proprio agio fra tutti quei fiocchi e quelle fragranze stucchevoli, persino lei che i dolci li adorava.
    «Facciamo così, accetto, ma ti va di andare al Wicked Park? Magari il resto me lo dici davanti ad una nuvola di zucchero filato.»
    Quando poi il ragazzo le fece una carezza fra i capelli, istintivamente calò il capo verso la sua mano, facendo sfiorare le sue dita con la propria guancia.
    «Sempre che tu non abbia paura delle montagne russe.»
    Sollevò lo sguardo scuro, questa volta senza arrossire, regalandogli un sorriso furbo.
    «E mi devi ancora una verità, Romolo Linguini.»
    E mica se lo scorda, eh.
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    Edited by Melanie~ - 14/3/2022, 11:36
     
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