fidati del paradiso solo se visto dall'inferno

ft. costas

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    Avevano perso.
    Un fatto che, arrivati a quel punto, non stupiva nemmeno più; eppure, perdere quella semifinale e piazzarsi al quarto posto - anche quell'anno - non aveva fatto male nemmeno un decimo rispetto alla sconfitta contro i Corvonero. Perché quel giorno, le serpi, avevano giocato bene, e forse anche di più: Sorta aveva parato una bellissima palla goal, confermandosi lo strepitoso portiere che era – nonché figura di spicco della squadra, l'unica in grado di tenerli davvero tutti in riga; Costas aveva dato il meglio di sé nella prima metà della partita, ed era persino riuscito ad evitare di soccombere di nuovo per mano dei Bolidi nemici (ay dios mio, se la McPherson faceva paura...!!); la partita della nuova riserva, poi, subentrata al posto di Chiaki, era stata a dir poco meravigliosa, nessuno aveva mai segnato tre goal di fila in una partita, quanto meno non negli ultimi anni. Mort... vabbè, Mort era Mort: Arturo ancora provava la gran voglia di stringergli le braccia al collo fino a lasciarlo senza fiato – e non in maniera carina – ma grazie alle intercessioni del resto della squadra – e al fatto che fosse, dopotutto, Arturo - il Rainey era ancora vivo. Beh... insomma, per quanto potesse essere vivo uno che era stato messo ko dai bolidi ed era volato giù dalla scopa verso la fine della partita, comunque. Vederlo perdere il controllo della scopa e finire tra le braccia di Jeremy aveva scosso il capitano, riportando alla memoria l'incidente di Costas avvenuto nella partita contro i Corvonero; e insieme a quello, erano tornate a galla le insicurezze e i bruttissimi momenti vissuti durante la partita, ma soprattutto dopo. Eppure, quella contro Grifondoro, seppur persa ai rigori, era stata una partita diametralmente opposta.
    Arturo era orgoglioso di ciò che aveva visto in campo (un po' meno per i falli, ma era difficile giudicare la sua squadra per quello quando nemmeno gli avversari s'erano risparmiati, a riguardo) e non avrebbe potuto chiedere loro di meglio; certo, era un peccato non essere riusciti a segnare il quarto goal o a prendere il boccino per guadagnarsi il terzo posto, ma non aveva nulla da recriminare alla sua squadra. Erano stati impeccabili, e lui desiderava solo poter tornare indietro nel tempo per mettere in atto prima quella tecnica, quella a cui era arrivato troppo tardi, come in ogni fottutissima cosa nella sua vita. Se si fosse messo da parte prima, se li avesse lasciati giocare in libertà sin dalla prima partita, senza ostacolarli e senza creare inutili malcontenti nella squadra, forse, e dico forse, il campionato sarebbe andato diversamente. O magari no, perché erano pur sempre Serpeverde e il loro destino di perdenti sembrava scritto nelle stelle, ma quanto meno avrebbero potuto provare a giocare partite diverse.
    Non era ancora chiaro che tipo di Capitano fosse, Arturo Hendrickson, ma aveva capito che fare le cose alla sua maniera non era ciò di cui avevano bisogno di serpeverde - tutto il contrario.
    Aveva deluso Jeremy, e Merlino solo sapeva quanto Chelsey ce l'avesse con lui, in quel periodo, per aver dissertato fin troppi allenamenti ed esser venuto meno ai suoi impegni di capitano, ma alla fine era servito: aveva lasciato che gli altri si sentissero liberi, in campo, e il risultato aveva parlato chiaro. In quel momento, nello spogliatoio silenzioso, Turo desiderava solo esserci arrivato prima; avrebbe potuto risparmiare loro ore e ore di torture con la Queen.
    Si lasciò andare ad un sospiro pesante, rammaricato da quel pensiero, ma non per questo meno sereno; lo spirito goliardico, lui, probabilmente non l'aveva mai avuto e vincere o perdere non gli era mai interessato, purché vincesse onestamente, o perdesse con dignità. E quel giorno avevano perso ma senza rendersi ridicoli davanti a tutta la scuola o senza rovinare una bella partita. Di quello, Arturo, era molto più che fiero. Non aveva quel peso sullo stomaco che aveva sentito a metà aprile, e non si sentiva in difetto nei confronti di Hazel – anzi, non vedeva l'ora di incontrarla per stringerle la mano, complimentarsi per la loro vittoria e poi ringraziarla per il match. Era dispiaciuto per i suoi compagni, certo, lo aveva letto nei loro sguardi mentre rientravano negli spogliatoi che avrebbero voluto quanto meno classificarsi terzi, e per un attimo persino lui c'aveva creduto, sul tre a zero; ma era andata così, e per quanto inutile, aveva cercato di tirare su il morale dei suoi; avrebbe voluto promettergli che per quel giorno non avrebbero subito torture, ma era difficile strappare certi gesti benevoli alla Queen, se non impossibile – però, se non altro, c'avrebbe provato.
    Si, c'avrebbe provato... se mai si fosse deciso a lasciare lo spogliatoio e raggiungere gli altri in Sala Comune; la partita era finita da più di mezz'ora, gli altri avevano già lasciato il campo mentre lui aveva preferito rimanere indietro, sistemare mazze e divise per facilitare il lavoro degli elfi, e poi era caduto, come al solito, nel loop infinito dei suoi pensieri; per quanto si stesse sforzando, in quel periodo, di mostrarsi spensierato, e di convincersi che lo fosse davvero, rimaneva pur sempre Arturo ed era complicato ignorare la voce nella sua testolina che lo implorava di analizzare ogni singolo gesto, ogni minimo dettaglio, e di ricamarci su più storie e paturnie del necessario. E così il tempo era trascorso senza che se ne accorgesse, e a quasi un'ora dal fischio finale era sempre lì, la divisa umida ancora addosso e la spilla da capitano rigirata tra le dita. Forse avrebbe fatto meglio a dirigersi verso i bagni e concedersi un bagno caldo, possibilmente prima di beccarsi l'influenza, ma tra il dire e il fare c'era, come al solito, un puto mare.
