I kissed a boy and I liked it

bertie & sorta || post prom

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  1. sehnsüchtig.
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    Odiava il prom. Odiava tutto ciò che aveva anche solo minimamente a che fare con il prom. Era un’americanata, un modo come un altro per sbattere in faccia ai meno popolari o anche solo ai non estroversi di essere diversi, esclusi addirittura. Certo, al prom, almeno ad Hogwarts, teoricamente potevano partecipare tutti, ma… era davvero così? E il volersi, o meglio, doversi, più che altro, mostrare al proprio meglio, tirandosi a lucido dalla testa ai piedi, per far vedere agli altri qualcosa, per dimostrare, anzi, qualcosa, non era forse squallido? Chissà in quanti, in quel momento, da teen movie di Hollywood da quattro soldi, stavano perdendo la propria verginità nascosti in qualche angolo della torre sommersa o del Castello. Rispetto ai licei americani, se non altro, Hogwarts era tutta un’altra cosa: di posti per infrattarsi ce n’erano praticamente a bizzeffe. Che poi si rischiasse di finire in sala torture per sempre era un altro paio di maniche… in fondo anche il terrore, in un qualche modo, faceva parte dell’esperienza del prom. Terrore, nostalgia e, naturalmente, trash. L’idea in sé del prom era trash. Centinaia di adolescenti sudaticci, con gli ormoni a mille e puzzolenti su una pista da ballo? Non riusciva davvero a immaginare niente di peggio.
    Eppure lei quel prom l’aveva organizzato. Sbuffando, lamentandosi e, soprattutto, facendo commenti sarcastici su tutto e tutti. Il suo meglio l’aveva dato l’anno precedente, certo, per quanto a sua volta fosse stato un’apoteosi di trash, ma anche quest’anno, in mezzo a tutto quel kitsch, il suo zampino si riconosceva benissimo. Sicuramente Dante si stava rivoltando nella tomba, ma sotto sotto, ne era sicura, avrebbe ridacchiato con lei. Avevano comunque fatto un lavoro molto più rispettoso e in generale migliore del non italiano medio. Circa, d’accordo. Ma dopotutto, appunto, era un prom. Doveva essere trash. E pieno di drama. Ecco, questo purtroppo era mancato, quindi si sentiva altamente indispettita: come osavano non comportarsi da adolescenti stupidi quali erano? Non era certo lei quella che aveva guardato Nice essere incoronata reginetta del ballo con le lacrime agli occhi, pensando a come, finalmente, anche solo per un istante, poteva essere di nuovo la ragazza spensierata e piena di vita che era sempre stata fino al 2040… era durato solo una frazione di secondo, ma l’aveva visto sul serio quel sorriso sulle sue labbra. Il sorriso di quando le loro vite erano ancora normali, di quando erano a casa.
    Anche Bertie voleva sentirsi così. Solo per un attimo. Tornare a essere un’adolescente solo un po’ più supponente (e molto più intelligente) degli altri. Un’adolescente con una casa e una famiglia alle quali tornare. Un’adolescente che viveva l’ultimo prom della sua vita prima di diventare a tutti gli effetti un’adulta, prima di scoprire cosa volesse dire avere delle responsabilità. Certo, tra tutte le persone con cui comportarsi da ragazzina lei era la meno indicata. Eppure, al contempo, non riusciva, e non voleva, che fosse nessun altro. Lasciar andare per un battito di ciglia il peso che portava sulle spalle ogni giorno voleva dire mostrarsi vulnerabili. Significava, per una volta, essere vera, autentica. Tutto questo, è vero, poteva esserlo, e per lo più lo era, con Nice. Ma non era la stessa cosa. Specie perché si sarebbe ammazzata piuttosto che fare quello che stava facendo con sua cugina.
    Si scostò appena per riprendere fiato e la guardò sorridendo maliziosa, fissando intensamente i suoi occhi scuri. Avrebbe dovuto sentirsi in colpa o forse strana, o, ancora meglio, entrambe. Invece… invece si sentiva benissimo. In parte sicuramente era merito di quel corpo così diverso da quello a cui era abituata, dove ogni sensazione, ora come ora, sembrava nuova. In parte, o, anzi, soprattutto, il merito era suo. La loro situazione sembrava uscita da una commedia romantica di bassa lega, cosa che ovviamente faceva storcere il naso e fare commenti sarcastici a entrambe, ma non potevano negare l’una con l’altra di essere davvero del tutto indifferenti. A modo loro si volevano bene. Stavano bene insieme. Mai, però, lo erano state come in questo momento.
    Tenendola dolcemente ma saldamente per i fianchi la fece indietreggiare di qualche passo, finché non incontrò un albero con la schiena. Si inumidì appena le labbra, ancora ben truccate nonostante fossero impegnate in quell’attività ormai da un po’, perché, ovviamente, aveva rubato i costosissimi trucchi super resistenti di Nice, perdendosi nuovamente a guardarla con un sorrisetto sarcastico e provocante. Sapeva che era tutta una finzione data dal suo aspetto, ma non le importava. Voleva divertirsi e voleva farla divertire a sua volta. Non ci sarebbero stati problemi né ripercussioni. Erano entrambe perfettamente consapevoli e consenzienti. Sarebbe finito tutto lì, nonostante il fato continuasse a dire loro di essere anime gemelle…
    Sospirò appena, riavvicinando il viso a quello di lei, ma prima di sfiorare le labbra fece toccare anche i loro bacini, annullando così quasi del tutto la distanza tra i loro corpi. Per quanto assurdo fosse, quell’incastro era perfetto: sembravano fatte per stare così, strette l’una all’altra. La guardò un ultimo istante, poi, non riuscendo più a resistere, riprese a baciarla impetuosamente, mentre le mani scivolavano verso il suo fondoschiena.
    Il fato non esisteva, ovviamente, ma lei e Sorta erano davvero anime gemelle.
    Adalbert Natanail Behemoth
     
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