Filled the pool with champagne

festa d'inaugurazione ♥︎

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    Penn Hilton
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    Filled the pool with champagne
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    on the boys and the ballet
    Con schiena ben dritta e pugni poggiati sui fianchi, la ragazza osservava soddisfatta la sala: aveva fatto proprio un lavoro pazzesco. E con "aveva" intendeva avevano, perchè lei in realtà nel pratico non aveva fatto proprio nulla: prendere in mano il rullo per ripitturare le pareti e fare una passata facendosi scattare una foto da postare su maginstagram non poteva certo esser considerato come "aver lavorato". PERÒ!!! Non c'erano dubbi che quella ristrutturazione aveva dato lavoro ad un sacco di persone, e di certo la hilton non aveva badato a spese per migliorare quel posto come poteva e renderlo perfetto. E, anche se non aveva aiutato la manovalanza, aveva comunque passato praticamente ogni singolo giorno lì dentro per supervisionare i progressi di quei lavori in prima persona, e aveva dedicato tutto il suo tempo a lavorare a stretto contatto con gli interior designer che aveva assunto per assisterla. Non era stato affatto facile tenere tutte le persone alle quali teneva all'oscuro, ma aveva preferito far loro una sorpresa!! e dare la notizia a cose fatte!!! Nessuno di loro sapeva che, per mesi, la hilton aveva valutato se fare o meno quell'investimento, e c'era una piccola parte di lei che, anche adesso che piena d'orgoglio attendeva l'arrivo degli invitati alla festa d'inaugurazione, non riusciva a metter da parte un po' di sensi di colpa. Non era abituata ad usare i suoi soldi per sè, penn hilton, e da quando aveva raggiunto l'età legale per gestirseli da sola, aveva sempre preferito donarli a chi ne aveva decisamente più bisogno di lei, ed aveva sempre tenuto gli acquisti per sè al minimo: i vestiti tanto glieli regalavano i brand, i prodotti per la skincare, trucchi e roba varia pure, la macchina non ce l'aveva perchè tanto non aveva la patente e il jet privato!!! non sia mai, inquinamento!!!!
    Nella vita, di grandi acquisti ne aveva fatti solo tre: la fattoria in texas confinante con quella del nonno, che aveva ristrutturato per bene e salvato gli animali che ci vivevano da una brutta fine, l'appartamento nel quale si era sistemata a londra, perchè con l'arrivo di bang si era sentita da un giorno all'altro adulta?? e quindi vivere in una casa da sola le era sembrato doveroso. Anche solo per non aver più in mezzo ai piedi suoi padre e i suoi sguardi critici. Ed il terzo, dopo grandi riflessioni e complessi ragionamenti su pro e contro, alla fine era stato proprio l'amortentia.
    «crisi di mezz'età??»
    «oddio vero, tra due settimane fai 25 anni»
    «OMG PENNYYY ANCHE TE ORMAI A METÁ DI 50 SEI DIVENTATA GRANDE!!!!»
    «...ne faccio VENTIQUATTRO e NON È UNA CRISI DI MEZZ'ETÀ»
    se lo fosse stata si sarebbe comprata... boh, un'isola??? una nave da crociera???? quella sì che sarebbe stata una crisi!! Ma, ovviamente, durante quella giornata in famiglia, quando aveva fatto vedere in anteprima assoluta ai cugini i lavori appena finiti, non specificò il vero motivo per il quale l'aveva fatto, anche perchè a) non era pronta ad ammetterlo a sè stessa e b) ci teneva al suo rapporto con yale. Già rivelargli che il suo nipotino preferito fosse figlio di uno dei suoi più grandi nemici era stato difficile ed aveva messo a dura prova quel rapporto zio/nipote, ammettere che anche quell'acquisto fosse solo vagamente legato al peetzah di certo non avrebbe aiutato!! Non lo sapevano gli altri hilton, che era stata proprio in una delle stanze per i massaggi che, un anno esatto prima, una tremante philadelphia sutton maribel soledad hilton, così poco abituata a non sapere quale fossero le parole giuste da dire o a gestire quella paura ad attanagliarle il petto, aveva rivelato a piz la verità su suo figlio. Ed era ormai da un anno che bangkok hilton aveva un vero padre, un unexpected plot twist nella storia della loro vita, ancor più dell'arrivo stesso del bambino. Non se lo sarebbe mai perdonata, se il posto che aveva fatto da sfondo ad uno dei momenti più importanti della sua vita avesse chiuso per sempre.
    E così alla fine aveva deciso di comprarlo lei.
    Lavorare al massimo per renderlo perfetto.
    Assumere nuovi dipendenti, riarredare molte delle stanze, ampliare gli spazi e l'offerta di trattamenti.
    E, infine, organizzare quella festa d'inaugurazione: nella grande hall d'ingresso, che normalmente sarebbe stato il punto di attesa e smistamento verso le varie stanze per i diversi trattamenti, aveva fatto aggiungere un ampio piano bar, normalmente predisposto a servire drink gratuiti di benvenuto - e quella sera illimitati: conosceva le sue pecore e sapeva come attirarle. - ed i divanetti per attendere il proprio turno erano stati spostati verso le pareti, in modo da lasciar molto spazio per ballare. Infine, sull'ampia fontana al centro della stanza, nel cui mezzo si trovava un grande salice (...willow, capito?? SPOILER #wat) incantato, dalle cui foglie l'acqua cadeva dolcemente creando un effetto molto rilassante (??), aveva fatto applicare per l'occasione una piattaforma trasparente ai lati così da sistemarci sopra il buffet. Ed ovviamente no, il consiglio di posh di chiamare la dpg a cantare l'aveva bocciato: era una festa sofisticata, non li voleva i tamarri (....tranne posh dai, lui era di famiglia lo accettava.)
    Gli inviti all'inaugurazione che aveva spedito, specificanti data, ora e necessità di portarsi dietro la carta d'identità perchè gli studenti non sarebbero stati ammessi (se l'aveva fatto così da poter smollare bang ad arturo???? forse), erano stati spediti affiancati ad un buono gratuito per tre trattamenti a scelta: massaggi di tutti i tipi, dal ayurvedico al thailandese, percorso kneipp, bagno tradizionale nel fieno, wine therapy (...mamma mia ma quanta roba strana sto leggendo vorrei provarli tutti) e.. well, un po' tutto inzomma. Se farlo quella sera stessa allontanandosi per un po' dalla festa o tenerlo da parte per i giorni successivi spettava agli invitati!! Anche se, penn ne era piuttosto certa, in pochi si sarebbero allontanati dal piano bar: un po' come ai matrimoni, quando l'alcol era tanto e gratis, nessuno voleva andar via. Ovviamente l'open bar era stato specificato nell'invito.
    Era davvero davvero tanto entusiasta, non vedeva l'ora che arrivassero tutti!!! La musica era già alta, tutti i dipendenti nelle loro postazioni e la hilton aveva già buttato giù tre bicchieri di champagne per eliminare un po' di tensione.
    «sono karica come quella volta in cui paris è andata ad investire kim con il trattore di nonno» ah, l'aveva detto ad alta voce?? cavolo era un sekreto che per anni era rimasto in famiglia. vbb... l'aveva tenuto per tanti anni dai!!1! e non serve star a specificarlo: sua cugina non l'aveva invitata.


    Festa d'inaugurazione dell'amortentia, per i lavori di restauro!!!
    Sono ammessi solo i grandi e vaccinati - no vbb sarebbe troppo discriminante, facciamo che il green pass non serve!!1! ma un diploma di liceo sì - perchè dai non facciamo quasi mai eventi per gli adulti, MOMENTO PERFETTO PER FAR VIBRAR TUTTI *WINK WINK*
     
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    ehi, penn, guarda il braccio!
     
