Tira cchiu nnu Linguini...

Halley

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    AAA CERCASI BONGUSTAI* PER DEGUSTAZIONE DI LINGUINI
    Sei spicy come un bel piatto di aglio e olio? Sei frizzante come la tramontana?
    Ami la famiglia e le tradizioni?
    Nella carbonara metti solo il guanciale?!?
    HO IL LINGUINI CHE FA PER TE.
    No puttanesca. Provare per credere.

    Madama Piediburro - 30 Agosto 2021 dalle ore 09:00


    Aveva fissato il messaggio con un certo moto di orgoglio, prima di attaccarlo in ogni singolo spazio libero della bacheca di Hogsmeade… e di quella a Diagon Alley… e di Madama Piediburro… e di pubblicarlo in uno dei trafiletti dei giornali locali della comunità magica. Doveva fare le cose in grande, non solo per dimostrare quanto ci tenesse ai suoi cugini e alla loro virilità - per così dire -, ma perché sapeva che quella sarebbe stata un’impresa titanica.
    Si era lasciato aperte due strade, due possibili alternative, per quella che sarebbe stata la selezione dell’anno: da un lato c’era Gigio, il cugino polentone, un po’ strano, che ciabattava per casa a ritmo di “va’ pensiero” e che deliziava tutti con le sue camicie a fiori, rigorosamente lasciate aperte sul petto per far vedere a tutti la catenina d’oro di famiglia. Milanista - meglio che francese -, sempre a un passo dall’ecatombe calcistica, viveva le partite con accanto un defibrillatore perché le gioie, i goal e le botte di culo non erano frequenti in casa Milan; dall’altro lato Lollo, a mani basse uno dei suoi cugini preferiti, capo ultrà, la Roma era più una fede che una squadra di calcio, orgoglio di Nonno Lino - che ha tifato 50 squadre diverse, ma quel piatto d’amatriciana gl’era rimasto comunque nel cuore (mica scemo) - e frequentatore accanito appassionato della curva sud. L’unico problema era l’età: troppo grande per le pischelle di Hogwarts ed era questo il motivo per cui si preoccupava della sua fedina penale. E ok che ogni buco poteva essere trincea, ma non voleva limitare le scelte del cugino a quelle dei 17 anni in su, per questo doveva sistemarlo prima. Gigio era più facile, certo, ma al contempo era… speciale. Giacché si era messo d’impegno per uno, poteva tranquillamente sondare il terreno anche per l’altro. I requisiti base erano gli stessi: doveva piacere a lui in primis, perché - modestia a parte - era uno che ne capiva. Non aveva passato gran parte della sua vita a schivare gli zoccoli di nonna senza imparare nulla! Poi doveva essere una persona allegra, schietta e possibilmente con un gran senso dell’umorismo. Doveva lasciare al cugino di turno i suoi spazi, come ad esempio i mesi estivi a Canosa da passare con la famiglia, e non doveva lasciarsi intimidire da una baraonda di zie pronte a spettegolare e a tirare le guance di chiunque gli capitasse a tiro.
    Non era poi così difficile, vero?
    E invece no.
    Era arrivato da Madama Piediburro con tutte le migliori intenzioni: il tempo di un caffé, si era detto. Quello del sud, eh, mica quello del nord che si prende in piedi al bancone tra una fattura e l’altra! Bisognava degustarlo,tra una chiacchiera e l’altra, godendosi il momento. Solo che il suo caffé era diventato un americano. Un incubo.
    Per un attimo - di circa 3 ore - aveva pensato di non farcela. Di mollare tutte le pretendenti e di andare via, saldando il conto e sparendo nel più breve tempo possibile da ogni radar.
    Non trovava nessuno all’altezza di Gigio e Lollo. E stiamo parlando di Gigio e Lollo, appunto, non dei principi d’Inghilterra. Possibile che le ragazze inglesi fossero tutte così… sciape? Che anche i ragazzi non avessero senso dell’ironia? Minchia se aveva ricordato a tutti chi erano i campioni dell’Europeo, ma nessuno aveva colto il suo poco sottile umorismo. Sarebbe dovuto tornare in Italia, magari non a Canosa, se lo sentiva. Addirittura a Bei Bastioni c’erano francesi - ew - più interessanti di quella desolante accozzaglia di persone che si era presentata quel giorno. E ok, poteva aver messo da parte due contatti per dopo ma… per una botta e via? Niente di ché, capito?
    Aveva lasciato i galeoni in cassa e, prima di andar via, era tornato al suo tavolo per smontare il discreto cartello “LINGUINI” che aveva appeso al muro. Sistemò la canotta, rigorosamente bianca, e nel prendere le sue cose si rese conto della presenza di qualcuno alle sue spalle.
    Senza voltarsi, perché ne aveva le palle piene quel giorno di sorrisi affettati e di scones alla marmellata, fece quell’unica domanda che sarebbe valsa alla nuova arrivata, o al nuovo arrivato, tutta la sua attenzione: “Se sei qui per l’annuncio, mi sai dire cos’è un fuorigioco?”

