freaky fries; french friday.

wizburger | libera (wren ft. jamie)

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    «E quindi...»
    «e... quindi...?»
    «E quindi cosa?»
    «E quindi cosa... cosa?»
    «E quindi cosa cosa cosa
    «Mi sono perso.»
    «Amico, tu non ti sei mai trovato. Dove sono le mie patatine?» Non c'era il minimo barlume di lucidità nello sguardo cioccolato dell'Hastings, ma riuscì quasi a dimostrarsi serio e attento ponendo quella domanda - perché sul cibo non si scherzava, mai; poteva anche essere fatto come una pigna e completamente fuori di sé, ma sulle patatine fritte non transigeva. Ed era piuttosto certo di aver ordinato qualcosa in un momento non meglio precisato tra il suo ingresso nel locale fino a quel momento. «Ti aspetterò qui.» Spalmato sul bancone del Wizburger, gli occhiali da sole calati sul naso per riparare gli occhi dalle luci bianche che minacciavano di bruciare la retina fin troppo sensibile, e che contribuivano prepotentemente al mal di testa martellante che Wren aveva più o meno da quando s'era svegliato. «Ti... aspetto qui.» Con un vago cenno della mano, indicò l'aria davanti alla propria figura, e poi si accasciò nuovamente sul ripiano in acciaio unto e macchiato di salse e residui di grasso. «Sbrigati.» O mi addormento in questa posizione.
    Wizburger gli era parsa una buona – no, anzi! un'ottima idea, qualche ora prima, e quanto meno era un posto tranquillo. Beh, lo era sicuramente alle tre del mattino e con il primo freddo a bloccare in casa gli inglesi impreparati. Ma se gli avessero chiesto perché fosse lì... non avrebbe saputo rispondere. Non aveva davvero fame – aveva ordinato perché duh, una volta lì come poteva trattenersi?
    «Quindi, cosa è successo?»
    Alzò lentamente la testa, i capelli castani a ricadere su quel viso poco familiare che poteva vedere riflesso nel frigorifero di fronte a lui. O lei, insomma. Fece spallucce. «Lo sai tu?» L'altro fece cenno di no con il capo, le patatine di Wren ancora strette al petto; il geocineta si allungò ulteriormente sul bancone e le tirò via senza complimenti, scambiandole con il quantitativo di falci necessarie a pagare il suo debito con quel nascente franchising magico. «Ecco, nemmeno io
    Sul serio: Wren non aveva idea di come si fosse ritrovato in quella situazione.
    «Sulla» descrizione in sezione «vetrata c'è scritto che chiudete alle 18.» «Cosa?» «Cosa.» Finger guns in direzione dello sconosciuto, prima di allontanarsi con nonchalance come se l'intero fast food non stesse ondeggiando al ritmo di He Mele No Lilo.
    «Hey... il tuo frappè!» Oh, Marja: anche il frappè.
    Tornò indietro, barcollando. Si appoggiò al bancone - di nuovo.
    Abbassò gli occhiali quel poco che serviva per mostrare l'occhiolino e sbiascicò un «grazie per il tuo servizio»
    La voce non era cambiata molto – sempre un po' rauca e profonda, quella s stretta tra i denti e vagamente sibillina; tutto il resto, invece, Wren faticava a riconoscerlo, a partire dal seno. Aveva sentito subito che qualcosa non andava – altro che terzo occhio della sua Blondie: lo aveva shentito quando, sdraiato a pancia in giù, aveva provato uno strano dolore, come se ci fosse qualcosa di schiacciato. Spoiler: erano i due meloncini improvvisamente spuntati al posto dei pettorali. Fatto com'era, non aveva registrato subito che i cambiamenti non finivano lì; ma, fatto com'era, non c'aveva nemmeno badato troppo. La t-shirt consunta e i jeans strappati gli stavano ancora (sebbene di qualche centimetro più lunghi del dovuto) e tanto gli bastava per considerarsi presentabile e abbastanza decente per uscire: s'era dunque rimesso il giubbotto di pelle e aveva raggiunto il Wizburger, sempre fatto. E sempre con quelle sembianze femminili acquisite chissà come e chissà quando.
    Leccò via un po' di sale dalle labbra screpolate, e poi fece un cenno al commesso come per invitarlo ad avvicinarsi. «Non accettare mai thè da uno sconosciuto.» Un consiglio da ascoltare! Specialmente se veniva da uno come lui – figlio di una donna che per (mestiere) e hobby, correggeva gli infusi altrui: lui ne sapeva qualcosa.
    E probabilmente, era proprio così che lo avevano fregato, versandogli qualcosa nel bicchiere mentre era distratto.