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    La prima volta che Chelsey aveva avuto l’invito tra le mani l’unica reazione della Furia Rossa fu quella di alzare le spallucce e liquidare la questione con un più che significativo “meh”, archiviando così la questione. Non che avesse qualcosa contro l’Amortentia o contro la riapertura o contro chiunque ne avesse preso in carico la gestione, aveva solo cose più importanti da far che potevano essere riassunte con un’unica parola: Quidditch.
    Quello era stato l’anno d’oro delle Harpies: avevano vinto tutto. Il campionato, la coppa dei campioni, i mondiali per club. Erano riuscite nell’impresa del triplete e la Weasley finalmente ricordava quale fosse il dolce sapore della vittoria, l’emozione di sollevare in aria una coppa e sfogare l’adrenalina negli spogliatoi in festa. Avevano vinto tutto, sì, ma non era ancora abbastanza, non per lei che aveva sempre più fame, sempre più voglia di strappare il ruolo da titolare e prendersi a pieno tutti i meriti. Non che non avesse giocato, Morley e la società tutta si erano resi conto non fosse tipa da scaldare la panchina troppo a lungo, ma voleva semplicemente di più. Ne voleva ancora e mentre le altre riposavano nelle partite minori in attesa delle competizioni internazionali, la Rossa sfruttava ogni istante di gioco per colpire bolidi e portare a casa nuove vittorie, nuovi punti in classifica, nuove opportunità. C’era ancora qualche partita da disputare prima del riposo estivo e lei non aveva la benché minima intenzione di distrarsi. O così pensava. Non aveva messo in conto che il loro allenatore, e a quanto pare non compagno della madre di suo figlio che risultava anche essere la nuova proprietaria della SPA più esclusiva del mondo magico, sarebbe diventato uno dei suoi peggiori incubi.
    Non esisteva frase in cui non riuscisse a inserire la parola: “eddairagazzeveniteall’Amortentiaconme” con lo stesso tono di voce da dead man walking (e probabilmente lo era) e Bang che supplica di giocare ancora a schivare i bolidi.
    Chelsey aveva provato a ignorarlo (non Bang, lui era così carino con quelle guanciottine paffute) e a fingere che quell’intermezzo non esistesse, ma nel giorno di pochi giorni i discorsi del Peetzah era tutto ciò che restava nel mezzo tra “Amortentia” e “vi prego”, o almeno era questo quello che registrava la mente semplice della Weasley, che reagiva soltanto quando sentiva qualcosa inerente al Quidditch.
    Per esasperazione, e perché un po’ temeva che la lasciasse fuori squadra qualora non si fosse presentata, aveva acconsentito a partecipare alla super – mega – cool inaugurazione del secolo, pensando ingenuamente che quello bastasse a rendere contento un Piz che aveva decisamente bisogno di aiuto. Possibilmente di uno bravo.
    Certo, quello che la Weasley aveva avuto modo di ignorare fino alla fine – probabilmente era distratta a lucidare la scopa quando glielo dicevano – era il dress code.
    “Sono sfinita.” Disse emergendo dall’armadio e buttandosi sul letto con la faccia premuta contro il materasso. “Non possiamo andare in accappatoio? Con le ciabattine e i cetriolini sugli occhi? No?” Si azzardò a sollevare leggermente la testa, giusto per rischiare di essere fulminata dallo sguardo del biondo. “Sarebbe fighissimo, un’entrata ad effetto degna di questo nome! Pensaci, saremmo già pronti per i trattamenti super esclusivi…” si allungò a prendere l’invito e a rigirarlo tra le dita “all’ayurveda… cos’è? Si mangia?” Domandò ancora, provando ad immaginare come potesse essere un cibo con quel nome. “Puoi dire a Piz che sono malata? Guarda, sto vomitando… bleeeeeeah.” Cacciò fuori la lingua, inclinando la testa di lato, prima di tornare a guardare l’amico in piedi davanti l’armadio. “Secondo me, stiamo cercando l’outfit nell’armadio sbagliato. Jekyll potrebbe avere…” Si morse la lingua ancor prima di finire la frase, sollevando gli occhi al cielo e lasciandosi andare nuovamente sul materasso, ignorando che tutti i suoi vestiti fossero sparsi nella sua camera da letto come se qualcuno avesse appena lanciato un bombarda contro il suo guardaroba. “Prima che tu dica qualcosa, guardami. Ti sembro tipa da… aperitivo sciccoso? Ho solo tute, salopette, pantaloni e felpe nell’armadio… e qualche top. Forse…” Si alzò dal letto e si diresse verso l’altra zona, ancora inesplorata, dell’armadio a numerose ante che faceva da padrone in quella stanza. Non sapeva se potesse farlo o meno, era cresciuta come figlia unica e non sapeva come funzionassero le cose tra fratelli, però… però quando ci si voleva bene, ci si prestava anche i vestiti? Qualcosina al volo? Ogni tanto aveva trafugato qualcosa dall’armadio di Kain e credeva che con Amalie ci fosse un rapporto simile, un legame abbastanza forte e familiare che le avrebbe permesso di dare un’occhiata tra i suoi vestiti. Lei glielo avrebbe lasciato fare tranquillamente, le uniche cose off limits – e che dubitava Amalie avesse mai potuto puntare – erano le maglie autografate dei Falmouth Falcons (soprattutto quelle dell’unico, solo, inimitabile, ineguagliabile, irraggiungibile Huxley) ben custodite in apposite teche di vetro ed esposte sulle pareti della sua stanza tra un poster di Elwyn e un altro suo ritaglio di giornale. Prese coraggio e, dopo un istante che le parve infinito, si decise ad aprire quello che si sarebbe rivelato l’armadio delle meraviglie. “Questo potrebbe essere elegante ma non troppo?” Disse prendendo una semplicissima gonna nera corta, con un lungo strato di velo (o quello che era) che sembrava potesse fare al caso loro. Bastò quello per ringalluzzire il disperato Cavendish al suo fianco che, nel giro di pochi secondi – wow sapeva orientarsi in quella baraonda di vestiti meglio di lei - riuscì a crearle l’outfit della serata e a non svenire quando, per ottimizzare i tempi e perché non aveva il benché minimo senso del pudore, decise di cambiarsi davanti a lui.

    “Era necessario tirarmi su i capelli? Mi piacciono di più sciolti.” Sbuffò piano una volta arrivati, ma solo per il gusto di lamentarsi un pochino e chiacchierare, muovendo i fianchi e facendo roteare la stoffa leggera. “Guarda come gira!!! Ok, hai ragione, per i trattamenti ma… certo che è comodo.” Saltellò sul posto e si abbassò testando la sua libertà di movimento. “Spero Ams legga il messaggio che le ho lasciato e che Graffio non lo mangi prima. Sei pronto???” Batté le mani entusiasta, sì, ora che erano entrambi fuori dal locale e vestiti di tutto punto si sentiva quasi come se dovesse scendere in campo. “Entriamo?”
    Entrarono.
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    Non sono abituata ad essere la prima a rispondere alle feste e... niente, so che non dà spunti, ma Chelsey è entrata con Dom, CIAO DOM! Quindi sentitevi liberi di interagire con lei e di fare /cose/, penso punti direttamente al banco del cibo, ma, davvero, fate vobis
     
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    Ethan non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva partecipato a un evento sociale che non fosse collegato in qualche modo a Convegni sui Draghi, lezioni sui Draghi o qualsiasi altro tipo di incontro formativo sui Draghi che avesse come seguito momenti di convivialità dove si discuteva, per lo più, di materie oggetto di interesse comune: i Draghi. C’è anche da dire che Ethan si divertisse un mondo in quelle occasioni, tornava a casa sempre con qualche nuovo aneddoto da raccontare agli altri addestratori, con nuove e accattivanti storie che riguardavano le altre Riserve e la voglia di rubare qualche idea per adattarla all’ambiente rumeno e ai suoi svariati ospiti. L’unica cosa negativa è che quella sua indefessa dedizione al lavoro lo aveva reso un eremita.
    Negli ultimi sei anni, infatti, aveva vissuto una vita piuttosto ritirata in Romania, preferendo la natura e la compagnia di quelle creature leggendarie che tanto amava, e aveva un po’ perso contatti con tutto ciò che riguardasse gli esseri umani, le loro mode, gli slang più recenti, i tormentoni, i vip e quanto concernesse la vita mondana.
    Si stupì di aver ricevuto quell’invito, un po’ meno quando sua sorella era letteralmente saltata sul divanetto di Madama Piediburro – brutto, eh, quando devi farti perdonare sei anni di mancato tè pomeridiano e sei assalito da un leggero senso di colpa per aver lasciato indietro l’unica persona che aveva più di tutti bisogno di aiuto – alla vista di chi fosse il mittente e aveva iniziato a supplicarlo affinché potesse accompagnarlo. Come se l’Huxley avesse una vasta possibilità di scelta e che le sue conoscenze non si limitassero ad Hans e Jek. Il primo era il suo tirocinante – la sua relazione sui draghi della Riserva aveva dell’incredibile e non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che aveva riso così tanto fino ad avere gli addominali leggermente indolenziti – e l’altro era uno dei pochi volontari che si erano offerti di dargli una mano ad avviare il suo nuovo progetto. Entrambi Pirocineti, entrambi a giocare col fuoco. Letteralmente. Non erano rare le volte in cui Ethan era dovuto intervenire, specialmente quando erano vicino a Tony, per evitare venissero falciati via. Eh, non potevano arderli vivi. Ethan avrebbe dato tutto per ottenere il loro potere, per avere l’abilità di poter comunicare con quelle creature che da sempre lo avevano affascinato… se solo avesse avuto la certezza di non fare la stessa fine di Wayde.
    Tutto sommato si divertiva, non capiva quello che gli altri due dicevano quando parlavano con i Draghi – spesso e volentieri insulti, nel caso di Hans, e freestyle per quanto riguardava Jekyll – ma, in un certo modo, si sentiva coinvolto.
    Se non fosse stato per Liz, per quella reazione così estasiata all’idea di poter andare a quell’inaugurazione pazzesca, probabilmente sarebbe rimasto a casa, in compagnia dei suoi libri. E invece aveva passato il pomeriggio ad accertarsi non ci fosse traccia di terriccio sul suo corpo, che non odorasse eccessivamente di natura e che il maglioncino blu e i pantaloni scuri che aveva scelto per l’occasione fossero abbastanza stirati e adatti a quella serata.
    Non era una persona ansiosa di natura… o almeno non lo era stato fino a quando, a 10 minuti dall’inizio dell’inaugurazione, sua sorella non gli avesse dato buca. E ora? Che doveva fare? Doveva andare? Certo che doveva andare, oltre a tirargli un pacco per non aveva capito bene quale motivo, lo aveva anche minacciato poco velatamente di morte se non fosse stato i suoi occhi. Si era anche raccomandata arrivasse con un quarto d’ora di ritardo come i veri vip, ma non aveva idea di come impiegare il tempo. Si era anche regolato la barba e sistemato i capelli! Non gli restava molto altro da fare se non controllare l’ora e… arrivare perfettamente puntuale all’Amortentia.
    Si smaterializzò fuori dal locale, ammirando la struttura esterna per qualche istante. L’ultima volta che ci era stato era ridotta piuttosto male: era San Valentino, vi cercava armi all’interno perché pareva potesse morire da un momento all’altro, non funzionava la magia e aveva dovuto non-assistere a uno spogliarello per poter ritornare nel mondo reale. Tutto nella norma.
    Dopo aver mostrato il documento all’ingresso, fu accolto da uno scenario meraviglioso. Non sapeva cosa aspettarsi ma non quello. Sembrava quasi l’albero fosse il centro della scena e che tutto l’edificio si sviluppasse attorno a questo. Era bellissimo. Restò a guardare l’albero a bocca aperta per qualche secondo, prima di ricordarsi quali fossero le buone maniere. C’era ancora poca gente nella sala e non aveva assolutamente idea della persona che avrebbe dovuto ringraziare per l’invito e a cui avrebbe voluto fare i suoi più sinceri complimenti a auguri per quell’avvio di attività.
    Si portò vicino ai divanetti, confidava che la ragazza sorridente e vestita in modo professionale potesse indirizzarlo verso i proprietari ma, ancor prima di poter proferire parola, venne travolto da un’ondata di parole senza fine riguardanti tutti i possibili trattamenti che avrebbe potuto fare e, soprattutto, prima di ritrovarsi tra le mani un depliant esplicativo, la stessa gli prese le mani per guardarle meglio e – ignara del suo imbarazzo – iniziò a sciorinare consigli per evitare si riducessero in quel modo, bombardandolo di parole cui lui non riusciva a dare un significato.
    Please, someone send help.
    Ethan
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    Cerca di capire chi è Penn in modo tale da farle i complimenti e congratularsi con lei, ma è vicino ai divanetti dove una dipendente lo bombarda di informazioni sui trattamenti e spera che qualcuno lo salvi.
     
