Le cose stavano tornando normali.
Lo sentiva, Julian, nel modo in cui i corridoi erano tornati a popolarsi di nuovo, lo sentiva nelle cuscinate che Ezra e Romolo erano tornati a dare al redivivo Remo, nel sabato pomeriggio a Hogsmeade, nell’incombenza del Quidditch, e negli ultimi allenamenti più duri.
Eppure qualcosa era davvero cambiato nel profondo. Lo sapeva. Lo percepiva nei sussulti degli studenti appena qualcuno tossiva o starnutiva, nell’odore acre dell’unguento per le mani che era ancora diffuso in tutto il castello e che gli pizzicava il naso, nei sussurri spaventati ogni volta che un loro coetaneo, e soprattutto amico, usciva da different lodge; era evidente, anzi, in ogni spintone che quei bulli continuavano a dare agli special, a ogni sgambetto che li aspettava ad ogni angolo.
Anche in lui era cambiato qualcosa.
Era successo da un momento all’altro, quando la mattina di un normale giorno di lezione si era svegliato in un altro corpo, in un altro secolo, in un’altra vita che non era la sua. Era stato a sentire la spiegazione che il Professor Richard Quinn aveva tentato di rendere chiara per lui e i suoi concasati, ma quella aveva fatto nascere solo innumerevoli altre domande che sarebbero rimaste irrisposte.
Sentiva ancora le radici della pianta allungarsi e stringersi attorno alla sua pelle, e lui era lì, aveva guardato quelle persone che non conosceva ma che in un certo senso sentiva comunque di conoscere, e non aveva potuto fare niente.
Julian non era capace di provare vera rabbia, ma era conscio che quel sopracciglio inarcato e la fronte corrugata erano tutti segnali che quel sentimento, nuovo e sconosciuto, si stava manifestando in lui per la prima volta, e non gli piaceva: gli faceva provare una strana acidità allo stomaco, gli faceva stringere le labbra in una linea sottile, e gli impediva di dormire, di concentrarsi a dovere, di fare qualsiasi cosa. Aveva cercato di scaricare quel misto di rabbia e confusione negli allenamenti, ma si era reso conto che anche correre purtroppo non riusciva a eliminare tutte le scorie di quel sentimento, che spingeva verso una nuova necessità: capire ed essere capito, e quello con suo grande rammarico, l’allenamento non poteva soddisfarlo.
Aveva però trovato sollievo nel ficcare il naso tutte le sere tra le pagine colorate dei fumetti di Spider-Man; si rivedeva nel modo in cui Peter Parker cercava sempre di fare la cosa giusta, di aiutare chi era in difficoltà, come swingava da un palazzo all’altro, e come anche lui ogni tanto prendeva qualche palo in faccia. E poi c’era quella cosa che entrambi avevano un’amica rossa che in un modo o nell’altro non riuscivano a conquistare – ma questa era una situazione che Julian non aveva ancora affrontano, non con se stesso, non con sua sorella, nonostante Livy gli tendesse imboscate più o meno giornaliere sull’argomento, men che meno con la diretta interessata.
A voler essere sinceri, in realtà, Joni, oltre la chioma rossa, aveva ben poco di Mary Jane: non era una lady in distress, non le piaceva recitare (almeno così credeva), non era fidanzata con il suo migliore amico (almeno così sperava), e in realtà non esprimeva neanche il suo affetto verso di lui (non nei modi convenzionali, comunque); anzi, si ritrovò a pensare più di una volta divertito, sembrava quasi che Joni fosse Spider-Man e lui MJ. Se c’era uno cazzuto tra i due che andava a picchiare chi si comportava male, quella era proprio Joni, e se c’era uno che non approvava appieno ma comprendeva il dovere dell’altro, quello era proprio Julian. Una volta le aveva anche detto «go get ‘em, tiger» prima di guardarla andare a prendere per la collottola un primino Serpeverde che aveva avuto un po’ troppo da ridire e da ridere su uno special di passaggio, ma eH, tra Peter Paker e Mary Jane alla fine c’erano stati anche baci molto romantici, Julian invece per il momento non pensava minimamente a cose del genere.
Una volta era capitato, ok.
Va bene, qualche volta, ma era solo stato un pensiero vago e fugace: nel chiudere gli occhi mentre leggeva una stringa di un vecchio numero del fumetto le figure si erano sovrapposte nella sua testa e avevano generato confusione, nient’altro. Era successo un paio di volte quindi iniziava a dubitare di avere problemi di vista, ma non si fece altre domande, non quando probabilmente non gli sarebbe piaciuta la risposta.