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    Riusciva a sentirlo nell’aria, Halley Oakes. Lo aveva avvertito sui polpastrelli, al contatto con le confusionarie tracce d’inchiostro lasciate sulla pergamena affissa davanti ai suoi occhi. Lo aveva percepito con ogni fibra del suo essere, prima di passarlo al vaglio del neurone tristemente solitario (dal momento che Will non era lì a darle manforte) che regolava le sue scelte di vita. Ed era giunta a una conclusione – l’unica possibile, quando veniva attraversata da quel brivido premonitore: «È un messaggio in codice» ancora? Sempre.
    Dopotutto, bastava fare 1 + 1 (+ 2 - 1 + 0): chi organizzava una degustazione di linguine in Inghilterra, da Madama Piediburro, alle 9 del mattino?
    Era quantomeno sospetto. Forse non per tutti, certo. Forse soltanto per chi, come lei, possedeva quella rara capacità di (trascendere, travisando anche ciò che era impossibile travisare) leggere tra le righe. E aveva fatto le cose per bene, quella volta. Aveva persino provato a dare ascolto alla sua Hunter-coscienza, fermandosi a riflettere per istanti che le erano sembrati interminabili e sollevando obiezioni alla sua stessa tesi. E, sì, non avrebbe potuto escludere che alcuni connazionali avessero deciso di abbandonare le loro discutibili abitudini alimentari per abbracciare quelle di paesi differenti. Ancora, non essendo un’assidua frequentatrice di quel locale magico – si limitava ad associarlo a merletti, tappezzeria dai colori pastello, coppiette intente a tubare e cerimonia del tè – non avrebbe potuto scartate l'idea che la crisi economica li avesse colpiti a tal punto da ampliare i loro orizzonti. Infine, non avrebbe potuto questionare neppure sull’improbabile orario scelto per consumare quel pasto dal momento che non era raro vederla accompagnare una tazza di latte con uno spicchio di pizza avanzato dalla cena precedente. Tuttavia, le considerava osservazioni di poco conto, troppo deboli per scalfire la sua intuizione.
    Lasciò che le iridi ripercorressero le poche frasi impresse sul misterioso annuncio, impedendo al seme del dubbio di attecchire e distoglierla dall’idea che l'autore stesse reclutando qualcuno – sebbene al momento non riuscisse a coglierne la ragione.
    Sei spicy come un bel piatto di aglio e olio?
    Spicy come piccante? Che si trattasse di un giro di prostituzione? Nah, aveva già battuto quella pista (non letteralmente) quando aveva incontrato Costas vestito da lecca lecca e si era convinta di doverlo salvare da una rete di ricatti che esisteva solo nella sua mente. E poi, sarebbe stato troppo semplice, no? Forse avevano bisogno di qualcuno che passasse inosservato; qualcuno apparentemente anonimo, appunto, come un piatto di pasta con aglio e olio.
    Sei frizzante come la tramontana?
    Non era sicura di conoscerla, quella particolare corrente. Veniva da su– nord? Non lo sapeva. Era… calda? Fredda? Irrilevante, non comprendere una singola frase non l’avrebbe certo portata fuori strada (più di quanto non stesse già facendo inconsapevolmente).
    Ami la famiglia e le tradizioni?
    Erano un clan, ovvio! E le avrebbero chiesto una prova della sua fedeltà, qualcosa di estremamente pericoloso per dimostrare di essere in grado di mantenere segreti scomodi e di essere disposta a sacrificarsi per gli altri membri del gruppo.
    Nella carbonara metti solo il guanciale?!?
    No, beh, lei non cucinava. Non perché sentisse il bisogno di smontare l'immagine della donna relegata ai fornelli (ok, avrebbe anche potuto), semplicemente non ne era in grado. Sarebbe stata capace di dimenticare le pietanze nel forno, di sciogliere i manici delle pentole o di dare fuoco all'intero edificio nel giro di pochi istanti. Lasciava che fosse Hunter (o i Losers) (o il cibo in scatola, quando era da sola) a provvedere al suo nutrimento.
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    Chiaramente dovevano esserci molte posizioni vacanti e questo le avrebbe offerto maggiori possibilità di infiltrarsi nella banda e (capirci qualcosa) carpirne i segreti.
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    Era un "no perditempo", condito da un pizzico di volgarità e una minaccia finale? Ancora, non ne aveva idea, ma vibrava all'idea di scoprire cosa si nascondesse dietro quella proposta. E poi, non aveva nulla di meglio da fare quel giorno.
