I kissed a boy and I liked it

bertie & sorta || post prom

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  1. sehnsüchtig.
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    All’improvviso, un pensiero la assalì. Non si era mai fatta problemi di quel genere, anzi, per certi versi, alle volte, aveva persino ricercato la cosa. Sotto molti aspetti, le piaceva farlo. Specie perché era un modo come un altro per combattere quella noia mortale che la assaliva di continuo, rendendole insapore ogni cosa, a intervalli di tempo sempre più brevi.
    Stava ingannando Sorta?
    Per quanto si sforzasse di porla come domanda, sapeva benissimo che, in fondo, era totalmente retorica. Non c’erano dubbi. E, invece di provocarle un brivido di piacere, si rese improvvisamente conto di essere nauseata dalla cosa. Ingannare, mentire appunto, era una delle tante, troppe, a sentire lei, cose in cui eccelleva. Faceva parte del suo essere.
    E allora perché adesso faceva così male? E soprattutto, perché proprio ora, quando tutto quello che desiderava era lasciarsi andare e smettere, anche solo per qualche istante, di pensare?
    Erano ore che ingannava il mondo. Tutta la scuola… compresa Sorta. Pur essendo l’unica a conoscenza della verità, era, in realtà, colei che, più di chiunque altro, vi era rimasta invischiata. Lo percepiva in ogni suo sguardo, in ogni suo tocco. In ogni suo bacio.
    Se fosse stata una persona più buona sarebbe intervenuta. O anche solo più generosa… di buon cuore. Ma non era nulla di tutto questo. Non aveva neanche bisogno di ripetersi che la Motherfucka era completamente consapevole di tutto (o forse sì, data la stretta al cuore che continuava a provare prima di ricordarlo a sé stessa). Era egoista e seguiva solo i propri desideri. Era Bertie, non Rita.
    E dietro a tutto questo non c’era nient’altro al di fuori del puro desiderio fisico, naturalmente. Non aveva nulla a che vedere con il fatto che, in compagnia di Sorta, sentisse di poter essere sé stessa: a dir poco ironico, dal momento che ora, di sé stesso, c’era ben poco. Non si trattava nemmeno di vincere, perché mai e poi mai avrebbe messo in dubbio l’essere di un’altra persona; dunque, nel caso della serpeverde, mai avrebbe voluto forzarla ad allontanarsi da tutto ciò che era femminile.
    «dimostramelo, allora» Appunto. Una risata leggera, leggerissima, le sfuggì dalle labbra, facendola però vibrare insieme ai brividi di eccitazione che continuavano a percorrerla. Che dovesse arrendersi alla realtà e accettare il proprio essere l’eroina di una tragicommedia? Era tutto così assurdo da avere perfettamente senso. Cercò gli occhi di Sorta, inarcando pungente un sopracciglio. «Ne sei davvero sicura… o vuoi solo sfidarmi?» La stava punzecchiando, certo, ma quella stretta del cuore era tornata. Voleva che la Motherfucka fosse davvero certa di quello che stava succedendo, perché l’idea che potesse ricordare il tutto come un incubo, o peggio, le era a dir poco insopportabile.
    Senza rendersene conto aveva però abbassato lo sguardo, cosa che realizzò solo quando Sorta le rialzò il viso. A quel punto tornò a stuzzicarla senza la minima esitazione, come se tutti quei pensieri che continuavano a turbinarle nella mente fossero all’improvviso spariti nel nulla. Nulla di più falso, ma d’altronde, cosa c’era di vero in lei, in quel momento? A parte l’irrefrenabile desiderio di tenere Sorta vicina, sempre più vicina…
    «mi hai mai visto avere paura?» Trattenne il fiato per un istante. «Sì», le soffiò sul viso soffice e al contempo tagliente. «Proprio ora. Di me Di nuovo si ritrovò a fare di tutto per irritarla, per sfidarla, come erano solite fare in ogni istante, mentre però, dentro di lei, qualcosa continuava a incrinarsi. Bertie era certa di volerlo. Ma Sorta?
    Eppure la vide sorridere e, un attimo dopo, assecondò di buon grado le sue mosse, non potendo, e soprattutto non volendo, fare altrimenti, fino a ritrovarsi schiacciata tra l’albero e il suo corpo. Persino la ruvidezza della corteccia contro la pelle era piacevole in quel frangente… Le strinse meglio i fianchi tra le gambe, guidando ancora di più il bacino di lei contro il proprio. Non che ce ne fosse davvero bisogno, visto il modo in cui la stringeva… Sospirò compiaciuta con un sorrisetto e, tenendo le braccia appoggiate alle sue spalle, prese a giocherellare con le lunghe ciocche rosa che cadevano da tutte le parti. Alla fine ne sistemò una dietro l’orecchio e vi si avvicinò. «Sai…», le mormorò, come rivelandole un segreto. «Non c’è niente di male ad avere paura… Anzi, la paura è un bene. Ci costringe a non perdere il contatto con la realtà.»