    E le gambe pesanti per lo sforzo, e la schiena distrutta dalla partita, e le braccia stanche (per cosa arturo che hai tirato un (1) rigore e non hai fatto nient'altro); muoversi sembrava davvero un'azione fin troppo estrema in quel momento.
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    La partita appena finita era stata decisamente più divertente rispetto a quella affrontata coi corvonero,questo perché non era stato lui a ricevere un bolide in faccia e poi tutti quei falli l'avevano resa interessante; chi lo avrebbe mai detto che i grifondoro potessero arrivare a fare così tanti falli, alla fine non erano così tanto diversi da loro con la sola differenza che erano riusciti a vincere la partita.Erano arrivati ai rigori si, ma non erano riusciti a batterli e ancora una volta si erano qualificati ultimi e questo pesava più di qualsiasi no ricevuto nella sua vita. Odiava perdere e odiava più di tutto dover affrontare quegli spocchiosi grifondoro che gioivano per quel terzo posto, neanche fosse stato un primo posto o una vittoria ai mondiali contro la Francia. Pff.
    Sapeva, come il resto del gruppo, che se ci fossero stati solo i festeggiamenti della squadra avversaria a farli soffrire avrebbero potuto sopportarlo ma il peggio doveva arrivare perché avrebbero fatto un secondo giro in sala torture. Nonostante Arturo avesse detto che avrebbe chiesto pietà alla Queen, tutti sapevano che la donna non si sarebbe impietosita nonostante avessero fatto una bella partita e perso con onore, più o meno.
    «dai ragazzi, ora ci facciamo una bella doccia e tutto passa»
    Aveva provato a prenderla con filosofia, sperava davvero che una doccia calda o fredda per ghiacciate i bollenti spiriti, avrebbe tolto di dosso ogni negatività; sperava di vedere qualche sorriso perché cazzo, si erano impegnati e avevano dato il meglio. Purtroppo non era stato sufficiente e la sconfitta bruciava per tutti, compreso Costas. Odiava perdere anche se era diventata una costante nella sua vita non voleva dire che gli potesse andar bene. Sapeva che ogni parola sarebbe stata inutile infatti dopo quel momento ci fu solo il silenzio, forse erano tutti assorti nei propri pensieri, sugli sbagli che avevano fatto o come cambiare il prossimo anno, forse nessuno stava davvero pensando alla partita ma ad altro come nel caso del moro che aveva una gran voglia di burrobirra anche se non aveva niente per la quale festeggiare. Aveva voglia di chiederlo ad Arturo ma era così assorto nei suoi pensieri che non si era neanche cambiato mentre già la squadra se ne era andata. Avrebbe voluto consolarlo o trascinarlo fuori dagli spogliatoi per una passeggiata, magari gli avrebbe chiesto anche del ballo ma non avrebbe sopportato un altro no, specialmente dopo la partita quindi l'idea morì all'istante.
    «Cap noi andiamo»
    Gli aveva detto ma non ottenne risposta solo un accenno di capo segno che stava pensando ad altro. Poteva sentire i suoi ingranaggi impazzire e del fumo uscire dalla testa da quanto si stava tormentando.
    Eppure se ne era andato,Costas pensando che forse da solo, Arturo sarebbe stato meglio. Fece qualche metro per poi fermarsi prima di mettere piede all'interno del castello.
    «sis...io ho dimenticato..»
    «Arturo»
    «Cosa?»
    «si ok, vai Motherfucka.» dolce come sempre sua sorella. Così il sedicenne tornò indietro, ripercorse la strada al contrario fino a tornare dal ragazzo dei suoi più spinti sogni, ancora assorto nei suoi pensieri.
    «si sentono i tuoi ingranaggi che cigolano dal castello.» gli sorrise poggiando una mano sulla spalla per farlo voltare verso di lui.
    «tutto bene?» erano soli e magari poteva finalmente sfogarsi.

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    Edited by Costa(nzo)s - 15/6/2021, 00:49
     
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    Nel sentire una mano posarsi sulla sua spalla, Arturo scattò, spaventato: preso com'era dai mille (inutili) pensieri, non aveva sentito Costas entrare nello spogliatoio, né l'aveva visto avvicinarsi. Ci mise svariati secondi a mettere a fuoco la figura del compagno - e altrettanti ne impiegò per costringere il suo cuore a smettere di battere all'impazzata.
    E no, psycho shipper che state spiando, non perché la vicinanza con il battitore gli facesse questo effetto tutto palpitazioni e farfalle nello stomaco (cioè, sì anche, almeno in parte sicuramente) ma perché s'era fottutamente spaventato: il solito cuor di leone.
    «Forse stavo meglio prima.» Poteva permettersi di essere sincero con Costas, no? Seppur in minima parte e per le cose meno importanti. E, comunque, «almeno non sei la Weasley e non sei qui per prendermi a Bolidate.» Arturo aveva trovato una cosa che gli faceva più paura della Queen e della sua stanza dei giochi: allenamenti con Chelsey Weasley. Poi, dopo una piccola pausa di riflessione, alzò nuovamente lo sguardo verso il suo vice e, preoccupato, aggiunse: «non sei qui per prendermi a Bolidate perché abbiamo perso,» di nuovo «vero Dubitava l'avrebbe fatto - loro due tendevano più a mostrare la loro frustrazione urlandosi a vicenda o, al contrario, riservando l'un l'altro silenzi tombali (più Arturo che Costas, è vero, ma solo perché lo spagnolo era decisamente meno bravo a gestire i conflitti e il suo modus operandi solitamente era ignorarli o evitarli); però non poteva escludere a priori che l'amico e compagno fosse (finalmente) stufo del loro continuo perdere e fosse tornato indietro per dargli una lezione.
