looking at you, catching glimpses of truth

ft. costas

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Rebel
    Posts
    384
    Spolliciometro
    +653

    Status
    Offline
    b-day: 28.03.1993
    house: former gryffindor
    from: hogsmeade, scotland
    job: coach and oh, he's also a father, uao
    the few who rise up high
    morley peetzah
    «E quella, Bang -» indicò il cuscinetto di sabbia sotto gli anelli, «è l'area di punteggio. Solo un Cercatore alla volta può entrare in quella zona, altrimenti è fallo. Nello specifico, stooging Riabbassò lo sguardo ceruleo sul bimbo che teneva in braccio, cercando nella sua espressione la prova che Bang avesse capito. «Tutto chiaro?»
    Bangkok, probabilmente: no.
    Ma sorrise di rimando, quando suo figlio spalancò la bocca per gridare «PLUFFA!» ed era assolutamente certo, Morley, che avesse detto proprio pluffa. E non puzza, o pizza o muffa. Ma Pluffa. «Bravo campione!» Scompigliò i capelli castani del pupo, e lo lanciò in aria un paio di volte al suono di «ti lancio come una pluffaaa ti lancioooo» ma non davvero, altrimenti Penn l'avrebbe lanciato a sua volta, ma sulla luna, con un poderoso calcio nel didietro.
    «Andiamo, mentre aspettiamo Chelsey e Jeremy ti racconto qualcosa...» Come se non avesse già raccontato cose per l'ultimo quarto d'ora; come se non gli leggesse già Il Quidditch Attraverso i Secoli ogni sera, prima di metterlo a dormire (beh, quando lo vedeva, ovviamente); come se non gli avesse già regalato una copia (originale!!) de “La Bibbia del Battitore”, ignorando il «Piz... ma non sa ancora leggere» di Penn perché «imparerà!!!» e tutti, secondo il Peetzah, dovevano avere una copia de La Bibbia TM nella propria libreria.
    La verità era che Morley si era ritrovato a dover passare il pomeriggio con Bangkok e, se da un lato era felice di trascorrere qualche ora con suo figlio, lo preoccupava anche la prospettiva di non avere assolutamente idea di cosa... fare... con un bambino..... di tre anni. Non poteva portarlo al parco giochi perché metà delle giostre erano per i grandi e l'altra metà era noiosa; non poteva portarlo al mare perché l'ultima volta s'era distratto un (1) secondo e l'aveva ritrovato ad arrampicarsi sugli scogli col rischio di spaccarsi la testa; non poteva portarselo agli allenamenti perché il gioco duro delle Arpie sembrava eccitarlo particolarmente e ogni volta tornava a casa con ancora più voglia di spaccare tutto e la Hilton si era dichiarata stufa di dover cambiare i vetri delle finestre o inventare scuse sul perché quell'importantissimo cimelio di famiglia non faceva più bella mostra di se sulla mensola del camino.
    Insomma, era difficile trovare un programma che andasse bene e Morley Peetzah era tante cose (campione, svampito, rosicone, sportivo, biondo...) ma baby-sitter non era una di quelle. E, a quanto pareva, quel giorno il vero baby-sitter aveva altri programmi. «Cioè.... tipo??» aveva chiesto a Penn, mentre lei gli ficcava Bangkok tra le braccia e prendeva la sua pochette rosa confetto, alzando poi le spalle con un «non lo so, c'entrava qualcosa il bosco» e lo sguardo confuso di Piz si era tradotto in un «posh gates fa il taglialegna?»
    Fatto sta che era lì, con il figlio ora a cavacecio sulle spalle, che vagava per il campo da Quidditch di Hogwarts perché quando nel dubbio, quando incerto, quando nel difficile, Morley Wayne Peetzah si rifugiava sempre lì; in quell'ovale che aveva significato per lui ben più di gioie e sconfitte, in quel perimetro che aveva delineato, senza mezzi termini, tutta la sua vita.
    Quel luogo magico dove librarsi per aria era sinonimo di vivere e spedire i bolidi contro gli avversarsi era la sua unica preoccupazione. Non sapeva dire chi fosse Morley senza il Quidditch, e per venticinque anni era stato contento di non doverlo sapere. Non voleva immaginare la sua vita senza quello sport, senza quella magia.
    Eppure, da un paio di anni, aveva dovuto accettare che per lui non c'erano più difese Dipplebeater in combo con il compagno di reparto, non c'erano più partite da giocatore sotto al sole cocente o alla pioggia battente; non c'era più l'adrenalina che un match portava con sé.