    Era pronto a tentare - di nuovo - di separarsi dal bancone, per quanto ardua potesse sembrargli quell'impresa.
    «Lo faccio?»
    Non lo fece.
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    Edited by antarctica - 14/11/2021, 19:11
     
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    «stai mentendo»
    Sollevò lo sguardo dal giornale, spostando l’attenzione dapprima sulla propria mano – tesa ed a palmo aperto verso il soffitto – e poi sul losco individuo che sedeva dalla parte opposta del tavolo, le cui unghie laccate di verde fluo seguivano linee appena visibili sulla mano leggendovi un futuro che esisteva solo a giorni alterni. «devi essere più specifica» mormorò, sollevando pigro un angolo delle labbra. Jameson Black Barrel Hamilton viveva di menzogne, anche quando non erano necessarie, semplicemente perché poteva, da così tanto tempo che oramai faticava a scindere il falso dal vero – dove iniziasse Jamie, e finisse l’immagine di sé che voleva gli altri percepissero. «le tue letture sono sempre più sciatte.» chiuse il quotidiano con uno scatto del polso, voleva solo vedere se nell’ultimo bollettino avessero citato il suo nome (spoiler: no. Gli unici ad avere una rilevanza mediatica erano i Pavor, come se i Ribelli fossero l’unico problema della corruzione nel mondo magico), aggrottando lieve le sopracciglia allo schiaffo in risposta ricevuto sul braccio. «era necessario?» «cos’hai fatto?» incalzò l’altra, premendo un pollice al centro del palmo. C’era un lieve barlume di comprensione nelle iridi smeraldo dell’empatica, come se sapesse ma volesse dargli ancora il beneficio del dubbio. Perchè. Aveva provato più volte quanto poco lo meritasse, scegliendo infine di togliersi la maschera e lasciarle vivere il Jamie che malapena conviveva con se stesso, ma nulla sembrava convincerla che quello fosse, e quello sarebbe rimasto. Non sapeva cosa volesse da lui; cosa si aspettasse; se credesse di bussare un giorno all’appartamento suo e di Will, e di trovarli intenti a bere eggnog mentre preparavano l’albero di Natale. «a costo di ripetermi, Melvin» ritrasse la mano prima che decidesse di tenersela come ricordo – purtroppo non in modo violento, quello l’avrebbe capito, più come cuscino per dormirci -, stringendola attorno alla bottiglia di vetro sul tavolo. Il tempo era relativo per tutti, ma per l’Hamilton un po’ di più: farsi leggere la mano mentre si aggiornava sulle notizie perse quel giorno e sorseggiava una birra ghiacciata, era un passatempo come tanti nel cuore della notte inglese, mentre le persone con un briciolo di senno e senso dormivano. «devi essere più specifica» e quella volta, il sorriso glielo offrì completo, accompagnato da un’occhiata calda ed un paio d’occhi troppi freddi per gestirla. Un ossimoro. Un paradosso, sempre in equilibrio tra un lato e l’altro della barricata.
    Sempre in guerra con entrambe le fazioni.
    Melvin Diesel non rispose né al sorriso, né alla provocazione. Si conoscevano da troppi anni, per giocarsi ancora convenevoli e puttanate; non aveva bisogno di dire niente, per far sapere a Jamie che non si bevesse le sue cazzate. Era… snervante e confortante, senza che l’uno mettesse in ombra l’altro. Erano stati Jamie-e-Melvin molto prima che a chiunque altro venisse offerto di entrare nella loro orbita e rimanerci; entrambi ancora faticavano a riconoscere i satelliti ed accettarli come tali. Vin puntellò il dito sulla falange dell’indice, premendo con un’espressione concentrata e distratta.
    Non era il “terzo occhio”.
    Non era l’astrologia, quella a venire incontro alle predizioni della diciottenne.
    «questo è barare» sussurrò, sentendo premere polpastrelli invisibili sulla propria pelle, tocchi leggeri a cui non avrebbe fatto caso se fosse stata qualunque altra conversazione, mentre l’empatia assaggiava i sapori dando loro un nome.
    Ma aveva la coscienza sporca, Jamie, perché sapeva esattamente su cosa stesse mentendo, e cosa avesse fatto.
    Vide la consapevolezza, o parte di quella, farsi strada nell’espressione prima vacua di Vin, occhi spalancati e labbra dischiuse. La guardò aprire la bocca e - forse il miracolo più grande dell’ultima decade, secondo perfino al risveglio dei morti da parte di Seth -, non dire niente. Qualunque cosa avesse dedotto, non voleva saperla. Non voleva dare né conferme né smentite, perché avrebbe reso tutto reale e patetico e vulnerabile e che ipocrita che sei Jamie Hamilton, che pezzo di merda; c’erano bugie destinate a rimanere seppellite.