    Okay, iniziava davvero ad andare troppo oltre con la fantasia, stava diventando ridicolo. Costrinse gli angoli della bocca a piegarsi verso l'alto, in un sorriso tirato che tentò comunque di estendere fino allo sguardo: quello, quantomeno, non mentiva mai. E Costas, arrivato a quel punto, doveva ormai saperlo. «Scherzavo, ah ah» Eh, mica tanto. Abbandonò la schiena contro la parete, e alzò il naso all'insù per osservare meglio l'altro. Aveva immaginato che lui e Mort, trascinando con loro KT, fossero già sulla buona strada per andare ad importunare Hazel e compagnia bella, più perché erano Costas e Mort che altro: non accettavano una sconfitta, di qualunque natura essa fosse, e insieme mettevano parecchio in ansia il capitano; quanto meno, quella volta, non avevano innescato una rissa a fine partita - e non avevano fatto ulteriori (ed eccessive) brutte figure. Gli sorrise di sbieco, divertito tuttavia dall'immagine del Rainey che sferrava carezze a destra e manca spacciandole per cazzotti, immaginandoselo come uno Scrappy Doo qualsiasi... Eh sì, certe volte si meritava proprio le Botte, ma quelle con la B maiuscola.
    Oh. Un pensiero improvviso lo fece scattare in piedi: «gli hanno menato?» Non serviva che specificasse a chi, ma suo malgrado era già pronto a correre in soccorso del Cercatore per evitare che la Queen infierisse ulteriormente per l'ennesima scazzottata.
    Solo una volta appurato che no, Mort non aveva né scatenato una rissa, né era stato preso a sberle come Merlino comandava (pekkato, pekkato.) tornò a sedersi, confuso. «Hai... hai dimenticato qualcosa?» Si guardò intorno, ma tutto gli sembrava abbastanza in ordine e al suo posto. Poi, ricordandosi di essere ancora a mess, con la divisa umida e i capelli bagnati schiacciati sulla fronte, si affrettò ad aggiungere: «stavo per chiudere, giuro» bugia, ma non del tutto. C'era stata davvero l'intenzione da parte sua di rassettare tutto come una Rob a fine giornata, dopo aver mandato via i bimbetti (quasi stessa immagine), ma poi s'era seduto, s'era messo a pensare e... well. «...prima o poi» si beh, non poteva mica vivere lì dentro, no? E poi la vasca del bagno dei prefetti lo chiamava.

    «Sei stato bravo oggi.» Alzò lo sguardo solo un momento, per controllare che Costas fosse ancora lì dopo il piccolo silenzio degli attimi precedenti, ma lo riabbassò in fretta. Lo pensava davvero, e voleva che il Motherfucka lo sapesse ma voleva anche dirgli altro, ciò che lo aveva spinto maggiormente a desiderare la vittoria, specialmente sul tre a zero. Aveva già il discorso pronto... se solo avessero vinto.
    Era nata come una scommessa con se stesso, tipo il classico "se vinciamo contro il barcellona mi taglio i capelli", con l'unica differenza che la Roma, contro il barcellona, aveva rimontato davvero. Loro, invece, avevano perso e ora Arturo era costretto a trovare un'altra scusa per convincere se stesso, visto che "se vinciamo lo invito al prom" non era più un'opzione.
    Ma doveva ancora pensarci su, mica era facile essere un Arturomariahendrickson eh: il coraggio scarseggiava.
    Le paturnie, quelle mai.
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    Costas non era un sadico, ma scoppiò comunque a ridere quando lo vide saltare dalla paura, era davvero perso nei propri pensieri per reagire in quel modo. Ed era dannatamente bello, possibile che gli piacesse sempre. Era diventato più che un pensiero fisso, la sua era una ossessione e probabilmente se avesse avuto una mente malata come la player lo avrebbe anche stalkerizzato ma per fortuna aveva altre distrazioni.
    «Scusa»
    «non sei qui per prendermi a Bolidate perché abbiamo perso, vero?» Costas lo guardò stranito, come poteva pensare che lo avrebbe preso a bolidate, aveva sognato di legarlo ma di certo non era per fargli male, anzi avrebbero sicuramente goduto in due. «Scherzavo, ah ah» notò quel sorriso tirato, spesso lo metteva su quando era in imbarazzo, specialmente con lui. Aveva imparato a conoscerlo e soprattutto in passato, quando gli diceva qualcosa di provocatorio vedeva come il latino diventasse una statua di imbarazzo e sorrideva perchè non sapeva che dire. Ma erano più intimi ora, non doveva fingere con lui. Non più. Lo vide abbandonarsi sullo schienale, forse preso dai rimorsi per aver perso, come se fosse davvero solo colpa sua. Doveva decisamente smetterla di tormentarsi, avevano giocato bene e avevano perso ai rigori, poteva starci. Quando lo vide chiudere gli occhi per un attimo allungò la mano per potergli toccare i capelli, quante volte aveva sognato di stringerli tra le sue mani mentre il latino gli regalava del piacere. Solo porno per lui, va bene!! Così provò a sfiorare i capelli scuri del compagno, forse non se ne sarebbe neanche accorto.
    «anche perchè lo sai che ti farei altro invece che prenderti a bolidate.» un sorriso sornione per vedere una sua reazione, amava vederlo tremare, forse lo eccitava? secondo il Motherfucka era un chiaro segnale di cedimento e poi ancora ricordava di quando in infermeria gli aveva praticamente confessato che lo avrebbe baciato o forse era solo un abbraccio e delle coccole sul letto. dettagli.
    «gli hanno menato?» Disse improvvisamente il capitano scattando anche in piedi, come se si fosse appena svegliato da un incubo, tanto che Costas dovette spostarsi di qualche passo per non venir preso in piena faccia.
    «Che idea sciocca. Se fosse stato menato non ti sarei venuto chiamare ma lo avrei sicuramente aiutato come l'altra volta e poi lo sappiamo entrambi che un pò se lo merita.» gli sorrise e il discorso si chiuse. Il latino tornò nel suo mutismo e si sedette di nuovo. Dannazione che voglia di prenderlo di peso, alzarlo e baciarlo fino a fargli dimenticare tutti i suoi problemi. Se fosse stato Bang probabilmente lo avrebbe fatto, ma quello era Costas e Nice gli aveva a detto chiaramente di non essere avventato col compagno, ma di fare piccoli passi. O in quel caso di contare fino a dieci prima di fare qualsiasi azione che riteneva giusta, quando chiaramente era una pazzia. Si poggiò con la schiena al muro e prese a contare
    uno.
    due.
    tre.