    Un attimo dopo cercò con urgenza le sue labbra, non dandole minimamente il tempo di vedere il rossore che le aveva tinto le guance e che, a differenza di quello già presente, non aveva nulla a che vedere con quello che stavano facendo. Seppure dietro una maschera, Bertie aveva detto la verità. Odiava la paura perché la rendeva umana. Ma, per lo stesso motivo, sapeva di averne bisogno. E aver rivelato a Sorta questo particolare gli era sembrato giusto. Naturale.
    Si scostò solo quando cominciò a mancarle il fiato, appoggiando appena il capo al tronco. Il modo in cui Sorta prese a guardarla la fece fremere quasi quanto il bacio che si erano appena scambiate. Sì, era assurdo quel che aveva fatto… proprio come, al contrario, era sensato che ora la Motherfucka la trovasse bellissima. Le due cose si equilibravano perfettamente, nella loro follia. Nel loro inganno.
    «È assurdo… essersi perse tutto questo fino a ora», le fece notare maliziosa, cercando così di scacciare quel pensiero. E in effetti le riuscì piuttosto bene, distratta com’era dai baci languidi di Sorta. Cercò di aiutarla come poteva a slacciarle il vestito, avviluppandola ancora di più con le gambe, un po’ istintivamente, un po’ per l’inconsapevole paura di vederla allontanarsi. Affondando le dita tra i suoi capelli premette meglio il capo di lei contro di sé, smuovendo le spalle per far scendere più in fretta le spalline del vestito.
    Così presa, o forse persa, com’era, impiegò qualche istante per rendersi conto di essere sempre più vicina al prato, cosa che le strappò una leggera esclamazione, facendola persino arrossire appena. «Oh… finalmente», commentò però rimettendosi subito in riga, vedendo Sorta salirle senza troppi complimenti sopra. Una parte di lei si aspettava di sentire l’eccitazione crescere in tutti i sensi, ma ovviamente non fu così. O meglio, successe, sì, ma a un livello più profondo, in un modo a cui non riusciva a dare del tutto un nome.
    Si avventò con urgenza sulle labbra di Sorta, schiudendole con decisione per assaporarla meglio. Mentre le mani correvano a sollevarle il vestito, carezzandole le gambe sempre più in alto, anche il resto del suo corpo non riusciva a stare fermo, smuovendosi come poteva sotto e soprattutto contro di lei. Quando smise di baciarla mugolò contrariata, salvo poi rendersi conto di aver bisogno di riprendere fiato. A forza di salire con le mani da sotto la gonna arrivò a stringerla dal fondoschiena, riaprendo piano gli occhi fino a incontrare i suoi. Le lanciò uno sguardo di sfida, fremendo elettrizzata ma impaziente.
    Stava per cercare di sfilarle l’abito, quando la Motherfucka, come nel peggiore dei suoi incubi di quel momento, scivolò via. Letteralmente. Il tutto, in realtà, durò solo un istante, perché un attimo dopo sentì le sue labbra sul collo, ma fu abbastanza per farle perdere un battito. Non era sicura, allora? Voleva smettere? Voleva… Oh. Oh. Contro ogni sua previsione, fu Sorta a spogliarla. La aiutò il più in fretta possibile, non volendo tenere le mani lontane da lei un istante di più. E, soprattutto, non volendo perdere nemmeno un attimo di quello che le stava facendo. A ogni bacio rispondeva un sospiro, che ben presto cominciò a trasformarsi in un gemito; all’inizio le accarezzò la schiena, quindi le braccia, infine le spalle e i capelli, non riuscendo a spingersi più giù di così. Perché… Sorta era decisamente in basso.
    Istintivamente inarcò appena la schiena e, stringendole le spalle, guardò verso il basso. Sarebbe ipocrita dire che non aveva mai immaginato quella scena. Sorta Motherfucka tra le sue gambe. Letteralmente. Le strinse appena, al pensiero, sentendo un lungo brivido propagarsi proprio dal loro centro. «sono ancora in tempo per fermarmi» Cosa? Cosa?! Sgranò gli occhi, schiudendo le labbra per prendere fiato. «No. Assolutamente no.»
    Eppure, avrebbe dovuto saperlo. Si era già macchiata fin troppo di hybris, quella sera. Aveva al contempo sfidato e assecondato il destino, pur non credendoci, o più che altro, non volendo crederci. L’aveva ingannato, sovvertendo quello che la natura e il fato avevano voluto per loro.
    Eppure, non ci badò. Il piacere, o meglio, l’attesa del piacere che si irradiava sempre più forte dal suo corpo la trasse in inganno. Era un piacere diverso dal solito, bruciante, in grado di scavarle nelle viscere. Un piacere così potente da essere quasi, a tratti, doloroso. Un piacere che, lo sapeva, lo sentiva, non era neanche lontanamente paragonabile a quello che avrebbe provato di lì a poco, un piacere…
    Familiare. Acutamente familiare, all’improvviso. Un piacere che si ergeva deciso e che non poteva in alcun modo essere nascosto.
    Bertie non voleva guardare. Perché, se l’avesse fatto, avrebbe visto…

    iJ8xN9o

    Adalbert Natanail Behemoth
     
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6 replies since 26/8/2021, 22:09   300 views
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