    Quella - quelle - era una di loro.
    Rimasero in silenzio per un tempo che il cronocineta non avrebbe creduto possibile con la canadese, lei a ticchettare le unghie sul tavolino e lui a sorseggiare la birra. Sarebbe stato troppo bello chiedere che perdurasse, possibilmente nei secoli dei secoli perché c’erano croci che Jamie non si meritava, e Melvin era una di quelle, quindi non lo domandò, accettando che il tonfo sul legno segnasse la fine di quello che avrebbe potuto essere qualcosa di bellissimo.
    (la quiete)
    «voglio un happy wiz»
    And that was it.

    (una rottura di coglioni allucinante di discussioni di sara per una cazzo di caldaia e varie teste di minchia, compresa genitrice 3, dopo:)
    «ME LO SHENTIVO CHE ERA APERT-»
    Chiuse la chiamata prima che il parassita che si ritrovava attaccato al culo da quasi dieci anni concludesse uno dei must not dell’Hamilton: lui poteva sottolineare, per ovvi motivi, quando aveva ragione, ma quel lusso non era consentito agli altri. Beh? Già detto che fosse ipocrita ed un pezzo di merda, perché continuare ad elencare i suoi pregi; era umile e modesto. Umettò le labbra, senza farsi troppe domande sul funzionamento del mondo. Se era uscito di casa per cercare un fast food aperto, l’aveva fatto solo per prendere aria e spazi, non perché pensasse di trovarne effettivamente uno, come aveva fatto notare afferrando il casco per recarsi in moto al primo passaggio disponibile verso il mondo magiko – che non sappiamo quale sia, quindi lascerò il dubbio. Non era previsto che avesse torto.
    Odiava sbagliare.
    Espirò lentamente, riappiccicandosi tutti i pezzi di affabile cortesia persi per strada, entrando come se quel posto non fosse squallido e non puzzasse di chimica ed unto. Se fu stupito del trovare altri clienti a quella nefanda ora notturna, non lo diede a vedere, mettendosi rispettosamente in coda dietro una ragazza arruffata chimica ed unta quanto il locale stesso.
    E aspettò.
    Aspettò.
    Aspettò.
    Quando, finalmente!, arrivò il suo turno - «IL TUO FRAPPè» ed allora a Jamie iniziavano un po’ a girare le palle, ma si limitò a sorridere educatamente ad entrambi. Mantenne l’espressione gentile, forse perfino preoccupata, anche quando la piattola rimase attaccata al bancone come una chewing gum masticata alla suola di una scarpa. «tutto bene?» domandò, amabile come sempre, valutando la superficie sulla quale si era spiaggiata con uno sdegno che strinse nella mascella ed il sorriso.
    Non avrebbe mai capito i poveri.
    «un happy wiz»
    «maschio o femmina?»
    Mon Dieu erano proprio nel Medioevo. Non avevano le sorprese senza genere? L’audacia e la maleducazione. Il fatto che fra loro e lui mancassero cent’anni di evoluzione, si vedeva e lo faceva sentire meglio: c’era ancora speranza per il mondo. «scegli tu» la osservò. Non capiva se fosse fatta, o se avesse contratto il morbo magico di Hogwarts – non si sapeva mai. Nel dubbio indietreggiò di un passo, un cenno alla barbona – perché di quella si trattava, secondo l’Hamilton. «ed un bicchiere d’acqua» sembrava averne bisogno.
    Fosse per berlo o affogarcisi dentro, poi, poco gli cambiava.

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    «*slurp* *slurp* *slurp*» sdraiato sul bancone unto, Wren sorseggiava rumorosamente il suo frappè.
    Molto rumorosamente.
    «*sluuuurp*» le labbra strette intorno alla cannuccia (di carta, perché secondo me anche i maghi hanno una Greta T. da qualche parte che ricorda loro di essere più green) e gli occhi, distratti, ancora nascosti dalle lenti nere degli occhiali da sole; alzò di poco il volto verso il ragazzo che aveva parlato e «ma è alto lui oppure ho perso centimetri io?» cosa molto probabile, nella trasformazione. Avrebbe voluto farlo rimanere un pensiero personale, ma il filtro mente-bocca non funzionava e alla fine l'aveva detto ad alta voce; pazienza. Alzò anche un pollice verso lo sconosciuto, rassicurandolo con un sorriso storto. «una favola!» poteva non sembrare, ma Wren stava davvero una pacchia in quel momento: il fatto che fosse su un pianeta distante anni luce dalla Terra, c'entrava moltissimo.