    «Hai... hai dimenticato qualcosa?» TE. Avrebbe voluto dire ma anche questo rimase nei suoi pensieri e continuò coi numeri
    quattro.
    «stavo per chiudere, giuro»
    cinque.
    sei.
    «...prima o poi»
    sette.
    otto.
    «Sei stato bravo oggi.» e poi lo guardò, con i suoi occhi chiari, sinceri e dannatamente attraenti. Come poteva resistergli? Non poteva ecco.
    «nove e dieci» e niente fu veloce, si piegò, poggiò le mani sul volto del latino e fece una delle cazzate più grandi della sua vita perchè sapeva che il ragazzo lo avrebbe odiato ma fu più forte di lui, come due calamite era stato spinto verso di lui e le sue labbra. Forse poteva fermarsi prima di compiere quel passo, perchè si guardarono per una frazione di secondo ma alla fine cedette e posò le proprie labbra su quelle di Arturo. Aveva voglia di assaporarle, voleva perdersi in quel contatto. Stava sbagliando tutto e sicuramente dopo quel gesto, tutto sarebbe cambiato e non per forza in bene. Aveva fatto il passo più lungo della gamba, ne era sicuro e Nice lo avrebbe picchiato senza alcun dubbio, ma doveva fermare i mille pensieri di Arturo e poi lui aveva voglia di baciarlo da mesi, era stato bravo a resistere fino a quel momento.

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    Contrariamente a quanto avvenuto per il gesto precedente, Arturo non scattò nel sentire la mano di Costas posarsi sui suoi capelli, talmente leggera che, anzi, gli sembrò quasi di averla immaginata. Onde evitare di rompere il momento – ammesso e concesso che fosse davvero un momento e non solo frutto della sua fantasia - rimase fermo immobile, gli occhi ancora chiusi a godersi quell'intimità che, finta o meno, poteva far sua lontana da occhi indiscreti.
    Li aprì leggermente, in uno sguardo contrariato, solo quando Costas tornò a fare il Costas. Le labbra dello spagnolo curvarono impercettibilmente verso il basso, con disappunto, ma onestamente non sorpreso o sconvolto dalla battuta: alle parole (e ai commenti piccanti) di Costas si era ormai abituato da tempo, e aveva capito che non sarebbe stato un Motherfucka se non avesse infilato allusioni in qualsiasi frase, ma poteva sempre riservargli sguardi di rimprovero per esser stato troppo diretto... anche solo per continuare ad essere gli stessi di sempre. Costas e Arturo, il diretto e il pudico; il battitore seriale senza preoccupazioni e il diciottenne che non aveva ancora idea di come nascondere la cosa ai suoi genitori. O, peggio ancora, come prepararsi alla loro inevitabile scoperta. C'erano tanti motivi per cui Arturo aveva cercato, nei mesi, di tenere il compagno a debita distanza ma arrivati a quel punto non ne aveva più le forze: remare contro qualsiasi cosa fosse quella cosa era diventato sfiancante e inutile. Era attratto dal battitore e lo era da fin troppo tempo, non aveva alcun senso nasconderlo o negarlo: al problema dei suoi genitori avrebbe trovato una soluzione col tempo, prima di tutto doveva sbloccare la faccenda con il minore.
    Che, per la barba di Merlino, non aveva mai smesso un attimo di inseguirlo, di desiderarlo, ed era stato forse il motivo per cui Arturo aveva, infine, ceduto. Per cui si era concesso di cedere. Voleva venire incontro a Costas, così come lui era venuto incontro allo spagnolo in quegli ultimi mesi, accettando i suoi tempi (lenti) e gli innumerevoli problemi che comportava il conoscere un Arturo Hendrickson; anche il cacciatore voleva far qualcosa per Costas, per fargli capire che le sue intenzioni erano serie - forse anche più serie di quelle del ragazzo, uno del quinto anno, infondo. Il problema, per lui, non era mai stato fare outing a scuola, sia mai: dubitava che qualcuno (non lo avesse ancora capito) lo avrebbe mal giudicato, figurarsi... il problema vero, e più serio di quanto alcuni avrebbero mai potuto pensare, era se disgraziatamente qualcuno dei suoi compagni avesse inavvertitamente fatto arrivare la voce ai suoi parenti.
    E sì, d'accordo, c'era stato anche un momento iniziale dove lui per primo non era stato in grado di accettare il fatto che gli piacessero anche ragazzi, ma era sceso a patti con quella consapevolezza da tempo e non era più così imbarazzato dalla cosa... non più di quanto non si imbarazzasse ogni volta che aveva a che fare col genere femminile, comunque. Non provava vergogna, né aveva paura del giudizio dei compagni... ma voleva essere certo di poter contenere i danni, di limitarli, affinché a casa sua nessuno scoprisse la verità.
    D'altronde, però, a smuoverlo e convincerlo ulteriormente c'era stato il fatto che letteralmente nessuno, dei suoi amici, conoscesse Paul o Ana Teresa – e loro due non conoscevano nessuno dei suoi amici; non poteva dire la stessa cosa per Rosie e le sue amiche, ma avrebbe fatto il possibile per limitare anche quel problema.