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    Svetlana adorava l’Amortentia, era uno dei suoi luoghi preferiti del mondo magico. Non solo perché amava viziarsi e coccolarsi, ma perché era anche uno dei pochi posti in cui riuscisse davvero a rilassarsi e a dedicare più di cinque minuti del suo tempo alla sua persona. Il suo lavoro al Lilum, e quello che orbitava attorno ad esso, non le consentivano di avere orari prefissati, giorni di ferie o, comunque, la possibilità di staccare senza avere il costante timore di essere chiamata per risolvere un qualsiasi problema: dal vestito di scena scucitosi all’ultimo momento al cliente molesto che doveva essere sbattuto fuori dal suo locale.
    Col passare del tempo aveva iniziato a vivere per il lavoro e a lasciare che questo aspetto iniziasse a monopolizzare tutto il suo tempo, aveva permesso a Svetlana di essere sempre al comando, schiacciando così le altre maschere e rilegandole in un angolo della sua persona, in attesa di riemergere, che arrivasse il momento di mettere in pausa la business woman, lasciando il posto alla giovane donna che era. Aveva 25 anni, eppure aveva fatto un decimo delle cose ci si aspettasse da una persona della sua età, troppo concentrata ad assicurarsi un futuro migliore che, effettivamente, a godersi le opportunità che quel futuro, che man mano diventava presente, le dava.
    Da quando aveva ricevuto l’invito di quell’inaugurazione, era stata combattuta sul da farsi: una parte di lei, quella ligia al dovere, le faceva notare come si trattasse di una mera inaugurazione e che, comunque, di lì a pochi giorni aveva finalmente il suo appuntamento settimanale – non ne poteva più di doversi accontentare di estetiste e massaggiatrici incompetenti che rischiavano di rovinarle la pelle a ogni seduta -; l’altra, quella più ragazzina e dal disperato bisogno di una pausa, era entusiasta di quello che si prospettava essere l’evento dell’intera stagione e lei non poteva di certo perderlo! Così come non poteva costringere i suoi dipendenti a lavorare mentre lei decideva di andare a divertirsi (o così sperava), ignorando il fatto che anche loro avessero potuto ricevere lo stesso invito.
    Alla fine, dopo un breve consulto tra Maggie e Svetlana, Margaret aveva deciso di scendere a un compromesso tra le due: il Lilum sarebbe rimasto aperto, con orario ridotto, e soltanto chi non fosse stato interessato all’inaugurazione della nuova Amortentia sarebbe andato a lavoro, garantendo così una copertura minima degli spettacoli, del servizio ai tavoli e del servizio bar.
    Non era una persona avvezza a queste soluzioni ma, per una volta, sentiva che non sarebbe stato così sbagliato diventare la sua priorità, anche solo per una sera, per quella manciata di ore che, probabilmente, per qualcun altro sarebbe stato un lasso di tempo davvero irrisorio.
    Senza contare che era curiosa di vedere con i suoi occhi come fosse diventata la SPA, notare tutto ogni piccolo cambiamento, soffermarsi sui dettagli e, perché no?, farsi ispirare per qualche nuova scenografia al Lilum o, addirittura, qualche nuova coreografia.
    Voleva svagarsi e, per una volta, trascorrere una serata in tutta tranquillità, senza dover guardare l’orologio in attesa che scadesse l’ora o cronometrando i secondi prima di entrare in scena. Voleva dimenticarsi del tempo e andare e venire a suo piacimento, sfruttando a pieno ogni istante di quel tempo che si era concessa… e costringere un altro stakanovista di sua conoscenza a fare lo stesso.
    “Alle 18:00 passo a prenderti. Elegante. Non hai scuse.” questo il bigliettino che aveva fatto recapitare, e pagato un extra affinché il gufo si accertasse che il Collins lo leggesse, a Holden e che gli negava ogni qualsivoglia diritto di replica. Lei aveva bisogno di una pausa, ma solo Salazar sapeva quanto l’ex Grifondoro avesse bisogno di uscire e schiarirsi le idee. Dubitava che negli ultimi mesi fosse andato avanti col suo romanzo, troppo occupato a… boh, fare quello che facevano gli scrittori quando avevano il blocco della pagina bianca, per ricordarsi anche solo che esistesse un mondo oltre la sua piuma.
    E così, all’orario indicato, era fuori casa dell’amico pronta a prelevarlo anche con la forza.
    Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui si era ritagliata del tempo per sé stessa ed era disposta a scardinare la porta con un movimento della bacchetta se fosse stato necessario. Sadly not. Holden era incredibilmente già vestito e pronto ad uscire. Non commentò l’assenza di Emma, non era lì per rovinarsi l’umore o per ascoltare i drammi di qualcun altro. Ok, forse dopo qualche bicchiere di champagne avrebbe anche potuto interessarsi della vita sentimentale del suo accompagnatore, purché non le rovinasse l’elegante vestito verde che aveva scelto di indossare. Ci aveva messo ben tre ore a decidere quale fosse l’outfit migliore per l’occasione, e altrettante affinché il trucco e l’acconciatura esaltassero i suoi lineamenti delicati, dando così un risultato – a suo modesto parere – impeccabile.

    Ancora non ci credeva di essersi presa un giorno libero, neanche giunta davanti all’Amortentia, né dopo aver superato i controlli all’ingresso. Solo una volta dentro si ritrovò a dare colpetti entusiasti alla mano di Holden, incitandolo ad andare un po’ più veloce e a sorridere un pochino di più, mentre osservava rapita il grande salice al centro dell’atrio, il bancone del bar, i divanetti e tutto quello su cui riusciva a soffermarsi il suo sguardo estasiato.
    “Vai a prendere due flute di champagne?” Domandò all’ex Grifondoro indicando con un cenno del capo il barman “Per favore?” Aggiunse trattenendo appena un sorriso, prima di mollare la presa sul braccio dell’uomo – dando per scontato facesse esattamente quello che gli aveva appena chiesto (non era abituata a ricevere no come risposta) – e dirigersi verso quella che doveva essere la vera star della serata.
    “Philadelphia Hilton? Harvard mi ha parlato tantissimo di te” e che questo potesse non essere propriamente vero, non era necessario l’americana ne venisse a conoscenza. “Sono Margaret Piper, Maggie per gli amici.” Si protese a salutarla, cercando di capire se fosse più tipa da bacetto sulla guancia, da abbraccio o da stretta di mano. “Questo posto è fantastico, hai fatto davvero un lavoro incredibile! Non vedo l’ora di scoprire tutte le novità che hai in serbo per noi!” e, come mai prima di quel momento, un entusiasmo genuino permeava ogni singola parola che aveva appena detto.
    Per lei, quell’anno il Natale era arrivato in anticipo.
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    Arriva con Holden, è super felice, parla con Penn