    Una volta varcata la soglia del locale, si guardò attorno alla ricerca di elementi che si discostassero dall'immagine che la sua mente aveva costruito di quel posto; di qualcosa che stonasse con la stucchevole atmosfera da eterno San Valentino e che la guidasse verso l'origine dei suoi sospetti. Origine che individuò in un ragazzo in canotta, intento a raccogliere le sue cose, che non fece neppure lo sforzo di voltarsi prima di spiazzarla con un'unica domanda «Se sei qui per l’annuncio, mi sai dire cos’è un fuorigioco?» sul serio? No, dai, «Sul serio?» quanti maghi decidevano di ignorare il Quidditch e di seguire il calcio? E quanti, tra loro, potevano dire di conoscere davvero quella regola apparentemente banale? Pochi, pochissimi. Dunque, era proprio la conferma che l'ex-grifondoro aspettava. «Certo che lo so» sono una tifosa dell'Arsenal e vado a sperperare i miei pochi galeoni allo stadio, faccia un po' lei. «In generale, un calciatore è in fuorigioco quando, al momento del passaggio di un compagno, si trova oltre la linea del pallone o di difesa avversaria. Così» armeggiò con le prime cose che le capitarono sottomano, prima di proseguire «Le due bustine di dolcificante sono in squadra insieme. Quelle di zucchero di canna sono portiere e difensore. Quello classico è il pallone.» non poteva rischiare di fallire l'unica occasione che le era stata concessa, doveva dimostrargli di aver compreso a fondo quel meccanismo e di non aver scelto di ripetere una risposta imparata a memoria – come "il settore terziario è sviluppato grazie al turismo" o "si coltivano barbabietole da zucchero". Si limitò a simulare due azioni di gioco, quella più classica e quella del due contro uno, aggiungendo poi che «Ovviamente ci sono una serie di eccezioni, di cui possiamo parlare davanti ad una birra» attenzione: era, sì, abituata a insolite colazioni, ma erano trascorse tre ore dall'orario dell'appuntamento – non era un'alcolizzata, era soltanto arrivata a ridosso del pranzo. E poi, il suo interlocutore non gli sembrava tipo da dedicarsi a quella cerimonia così cara al popolo inglese. «Oppure no, ma l'offerta rimane valida. Ammesso che qui vendano qualcosa di diverso da tè e biscotti.»
    Allungò la mano nella sua direzione e gli sorrise, sperando di aver attirato la sua attenzione quel tanto che bastava per proseguire l'indagine. «Halley, piacere.»
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    Il mix di emozioni che colpì l’italiano fu talmente repentino, che quasi non si rese conto di aver provato tante cose, tutte insieme. Era partito con l’intento di sollevare gli occhi al cielo quando la voce femminile aveva pronunciato quel certo che lo so che, date le disavventure del giorno, poteva essere falso tanto quanto il rigore dato all’Inghilterra alla fine del primo tempo supplementare contro la Danimarca. Una vera e propria beffa, considerando quanto i maghi inglesi fossero fanatici di Quidditch e quanto investissero nello sport. Quindi, morse la lingua per non corredare il tutto con un no cocca, non è quando la palla esce fuori dal terreno di gioco. Le sue povere orecchie erano state già torturate abbastanza, tanto che aveva iniziato ad apprezzare il potere di Giacomino di doppiare le conversazioni nella sua testa. Ok, poteva essere anche quello più figo, intelligente, fashion, simpatico e divertente dei cugini, ma a volte quel fardello diventava quasi intollerabile e non riusciva a sopportare il peso della responsabilità di trovare qualcuno di adatto a loro.
    Poi, poi, troppo gentile per interrompere la ragazza - nonna lo aveva educato comunque secondo i sacri valori e principi del profondo sud -, la svolta.
    Si girò prima sorpreso, poi incredulo, perché la biondina non stava recitando a memoria una regola del calcio, ma la stava mettendo in pratica davanti ai suoi occhi. Infine, era euforico. Era già pronto a chiederle di spiegarle il “catenaccio”, ma aveva superato brillantemente quella prova che la fissò qualche istante a bocca aperta, le iridi scure che andavano dal dolcificante al volto della ragazza, il sorriso da stregatto che gli illuminava il volto.
    Aveva appena nominato anche birra ed eccezioni? Il suo cuore probabilmente non avrebbe retto.
    Spalancò le braccia e fece un passo avanti verso la ragazza, prima di stritolarla al suono di “Chi sei??? Dove sei stata tutto questo tempo?” Si asciugò platealmente una finta lacrima dal viso, e prese la testa della sconosciuta tra le mani. “Che stadio hai frequentato?” Prima di stamparle un bacio sulla fronte, dando già la sua parziale benedizione alla ragazza.
    “Tutte le birre che vuoi!” Esclamò facendo un cenno alla signora dietro il bancone, sicuro avesse origliato tutta la conversazione. “Non so cosa servono qui, ancora non abbiamo aperto il bar dello sport – te lo consiglio sarà una vera figata – ma se portano un altro piattino di cupcake mi sento male.”
    Fece cenno alla ragazza di sedersi, andando poi a sistemarsi davanti a lei, il braccio abbandonato sullo schienale. Sembrava davvero quella giusta, aveva quel qualcosa che gli faceva credere potesse dare del filo da torcere ai cugini e questo non poteva che andare a suo vantaggio.