    Che poi non era così; era stato in condizioni ben peggiori nella sua vita, ma di solito sapeva sempre benissimo cosa ingeriva. O con cosa si ritrovava a sperimentare, ecco. In quel caso, invece, non ci stava capendo nulla: si era risvegliato affamato, fatto e per di più in un corpo femminile che non gli apparteneva -- ma che neppure gli dispiaceva. Aveva tantissime domande; non sufficiente (lucidità) voglia di trovare risposte. Avrebbe fatto come suo solito: cavalcato l'onda e atteso che l'effetto della droga passasse da solo. Era un metodo collaudato!1! Funzionava!1! Al mille percento.
    «quanto sei alto?» eh, ormai era un pallino che non riusciva a togliersi dalla testa. E poi dai, non aveva chiesto mica niente di imbarazzante, poteva fare molto peggio secondo i suoi standard.
    «maschio o femmina?» ruotò lentamente il volto verso la persona dietro il bancone, espressione sconvolta e bocca spalancata, con tanto di cannuccia ancora stretta tra le dita. Quella sì che era una domanda personale!
    «scegli tu» cooosa
    «cosa»
    E il commesso, che aveva iniziato forse a capire l'andazzo e le condizioni non lucidissime di Wren, aggiunse un «per la sorpresa dell'Happy Wiz» proprio mentre Wren, colto alla sprovvista, rispondeva con un frettoloso «entrambi? entrambi» convinto si parlasse di cose personali -- che poi, nel suo caso, era verissimissimo in quel momento: era Wren...ma non era Wren.
    Quando realizzò, con qualche secondo di ritardo, che non stavano parlando del suo gender ma della sorpresa del menú, Wren arricciò il naso e ci pensò su un attimo.
    «entrambi» confermò di nuovo, stavolta annuendo leggermente con la testa: almeno avrebbero potut scegliere quella più bella e restituire l'altra!! Era un piano geniale. Fece l'occhiolino al gigante sconosciuto, cercando di non farsi vedere dal commesso ma dimostrando la stessa furtivita di un ninja sotto ecstasy e ricordandosi solo dopo di avere gli occhiali da sole indosso; allora li tirò sui capelli, e ripeté il gesto con ulteriore complicità. E un'aria stupidissima.
    Era ancora parzialmente sdraiato sul bancone (quasi prendendo in considerazione l'idea di farlo del tutto) quando il commesso allungò il nuovo ordine e, così facendo, spostò le patatine che Wren aveva abbandonato in favore del frappè. Le avrebbe riprese di lì a poco, ma prima aveva un'altra domanda importantissima da fare. Si raddrizzò (a fatica), sistemando il giacchetto di pelle e qualche ciuffo ribelle portandolo dietro l'orecchio, poi con aria malandrina chiese: «me lo fai vedere?» e poi di nuovo «*slurp*» ed entrambe le sopracciglia a svettare con complicità.
    Non gli venne in mente di specificare cosa intendesse perché... Beh, era chiaro parlasse del regalino trovato all'interno dell'Happy Wiz. Anzi, regalini: infondo, aveva aiutato o no a guadagnare due soprese? O due menù, insomma, non aveva proprio ben chiara la situazione.
    Fece per tornare a sorseggiare il frappè quando si ricordò delle patatine e dell'idea geniale che aveva avuto. «in cambio io ti faccio provare una cosa straordinaria» un'altra occhiata tipica di chi la sa lunga, di chi promette qualcosa di bellissimo ma confidenziale, un segreto destinato a pochi. Qualcosa che fare in pubblico avrebbe comportato sguardi accigliati, giudizi negativi e probabilmente il ban dall'intera catena Wizburger. Per loro fortuna, però, non c'era quasi nessuno in giro a quell'ora e avrebbero sicuramente trovato un posticino tranquillo e appartato dove farlo.
    Perché almeno una volta nella vita, bisognava assaggiare le patatine fritte inzuppate nel frappè alla fragola. Era un must. Un rito di passaggio. Doveroso.
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    C’erano cose che avevano senso, e cose che non lo avevano.
    Questo post rientra in seconda categoria. Invece, il fatto che Jamie Hamilton si stesse intrattenendo in small talk con una perfetta sconosciuta, era proprio del suo carattere gentile e amabile. Viveva di menzogne, di quella facciata dorata che offriva al mondo per brillare e far brillare, come se di una ragazzetta sotto effetto di psichedelici al wizburger potesse interessargli qualcosa. Gli piaceva sembrare quel tipo di persona, una per la quale non doveva neanche sforzarsi troppo. Gli piaceva essere semplice, piacere alle persone, evitarsi tutto il bagaglio che si sarebbero portate appresso se si fosse mostrato realmente per ciò che era.
    A Jamie Hamilton piaceva essere il segreto di se stesso.