    Era scaduto il tempo per nascondersi e fingere – per lo meno a scuola – e anche se non sarebbe stato così facile per lui respirare (non lo era a prescindere) voleva fare quel passo in più. Voleva accorciare le distanze e andare oltre il semplice “appuntamento come compagni di scuola”. Voleva ufficializzarlo? Beh, magari non in pompa magna o appendendo cartelloni nei corridoi, ma sì. Voleva che Costas sapesse che a lui ci teneva davvero, e voleva farlo adesso che finalmente aveva messo da parte abbastanza coraggio per convincersi che lo meritassero, entrambi. Mille cose lo preoccupavano, ovviamente, perché era Turo ed era un INFP e non poteva mai vivere con spensieratezza le cose, figurarsi, e l'idea che per Costas potesse essere solo la voglia di togliersi uno sfizio (comprensibile, era un adolescente con gli ormoni a mille, ma Arturo sperava volesse di più, qualcosa di serio) o che quello potesse distruggere gli equilibri della squadra (che non c'erano mai davvero stati, ma tant'è.) erano solo alcune delle paure che il capitano aveva dovuto affrontare, nel silenzio dei suoi pensieri, prima di decidere che sì, quell'anno sarebbe andato al ballo con Costas.
    Doveva solo capire come chiederlo, perché non era facile per lui agire, pur avendo le idee ben chiare su cosa volesse (fare, ma anche in generale.); doveva trovare il modo, l'occasione perfetta, le parole giuste.
    Peccato vivesse in un mondo in cui l'occasione perfetta non esisteva e ogni cosa era soggetta al fato, biricchino e imprevedibile. Come la sua promposal, purtroppo.
    Non era così che l'avrebbe immaginata, di certo non da perdenti, ma non poteva farci nulla.
    Doveva solo trovare un altro modo simpatico e carino – perché? Beh, perché no? - per invitare formalmente il compagno, ed iniziare con dei complimenti gli sembrava una buona idea, no?
    Alzò lo sguardo su Costas, dopo essersi complimentato, per osservarne la reazione e prepararsi a trovare un prosieguo che fosse decente e possibilmente terminasse con “vieni al prom con me”, ma lo sguardo carico del Motherfucka lo lasciò interdetto per un attimo, così come quel «nove e dieci» che non aveva assolutamente afferrato.
    «co-»
    Non ci fu tempo per le domande, non che in quel momento contassero davvero qualcosa. Registrò prima le mani di Costas sul suo volto, poi le labbra carnose premere sulle sue, e infine realizzò cosa stava succedendo, con suo sommo stupore.
    Allontanò il battitore con un gesto secco e di getto, nel pugno stretto contro il petto del minore la divisa del compagno, arpionata come se da quel contatto dipendesse la vita di Arturo. Pur senza vedersi, riusciva a sentire il suo sguardo confuso, shockato, colpito. Provava una miriade di emozioni contrastanti, in quel momento, e non sapeva come definirle, come spiegarle. Nella sua testa c'era solo tanto casino, tantissima confusione, e un unico pensiero fisso: Costas mi ha baciato.
    Non che non l'avesse (desiderato) immaginato, prima o poi sarebbe accaduto e lo sapevano tutti: ma tra l'idea di sapere che era nell'aria, a realizzare l'atto pratico, ne passava di strada!! Non osava muovere un muscolo, l'Hendrickson, mentre cercava di sciogliere la matassa di emozioni che gli battevano nel petto, il tutto senza mollare un secondo il compagno; né con la mano, né con lo sguardo.
    Si domandava, come un cretino, perché lo avesse allontanato così bruscamente; e la risposta, purtroppo, era solo una: terrore. Terrore che le cose andassero male; terrore che le cose andassero bene. E perché dopotutto ce l'aveva integrato nel suo essere il bisogno di ricorrere, sempre e comunque, alla fuga come prima opzione. E perché gli avevano insegnato che era sbagliato, che era un peccato, e che non avrebbe dovuto farlo perché sarebbe andato all'inferno per un gesto del genere. Ma come poteva essere sbagliata una cosa che gli faceva battere il cuore in quel modo? Non poteva esserlo; non voleva credere che lo fosse.
    Con lentezza, e senza distogliere lo sguardo da quello verde del Motherfucka, riavvicinò il suo volto e posò delicatamente le labbra laddove erano state per lo spazio di un secondo, pochi attimi prima – o svariati minuti, il tempo si muoveva in maniera strana in quel momento.
    Yep. Confermava quanto pensato inizialmente: voleva farlo ancora. E ancora. E ancora.
    Non forzò comunque il gesto, ma anzi si allontanò di pochissimo per studiare il viso di Costas: non gli sembrava turbato per averlo allontanato, né offeso. Possibile che fosse, anche lui, entusiasta? Piegò impercettibilmente il capo verso la propria spalla, non riuscendo a dare una lettura precisa dell'espressione del minore, ma alla fine lo riavvicinò a sé, strattonandolo per la divisa, e tornò a baciarlo con foga.
    Non voleva fraintendimenti, o che l'altro pensasse di averlo forzato o spinto a fare qualcosa che non voleva, o di averlo trascinato fuori dalla sua zona di comfort: Turo stesso aveva sognato quel momento per mesi, solo che a differenza del compagno non aveva mai avuto abbastanza coraggio da renderlo reale. Ora che lo era, tuttavia, voleva goderselo in ogni istante.
    Al diavolo i problemi, al diavolo gli equilibri della squadra tanto il campionato era finito, al diavolo la sua omofoba madre, al diavolo tutto ciò che non riguardasse quel preciso momento nello spazio e nel tempo.

    Solo dopo svariati minuti – forse, davvero, il tempo era un concetto del tutto astratto in quel frangente! Arturo a malapena ricordava che giorno fosse. - il capitano si staccò per riprendere aria e, senza volerlo, scoppiò a ridere.
    Costas gli aveva fornito la scusa perfetta.
    Si schiarì le voce, le labbra indolensite e arrossate ma innegabilmente sorridenti; sistemò la divisa del compagno, distratto, mentre rifletteva ad alta voce «pensare che volevo stupirti io, invitandoti al prom» e invece era stato Costas, ancora una volta, a spazzare via ogni dubbio e ogni incertezza. Come invito non era il massimo, non era programmato e non era romantico, ma era che, a conti fatti, era ben più di quanto non fosse successo l'anno prima. Almeno quell'anno non doveva preoccuparsi di finire con uno sconosciuto o passare la serata a vomitare anche l'anima spinto dalla miseria e dalla gelosia.