    “Io sono Ezra, italiano, nonché neo campione d’Europa, ma non siamo qui per parlare di me e dei nostri successi calcistici.” O, meglio, potevano farlo, ma dopo, quando si sarebbe fatto un’idea ben più chiara su quella che sembrava essere la candidata ideale, fin troppo perfetta. Magari aveva alle spalle qualche omicidio, ma chi era lui per giudicare? Gli aveva appena descritto perfettamente un fuorigioco! “Raccontami di te, sono curioso! Cosa ti ha spinto a seguire il calcio? E, soprattutto, cosa preferisci: cannellone o lasagna?”

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    Rimase in attesa, Halley – il cuore in gola e lo sguardo puntato sulla schiena dello sconosciuto. E non dovette aspettare a lungo prima di capire di aver fatto centro: lo intuì dall’espressione piacevolmente sorpresa del ragazzo, se ne convinse mentre un raggiante sorriso si allargava sul suo volto e ne ebbe la definitiva conferma quando si ritrovò con il viso contro il petto del moro e un bacio stampato sulla fronte – un gesto sorprendente persino per chi, come lei, aveva da sempre sovrastimato e superato i confini degli spazi personali altrui. Ma non poté fare a meno di sorridere, elettrizzata dalla consapevolezza di aver passato la selezione iniziale.
    «Diversi, in Inghilterra» una risposta del tutto onesta dal momento che lei e Hunter avevano speso i pochi galeoni guadagnati nel corso degli anni – e non destinati alle spese mediche di Halley – per sostenere la loro squadra del cuore; avrebbe voluto approfondire il discorso, aggiungere «ma l’Emirates è casa» – in cui versare fiumi di lacrime come una grande famiglia temprata dalla costante sofferenza –, tuttavia, preferì restare sul vago per evitare di far emergere pericolose rivalità sportive e vanificare il vantaggio ottenuto fino a quel momento. «Ci verrò volentieri!» nel fantomatico bar dello sport che altro non poteva essere che il nome in codice del quartier generale della banda in cui stava cercando di infiltrarsi. «Ad Hogsmeade? Diagon Alley? Dirò di conoscere...» occupò la sedia indicata dal ragazzo e lasciò la frase in sospeso, in attesa di ricavare informazioni che non tardarono ad arrivare. «Io sono Ezra, italiano, nonché neo campione d’Europa, ma non siamo qui per parlare di me e dei nostri successi calcistici.» «Oh,» no. Doveva restare calma. Doveva fingere di non essere minimamente toccata dalla presenza di un tifoso della squadra che aveva avuto l’ardire di infrangere i sogni di gloria di milioni di inglesi, convinti che quella maledetta coppa sarebbe finalmente tornata a casa. Soprattutto, non doveva farsi tradire dai suoi pensieri e rimuginare su quell’errore dal dischetto: si trattava di un episodio che lei, Hunter e tutti i gooners avevano accuratamente archiviato in un remoto angolo della mente. «e cosa ti ha spinto a venire qui da noi, se posso?» ovviamente creare un nuovo giro d’affari fuori dal suo paese d’origine. Sorrise, tentando di mostrarsi sorpresa dall’aver incontrato un italiano e non profondamente ferita da quel tuffo nel viale dei ricordi, e ne approfittò per mandare giù un sorso della birra che le era appena stata servita.
    «Parlarti di me?» ed ecco che si entrava nel vivo del reclutamento. «Sono cresciuta a metà tra mondo magico e non» insieme a mio fratello, ma non poteva certo rischiare di esporre Hunter senza avere alcuna idea del pericolo cui stava andando incontro. «E mi sono fatta le ossa fin da subito» espressione con cui intendeva, letteralmente, che aveva avuto fratture di ogni genere per colpa dello skateboard o, più in generale, di alcuni comportamenti sconsiderati, ma sperava di aver dato l'idea di saper sopravvivere alla dura legge della strada. «Diciamo che mi sono avvicinata al calcio prima che al Quidditch. Sono – avventata? Impulsiva? Forse, ma non erano certo le prime voci che avrebbe inserito all’interno di un ipotetico curriculum. Doveva mostrarsi duttile – anche perché non aveva assolutamente idea di quale sarebbe stato il suo ruolo all’interno della banda – e, allo stesso tempo, evitare di fargli credere di avere conoscenze talmente vaghe da poter essere facilmente rimpiazzata da un altro candidato. – stata anche una cacciatrice, nei grifondoro.» poche parole per nascondere gli aggettivi precedenti dietro i valori di lealtà e coraggio di cui si fregiavano i rosso-oro. Inoltre, aver fatto parte di una squadra, presupponeva che la giornalista fosse in grado di lavorare in gruppo e rispettare le regole – e non sarebbe stata lei a confessare quanto, invece, fosse incline all'infrangerle. «Tu giochi?» regola numero uno di ogni manuale sull’arte della guerra – che non aveva letto, ma era piuttosto sicura che si partisse sempre da lì –: conosci il tuo nemico; non doveva farsi ingannare dal bell'aspetto, dall'età o dall'atteggiamento incredibilmente amichevole. «Poi, beh, mi piace l'arte» contraffazione e falsificazione, magari? Giusto per aumentare l'aura di mistero attorno alla sua figura. «E la musica, suono il basso!» ok, quello era soltanto per vantarsi tra le righe della sua band, doveva ammetterlo. «E–» «E, soprattutto, cosa preferisci: cannellone o lasagna?» in che senso? che avrebbe dovuto rispondere? La finta degustazione faceva da copertura al reclutamento, ma avrebbero davvero usato il cibo per ogni metafora? Non era così brava con i messaggi in codice. «Mi piacciono entrambi» e questo valeva tanto per il significato strettamente legato al cibo quanto per quello alternativo, di cui l’Oakes non era a conoscenza. «Dovendo scegliere, preferisco la lasagna»