    «abbastanza» commentò alla domanda sulla sua altezza, ammiccando languido alla mora. Abbastanza per far cosa era soggettivo, ed avrebbe lasciato che fosse lei a deciderlo – l’ambiguità, d’altronde, era uno dei punti forti del cronocineta, insieme alla bellezza, al carisma, ed una crudele praticità. Tutte pratiche che aveva affinato negli anni per mettere in imbarazzo Gugi, principalmente, e per farli uscire dalle situazioni del cazzo in cui il Barrow tendeva sempre ad infilarli, che lo volesse (mai) o meno (più volte di quanto all’Hamilton piacesse ricordare). Decise, per puro buon cuore, di commentare il terribile occhiolino della ragazza, sorridendo gentile come se ne avesse compreso il motivo. Dubitava che ci fosse qualcosa che avesse senso, perlomeno in quel momento, nella mente annebbiata nascosta dalle lenti scure della giovane, ma non era un problema suo.
    Era proprio bello farsi i cazzi propri, nella vita. Si viveva felici e spensierati, intoccabili ai drammi che sembravano sconvolgere le esistenze altrui. Jamie era così bravo a starsene sulle sue, che talvolta neanche i suoi problemi lo toccavano. Venivano ignorati, sistemati in un altro momento o rimossi alla radice per adattarsi ad altro. «me lo fai vedere?» Ad una domanda scontata, non poteva che affacciarsi una risposta altrettanto ovvia. «dipende» decise di non voler approfondire la questione domandando cosa, rimanendo nel vago che avrebbe potuto rappresentare tutto o niente. Dubitava ci fosse un allusione sessuale in quella domanda, ma non sarebbe stato lui a correggerla – quando mai, al massimo ad alimentarla. Come fece in quel momento, spostando il mezzo sorriso sardonico sul povero commesso evidentemente non pagato abbastanza per quelle puttanate.
    Cazzi suoi. Nella prossima vita, avrebbe imparato a far carriera.
    «in cambio io ti faccio provare una cosa straordinaria» Si sentì quasi - quasi - colpevole a darle corda pur essendo ignaro della questione discussa, ma non abbastanza da prendere armi (letteralmente) e bagagli, ed andarsene. Chissà dove…. Chissà dove voleva andare a parare. Era una spacciatrice in erba? Non nel senso di vendita, proprio da principiante: era proprio un classico errore da novellino quello di tentare la sorte offrendo pasticche a perfetti sconosciuti, senza sapere chi fossero. Non si osò a poggiare un gomito sul bancone, sembrava sporco ed appiccicoso, ma incrociò un braccio sul petto piegando la testa da un lato. La studiò qualche secondo, lasciando volontariamente che una nota di vuoto sgusciasse dalle iridi chiare, prima di renderle calde e accomodanti. «ne dubito» rispose lento, glaciale e bollente, con un’espressione solo esternamente divertita. «ma prego, stupiscimi»
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    Vorrei poter dire che l'aria sperduta e poco lucida di Wren fosse dovuta allo stato di fattanza in cui il geocineta verteva ma... beh, era vero solo in parte: anche in una situazione normale, l'Hastings non avrebbe perso l'occasione per flirtare nemmeno troppo velatamente con il primo sconosciuto della fila, e si sarebbe cimentato in occhiolini e battute simili, forse appena appena meno ambigue – che sì, rendevano le cose divertenti e interessanti, ma poi bisognava anche andare al sodo, altrimenti quale era il senso?!
    Perciò, l'aria malandrina che si disegnò sui lineamenti femminili e sconosciuti era quasi totalmente farina del suo personalissimo sacco di civetteria, e solo il due o tre percento era attribuibile alla droga. «interessante.» la giuria formata dal solitario criceto con l'artrite che viveva nella sua testa e che non correva sulla ruota già da un po' di tempo, stava ancora decidendo se quella conversazione stava effettivamente avendo luogo nello spazio temporale reale o se era un film dal copione scadente che Wren recitava da solo; tre colpi di martelletto decretarono la fine di quel dibattito interiore e il criceto – rigorosamente in la toga e con una parrucca di lunghi riccioli bianchi – sentenziò che non aveva capito, grazie tante, la seduta è sciolta.
    Sorrise, Wren, allargando l'espressione (ebete ma) paciosa in direzione del gigante e ripeté un «interessante» portando il dito indice a picchiettare sulle labbra screpolate. Cosa ci fosse di interessante non era dato saperlo; infondo, non lo sapeva neppure lui e non c'era una parte dello special, nemmeno minima, intenzionata a capirlo. Raramente Wren cercava di spiegare – o peggio ancora, capire – ciò che succedeva nella sua vita: a lui piaceva il brivido dell'ignoto, la suspense e l'incertezza e, soprattutto, non aveva abbastanza, as the wise man would say, sbatti per mettersi a cercare risposte a tutto quello che gli capitava: avrebbe sprecato davvero troppo tempo – e ne sarebbe uscito comunque con più quesiti di prima.