    Edited by ReLoad - 17/5/2021, 18:48
     
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    Elwyn Huxley
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    "I could have eaten that"
    Conosceva le sue pecore e sapeva come attirarle. (cit)
    Elwyn Huxley era un membro di spicco di quel gregge che avrebbe reso vincente la strategia di Penn, perché se c'era qualcosa in grado di smuovere il suo comodo e pesante deretano dal divano del suo appartamento, di spingerlo a recarsi in un luogo verso cui non aveva alcun interesse e accettare di dover affrontare l'imbarazzo sociale cui era sottoposto ad ogni evento pubblico, beh (non suo padre), era proprio la possibilità di scroccare cibo e alcol. E farlo nel tempio della cura della persona aveva un che di poetico.
    Si fece servire un bicchiere di champagne e attraversò la hall a passo lento – mano in tasca e iridi intente a vagare da un angolo all’altro dell’ampio ambiente. Era necessario uno studio attento per mettere in atto quella che l'ex-corvonero considerava un’arte a tutti gli effetti; non poteva certo fiondarsi sul buffet come se avesse patito la fame nelle ultime settimane e poi restarsene lì, davanti alla fontana, per l’intera durata dell’inaugurazione. Era necessario individuare la posizione migliore per arraffare il cibo, in una zona in cui le fronde del salice incantato lo avrebbero nascosto alla vista altrui, e un’altra in cui ritirarsi, come un ninja, per consumare il bottino senza dover scambiare sorrisi di circostanza, essere coinvolto in qualche trattamento offerto dall’Amortentia o finire per cimentarsi in una di quelle memorabili imprese per cui, da anni, finiva sulle pagine dei giornali scandalistici.
    Si fermò nei pressi dell’ingresso, fingendo di essere impegnato a notare come “il colore delle pareti trasmettesse un senso di profonda tranquillità” – o dettagli simili su cui altri avevano fatto osservazioni a voce alta – mentre, invece, la sua attenzione era quasi totalmente rivolta verso il flusso di ospiti in arrivo. Non che aspettasse qualcuno in particolare, ma aveva in mente giusto un paio (di decine) (di centinaia) di persone che avrebbe volentieri evitato.
    Come suo fratello, ad esempio.
    Si voltò di scatto, dando le spalle ad Ethan prima che quest’ultimo potesse incrociare il suo sguardo. Non si aspettava di vederlo lì, l’ex-corvonero; non si aspettava di vederlo affatto, a onor del vero, perché dal giorno del suo ritorno a Londra aveva cercato di evitare ogni possibile interazione. Era quello che faceva da anni: si era convinto che sarebbe stato meglio uscire dalla vita del minore, tentare di alleggerirla dopo averla resa intollerabile; si era detto di dovergli lasciare il suo spazio, fino a che questo non era diventato quello sconfinato di una riserva a chilometri di distanza da casa; si era ripetuto che il tempo sarebbe stato suo alleato, che avrebbe fornito loro ricordi da sovrapporre ai più dolorosi e che avrebbe cancellato quelle immagini che, invece, continuavano a rimanere davanti agli occhi di entrambi – vivide come se fosse ancora il primo giorno. Non avrebbe saputo cosa dirgli, cosa aggiungere a quelle scuse scivolate via senza sortire l'effetto sperato – troppo poco, per andare avanti.
    Attese qualche istante e si voltò nuovamente verso l’uscita, indeciso se abbandonare l’inaugurazione e rimandare ancora quell'incontro. E fu in quel momento che li vide, Margaret e il suo accompagnatore, la cui sola presenza bastò ad accendere lo sguardo del mercenario, ad indurirne i lineamenti e avvertire l’irrefrenabile voglia di assestargli un pugno in pieno viso – in onore dei bei vecchi tempi. Era facile odiare Holden Collins dopo il trattamento che aveva riservato ad Ethan; era facile attribuirgli le colpe dell’infelicità del fratello ed era comodo farlo, per sentire la coscienza più leggera. Persino più semplice, quel giorno, perché a quell’ondata di rabbia e rancore si era aggiunto un sentimento differente, sul quale il mercenario non aveva alcuna intenzione di soffermarsi. Di conseguenza, alle domande su cosa ci facesse lì con Margaret – se avesse ancora bisogno di nascondersi dietro ad una relazione di facciata, se fossero rimasti amici o se continuassero ad andare a letto insieme, come tra le mura del castello – si sostituirono quelle su come avrebbe dovuto comportarsi con Ethan. Avrebbe dovuto avvertirlo della presenza del Collins? Avrebbe dovuto evitare di immischiarsi? Avrebbe dovuto aspettare circostanze migliori per rivolgergli la parola?
    Si avvicinò al bancone del bar, si fece servire un whiskey e un bicchiere di quello che ricordava fosse il drink preferito dal minore e si incamminò nella sua direzione – non soltanto perché restare, per Ethan, sembrava la cosa giusta da fare, ma perché sperava fortemente in un cenno (qualsiasi) (davvero, persino il più ambiguo) (ok, si sarebbe fatto andare bene anche uno starnuto), da parte del fratello, per potersi lanciare addosso allo scrittore. «Grazie, credo opteremo per la wine therapy.» trattamento che non era neppure lontanamente vicino a ciò che Elwyn aveva in mente – e cioè bere fino a perdere i sensi. Sorrise alla ragazza che avrebbe voluto continuare a bombardare Ethan di informazioni sui servizi dell’Amortentia e avvicinò il bicchiere al fratello, offrendogli qualcosa da spaccare sul suo cranio se avesse voluto fargli sapere quanta (poca) voglia avesse di interagire con lui. «Non so se ti fa ancora effetto,» l'alcol, il Collins, entrambi «ma è appena entrato Holden» con una delle sue coperture avrebbe voluto aggiungere; e sebbene avesse bisogno di dirlo ad alta voce per esorcizzare l'idea che lui e Margaret fossero lì in qualità di coppia, sapeva che una simile esternazione non avrebbe fatto altro che ferire il fratello. Si morse la lingua, dunque, e portò le iridi in quelle dell'Huxley, concedendosi qualche istante per registrare i cambiamenti sul suo viso – tanto i più evidenti quanto quelli che soltanto in pochi avrebbero potuto scorgere. Provò a dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola – avrebbe avuto il diritto di chiedergli come si sentisse? Inspirò profondamente, cercando di rallentare il battito diventato martellante, e fece un passo indietro. «Vuoi che vada via?»


    PIZ DOVE SEI?

    Volevo riprendere a scrivere partendo da qualcosa di leggero, ma... meh, è venuto fuori un ibrido.

    Comunque...
    Elwyn è lì per bere e mangiare a scrocco, come sempre; vede Ethan, vuole scappare, poi vede Holden e vorrebbe picchiarlo, quindi decide di restare nella speranza che il fratello gli dia un pretesto qualsiasi per farlo
     
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    morley peetzah
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    And you asked me to dance, but I said, "dancing is a dangerous game".
    Oh, I thought: "This is gonna be one of those things"
    Morley Peetzah aveva la pellaccia dura.
    Lo aveva sempre saputo, in cuor suo, di essere resiliente e che poche erano le cose in grado di fargli davvero male, ma negli ultimi anni ne aveva avuto la prova concreta: tanti erano stati i momenti in cui More si era sentito sotto attacco, alle volte solo metaforicamente, altre letteralmente, ma era sempre sopravvissuto a tutto - al bolide che l'aveva disarcionato e alla botta in testa con annesso volo di venti metri che ne erano conseguiti; ai giornali che lo avevano dato per spacciato e finito; al sogno di tutta la vita che si era infranto nel giro di pochi maledetti secondi; alla riabilitazione e alla prova concreta e tangibile che per lui non c'erano più intere giornate passate a mezz'aria, ma solo un mero riflesso di quello che un tempo era stata la sua intera esistenza, ora osservata da bordo campo e in piedi su una panchina.
    Aveva accusato i colpi, sempre, ma ne era uscito a testa alta e con dignità, alcune volte più di altre – e alcune volte, invece, sprofondando nella disperazione più totale, scene orripilanti alle quali solo poche anime fortunate (Liv e Idem, fine della lista) avevano avuto il piacere di assistere.
    Comunque, nonostante tutto, era ancora lì.
    Ancora in piedi.
    Ancora vivo, pur senza un manico di scopa sotto le chiappe a tenerlo davvero in vita.
    Tanto era bastato a convincerlo che sì, era proprio indistruttibile. Non c'era alcun colpo basso che la vita potesse riservargli al quale lui non avrebbe resistito. Era Morley fuckin Peetzah ed era a prova di bomba.
    A meno che, tale bomba non venisse sganciata da una certa Philadelphia Sutton Maribel Soledad Hilton; lei si che sapeva quali argomenti trattare per sbracarlo totalmente, un castello di carta che veniva giù con una mera alitata di vento. Perché se s'era ripreso in men che non si dica (beh.... dai.... quasi) dal bolide e dalla riabilitazione, non poteva dirsi la stessa cosa della reazione allo scoop che Penn gli aveva rivelato dodici mesi prima. Ma era già passato tutto quel tempo?! Era volato via, passato in un battito di ciglia; gli sembrava solo ieri che, incoraggiata dal luogo pubblico e forse rinvigorita dal massaggio che si erano appena concessi, Penn lo aveva messo alcorrente della paternità di Bangkok, rivoluzionando nuovamente la sua vita.
    C'aveva messo un po' (parecchio) ad accettarlo, ma aveva iniziato finalmente a fare il padre – o, quanto meno, ci stava provando. Non erano rare le volte in cui fuggiva di corsa da sua sorella, da sua cugina o, peggio ancora, dalla stessa Hilton, per riconsegnare quel fagotto che ancora non aveva ben capito come trattare; ma era Morley, era un campione, e soprattutto era testardo. Ogni volta tornava alla carica convinto di potercela fare, sicuro che prima o poi avrebbe trovato il punto di svolta, la chiave per entrare definitivamente in sintonia col piccolo Bangkok.
    Ma non era ancora arrivato a tanto, la strada da percorrere era ancora tantissima e non era pronto ad un'altra notizia bomba. Aveva confidato i suoi timori ad Idem, e per tutta risposta la cugina gli aveva chiesto cosa lo avesse spinto a pensare ad una possibile altra notizia sconvolgente da parte della Hilton e Piz non aveva avuto davvero una risposta che non fosse «mi ha invitato da Amortentia....!!!!» e visti i loro precedenti, la sua mente semplice aveva fatto un banalissimo calcolo ed era arrivata alla conclusione (sbagliata). «Spero almeno non siano gemelli.» Era pronto a diventare di nuovo padre? Ovvio che no, ma soprattutto non era ancora in grado di guardare un (1) figlio, figurarsi tre?????
    «Forse stai esagerando...» O forse no, fu la sua pronta risposta.
    Ma la Withpotatoes aveva sempre ragione.