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    Ci fu un battito di ciglia di troppo alla risposta della ragazza, prima che una risata iniziasse a scuotergli leggermente il petto e una mano a battere leggermente sulla spalla della ragazza. “Proprio come Lollo…” si lasciò sfuggire quasi come un moto d’orgoglio a quell’apparente incapacità di distinguere una domanda retorica da una che necessitava effettivamente una risposta. Poi, una volta seduto, mise nuovamente sul tavolo la sua piuma magica prendi-appunti, quella delle grandi occasioni, nonché spesso utilizzata a turno dai cugini quando dovevano falsificare un certificato medico, una firma o un permesso random per uscire e aizzare la guerriglia urbana nelle città francesi, troppo perbene e snob – e francesi, appunto – per poter farsi sfuggire l’occasione di sfotterli e insultarli dopo una cocente sconfitta. I Linguini erano così, gente di mondo. L’unico difetto di quella Piuma, è che era stata acquistata nel basso Salento e che denotava un certo livello di patriottismo: non riusciva a scrivere in dialetto barese. L’avevano anche incantata per modificare la sua natura ma… niente, ogni tanto tornava alla sua “lingua originale”, in un mix di idiomi ancora più incomprensibile, ma era proprio quello il punto quando non si vuole far capire ai presenti cosa si sta scrivendo. E lo vide il guizzo nell’inchiostro dopo aver squadrato la biondina da capo a piedi, meditando anche lei se le vibes della ragazza le andassero a genio o se fosse il caso di riempirla di insulti.
    Ce tip’! fu il primo commento che vide scritto, ma era ancora fin troppo neutrale e, sicuramente, non poteva lasciarsi influenzare da una piuma con un certo livello di personalità.
    “Hogsmeade! Sicuramente ci sarà a breve l’inaugurazione: cibo e alcol gratis, partite su tutti gli schermi, una replica della Coppa dei campioni d’Europa da mettere bene in vista… il solito!” Gin doveva essere davvero fiera di lui! Le aveva appena procurato la prima – di una lunga serie - di clienti e non aveva neanche dovuto tramortirla! O rubarle l’orologio per mettere poi un annuncio sulla bacheca della cittadina per dirle che era stato magicamente ritrovato e che la restituzione sarebbe stato proprio il bar della cugina. Anche perché il suo era un piano ben più grande e a lungo termine… che rischiava comunque di vacillare e andare in frantumi prima del previsto. Non gli era sfuggito l’oh di Halley alla sua prima provocazione e, ovviamente, la menzione al trofeo da esporre era un ulteriore piccolo test per valutare e analizzare i livelli di sopportazione della ragazza. Erano nove cugini solo quelli che avrebbe dovuto gestire in Inghilterra, senza contare quelli piccoli, gli zii, le comari del paese e, soprattutto, nonno Lino, il re di tutte le tifoserie. Capiva che non era una posizione adatta a tutti, ma confidava nel fatto che la ragazza potesse essere abbastanza spigliata da tener testa a qualche Linguini, non contemporaneamente si intende, nonché papabile figura da accostare a quei due bei uagliò!
    Avvasce la creste! Qui le domande le faccio io.” ovviamente non poteva. C’erano cose che avrebbe scoperto col tempo e i motivi che avevano spinto i Linguini a emigrare in Inghilterra rientravano tra queste. Non che bisognasse essere degni, quanto pronti ad accogliere livelli non indifferenti di caos, drama, cameratismo e lealtà incondizionata nei confronti della propria famiglia. “Non vorrei farti scappare subito.” Aggiunse con un mezzo sorriso di chi sa che è roba per stomaci forti e con un’apertura mentale tale da giustificare anche l’ingiustificabile. Non erano una famiglia mafiosa, lungi da loro l’incarnare lo stereotipo di mozzarella, pizza e mandolino (ma solo perché probabilmente nessuno di loro sapesse cosa fosse un mandolino), o lasciarsi teste di cavallo sui letti come monito (era più probabile Gin mozzasse la testa di Lollo e la impalasse fuori il Bar dello Sport), ma per viverli a pieno bisognava possedere un certo quantitativo di attributi (oltre ad odiare Lapo, capire che Gigio doveva essere perculato almeno 3 volte al giorno per sgonfiargli l’ego, che ogni tanto un pugno a Remo andava tirato, che Giacomino doveva essere supervisionato fosse ancora con loro, etc.) e voleva capire se la ragazza fosse pronta a questo tipo di sfide.