    Non gli piacevano le domande, preferiva di gran lunga le risposte – anche quando erano stupide, bugiarde, strampalate. Più una cosa era impossibile, più lo incuriosiva - e più Wren la accettava.
    Ecco perché non si era posto fatto troppi problemi nel ritrovarsi, senza una motivazione, in un corpo femminile: prima o poi, si era ripetuto mentre raggiungeva il fast food magico, sarebbe tornato al suo originale splendore e, se proprio il destino avesse scelto per lui di lasciarlo intrappolato in quel corpo dalle forme morbide, avrebbe accettato anche quel finale senza troppi problemi: tutto faceva esperienza!
    «Non sei di molte parole :c» con tanto di broncio a piegare verso il basso gli angoli di una bocca che, a osservarla bene, aveva ancora qualcosa della sua: lo stesso modo di arricciare le labbra quando dispiaciuto, il modo in cui tremolava per accentuare quel malessere – o come, il secondo dopo, tornava già a dispiegarsi in un sorriso perché chissenefregasenonèdimolteparole: lo era lui – lei? – per entrambi!
    «Ok. Dipende.» Con un colpo di reni (di cui si pentì l'istante successivo), si tirò su dal bancone e assunse una posizione semi seduta. 🕯
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    (/lascialo/, disse sara. /I think not/ disse il prayer circle.) (Moving on.)
    «de qué depende si schiarì la gola, «de según come se mire todo depende» bacino al cielo, ciao Pau, ciao Jarabe de Palo. Ma tornando seri – ah, vero: è di Wren che stiamo parlando, non c'è mai nulla di "serio" con lui. Tornando a noi, sembra più appropriato. «Da cosa dipende? Possiamo venirci incontro e trovare un accordo e -» «ma prego, stupiscimi» «- ah okay ti convinci in fretta, bello, mi piaci Gli piaceva veramente!! Era al centoventi percento sincero!!
    Gli sarebbe piaciuto lo stesso anche sapendo che quella di Jamie era tutta una farsa? Una maschera appositamente creata per rendersi piacevole al mondo e niente più? Beh... – perché Wren era così. Semplice. E non avrebbe nemmeno cercato di convincerlo a vivere una vita più onesta perché !! ognuno doveva sentirsi libero di vivere come voleva, a m e n.
    Senza pensarci due volte, prese le patatine e strinse la carta plastificata tra i denti, affinché gli rimanesse una mano libera; poi afferrò il frappè e infine, senza preoccuparsi di (poter perdere una mano o tutto il braccio) chiedere il permesso, prese lo sconosciuto per la manica del giacchetto di pelle e lo trascinò lontano dal bancone, in un angolino più appartato del Wizburger. Il sospiro di gratitudine del commesso, che nemmeno ci provò a essere discreto, fu la colonna della loro uscita di scena.
    «Non possiamo farlo davanti a tutti,» una spiegazione sussurrata a voce bassa, con un Wren in punta di piedi per avvicinarsi il più possibile all'altro, «è una cosa che potrebbe urtare la sensibilità altrui. Meglio un po' di privacy.» Fece svettare entrambe le sopracciglia, alte verso la fronte, in un'espressione che cercava chiaramente complicità nello sguardo chiaro dell'altro. «Cioè se dipendesse da me, lo farei ovunque eh!» a mani basse, valido per entrambe le cose, «sono per la liberté, mon frère, ognuno dovrebbe fare quello che vuole, dove e quando vuole.» Che, a detta sua, il mondo avrebbe funzionato ventimila volte meglio senza tabù e oppressioni – ma, duh, poteva anche sbagliarsi.
    Lasciò lo sguardo indugiare qualche altro istante sulla figura (alta!!!! e) muscolosa del tipo e – «ma come ti chiami.» le priorità!! «Io sono Wren.» Era Wren? Mh. «La doppia vvù è muta.» Allargò il sorriso e riprovò. «piacere.» Avrebbe allungato una mano per stringerla con l'altro, se solo ne avesse avute di libere: invece una stringeva ancora il frappè; l'altra, quella con cui l'aveva guidato in quell'angolino, adesso stringeva saldamente il pacchetto di patatine. Osservandole, si rese conto di una cosa. «Ho un problema logistico.» Ovvero: non poteva prendere le patatine, per poi inzupparle, perché non aveva mani libere.