    «Oh.» che poteva essere un “wow è tutto bellissimo, sei stata bravissima, che bello” oppure un “la mia ragazza sta crescendo e sta diventando una businesswoman sono così orgoglioso di lei, Ferragni who??” e invece era un “oddiomenomalequindinonseiincita”, che però rimase taciuto. «OH.» perché l'ipotesi che Penn avesse qualcosa da dirgli, era rimasta in prima linea nella sua testolina per settimane, al punto da spingerlo ad invitare l'intera squadra delle Arpie come supporto morale (e perché se lo meritavano, per Godric se se lo meritavano!! dopo aver vinto tutto il vincibile quell'anno!!). Solo ora che aveva davanti il buffet, le decorazioni e una sala piena di gente che si adoperava per rendere quell'inaugurazione indimenticabile, poté tirare finalmente un sospiro di sollievo. Era salvo, niente gemelli in arrivo. (Non per un altro annetto e un po', comunque lol)
    Quella era, a conti fatti, la seconda apparizione pubblica nel giro di pochi mesi dove i due si facevano vedere assieme, e se già i tabloids impazzivano e facevano uscire le indiscrezioni più assurde sul loro conto, in quel periodo erano girate ancora più voci su una loro possibile relazione e – nel caso di giornalisti un po' più audaci – una possibile paternità non più così segreta.
    I carbs non avevano né smentito né confermato nulla di tutto ciò, erano abituati a vedere i loro nomi apparire sui giornali, separati ma ancor più insieme, l'uno accanto all'altro, ma ogni tanto Piz si domandava se fosse venuto il momento, finalmente, di mettersi a tavolino e parlarne... quanto meno tra loro. Era una cosa che non facevano mai, quei due: mettere dei paletti alla loro relazione, etichettarla, confinarla in standard o categorie. La vivevano così come veniva, con serenità, ed era proprio per questo che funzionavano. Ma ad un evento così pubblico, More non sapeva come comportarsi; poteva abbracciarla e darle un bacio sui capelli castani, profumati ed elegantemente acconciati, o avrebbe significato ammettere qualcosa? Non sarebbe stata la prima volta, certo, ma era sicuramente la prima volta che lo faceva in qualità di padre di suo figlio, sebbene fosse uno dei pochi a saperlo; come doveva comportarsi? Cosa era lecito fare, e cosa invece andava evitato? Com'era difficile!! Preferiva di gran lunga quando passavano i pomeriggi a casa Hilton, in pace e in privato, e potevano essere loro stessi senza problemi. Alla fine optò per un veloce abbraccio (dai, quello non faceva neppure più notizia, nel loro caso!!) e le sussurrò all'orecchio un «è tutto bellissimo, sono molto fiero di te!» Prima di allontanarsi il giustoTM e passarle un flute di bollicine. «Alla tua!» Brindò con lei, perché se lo meritava, e le rimase accanto senza soffocarla o senza sembrare troppo clingy; era giusto che si godesse il momento e i riflettori, e che tutti gli invitati la riempissero delle attenzioni e delle congratulazioni meritate e più che dovute. Lui, dal canto suo, sperava di vedere qualche Arpia fare il proprio ingresso perché a) aveva davvero bisogno del loro supporto morale, notizia bomba o meno; b) desiderava che si godessero quel momento perché, come già detto, se lo meritavano e trattamenti gratuiti all'Amortentia suonavano come una bella ricompensa per mesi e mesi di allenamenti e partite sfiancanti; c) voleva qualcuno con cui parlare di cose che conoscesse, e purtroppo (o per fortuna) il suo repertorio di fermava al Quidditch, va da sé che non erano poi così tante le persone con cui potesse intrattenersi in quel momento!


    «Vuoi che vada via?»
    «Sì.»
    Immaginate la scena: (pandi che aggiorna la pagina per postare, e appare il post di Ali) Piz che punta Ethan per salvarlo dalla ragazza che lo stava bombardando di informazioni, fa per avvicinarsi, e vede Elwyn spuntare fuori dal nulla. Bellissimo. Poetico. Perfetto.
    In pochi passi, il Peetzah s'era avvicinato ai fratelli Huxley e si era posizionato alle spalle del maggiore, pronto a (gettarlo nella fontana) cacciarlo dalla spa a calci nel didietro. Che ci faceva lì? Con quale faccia tosta si presentava ad un evento del genere? Non gli avrebbe permesso di rovinare il momento di Penn, con la sua brutta faccia arrogante. «L'uscita è da quella parte.» Era persino pronto ad accompagnarcelo, pensate un po!!! Era incredibilmente maturo da parte sua, no????? #certo «A chi hai rubato l'invito? Dubito che Penn te ne abbia mandato uno tutto tuo.» Gli avrebbe volentieri messo le mani (addosso) in tasca per vedere l'invito rubato a chi appartenesse, dai era chiaramente !! un !! imbucato !!!!!!!!! «Le bevande sono riservate agli invitati» e allungò una mano per rubargli il bicchiere, perché età mentale: 5 anni. «Ethan, ti sta importunando questo qui aka tuo fratello ma non te lo meriti un parente simile, poverino. «Chiamo qualcuno, se vuoi. Security, Ministero... accalappiacani. Qualcuno che se lo porta via lo troviamo sicuramente.» Pensare che fino a pochi minuti prima, il suo problema più grande era stato intercettare qualcuno nella folla con cui potesse parlare; ora doveva mantenere la calma ed evitare di alzare le mani e farsi cacciare dall'evento organizzato dalla sua.... ragazza? Beh, qualunque cosa fosse Penn Hilton per lui, insomma. Doveva solo resistere al bisogno viscerale di alzare le mani che provava ogni volta che incrociava l'Huxley - poche, per fortuna, ma abbastanza da far sì che Morley sapesse esattamente come sarebbe andate a finire le cose se non si fosse controllato.
    Nel dubbio, infilò le mani in tasca così da evitare, almeno per il momento, di tirargli un pugno sul naso solo per divertimento.


    questa è veramente telepatia

    Piz non fa niente, si complimenta con la sua gf (sei bellissima sdfghjkl) e poi fa il MorleyTM con Elwyn
     
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    ehi, penn, guarda il braccio!
     
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    ehi, elwyn, guarda il braccio!
     
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    Grazie, credo opteremo per la wine therapy.
    Ogni muscolo del corpo di Ethan si irrigidì nel sentire quella voce così vicina alle sue orecchie. Non si rese conto di aver sottratto in maniera brusca le mani dalla presa della ragazza, ancora intenta a suggerirgli qualche trattamento specifico, e di aver assunto la posizione di allerta tipica delle situazioni di pericolo.
    Ad essere sinceri, non sapeva neanche se la presenza di suo fratello fosse una minaccia o meno, se avesse ancora un fratello o se anche quel legame familiare fosse stato reciso.
    Ad essere del tutto sinceri, Ethan aveva cercato il più possibile di evitare l’argomento Elwyn con tutti, soprattutto con sua sorella e con se stesso, e di conseguenza era stato piuttosto facile evitare di mettersi in situazioni in cui sarebbe stato possibile incontrarlo. Credeva di essersela cavata bene, almeno fino a quel momento, quando la sua sola presenza era stata in grado di farlo sobbalzare impercettibilmente.
    Continuò a fissare le proprie dita che stringevano l’aria ancora per qualche istante, prima di voltare lo sguardo sulla figura scura del maggiore, gli occhi che man mano si sgranavano tanto più prendeva consapevolezza di quanto fosse reale la persona al suo fianco.
    Aprì la bocca per parlare, ma si rese conto che non aveva nulla da dirgli, che non aveva idea di come dovesse salutarlo, se potesse farlo o meno. Un mero ciao sarebbe stato troppo insignificante, un abbraccio troppo falso, troppo forzato dato il segreto che li univa. Richiuse la bocca, fissando il pavimento, un po’ con la speranza che venisse inghiottito e un po’ alla ricerca di qualcosa da dire per colmare quel silenzio che sembrava stesse per assumere le stesse dimensioni di quell’enorme stanza.
    Non riusciva a… a credere fosse davvero lì? Non era pronto e, soprattutto, era troppo sobrio per poter affrontare qualsiasi questione ancora non conclusa con il suo passato. C’erano ancora troppi conti aperti e quella sera, forse, avrebbe fatto meglio a restare nella Riserva, con i suoi amati draghi.
    Probabilmente non esistevano parole sufficienti per poter mettere nero su bianco quello che provava Ethan nei confronti di Elwyn, probabilmente non ne sarebbero mai esistite in grado di esprimere a pieno cosa provasse solo incrociandone lo sguardo.
    Tre anni. Erano passati tre anni da quella notte che gli aveva cambiato la vita e che avrebbe poi irrimediabilmente compromesso il precario equilibrio di ciò che restava della sua famiglia.
    Tre anni da quando aveva scelto di proteggerli, di proteggersi, di salvare il salvabile anche a costo di dover sparire per fare i conti con la propria coscienza.
    Era convinto che quella notte si fosse portata via tutte le cose da dire, tutte le cose belle, tutti i ricordi che avevano condiviso insieme e che, nel bene o nel male, li avevano uniti in quel dolore così profondo e acuto che aveva cambiato irrimediabilmente ognuno di loro. Ciò che aveva fatto Elwyn era oltremodo aberrante e dire che lo odiava per questo significava appiattire e sminuire ogni cosa, significava ridurre tutto a una mera etichetta talmente generica da non essere in grado di definire alcunché.
    Perché, sebbene Elwyn avesse le mani sporche di sangue, anche lui si sentiva responsabile di quanto fosse accaduto quella notte, lasciando che i se e i ma nutrissero i suoi sensi di colpa. Non riusciva a non pensare alle possibili alternative se solo fosse rimasto. Forse suo padre sarebbe ancora vivo. Forse non avrebbe scaricato la sua frustrazione su Elwyn. Forse avrebbero potuto salvare Wayde. Forse Liz non sarebbe cresciuta sola. Forse avrebbe potuto portarla con sé. Forse avrebbe ancora un due fratelli. Forse…
    Tuttavia, non poteva cambiare il passato. Così come non era quello il momento più adatto – e forse non ce ne sarebbe stato mai davvero uno - per poter chiarire una volta per tutte con Elwyn, anche solo per mandarsi ufficialmente a fanculo e archiviare definitivamente la questione. Sapeva che, da quel fronte, non sarebbero mai arrivate delle scuse e che, comunque, non sarebbero mai state sincere.
    Eppure era ancora lì, con un bicchiere di gin tonic – e Godric solo sa quanti ne aveva bevuti con lui di nascosto quando il fratello era diventato maggiorenne – a salvarlo dalla gente molesta.
    O almeno così credeva.
    Quello che non si aspettava, e che non si sarebbe mai aspettato, fu il gesto successivo, quell’accortezza che lo fece paralizzare per diversi motivi.
    Il primo: non credeva che Elwyn si ricordasse di Holden. Aveva una memoria d’elefante, ma il minore degli Huxley era convinto fosse utilizzata soltanto nei confronti di coloro che, in un imprecisato momento della loro vita – avevano fatto un torto al fratello. Che questi ne fossero consapevoli o meno, per l’ex giocatore di Quidditch non aveva importanza.
    Il secondo: non credeva fosse così gentile dal pensare che potesse esserci ancora qualcosa di residuo tra lui e Holden. Non gli aveva mai raccontato tutta la storia, benché meno dopo quella volta in cui il maggiore aveva preso a pugni il Collins, nonostante avesse tutte le ragioni per farlo; né riteneva fosse per l’altro un argomento degno di nota (ok, era stato anche il motivo per cui era quasi scappato di casa da un giorno all’altro, ma era successo ANNI prima).
    Il terzo: Holden era lì.
    E tanto bastò per fargli allungare la mano verso il bicchiere. Non avrebbe dovuto. Non avrebbe dovuto toccare una goccia di alcol. Stava cercando di migliorare, di affrontare i problemi al posto di fuggire da essi… eppure quella sembrava l’occasione perfetta per prelevare una mezza dozzina di bottiglie e smaterializzarsi altrove per berle da solo fino a perdere i sensi cercando di analizzare ogni aspetto di quella serata che non era ancora iniziata e che già gli aveva fatto venir voglia di scappare dagli esseri umani.
    “Grazie.” Mormorò appena, e sebbene fosse meno teso rispetto a qualche istante prima, si sentiva come se da un momento all’altro qualcuno dovesse dargli il via per fuggire. Dal centro esatto di un campo minato.
    Spostò lo sguardo verso il resto della sala e, dopo averlo fatto vagare per qualche istante, si soffermò sulla figura che apparteneva al Collins, le labbra strette in una linea che non aveva tracce di rabbia, ma solo di muta e composta tristezza, simile alla melancolia, la stessa di chi si stava convincendo che c’erano persone che sarebbero appartenute soltanto al passato e che, alla fine, per loro si era fatto anche l’impossibile.
    “Emma è con lui?” Domandò piano, rendendosi conto di quanto fosse stupida quella domanda e allontanando gli occhi azzurri da Holden per potersi concentrare sul fratello, le iridi chiare che ne scansionavano il viso registrando ogni cambiamento, ogni piccola modifica di quei lineamenti che lo avevano trasformato in un giovane uomo. “Non importa.” Aggiunse sperando credesse non fosse importante, così come non era importante che avesse saputo da Jekyll che Holden lo avesse baciato a capodanno. Perché doveva esserlo? Non si parlavano da mesi, da quando gli aveva detto addio e poi… e poi era rimasto un pochino perché era pur sempre un Ethan.
    Ma non c’era tempo per auto-commiserarsi, non quando l’intervento di Morley gli aveva fatto fare un viaggio nel tempo fino ai tempi di Hogwarts.
    Merlino, sei anni in Romania e quei due (Elwyn e Piz) ancora non avevano risolto quella loro sexual tension che aveva convinto metà della scuola che se la intendessero. L’altra metà, semplicemente, aveva sempre mentito.
    L’istinto gli urlava di lasciar perdere, di fare un passo indietro, e poi un altro, poi un altro ancora fino a scappare via da quella che si stava rivelando essere una delle sue peggiori scelte di vita; ma la testa (e un pochino il cuore) gli suggeriva di restare. Elwyn si era pur sempre avvicinato a lui, per salvarlo dalla tipa o per avvisarlo di Holden, non aveva importanza. Lo aveva fatto e tanto bastava per fargli seppellire, almeno un po’, il coltellino da guerra.
    “No, purtroppo è con me!” e, mentre sorrideva a Piz e dava alle sue parole una certa drammaticità, le sue dita si andarono a stringere sul polso più vicino di Elwyn, una chiara risposta alla domanda che gli aveva posto poco prima. “Avrebbe dovuto esserci anche nostra sorella, purtroppo ha avuto un imprevisto al San Mungo e non è potuta venire. Era così entusiasta di questa nuova inaugurazione che non poteva non servirmi un altro paio di occhi per raccontarle ogni minima cosa. Sai come sono le sorelle minori, vero?”
    Cercò di deviare il discorso su qualcosa di più neutro che non fosse l’estrema vicinanza dei due, ah ah ah se si fossero picchiati probabilmente lui sarebbe stato il primo a beccarsi un pugno e, ancora, non era pronto a prenderle in una rissa. Senza contare che addestrava draghi e non esseri umani.
    “Pensa che le ha anche promesso di non essere il solito chihuahua incazzoso!” e nel dirlo accentuò la pressione sul polso di Elwyn, invitandolo a sorridere e a non mostrarsi con l’espressione di chi fosse sul punto di dover vomitare il rospo appena ingoiato. “Ma se dovesse dare fastidio, sarei il primo ad allontanarlo, me ne assumo ogni responsabilità.” Nel dirlo, non c’era più alcun tono scherzoso nella sua voce. Lasciò andare il braccio di Elwyn, sperando che le sue intenzioni fossero ben chiare per entrambi, e, notando che tutti e tre avevano i bicchieri pieni “Perché non facciamo un brindisi? È davvero da tanto che non ti vedo e… non pensavo entrambi fosse interessati ai massaggi! Come mai sei qui?”
    Ethan, in quel momento, pregava fosse riuscito a detonare la prima bomba della serata. Se così non fosse stato, i nuovi proprietari avrebbero dovuto necessariamente mettere in conto dei nuovi lavori di riparazione alla struttura.
    Ethan
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    Cerca di sedare Piz ed Elwyn sul nascere, ma non ci spera molto
     