    Alzò lo sguardo verso Costas, ancora visibilmente su di giri per il bacio, e gli sorrise. «la strada per l'Inferno è lastricata di buone intenzioni» non c'erano dubbi che sarebbe finito ai piani bassi dopo la sua dipartita, per quel bacio o per una lunghissima serie di motivi, ma almeno era in buona compagnia.
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    Costas prima agiva e poi pensava, a volte non faceva neanche quello e quando voleva qualcosa se lo prendeva, come Arturo, lo aveva desiderato da mesi e alla fine aveva ceduto all'istinto sapendo che non sarebbe finita bene per lui. Almeno avrebbe potuto dire che lo aveva baciato. Sapeva che dopo quel bacio, neanche troppo invadente Arturo lo avrebbe spinto via, maledetto in spagnolo e poi se ne sarebbe andato. Era convinto che dopo quel giorno avrebbe dovuto ricominciare da capo o peggio non avrebbe avuto più una possibilità. Però ne sarebbe valsa la pena perché le labbra del latino erano morbide e calde, almeno avrebbe avuto un bel ricordo di lui.
    Quando venne spinto via quindi non disse niente, non provò neanche a giustificarsi o a chiedergli scusa, si morse leggermente le labbra e rimase in silenzio a guardarlo, chiaramente sconvolto per quello che era successo, come poteva essere il contrario, per l'ennesima volta il sedicenne aveva deciso per entrambi.
    Si guardarono in silenzio, si scrutarono entrambi per capire cosa fare, magari Arturo stava cercando un modo carino per scaricarlo se così si poteva dire.
    «Arturo» avrebbe voluto dirgli che poteva far finta di niente o che non era qualcosa d'importante ma non riuscì a dire altro che proprio il latino lo prese dalla divisa e se lo avvicinò per tornare a baciarlo. E che bacio! era meglio che in sogno, perché era davvero bravo. Seguì i suoi movimenti, ritrovandosi a intrecciare le dita tra i suoi soffici capelli e con l'altra sul suo fianco per non farlo allontanare, non lo avrebbe lasciato andare via fino a che il fiato non sarebbe finito. Voleva morire baciandolo.
    Era al settimo cielo e la mente era completamente svuotata, aveva solo voglia di lui, non voleva smettere di baciarlo a costo di fermare il tempo. Era anche eccitato, ovviamente e probabilmente se avesse voluto rovinare avrebbe anche fatto sentire al ragazzo quanto lo era, ma le tirate d'orecchio di Nice erano servite a qualcosa perché si limitò a divorargli le labbra o forse era il contrario. Il latino era davvero focoso.
    Si staccarono per riprendere fiato, spostandosi leggermente ammirò il moro con gli occhi accessi e le labbra gonfie, come lui del resto. Non disse una parola perché aveva davvero paura che scappasse ma per fortuna scoppiò a ridere e sembrava persino sollevato, tanto che si ritrovò a sospirare persino lui come se fino a quel momento fosse stato in apnea.
    «pensare che volevo stupirti io, inviandoti al prom» Ora si che era scioccato il Motherfucka, da lui c'era da aspettarselo un gesto come quel bacio, ma che Arturo ricambiasse era stato totalmente inaspettato, ma quella proposta era irreale. Era anche felice perché sapeva quanto quella proposta fosse stata pensata e ripensata e molto probabilmente rischiava anche di non arrivare, il suo spagnolo stava davvero facendo passi da giganti.
    «la strada per l'Inferno è lastricata di buone intenzioni» si guardarono negli occhi, si perse ancora una volta nei suoi occhi chiari, come poteva non esserne attratto; scese sulle labbra, ancora rosse per il bacio. Erano ancora vicini con il compagno che sistemava la divisa, da lui stesso scompigliata e Costas ne approfittò per tenerlo dai fianchi e tenerselo vicino. Gli sorrise in modo furbo decidendo di continuare quello che avevano interrotto, ora che aveva la certezza del suo interesse, avrebbe preteso molti baci. E altro ma non diciamolo ad Arturo che gli prende un infarto.
    «Se dobbiamo andare all'inferno....» e tornò a baciarlo, come se fosse diventato già dipendente da quella bocca. Fu meno sconvolgente del precedente ma ugualmente piacevole, per non dire eccitante.
    Quando si staccarono poggiò la testa contro la sua senza mai smettere di sorridere. «Baci dannatamente bene, Arturito» un altro sospiro poi si staccò completamente per dargli un po' di spazio.
    «E quindi vuoi essere il mio accompagnatore?» lo scrutò per essere certo che non avrebbe cambiato idea, oramai l'aveva detto e non poteva ritirare l'invito vero?
    Decise di giocare perché in fondo era Costas e mica poteva dargliela vinta così facilmente, nonostante fosse stato lui per mesi a inseguirlo poteva fare il prezioso per una volta.Giusto un secondo ecco.
    «Ci devo pensare» Lo guardò sornione per poi incrociare le braccia al petto e poggiarsi al muro «Mi verrai a prendere al dormitorio con un fiore?» dettagli che fossero della stessa casa e che dormissero nello stesso dormitorio, le cose andavano fatte a modo, sempre.

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    Laddove Arturo era riflessioni attente e fin troppo lunghe, che spesso non portavano a nulla perché tendeva a perdere il proverbiale treno a forza di ripensamenti, Costas era impulsività, un modo di vivere che faceva sì che prima agisse, poi si soffermasse a pensare a quanto fatto.