    Lo sguardo che rivolse a Jamie (dai, ti sei presentato nel frattempo??) fu quasi poetic – tanto quanto risultò sperduto. «Non ho mani libere. Dovrai fare tu per entrambi.» Gli pareva una soluzione ragionevole.
    «Ma quindi – lo esci o no?!» perché stava ancora aspettando di vedere la sorpresa, lui!
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    «sai cosa» No. Non lo sapeva Jamie Hamilton, occhi scuri a seguire i movimenti della ragazza come fosse stata una mosca a sbattere ripetutamente le ali contro i vetri della finestra, e di certo non lo sapeva Sara, perchè questa role non ha senso e queste interazioni non hanno senso e ti voglio proprio bene pandina mia. Umettò le labbra, un'espressione corrucciata - e legittimamente dubbiosa - mentre la sconosciuta cercava di trascinarlo ...da qualche parte. Evidentemente non aveva un gran senso (punto) della sopravvivenza, perchè quando mai qualcuno obbligava Jameson Black Barrel Hamilton a fare qualcosa? Non dovette neanche puntare i piedi per terra per resistere, limitandosi a bloccarsi al centro della stanza e ad osservarla, lievemente divertito, fallire nella propria impresa. «Non possiamo farlo davanti a tutti, è una cosa che potrebbe urtare la sensibilità altrui. Meglio un po' di privacy.» Le diede l'unica risposta che a quel punto meritava, perchè seguire i trip di una ragazzina in fattanza era divertente solo fino ad un certo punto - un punto che aveva già raggiunto con la mera esistenza di Callie Jackson e Melvin Diesel nella propria vita; aveva già pagato i suoi debiti. «no.» così, senza dover esplicitare a cosa quel no si riferisse; a tutto. No, non gli interessava urtare la sensibilità altrui; no, non l'avrebbe seguita in angoli nascosti del Wizburger, indipendentemente da quale segreto avrebbe fatto uscire dal proprio cappello; no. E basta. Si scrollò la fanciulla di dosso con meno gentilezza di prima, perchè Jamie Hamilton was that bitch, sorridendo educato e privo di calore. «senti, ren» battè le palpebre, capo reclinato sulla spalla dopo essersi subito un rant senza capo nè coda riguardante la libertà e la mancanza di mani. «hai tre opzioni: posso darti un passaggio a casa» alzò l'indice, guardandola attentamente ed assicurandosi che lo stesse ascoltando, perchè gli pareva una che si distraesse facilmente ed a lui non piaceva ripetere. «posso portarti al ministero come soggetto causante disturbo alla quiete pubblica» e con quiete pubblica, si intendeva la sua. Probabilmente non avrebbe neanche potuto trattenerla, ma non significava che fosse una minaccia vana: sicuramente qualche collega a cui era toccato il turno notturno, si annoiava abbastanza da trovare qualcosa per cui prolungare il fermo - o comunque, avrebbero avuto un paio d'ore di intrattenimento gratuito. «oppure.» fece spallucce, non specificando quale fosse la terza opzione. Era ramificata, quell'opzione lì, ma ogni differente alternativa aveva un punto in comune con le altre: a Ren non sarebbe piaciuta.
    Oppure le sarebbe piaciuta un po' troppo. In ogni caso, risolveva i problemi del cronocineta.
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    Quando Will: «sai cosa»
    Allora Wren (being Wren): «cosa?»
    Aria angelica e ciglia a sfarfallare in maniera del tutto pura e casta perché sapeva tenerlo nei pantaloni, ogni tanto: ma era genuinamente curioso di sapere cosa ― tutto quel silenzio stava creando una certa aspettativa nel geocineta. Dondolò sui talloni, patatine e bibita ancora stretti nelle manine che, delle originali, avevano solo le unghie rovinate e le pellicine tirate; per il resto erano sconosciute, poco familiari, strane. Chissà cosa erano in grado di fare, quelle mani (cooosa?cosa.)
    Scuotendo leggermente il capo, per liberarsi da quei pensieri, tornò a guardare l'altro che, nella sua irremovibilità, sembrava ancorato al pavimento come i tavolini bullonati. Allora Wren gli ripeté che non potevano mica farlo davanti a tutti, era una cosa particolare... cioè, per esempio: non avrebbe mai, MAI, cucinato la carbonara con la panna (punto.) davanti ad uno dei Linguini, andiamo, era una persona rispettosa lui!!!! Non voleva urtare la sensibilità di nessuno nemmeno quella notte.
    E invece: «no.» impossibile non mettere il broncio di fronte a tanta spaccagioiosità. «Ma.... hey :c» Chissà se c'era margine per convincerlo e farlo cedere.
    (Spoiler: no.)