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    That someone so handsome should care"
    che ne dici di questo?

    questo?

    forse è meglio questo

    così è troppo poco elegante secondo te?

    Uno dopo l’altro, la Weasley aveva bocciato tutti gli outfit che Dominic le aveva mandato (con diversi giorni di anticipo), perché uno era “troppo elegante” o “così sembri mio nonno” o ancora “ma ti vesti sempre così” e alla fine gli aveva suggerito di indossare “quella felpa carina che metti per andare a correre” o peggio “quella t shirt grigia con il taschino” aka il suo pigiama. Alla fine il Cavendish se l’era dovuta cavare da solo, e per cavare si intende scavare nel suo armadio tra le decine e decine di camicie di sfumature e tessuti differenti, e quando era riuscito – in super ritardo, a quasi un giorno dall’evento!! – a scegliere l’outfit definitivo, aveva chiesto comunque conferma all’ex Grifondoro, ma aveva aggiunto un prudente:

    FALLO VEDERE AD AMALIE

    perché ormai con la minore parlava di molte cose – di abbastanza cose… e okay soprattutto di Quidditch e del fan club di Elwyn, anche se nell’ultimo periodo, dopo un’ansiogena e infinita discussione sulla ruota panoramica con l’Oakes, oggetto di chiacchiere era diventata anche quella nuova scoperta di condividere con la rossa anche giorni di un futuro passato – notizia che, comunque, trovava il Cavendish ancora riluttante ad accettare e incapace ad affrontare, quindi il più delle volte quelle discussioni si concludevano con un sospiro pesante e uno scossone del capo. Tuttavia, nonostante il fitto spettegolare tra le mura del castello dei due, Dominic non si fidava pienamente di Chelsey per i consigli di moda, temeva che non fosse così aggiornata, e ne aveva avuto prova quando lei gli aveva proposto di prestargli una t-shirt oversize color giallo canarino di Jekyll – decisamente non lo stile dell’infermiere; i suoi suggerimenti potevano andare bene per un allenamento, una tranquilla giornata di lavoro, persino, esagerando, una passeggiata per le vie di Hogsmeade, ma per quella serata aveva bisogno di qualcosa di più chic, quindi un secondo parere femminile, possibilmente che ne sapesse qualcosa delle più basiche informazioni della complementarietà dei colori, era sacrosanto.
    Sospirò pesantemente, conscio che prendersi carico di una simile responsabilità era una cosa seria e che avrebbe richiesto molto impegno, ma se non lui, chi? Non aveva pensato che, per gli stessi motivi di cui sopra, Chelsey potesse avere qualche problemino anche a scegliere il proprio outfit, ma che, a differenza del biondo, la ragazza sarebbe stata probabilmente riluttante fino all’ultimo a chiedere consiglio a qualcun altro perché considerava strano o sciocco prepararsi così a dovere per una semplice serata; ebbene, vista la situazione – disperata – in cui si trovavano a poche ore dal grande evento, sarebbe stato lui il suo secondo parere femminile. Riemerse dopo pochi minuti dall’armadio con un paio di grucce tra le mani «sì, uno tra questi dovrebbe andare bene» comunicò ad alta voce alla giocatrice di Quidditch, ma contemporaneamente convinceva anche se stesso, e infatti diede un’ultima occhiata veloce e poi annuì, prima di scavare invece tra i vari accessori delle ragazze. «e perché non provi uno tra qu-» si voltò di nuovo verso la ragazza, ma lasciò la frase sospesa perché la vide sfilarsi la maglia con nonchalance e rimanere in reggiseno davanti a lui. Oh no, not again. «che c-c» sentì il disagio e l’imbarazzo impossessarsi del suo corpo e paralizzarlo. Strabuzzò gli occhi e il colorito del viso passò dal rosa pallido tipico dei britannici, al rosso carico tipico dei palloncini di Pennywise, al bianco lenzuolo tipico dei Casper; quando riprese il controllo dei muscoli del proprio corpo, si coprì gli occhi con le mani e diede subito le spalle alla Weasley. «dio mio Chelsey ma che fai ma ti puoi cambiare davanti a me ma dico io avvisami sarei uscito santo merlino ma perché» emise tutto d’un fiato. «perché mi fai questo» perché a) ti spogli davanti a lui b) lo metti in imbarazzo c) gli fai venire i war flashback; pick one, vanno bene tutte, non ci sono risposte sbagliate.
    Non era per Chelsey, perché l’ultima cosa a cui poteva pensare era che ci fosse un secondo fine nei gesti della rossa, sia perché sapeva dei trascorsi con l’ex capitano della squadra di Quidditch dei Tassorosso (e shippava fortemente), sia perché ormai vedeva la ragazza come una sorta di sorella minore da proteggere – ma decisamente più matura di lui… e probabilmente in caso di pericolo lei avrebbe protetto lui, ma tant’è. Era proprio questo il problema, che la vedeva ancora come una minore, e aveva già una possibile (minaccia) citazione per sesso con minore pendente in corso, era meglio non aggravare la situazione. Mentre sospirava e si passava una mano tra i capelli, già mentalmente esausto, fissò un post it mentale in un angolo vuoto del suo cervello (ce n’erano tanti). note to self: non chiuderti mai più nella stanza con un minorenne. E che Chelsey non fosse più minorenne poco importava, l’ansia saliva ugualmente.