    Forse per la prima volta da quando lo conosceva, Arturo ringraziava con tutto il suo cuore quel lato del carattere del Motherfucka, che prendendo le redini della situazione, rischiando tutto, aveva permesso loro di compiere finalmente quel passo che, se fosse dipeso dal latino, sarebbe arrivato il giorno del poi nell'anno del mai. Non fraintendete, Arturo moriva dalla voglia di farlo già da tempo, solo che, come suo solito, non aveva trovato mai il modo giusto, né l'occasione perfetta. Ancora una volta, non esistevano le occasioni perfette, e razionalmente Arturo ne era consapevole, ma tra il dire e il fare, tra il saperlo e l'accettarlo, ne passava di strada. Quindi sì, la stessa impulsività che in campo aveva creato loro non pochi danni, e che spesso rendeva il Motherfucka un adolescente immaturo – aveva sentito la Hillcox definirlo esattamente in quel modo, e non solo una volta – aveva fatto sì che i due potessero finalmente scavalcare quell'ostacolo che li teneva in uno stato di impasse, bloccati a metà tra la voglia di provarci e il terrore di fallire. C'era molto in gioco, quanto meno per lo spagnolo che con un solo bacio stava stravolgendo la sua vita, ma era disposto a giocare... purché venissero accettate alcune regole, sulle quali probabilmente non sarebbe riuscito a transigere per indole, e per abitudine. Ma non era quello il momento di rovinare tutto con paletti e limitazioni, non quando Arturo non doveva preoccuparsi di niente e nessuno se non di Costas, della presa salda sul suo fianco e delle labbra che sembravano volerlo divorare. Si strinse un po' di più al compagno, inclinando appena la testa per rendere quel bacio più comodo per entrambi, il tutto senza staccarsi dal battitore; finché i polmoni non iniziavano a dolere per mancanza d'aria, Arturo non aveva nessunissima intenzione di allontanarsi da Costas.
    Aveva baciato altre persone, prima di lui: poche, certo, ma c'erano state. La bambina di cui ormai non ricordava neppure più il nome, e alla quale aveva rifilato una terribile testata sul naso per l'ansia e l'inesperienza; qualche ragazzina irlandese conosciuta in quel campo estivo o in quell'altra uscita con i suoi coetanei di Dublino – nessuna che fosse rimasta impressa nella sua mente, però; c'era stata Heather, l'estate prima, che al Capitano sembrava ancora un sogno: com'era stato possibile che lui, proprio lui, riuscisse in una tale impresa? Alle volte, ripensandoci, si dava dei pizzicotti per accertarsi di esser sveglio. Nessun bacio degno di nota per lui, dunque, eccetto quello con la cheerleader serpeverde per la quale Arturo avrebbe sempre provato qualcosa, dopotutto: nulla che si potesse paragonare a quello che stava vivendo in quel momento, comunque. Baciare Costas era diverso per tutta una serie di motivi, fra tutti il fatto che fosse un ragazzo occupava sicuramente il posto in cima alla lista; ma, ancora, c'era qualcosa di più profondo, di più inspiegabile. Arturo si sentiva come se una parte di lui avesse atteso quel momento per tutta la vita, come se quel gesto fosse inevitabile, solo una questione di “quando” e mai di “se”. Non voleva ingigantire troppo le cose, non quando le stesse erano appena all'inizio, ma nello stringere la figura del minore a sé, nel sentire le mani di Costas incastrarsi perfettamente tra i suoi riccioli scuri, qualcosa nel suo petto scattò. Non era l'adrenalina di star compiendo un gesto proibito, né l'eccitazione di farlo nascosto da occhi indiscreti; non era nemmeno l'urgenza con cui entrambi erano entrati in collisione l'un con l'altro, dopo aver sondato il terreno, per un bacio mozzafiato. Era qualcosa di più grande, che il latino non riusciva a spiegare, una sensazione che sfuggiva alla sua presa ogni volta che cercava di afferrarla per analizzarla – come suo tipico.
    Distratto, un po' per le attenzioni del battitore e un po' perché la sua mente non riusciva a smettere di lavorare nemmeno in quell'occasione, non si rese conto di aver stretto i denti finché non sentì il sapore metallico del sangue sulla propria lingua. «Perdón», appena un sussurro, ma infondo non c'era alcuno spazio a dividere i due ragazzi, qualsiasi parola a fior di labbra sembrava quasi urlata. Leccò via il sangue dal labbro di Costas con un ultimo bacio, ormai senza fiato e completamente stravolto. E in imbarazzo. E decisamente eccitato. Si schiarì la voce, cercando di ricomporsi e nascondere i segni di quel bacio alla meno peggio, con tanto di mantello arrotolato alla svelta in grembo. «."..tanto vale andarci in grande stile”.» Continuò la citazione di alto calibro del compagno, interrotta precedentemente da un ultimo bacio. «Twilight? Non ti facevo tipo da Twilight.» Il che la diceva lunga su quanto poco si conoscessero davvero, ma Arturo era pronto a sorvolare su quella questione, pur di non rovinare il mood. Sorrise appena, la testa contro quella di Costas, e non perse quell'espressione beata nemmeno quando lo sentì staccarsi – forse per ricomporsi anche lui, forse per dare spazio allo stesso Arturo. Arrossì (ancora più di quanto non avesse già fatto durante il bacio) al complimento e abbassò lo sguardo, incapace di formulare una risposta: cosa doveva dire? Grazie???? Gli sembrava un po' egocentrico, no? E un “lo so” era fuori discussione perché, infondo, non lo sapeva. “Anche tu” lo avrebbe fatto suonare un disperato? EH. Capite le sue difficoltà? (Tante, me ne rendo conto, ma che ci posso fare)
    Per fortuna, ancora una volta, Costas intervenne in suo favore, riportando la conversazione sull'argomento “prom”. «Beh, tecnicamente, se sono io a chiederlo a te... non dovresti essere tu il mio accompagnatore?» Cavilli tecnici a parte, e comprensibili occhiatacce da parte di Costas, il succo rimaneva che: «quindi ci vieni? Al prom? ...con me?» Era un invito, dai!!!! Più o meno.
    «Ci devo pensare» Assottigliò lo sguardo azzurro tendente al verde come deciso su wechat, scrutando la figura del compagno che stava chiaramente cercando di prendersi la sua rivincita per un anno di rifiuti e distanziamento sociale che manco i DPCM babbani. Non ci credeva nessuno alle sue parole, chiaramente, e lo sguardo sornione la faceva intendere lunga sulle sue intenzioni, ma Arturo decise di stare al gioco. «Ti farai trovare in cima alle scale come Rose Dawson?» Portava sfiga paragonare la loro situazione a quella di Jack e Rose? …..vabbe, ormai. «E fiore sia, potrai metterlo all'occhiello, come corsage Era pronto per affrontare il prom in coppia con Costas? Hell no, ma aveva ancora tempo per metabolizzare la cosa – e per rassegnarsi all'idea che si sarebbero presentati al ballo insieme davanti all'intera scuola. Doveva necessariamente fare il DiscorsettoTM a Costas prima di quella sera, ma per il momento stavano bene così.