    «senti, ren» E si mise a sentire, labbra strette attorno alla cannuccia e un rumoroso *sluuuuurp* a fare da colonna sonora alle parole del moro. «hai tre opzioni» uUuUuUuUuhhhhhh interessante!!!!!! Sperava fossero almeno opzioni diventi!!!! DAJE !!!! Lo sguardo si fece improvvisamente lucido, una scintilla brillante ad illuminare gli occhi scuri. Era tutt'orecchie.
    Chissà se le opzioni erano un po' come le ipotesi.
    (Spoiler: di nuovo, no.)
    Opzione uno: «posso darti un passaggio a casa» ew, no. CASA??? Non aveva voglia di andare a casa. ERA PRESTO!! LA NOTTE ERA ANCORA GIOVANE!!!! Storse il naso per mostrare il suo disappunto, le labbra a piegarsi verso il basso perché era: ferito. Come poteva anche solo pensare di suggerire una cosa del genere !! K TRISTEZZA !!!!
    Opzione due: «posso portarti al ministero come soggetto causante disturbo alla quiete pubblica» *GASP* mano sul cuore (con tutte le patatine ad ungere la maglia, lasciando strisce di sale laddove venivano a contatto con la maglia già in condizioni pietose. «you could never» e invece, pensa un po', poteva e come. Ma Wren era troppo (fatto) ottimista per poterci credere sul serio. Alleggerì lo sguardo, rendendolo un po' più malizioso. «A meno che non sia una frase in codice per intendere qualcosa di più... piccante» che c'è, JD non era l'unico con il kink delle manette, duh: finché non diventava troppo manesca, e rude, la situazione, Wren ci stava al mille percento.
    E invece no, non era nemmeno una proposta alla Christian Grey :c mannaggia. Era proprio serio: l'avrebbe trascinato al Ministero se avesse continuato ad importunarlo con quella storia delle patatine. UFF.
    Opzione tre: «oppure.» ECCOCI QUI. FINALMENTE !!!
    Drizzò le spalle e le orecchie, attento all'ultima opzione che doveva essere per forza più allettante delle altre (non ci voleva molto.)
    Dopo interminabili secondi di silenzio, durante i quali il moro non sembrava intenzionato a specificare alcunché, fu Wren a parlare, domandando in un sussurro «oppure...?» Cos'era tutto quel mistero, non poteva dirlo e basta?!?! CHE POI!!!! Tutto quello per dire che........ cioè............ davvero........... Stava rifiutando di assaggiare la patata?!?!? Ma come si poteva. ASSURDO.
    Abbassò le spalle, Wren, accettando quella sconfitta amara come il fiele.
    Okay, va bene: erano gusti. SBAGLIATI, ma erano gusti. Non tutti potevano riconoscere il piacere nelle piccole cose, L'ORIGINALITA', l'inventiva!!!!!
    E Wren non avrebbe forzato la patata su nessuno.
    Accettò suo malgrado il rifiuto, sfilando una patatina dalla confezione, tirandola via direttamente con i denti – le mani ancora occupate a reggere cibo e bibita. Se non la voleva lui, ne rimanevano di più per Wren,tiè. La inzuppò dunque nel frappè, avvicinando il bicchiere al viso e imitando Picchiarello con gesti ritmici del capo, inzuppando la patatina il meglio possibile; poi, testa reclinata all'indietro e fauci spalancate, la mise tutta in bocca, lasciandosi sfuggire un gemito soddisfatto. POESIA. Avrebbe trovato una persona che, come lui, apprezzava quei lampi di genio (CIAO TROY DOVE SEI).
    Solo alla fine, sentendolo parlare di nuovo, riportò l'attenzione sul tizio. «tutte e tre le possibilità portano con sè un happy wiz tutto tuo. questo è prenotato» «awww grazie» che carino, che gentile !! offrirsi di comprargli un HappyWiz awww ma in realtà «sto bene così» nessun panino con triplo bacon avrebbe mai potuto superare patatine e frappè alla fragola.
    E poi, aveva già mangiato abbastanza, persino la fame chimica sembrava aver raggiunto la sazietà con quegli intrugli da fastfood.
    «Però accetto volentieri quel passaggio, se ti va» Sapeva riconoscere una battaglia persa quando ne (viveva) vedeva una, non era mica così scemo. E se l'altro non voleva condividere il piacere con Wren, il geocineta non avrebbe insistito.
    E POI !!!! Mica doveva farsi portare per per forza a casa, no? Avrebbe scelto una meta lungo il tragitto.
    «*sluuuurp* *sluuuurp* *sluuuurp* posso finire queste mentre andiamo?»
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    nonsense. come piace a noi.
    per me la possiamo considerare chiusa sdfghjkl
     
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6 replies since 12/10/2021, 22:32   258 views
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