    «Entriamo?»
    Fermò l’incedere dell’amica, stringendo il polso nella sua mano e la guardò con fare serio. «prima ripetiamo le regole». Alzò l’indice della mano destra davanti al viso della ragazza «numero uno: se vedi Elwyn non devi saltargli addosso» il dito medio si alzò per fare compagnia all’indice «due: puoi urlare, ma solo internamente» l’anulare segnò il terzo punto di quella lista «tre: non è carino chiedergli di fare la sauna insieme» e decise che poteva bastare così, perché annuì deciso. «ah» ricordò improvvisamente, quindi alzò il mignolo in chiusura di quella breve lista «non fare riferimenti alle fan fiction elwiz rating rosso su wat-pad, potrebbe non prenderla bene» concluse con un cenno del capo e dopo un istante di meditazione – quelle piccoli reminder servivano tanto alla giocatrice delle Harpies, quanto a se stesso – furono pronti ad entrare.
    «dio non vedo l’ora di provare il percorso Kneipp, ho letto su Healthy life, happy life che è il migliore in tutta Europa» che emozione «e le nuove docce emozionali» che non sono set di film porno, sebbene ci somiglino, è bene ricordarlo. Era così felice!!! Finalmente aveva la possibilità di rilassarsi come meritava, dopo tutto quel trambusto degli ultimi tempi, e infatti scorrendo velocemente con lo sguardo la lista dei trattamenti disponibili sull’invito valutò anche se provare il trattamento sensorial per i capelli, perché non voleva che con tutto quello stress potesse essere soggetto a calvizie – sia mai. Era tutto bellissimo, prima o poi avrebbe ringraziato la Hilton per quella magnifica iniziativa, perché era ora che qualcuno pensasse al benessere psico-fisico del mondo magico. Prima o poi, per il momento: «per me un martini liscio» per iniziare leggeri, probabilmente il primo di tanti.


    è inutile, non fa... assolutamente niente?!?! però fa contesto dai, è emozionato (e ansiato) e va a bere, basta .

    e ho rubato le bubble dei messaggi dalla festa di halloween perché ricordavo che qualcuno li avesse utilizzati ma non so assolutamente chi creditare nel dubbio SONO BELLISSIMI BRV GRAZIE


    Edited by cigârette - 19/5/2021, 01:43
     
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    «Sì.»
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    E un tantinello brutale.
    Non che meritasse niente di diverso, Elwyn, né avrebbe potuto dire di esserne sorpreso; al contrario, quel rifiuto rientrava in una lunga lista di possibili reazioni che aveva accostato all’immagine del fratello, spesso ignorando il carattere pacato del minore e sconfinando nella sfera che più si addiceva alle proprie caratteristiche – quella delle scenate in pubblica piazza. E aveva immaginato vetri rotti, incantesimi di ogni genere ed entità, urla talmente potenti da attirare i passanti nei pressi dell’Amortentia; aveva temuto di essere travolto dalla rabbia covata da Ethan negli ultimi anni, di essere scaraventato nella fontana al centro della hall – opzione doppiamente dolorosa perché avrebbe portato alla distruzione dell’intero buffet – o di essere strangolato dai rami del salice incantato per l’occasione – bizzarro, ma non del tutto improbabile.
    Se lo sarebbe aspettato, dunque.
    Certo, non dopo quel «grazie», mormorato appena, che lo aveva sottratto all’apnea degli ultimi, interminabili, istanti di silenzio. Non dopo che gli occhi del fratello non avevano mostrato tracce di odio, rancore o disprezzo, di tutto ciò che sarebbe stato legittimo aspettarsi e che, invece, era momentaneamente sepolto sotto strati di paura, colpa e sofferenza – gli stessi che l’addestratore avrebbe potuto scorgere sul viso del maggiore. Non dopo quella domanda, spontanea, che aveva raccontato di Ethan e Holden molto più di quanto l’ex-grifondoro avrebbe voluto lasciar intendere. Soprattutto, non dopo che Elwyn non gli aveva visto muovere neppure un muscolo facciale – e sebbene non potesse escludere il fatto che l’isolamento in Romania e l’esclusiva compagnia dei draghi lo avessero portato a raggiungere un livello ascetico tale da non manifestare più alcuna emozione, gli risultava piuttosto difficile credere che avesse sfruttato il suo tempo libero per diventare un ventriloquo.
    E poi, il mercenario avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
    «Tu.»
    Perché non era sufficiente l’incontro con Ethan.
    Non era abbastanza la vista di Holden.
    Mancava lui, Morley Peetzah.
    Cosa aveva fatto di male, Elwyn, per meritare una simile punizione? Oh, sì, giusto: un omicidio, un paio di rapimenti, una serie di furti e altre azioni che, da sole, avrebbero garantito a chiunque un biglietto di sola andata per l’inferno.
    «L'uscita è da quella parte.»
    Sorrise beffardo, reprimendo l’impulso di – mettergli le mani addosso e – rispondere con un meccanico «Dopo di te.» che sarebbe suonato come un’imperdonabile ammissione. Elwyn Huxley non veniva mai dopo Morley Peetzah. Era incontestabilmente più bello (da adolescente molto meno), indubbiamente più talentuoso nel Quidditch (sebbene avesse deciso di gettare tutto alle ortiche), indiscutibilmente più veloce nelle abbuffate a cronometro (record di cui nessun individuo al mondo avrebbe dovuto vantarsi), innegabilmente più intelligente (in molti avrebbero dissentito), irrefutabilmente (questa l’ho dovuta cercare) più famoso (soprattutto per avvenimenti spiacevoli). «A chi hai rubato l'invito? Dubito che Penn te ne abbia mandato uno tutto tuo.» «Che ne sai tu di Penn?» chiese, aspettandosi, tutt'al più, che Piz gli rivelasse di essere un fan sfegatato della Hilton – convinto, persino, di riuscire a ragionare come lei – o di conoscere l’esatta lista degli invitati sol perché aveva conquistato un ingresso a quell’evento dopo aver leccato le buste delle lettere da spedire al resto dei partecipanti. Quello sarebbe stato plausibile agli occhi del mercenario. Non che la sua nemesi avesse intrapreso una relazione più o meno seria né tantomeno che avesse messo al mondo un figlio. Un mini-essere umano con i suoi stessi geni. E a turbare l'ex-corvonero non era soltanto l'idea che la comunità magica avrebbe dovuto sopportare un altro Peetzah; ciò che lo infastidiva maggiormente era il pensiero che la persona cui, per anni, aveva lanciato i suoi calzettoni mortiferi, da cui aveva ricevuto proiettili di cibo ad ogni appuntamento in Sala Grande e con cui, in generale, era sempre stato più infantile di quanto avrebbe dovuto, avesse fatto un passo del genere. Aveva un bambino, una creatura di cui il mercenario avrebbe potuto facilmente scoprire l’esistenza se solo avesse letto uno qualsiasi dei giornali scandalistici del mondo magico. Ma era un Elwyn, e a meno che non fosse interessato a sapere chi avesse limonato, frustato o sposato a Capodanno, evitava accuratamente di sfogliare quelle pagine.
    «Le bevande sono riservate agli invitati» era un vizio, forse? Perché tutti volevano appropriarsi del suo bicchiere di whiskey? Prima sua sorella, preoccupata dalla quantità di alcol ingerita dal fratello e fortemente convinta che fosse necessario spedirlo in qualche centro di recupero. Poi Margaret, che aveva pensato bene di confondere i pensieri dell’ex-corvonero presentandosi con un’irrisoria quantità di stoffa a coprirne il corpo. Infine Piz, che non era un familiare in apprensione né aveva curve mozzafiato in grado di confondere i pochi neuroni del mercenario. Dunque, era chiaro come l'unico obiettivo dell'allenatore delle Harpies fosse quello di scatenare una rissa ed Elwyn non avrebbe potuto chiedere nulla di meglio. Gli mancavano quelle scazzottate capaci di farlo sentire vivo (pur essendolo di volta in volta sempre meno) e quel confronto costante che li aveva resi dei giocatori migliori (molto meno come esseri umani); tuttavia, non lo avrebbe confessato al Peetzah neppure sul letto di morte – così come non gli avrebbe detto di aver trovato divertente la battuta sull’accalappiacani e di aver intenzione di riutilizzarla alla prima occasione.
    Lo fulminò con lo sguardo e aprì la bocca per rispondere, quando le dita del fratello si strinsero attorno al suo polso facendolo vibrare in modo del tutto innaturale. Corrugò la fronte, Elwyn, e spostò le iridi prima sul suo avambraccio, poi su Ethan e nuovamente su quel punto del corpo coperto dalla manica della giacca. Avrebbe voluto sollevare il tessuto e approfondire la questione, ma la replica del minore lo lasciò completamente spiazzato, portandolo a sgranare gli occhi e fissarlo come se, da un momento all’altro, potesse decidere di rimangiarsi ciò che aveva appena detto. «No, purtroppo è con me!» non riusciva a credere che Ethan avesse preso le sue difese, che avesse scelto di essere suo complice ancora una volta. E non come custode di un segreto talmente ingombrante da non poter essere ignorato, talmente grande da aver distrutto un'intera famiglia; come spalla, come amico, com'era sempre stato. E si sentì più leggero, il mercenario; per un attimo, fu come se avessero deciso di abbandonare parte di quel carico che portavano sulle spalle ormai da anni. Si aggrappò a quelle parole, a quel gesto che avrebbe potuto rivelarsi un mero tentativo di mantenere le apparenze ed evitare inutili risse, ma che valeva molto di più. Valeva una possibilità che non credeva neppure di avere.
    Assaporò quella sensazione nuova, pericolosa ed estremamente fugace perché bastò quel «me ne assumo ogni responsabilità» per metterlo davanti alla cruda realtà. Lo aveva già fatto, Ethan. Si era addossato colpe che non gli appartenevano, si era offerto di condividere quell'enorme segreto che ne aveva macchiato la coscienza, sporcato i ricordi e rovinato il futuro. E non avrebbe potuto dimenticarlo, non ci sarebbero state parole per compensare ciò di cui il mercenario lo aveva privato. Il minimo che potesse fare, in quel momento, era smettere di essere quel chihuahua incazzoso con cui lo aveva gentilmente dipinto agli occhi della sua arcinemesi e incurvare gli angoli della bocca con l’aumentare della pressione esercitata sul suo polso – se avesse potuto, tuttavia, avrebbe sollevato almeno due questioni: l'addestratore aveva forse parlato con Dominic, arrivando a scoprire che chihuahua era stata la parola d’ordine per salvare l’infermiere da morte certa? E in secondo luogo, si rendeva conto che non aveva alcun senso avere Piz a portata di pugni e non potergli cambiare i connotati?
    «Come mai sei qui?» «Immagino creda nei miracoli.» cosa? Aveva tacitamente promesso di non essere il primo a mettere le mani addosso a Morley, non di rimanere impassibile davanti alle sue provocazioni. Avrebbe dovuto apprezzare, Ethan, che il mercenario non avesse aggiunto un «ma nemmeno la magia può arrivare a tanto» che avrebbe reso palese come non si parlasse della ristrutturazione, quando della possibilità che Morley avesse finalmente un aspetto ritenuto gradevole dall'ex-corvonero. Sorrise e, mentre portava in alto il bicchiere precedentemente recuperato dalle mani del maggiore, sentì ancora quell'insolito tremito all'avambraccio. Affidò il whiskey a Ethan, tirò su la manica della giacca e finalmente li vide, due cuori pulsanti tracciati sulla sua pelle. «Che cos'è questa- roba?» domandò al fratello, con un filo di panico che il mercenario si sforzò di mascherare. Perché, ancora, Elwyn non aveva idea di cosa succedesse fuori dal suo appartamento. «Che cosa mi hai fatto?» spostò le iridi sull'allenatore delle Harpies, assottigliando lo sguardo in cerca di quei dettagli, sul suo volto, che lo avrebbero tradito rivelandone le reali intenzioni. «Perché sei stato tu, vero?» a farlo vibrare? Plausibile, per il 99% delle persone che avevano avuto modo di vederli interagire; tuttavia, il mercenario temeva si trattasse di un incantesimo a lui sconosciuto, di una sorta di marchio i cui effetti si sarebbero manifestati col tempo e sarebbero stati di volta in volta sempre più devastanti. «Toglilo. Subito.»
     