Fortunatamente la sua immersione nel mondo dell’uomo ragno non ebbe modo di durare a lungo. Le cose stavano davvero tornando normali. Piano piano aveva sentito quella fastidiosissima rabbia abbandonarlo, aveva iniziato ad accantonare tutto quello che lo rendeva confuso, e aveva ripreso a dispensare sorrisi nei corridoi, a richiamare il dormitorio sull’attenti alle sei ogni mattina per la corsetta pre-lezione, e a preoccuparsi della presenza del vero villain di Hogwarts: Duolingo.
Anche se continuava a fantasticare su Peter Parker e Mary Jane durante le lezioni di storia della magia.
«potevi scansarne almeno qualcuno, Giulià»
«da grandi poteri derivano grandi responsabilità, Ezra»
Nello specifico, il suo grande potere era non riuscire a colpire nessuno con il fucile (meno male che non faceva il battitore) e, come immediata conseguenza, la sua grande responsabilità era quella di dover perdere almeno mezz’ora in più nello spogliatoio per togliersi i residui di vernice dal corpo – e comunque non era riuscito a toglierli tutti. Guancia, braccia, e capelli, erano ancora tempestati di macchie di pittura colorata, segno che quel giorno gli allenamenti in quel di Grifondoro si erano svolti nella maniera che più lo entusiasmava: paintball. Aveva sempre considerato la trovata di Hazel divertente ed efficace, l’unico punto che andava rivisto era quello che imponeva al portiere di lanciarsi sulla traiettoria dei colpi e non di evitarli – ovviamente per esercitarsi alla parata – ma Julian non era uno che si lamentava, anzi, era felice di essere tornato alla normalità, gli allenamenti singoli che avevano provato qualche volta durante la quarantena erano eccessivamente deprimenti. Aveva bisogno di stare in compagnia, Julian. Voleva stare in compagnia.
«Non starai mica pensando di tornartene al dormitorio tutto solo»
«Hailey!!» richiamò con un sorriso largo e spontaneo, e rallentò il passo così da affiancare la ragazza. «pensavo di essere solo» quindi sì, pensava di tornare al dormitorio proprio da solo, ma a quanto pare non sarebbe stato così! Meno male!!! «ma two is better than one, no?» disse ridendo, ma subito dopo si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno dei Linguini nei paraggi, perché sicuramente l’avrebbero corretto con two is megl che one e uno scappellotto ben assestato – anche se dovevano arrampicarsi uno sulla schiena dell’altro per raggiungere il suo collo, sì. Ma era vero: non gli dispiaceva tornare alla Torre insieme alla Morrison; in generale, non gli dispiaceva la Morrison. Il suo radar per la bontà si attivava in sua presenza, e questo significava che nonostante la corazza spessa che le piaceva mostrare, c’era uno strato soffice e chissà magari anche qualche debolezza. A Julian piacevano le persone così, forti e che andavano scoperte man mano, la facevano sembrare quasi una sfida e a lui piacevano le sfide.
«mh, giocheranno prima serpeverde e tassorosso» accompagnò l’ultima parola con un sospiro pesante e una preghierina mentale per sua sorella che doveva subire le angherie di quelle bestie. «a noi toccano i corvonero. È… tosta, loro hanno vinto la coppa l’anno scorso, ma per questo sarà anche più divertente» e poi i corvonero gli piacevano, giocavano pulito, senza falli; erano forse un po’ troppo seri quando giocavano, tra chi voleva morire costantemente, chi voleva uccidere costantemente e chi non aveva ancora idea di com’era possibile che fosse ancora in vita, Gideon sembrava l’unico a divertirsi mentre giocava ma tutto sommato non erano affatto male!! «i vostri allenamenti come vanno?» era contento di avere una squadra di cheerleader più che piena quell’anno, faceva più squadra completa, e poi si divertiva di più anche lui con i cori e le coreografie; e poi oh, era un ragazzo di diciassette anni, apprezzava anche le divise!!1!1! anche se… «so che Lollo è un po’» difficile da gestire «testardo e vuole fare i suoi» cori da stadio «balletti, ma è bravo e fa molto ridere, non essere troppo cattiva con lui» concluse ridendo e ricambiando lo sguardo della concasata. Non sapeva se fosse troppo cattiva con la squadra di cheerleader, ma lui aveva avuto esperienze decisamente violente con capitane varie (Hazel, Joni, Chelsey) quindi partiva un po’ prevenuto, meglio giocare d’anticipo!!