    “Interessante… è per questo che sei appassionata di calcio? Che squadra tifi?” Si informò come se la fede calcistica non fosse una questione di stato in casa Linguini. “Simpatizzi qualche squadra italiana?” Così, per capire se doveva cercare più punti in comune con l’uno o l’altro dei suoi adorabili casi umani. “Intendi che hai sofferto molto, sportivamente parlando, o che sei cresciuta a suon di partitelle di quartiere? Torello? Squadre miste? Femminili?” Spostò lo sguardo sulla piuma che aveva appena finito di scrivere un entusiasta Ce cos’! prima di ritornare a fissare Halley, mormorando un sentito “Interessante…” e picchettandosi con le dita sotto il mento. “Grifondoro… quindi non sei un palo in culo. Buono a sapersi.” Non conosceva altri studenti di Serpeverde, ma gli bastava sapere che ci fossero finiti Lapo e Gigio per inquadrare i soggetti e il tipo di personalità che poteva popolare quella Casata (ok, ci stava anche Crez, ma lei le stava simpatica! Soprattutto quando perdeva qualche scommessa); senza contare che i meglio erano tutti Grifondoro: lui, Lollo, Remo e Lux. Ci sarebbe finito anche Giacomino, dai! Non avrebbero lasciato che finisse da solo in altri posti, se solo non fosse stato Special. “L’anno scorso abbiamo rapito Aidan, non so se mi spiego, anche lui giocava a Quidditch! Cercatore, ma immagino tu lo sappia già! Un tipo molto simpatico, soprattutto dopo l’ottava media!” Portò la schiena all’indietro, ripercorrendo le folli notti estive in quel di Canosa, dove il licantropo aveva mostrato la sua vera natura. Si può anche essere polentoni che vivono più a nord del nord stesso ma il sud… il sud ha il sole che ti scalda il cuore: bastano pochi giorni per sciogliersi e dimenticarsi di tutto il resto.
    “Centrocampista, se parliamo di calcio, Cercatore per quanto riguarda il Quidditch.” Anche se, a dirla tutta, preferiva giocare con palle decisamente più grosse, ma alla ex Grifondoro non era dato saperlo.
    “Ah, a girl of culture as well!” E se solo avesse saputo a che tipo di arte si riferiva la ragazza, probabilmente avrebbe iniziato a ponderare l’idea di darsi seriamente al crimine organizzato: lui aveva la mano lesta e lei poteva confondere gli acquirenti, nonché propinar loro fuffa, a gettare fumo negli occhi ci avrebbe pensato lo stesso Ciruzzo; gli anni passati per strada finalmente avrebbero potuto fruttargli qualcosa. Ma non fu quello il dettaglio che lo colpi di più, quanto la frase successiva. Gli si illuminarono gli occhi – di nuovo – davanti a quella nuova informazione! Sort de perchia!, ci tenne a sottolineare la piuma. “In una band? Che musica preferisci o quale ami suonare?” Domandò con rinnovato entusiasmo. “Anche io suono! Meglio, canto. Peccato che il basso è già preso, o il posto sarebbe stato tuo.” De core, senza provino, perché . Era troppo perfetta per essere vera, ma sapeva che l’idillio stava per finire presto, che da qualche parte c’era la fregatura. Più precisamente, nella lasagna.
    “Capisco.” Era un po’ deluso, Ciruzzo, poteva avere davanti la ragazza perfetta per Lollo, nonché una papabile versione femminile di se stesso (ah, se solo l’avesse conosciuta avrebbe compreso che non era poi così vero), e invece era costretto a stravolgere i piani. Non era pronto ad affiancarla ad una Linguini, non era preparato a quello scenario, aveva già i suoi headcanon, ok??? “Scusami se te lo chiedo ma… è perché non hai mai assaggiato un cannellone prima d’ora?” Voleva anche aggiungere che sarebbe stato disponibile a rimediare, ma non era lì per soddisfare se stesso, anche se, a dirla tutta, non gli sarebbe dispiaciuto affatto. “Oppure anche davanti al miglior cannellone del mondo, preferiresti comunque una bella lasagna?” Comprensibilissimo, anche lui avrebbe avuto notevoli difficoltà davanti a una scelta simile, non la biasimava per questo… in realtà, non la biasimava affatto.
    L’arrivo della cameriera fu quasi provvidenziale, così come quelle due bellissime bionde, ghiacciate, che erano state posate sul tavolo.
    “Ma andiamo avanti, che rapporto hai con la tua famiglia? Lavori? E, soprattutto, fate brindisi particolare qui in Regno Unito?” Magari come Thor spaccavano i boccali sul pavimento, o in testa agli altri commensali… in quel caso, non voleva saperlo.