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    ehi, elwyn, guarda il braccio!
     
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    some shakespearean quote
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    I'm lying in the rain
    But I never wave bye-bye
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    Aprì la porta lentamente e accolse la bionda con un sospiro pesante, e prima di infilarsi la giacca ci tenne a ricordarle «solo un’oretta» come le aveva già anticipato in risposta al gufo che gli aveva mandato, ma ora che la guardava, vestita di tutto punto, ci credeva poco anche lui. «che ho del lavoro da finire» aggiunse come ulteriore motivazione a quello che aveva detto prima, cercando in quel modo di autoconvincersi che la visita al nuovo locale sarebbe stata breve. Di nuovo, ci credeva poco. Lanciò un’ultima occhiata al suo appartamento, un’ultima raccomandazione a Sherlock che dormiva nella sua cuccia, poi si chiuse la porta alle sue spalle. «stai molto bene, comunque» perché comunque restava pur sempre un gentiluomo, un bravo amico, un ragazzo con degli occhi funzionanti, ed era innegabile che la ragazza fosse ben vestita e…beh, bella; e poi, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, le era grato per averlo trascinato fuori dal suo buco e distratto da quelle pagine bianche che non riusciva a riempire e che gli avevano provocato due fosse nere sotto agli occhi (no, non l’avevano – ancora – preso a pugni) e gli facevano passare le mani tra i capelli nervosamente con il folle istinto di strapparli tutti insieme dal cuoio. Invece quella sera si era lavato (non una novità, comunque, era una cosa che faceva tutti i giorni), aggiustato i capelli, aveva stirato la camicia, aveva persino scavato tra i trucchi di Emma per cercare il correttore e coprire quelle tremende occhiaie che gli erano sbucate. Emma. Fu contento che Svetlana non gli avesse chiesto dove fosse e se fosse successo qualcosa perché non aveva voglia di dare spiegazioni e perché io non lo so non voleva pensarci per quella sera.
    Spoiler: le cose con Emma non andavano bene da un po’ ormai, discutevano spesso, sentiva che si era venuta a creare una certa distanza su alcuni argomenti importanti, che si era persa la chimica che li aveva fatti mescolare come coppia, e poi c’era…

    …c’era Ethan. Appena era entrato nel locale era rimasto piacevolmente sorpreso dallo scoprire quanta gente ci fosse, e soprattutto di quanta gente non fosse nelle varie sale trattamenti; a quanto pare erano tutti più interessati al cibo e all’alcool. Holden, dal canto suo, non era né affamato, né intenzionato ad affogare i suoi problemi nell’alcool, eppure quando Margaret gli aveva chiesto (ordinato) di andare a prendere dello champagne, non aveva saputo dire di no, e poi un po’ di bollicine avrebbero solo aiutato a far passare più in fretta la serata. Fu proprio mentre faceva ritorno dalla bionda con i loro due flute di champagne che vide l’Huxley. Cioè aveva visto un Huxley, ma la cosa che trovava pressoché incredibile era che fosse insieme all’altro Huxley. Piantò i piedi per terra, pietrificandosi a pochi passi da quell’insolito duo, e deglutì pesantemente. Non aveva ovviamente dimenticato, il Collins, l’ultima volta che aveva visto Ethan fuori casa sua, poche ore dopo il suo compleanno (tutt’altro. ci aveva pensato, e anche molto), né aveva dimenticato, volendo andare più indietro nel tempo, che Elwyn aveva già dimostrato di non nutrire particolare simpatia nei suoi confronti. A quel pensiero storse il naso in un riflesso incondizionato e serrò la mascella, come se stesse assaporando la forza del pugno di Elwyn sul suo viso ancora una volta. Forse l’avrebbe meritato. Forse almeno quello l’avrebbe convinto a muoversi, a fare un passo in avanti, a prendere una volta e per tutte una decisione definitiva. Sembrò trattenere il fiato fino a che non si aggiunse al gruppetto Morley; voleva salutare l’amico, fargli i complimenti per il lavoro della sua fidanzata (dai certo che lo sa, tanto è ufficiale no? e poi siamo amici More se non gliel’hai detto si offende quindi lo sa!!!), ma decise che non era quello l’hic et nunc, e che avrebbe aspettato di incontrarlo più tardi, magari da solo. Una reunion della classe ‘93-‘94 (anno più anno meno) di Hogwarts rientrava sicuramente tra gli eventi non auspicabili per l’inaugurazione di un nuovo locale, un po’ come indossare il viola al teatro, e decise che la Hilton non meritava una tale vergogna. Pensa che magnanimo Penn, ti salva la serata.
    Quindi si mosse, ma solo per fare dietrofront, fare il giro lungo per evitare gli sguardi del magico trio, e tornare dalla Piper con espressione provata. La affiancò, ma con sguardo vacuo e senza prestare particolare attenzione con chi stesse parlando, poi mandò giù in un solo sorso il suo champagne. «c’è Ethan» comunicò alla bionda senza particolare inflessione della voce, come se fosse un semplice avviso «con Elwyn» aggiunse come nota a margine, lo sguardo perso nei lineamenti della sua accompagnatrice senza però particolare attenzione, come se fosse, inspiegabilmente, sotto shock; il mondo era piccolo, il mondo magico ancora di più, ti svegliavi una normale mattina e mentre andavi al lavoro scoprivi di avere cugini, fratelli o ancora peggio genitori nascosti e riteneva tanto sconvolgente la presenza degli Huxley brothers a un evento sociale a cui partecipava lui stesso?! Forse lo shock era per la sua effettiva partecipazione all’evento sociale in questione. Un flute di champagne era vuoto in una mano, nell’altra invece c’era ancora quello pieno destinato a Svetlana; mandò giù in un solo sorso anche il contenuto di quel bicchiere, non gliene volere Maggie ma ne aveva sicuramente bisogno di più lui. Fu proprio la proprietaria dell’altro grande locale del mondo magico – no, non il bde, il lilum – a richiamarlo con un colpetto sul braccio e a fargli rendere conto che fosse già impegnata in un’altra conversazione proprio con la Hilton. Arrossì inevitabilmente, rendendosi conto solo in quel momento di essersi presentato nel peggiore dei modi possibili alla proprietaria del locale – ora come minimo gli toccava scrivere un articolo in cui elogiava l’evento e la nuova gestione dell’Amortentia per farsi perdonare Si schiarì la voce e si aggiustò gli occhiali da vista sul naso, facendo finta di niente – provandoci «Collins, Holden.» si presentò allungando la mano verso l’americana «big fan» non lo aggiunse, ma lo pensò lo stesso «è davvero un posto magnifico, un lavoro straordinario» commentò alzando il capo per guardarsi intorno e fare un veloce giro su se stesso «champagne?» propose alle due donne. No, lui non lo aveva più nei bicchieri ma sarebbe andato a prenderne altro – così poteva buttare giù un altro paio di bicchieri anche lui.


    SPOILER (click to view)
    niente anche lui. non vuole bere, poi vede Ethan e Elwyn e allora beve x2
     
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