    O quasi. «Andiamo, ho bisogno di farmi una doccia.» Scattò in piedi e allungò la mano, offrendo al compagno un appiglio per tirarsi su. «Da solo Doveroso sottolinearlo, conoscendo il minore. «Ma poi possiamo riprendere da dove abbiamo lasciato.» Lo stuzzicò, posando appena le sue labbra su quelle del concasato – compagno, amico? Cos'erano, arrivati a quel punto? «Vámonos, ya Avevano tempo per capirlo.
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    Costas non dipendeva dalle cose o dalle persone, prendeva quello che più gli piaceva ma sapeva anche quando fermarsi e mai nella vita avrebbe voluto dipendere da qualcuno in particolare ma quelle dannate labbra, ora che le aveva assaggiate non era sicuro di poterne fare a meno. Sentiva come se quella fosse la giusta cosa da fare, quello era il rapporto che i due dovevano avere, non erano solo dei semplici amici e mai lo sarebbero stati. Fermarsi aveva voluto dire avere un grande autocontrollo perchè era già pronto per il passo successivo. Era consapevole che il suo desiderio di avere Arturo era affrettato ma vedere in che stato era il compagno non poteva che fargli desiderare di averlo, in quel bagno. Non era romantico, ma con Costas non poteva esistere tale cosa, non era da lui fare le cose come da regola e questo il latino lo sapeva.
    Rimase a fissarlo: aveva i capelli scompigliati, le labbra gonfie e gli occhi - chiaramente azzurri - eccitati; non solo quelli. Aveva notato come si fosse coperto velocemente e ne fu felice, non era il solo che si era eccitato per quei baci. Per la barba di Merlino se aveva ancora voglia di baciarlo, ancora e ancora.
    «Twilight? Non ti facevo tipo da Twilight.»
    «Era di Twilight? Era convinto che fosse di Dante»Mentire, mentire sempre perchè non poteva di certo dirgli che aveva visto più volte quel film trovando tra l'altro più eccitante il lupo che il vampiro - non è vero!! la player non è d'accordo - . Per fortuna parlarono di altro, come ad esempio dove si sarebbero visti e magari anche come si sarebbero vestiti, anche quell'anno erano di coppia? Era nel comitato ma non ricordava bene come dovevano vestirsi, forse si era distratto.
    «Ti farai trovare in cima alle scale come Rose Dawson?»
    «Mi farai volare come Jack?» Rise perchè stavano davvero delirando, ma era liberatorio poter scherzare in quel modo con arturo, poteva vedere quanto anche lui si fosse tolte un peso che lo stava tormentando da mesi. Potevano forse essere felici insieme? Sicuramente no. Andiamo erano i Coturo non avrebbero mai avuto vita facile; entrambi erano legati dalle famiglie che non li avrebbero mai fatti stare insieme: Costas era destinato ad una donna come moglie - già decisa dai suoi genitori tra l'altro - e sapeva che Arturo non era di certo un ragazzo libero di amare.
    «E fiore sia, potrai metterlo all'occhiello, come corsage.»
    «In questo caso, accetto il tuo invito.» era scontato che avrebbe accettato in ogni caso ma dirlo ad alta voce rese tutto reale e gli piaceva. TANTO. Avrebbe avuto finalmente l'opportunità di baciarselo durante la festa, di ballare con lui anche se non era un amante del ballo, ma farlo con lui sarebbe stato divertente. Forse doveva procurarsi quale profilattico, come in ogni ballo che si rispetti poteva capitare anche se loro due non erano una coppia e non erano ancora arrivati a quel punto o almeno non Arturo, Costas era di certo pronto.
    «Andiamo, ho bisogno di farmi una doccia.» o forse si. Costas lo guardò famelico, già pronto a spogliarsi per fare nuovamente una doccia, prese immediatamente la sua mano già eccitato all'idea di potersi fare " una doccia" col suo spagnolo.
    «Da solo.»
    «Arturito»
    Tutti i pensieri sconci che gli erano venuti in mente si dissolsero in un secondo dopo quella frase, ma da l'altro lato quella frase non l'avrebbe mai fermato dal provarci. Infatti sorrise malizioso e non lasciò la sua mano anzi, lo avvicinò al proprio corpo in attesa di un bacio.
    «Ma poi possiamo riprendere da dove abbiamo lasciato.» si fece baciare, ma lo arpionò a sé con un abbraccio che non gli permetteva di andarsene, non più.
    «Vámonos, ya.»
    «Dove pensi di andare» Catturò ancora una volta la sua bocca, leccando le sue labbra, mordendole per poi approfondire il bacio con la lingua; mentre con una mano scivolò dalla schiena fino al suo sedere. Non l'aveva mai davvero palpato e finalmente aveva l'occasione di farlo senza rischiare l'amputazione. Strinse un gluteo mentre dalla bocca usciva un grugnito o un gemito poi lasciò la presa, da tutto e guardò lo spagnolo sempre più eccitato.
    «Se non facciamo la doccia insieme è il caso che io ti aspetti nel dormitorio» disse poco convinto di volerlo lasciare andare, avrebbe volentieri continuato a baciarlo e magari farlo anche sotto la doccia. Ma possiamo già andare in cravings? No. «Almeno che tu non voglia...»disse malizioso ma sapeva benissimo quale sarebbe stata la risposta di Arturo, anche se si erano baciati non avrebbe di certo fatto un passo in più: il bacio era stato più che sufficiente per quella volta. Ovviamente non voleva, infatti lo cacciò via, chiedendogli di aspettarlo fuori,avrebbero continuato dopo, in dormitorio nel letto magari.

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