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    HALLEY OAKES
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    Accolse la risata del ragazzo con sospetto, attendendo, da un momento all’altro, di sentire le dita dello sconosciuto stringersi attorno alla sua spalla e realizzare così non soltanto di non poter sfruttare quel nome per ricostruire la piramide gerarchica della loro associazione, ma che, «proprio come Lollo», anche lei sarebbe presto finita in pasto ai pesci. O in un vecchio congelatore ronzante, o in qualche radura non tracciata su alcuna cartina, o nello scantinato di Madama Piediburro, o in uno delle decine di luoghi e macabri scenari che la sua mente era stata in grado di partorire in pochi istanti. Se costruire ipotesi circa la sua violenta e prematura morte potesse essere di alcun aiuto in una simile circostanza? Affatto. E quella nuova consapevolezza le avrebbe forse impedito di elaborare teorie strampalate? Di nuovo, no. D’altronde, non era certo colpa sua. Era la situazione ad essere sospetta. Ed era lui, il suo compagno di bevute, ad utilizzare termini ambigui e alimentare, così, quella disperata ricerca di uno scoop con cui dare una svolta alla sua carriera giornalistica.
    Con apparente noncuranza e assoluta discrezione, spostò lo sguardo sul tip tracciato dalla piuma magica, spaziando dalla possibilità di trovarsi davanti all’ennesimo messaggio in codice a quella di aver incontrato una persona con problemi di memoria talmente gravi da aver bisogno di ricordare a se stesso di lasciare la mancia al cameriere. Alla fine, la grifondoro optò per la traduzione più ovvia e si sforzò di pensare a che tipo di soffiata ci si potesse aspettare da una sconosciuta che aveva casualmente varcato la soglia di quel locale. Che la stesse seguendo da giorni e avesse trovato il modo per attirarla lì, con la scusa di una degustazione? Fin troppo elaborato, forse, persino per i suoi standard, ma non se la sentì di scartare del tutto quell’ipotesi.
    Soppesò la nuova fase dell’interrogatorio, indecisa se sentirsi sollevata per il gentile prolungamento concesso alla sua vita, o ammirata per la dedizione e la cura con cui il ragazzo stava portando avanti quella misteriosa selezione, oppure, ancora, preoccupata da quel fiume di domande dal quale era appena stata travolta – e cui sarebbe stato sempre più complesso rispondere, senza esporsi o rischiare di fallire il provino. «Woooh, ok, ok» alzò le mani in segno di resa e per scusarsi del passo falso che le era appena stato fatto notare – evidentemente, non avevano ancora bevuto abbastanza per potersi concedere il lusso di porre domande. Doveva semplicemente stare al suo gioco. E quello includeva anche sopportare tutti i riferimenti alla cocente sconfitta subita durante la finale del Campionato Europeo. «È tornata a casa insomma» continuò, ironicamente, alludendo alla replica che era stata citata dal ragazzo e al coro con cui gli inglesi avevano accompagnato la cavalcata dei loro beniamini verso la partita conclusiva del torneo, convinti che quel trofeo sarebbe stato riportato in Inghilterra dopo anni di assenza. Gli rivolse un sorriso, fortemente decisa ad affrontare la questione con tutta la sportività che riusciva a racimolare, e fece spallucce. «Comunque mi avevi convinto a cibo e alcol» e alla prospettiva di poter studiare il centro operativo dell’organizzazione e sperare di carpire le informazioni che si sarebbero lasciati sfuggire, nello svolgimento delle loro attività quotidiane.
    «E no,» pensava davvero che avrebbe nominato una squadra italiana, con il rischio di pescare l’unica per cui Ezra nutriva uno spiccato senso di odio e repulsione? Giammai, non ci sarebbe cascata così facilmente. «seguire l’Arsenal è già piuttosto sfiancante» proseguì, senza fargli notare come non fosse stato attento alle sue parole, poco prima, e rispondendo anche a parte delle curiosità successive. «ma non si parlava d’altro, nel quartiere. Mi ha conquistato fin da subito» e da quel tipo di passione non si poteva sfuggire, nonostante le lacrime, le urla, le imprecazioni, la delusione che puntualmente accompagnava ogni mancato appuntamento con la storia, il risentimento nei confronti di chi, nella società, riconduceva tutto ad un mera questione di guadagni, la convinzione – propria di ogni tifoso – di poter gestire le cose al meglio, se solo ne avesse avuto l’occasione. E bastava poi un baby-prodigio, una giocata degna della loro filosofia, un derby vinto, le parole al miele di chi aveva condiviso parte della storia del club, per far passare tutto in secondo piano. Erano una razza semplice, i tifosi.
    Imbambolata, come se avesse appena ripercorso le immagini di una lunga storia d’amore, riportò la mente sui binari giusti. «E poi c’era lo skateboard» se stesse raccontando troppo? Non aveva fatto alcun nome né dato indicazioni troppo dettagliate, fino a quel momento; e, in ogni caso, non poteva certo permettersi di eludere le sue domande senza destare sospetti. «Con quello sì che ho sofferto, ma niente che un ossofast e una notte in ospedale non potessero aggiustare» avrebbe potuto metterlo al corrente della sua strampalata teoria seconda la quale la morte non l’avrebbe toccata fino al compimento del suo glorioso destino, ma una simile confessione l’avrebbe costretta ad addurre esempi fin troppo personali ed esporla ad una serie di domande cui non avrebbe potuto dare una risposta sincera. Dunque, si accontentò di aver sottolineato come non fosse tipo da farsi abbattere da un banale livido, una comune ferita né tantomeno da un braccio penzolante piegato secondo un angolatura a dir poco innaturale.
    Scoppiò a ridere al commento dell’italiano sui Grifondoro, una reazione spontanea che le fece ignorare il fatto che avesse appena incassato un altro punto a suo favore. Una risata, cristallina, che durò pochi istanti, fino a che l’italiano non scoprì le sue carte.
    Aveva confessato di aver rapito Aidan.
    Dunque, l’Oakes aveva ragione! E il Nott lo stava ammettendo così apertamente? Ma soprattutto, perché Aidan era ancora vivo? «Certo che lo conosco, ci ha salvato in più di un’occasione!» aveva anche tentato di ucciderli, in circostanze diverse, ma non gli sembrava il caso di aggiungere quel dettaglio. Aveva bisogno di elaborare le nuove informazioni, provare ad incastrare pezzi di un puzzle che sembrava sempre più complesso da comporre.
    Doveva procedere con ordine.
    Aidan era un mangiamorte.
    Ed Ezra non poteva essere un ribelle. Non soltanto perché la grifondoro lo avrebbe saputo, ma perché avrebbe fatto piuttosto fatica ad immaginare che qualcuno potesse rapire un esponente della fazione opposta, berci insieme un discreto numero di birre e poi liberarlo come se nulla fosse.
    Che Ezra fosse un mangiamorte e avesse avuto divergenze d’opinioni con il cercatore, tanto da rapirlo, riportarlo sulla retta via e poi lasciarlo andare?
    O forse, come aveva sempre pensato, l’italiano apparteneva ad un nuovo gruppo, all’ennesima forza in gioco in una guerra che si sarebbe protratta ancora per decenni. Ma cosa voleva da Aidan? Informazioni? Lo ricattava? Lo controllava?
    Avrebbe voluto avere più tempo per riflettere – e aggiungere ipotesi assurde a ciò che la sua mente era già stata in grado di partorire – ma il suo compagno di bevute sembrava preda di una curiosità insaziabile. «Indie rock, principalmente. Cover e canzoni originali. Abbiamo suonato anche a qualche festa scolastica» ed era stato epico, tra le maschere per celare la loro identità e i colori fluorescenti per dare un tocco distintivo ai vari membri «ma è una formazione in continua evoluzione. Un hobby, perlopiù» concluse, mordendosi la lingua per non sciorinare i dettagli delle loro performance, per non tirare fuori dalla borsa i CD, per non chiedergli di invitare i 404 per un’esibizione di prova, per non iniziare a discutere con lui di musica, di strumenti e quant’altro. Dannazione, le piaceva Ezra, e lo avrebbe frequentato volentieri se non fosse stato un pericoloso criminale. «Un motivo in più per venire al Bar dello Sport, se canterai lì» gli fece l’occhiolino e poi registrò la delusione con cui aveva commentato le sue preferenze culinarie. Lo aveva detto di non essere brava con quelle metafore! «Certo, sì, ho assaggiato i cannelloni» era una buona forchetta, l’Oakes. «e mi piacciono! Insomma, se ci sono entrambi, lo spazio si trova sempre, ma» doveva mostrarsi ferma nelle sue posizioni, non vacillare al primo dubbio che le veniva instillato. «è che, potendo scegliere, preferisco la lasagna» lo tenne d’occhio, per capire se la sua risposta avesse migliorato o meno la situazione, e si trovò poi di fronte alla questione che, in generale, non avrebbe voluto affrontare. Nulla a che vedere con le teorie complottiste che aveva messo su quel giorno, nulla di legato alla volontà di non condividere informazioni personali. Non avrebbe voluto parlarne, semplicemente.
    «Oh, mh…» si rabbuiò di colpo e non fece nulla per dissimulare quella reazione. «Non ricordo i miei genitori» e non mentiva, dal momento che gli eubeech con cui era cresciuta appartenevano ad un’epoca di cui non aveva alcuna memoria. «Ma non sono sola» c’era Hunter, ovviamente «e ho gli amici. Come si dice, la famiglia che scegli» abbozzò un sorriso, le iridi in quelle del grifondoro e la mano stretta attorno al boccale di birra. «Sono stata in giro per l’Inghilterra, nell’ultimo anno e…» sollevò il bicchiere, lo avvicinò a quello del compagno e proseguì «direi che un cheers può bastare. Non ci formalizziamo, ci basta bere!»
    JOURNALIST
    FORMER GRYFFINDOR
     
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