    C'erano emozioni diverse, certo, le emozioni di un allenatore che affidava tutto se stesso alla propria squadra... ma non era la stessa cosa. Per quanto adorasse le sue Arpie, per quanto fosse fiero di loro, non c'era cosa che More desiderasse di più del salire nuovamente cavalcioni ad un manico di scopa e maneggiare con foga la mazza rinforzata da Battitore.
    Chiedeva solo quello, niente di più. Chiedeva solo di – «ahia, quello era il mio occhio.» La risata cristallina di Bang strappò un sorriso anche al malinconico allenatore, che tornò a dedicarsi alla sua vera priorità quel giorno: Bangkok Hilton-Peetzah.
    Ancora non ci credeva che quello era proprio suo figlio; sembrava ieri che Penn lo invitava a passare un pomeriggio da Amortentia per poi sganciare la bomba, ed invece era passato già un anno. Un anno in cui, doveva ammetterlo, non s'era comportato esattamente da padre modello ma... era difficile, okay? Per lui che riusciva a malapena a badare a se stesso, l'idea di avere la responsabilità di un'altra creaturina a gravargli sulle spalle era stata veramente difficile da accettare. Ma lo aveva fatto, col tempo, e ora era felice di poter recuperare un po' del tempo perso – seppur terrorizzato e senza molte idee su come farlo.
    Aveva dunque ripiegato sull'unica cosa che conoscesse davvero, come tema per quel pomeriggio padre-figlio.
    E quale modo migliore di introdurre Bangkok al Quidditch, se non sul campo che lo aveva visto alzarsi in volo per la primissima volta? Piz era, tra le tante cose elencate prima, anche un sentimentalone del piffero e a certe cose ci teneva!!! «Bang, ma lo sai che i maghi che non potevano permettersi dei manici di scopa, li barattavano con i vicini?» Era il momento di qualche inforandom sul Quidditch, figlio presta attenzione. «Non tutti sapevano costruire scope funzionali... o comode, uh. Quindi le barattavano con chi, invece, sapeva farlo; e in cambio davano pozioni.. o artefatti ooo ingredienti difficili da reperire.» Ma un bimbo di tre anni avrebbe trovato quel genere di cose interessanti? Beh, probabilmente no ma che ne sapeva Morley!!! Lui ci stava provando tantissimo.
    Sempre tenendolo saldamente per le gambine, perché non voleva che scivolasse accidentalmente giù e si fracassasse tutto («ti giuro... sennò poi tua mamma chi se la sente!!») lo riportò verso una delle panchine sul limitare del campo di gioco e lo fece scendere, piegandosi affinché potesse toccare con i propri piedi il legno piatto. «E lo sai che i giocatori infortunati non possono essere sostituiti?!» Eh, bella storia; specialmente quando l'infortunato sei tu e rischi che la tua squadra perda la partita più importante della stagione mentre tu sei in coma. (Spoiler: gli All-Star avevano perso davvero e quello aveva fatto male più di mille bolidate) (ma l'avevano anche sostituito perché, insomma, aveva imitato la Bella Addormentata per due mesi, era comprensibile che si fossero trovati un altro Battitore; quello, però, aveva fatto ancora più male) «La partita deve continuare comunque, come quando nel calcio hai finito tutti i cambi ma ti si rompe un giocatore e tu puoi solo rivedere la strategia e pregare forte forte.» Ma Bangkok era ancora troppo piccolo per capire di Quidditch, figurarsi di calcio babbano!!! Si mise seduto accanto a lui, tenendolo per la maglietta perché era ancora in piedi sulla panca e davvero, Morley non voleva cadesse da alcuna superficie più o meno alta, Godrid ce ne scampi.
    «E a proposito di calcio... i Magpies sono un po' la Juventus magica.» Sguardo confuso di Bang, sguardo ancora più confuso di Piz: cosa c'era di tanto difficile da capire? «Oh, hanno le maglie bianconere, hanno una gazza,» ladra, nda «sul petto e hanno vinto tipo... trentadue scudetti- no, trentadue coppe. Molte delle quali, rubate sempre nda, ma questa volta lo pensa anche Piz. «Insomma, una squadraccia.» Evidentemente a Bang il discorso Juve non piaceva (bravo figlio) perché iniziò a prenderlo a pugni sulla testa.
    «Hey, va bene, sentiamo... di cosa vuoi parlare?» Dai Bang, dicci di cosa ti piacerebbe chiacchierare perché papy è nel difficile okay??? «Vuoi sapere quale è la prima regola per un battitore?» No? Si? Forse?
    Vabbè, te la diciamo comunque: «buttar fuori il Cercatore Sorriso a trentadue denti ad illuminare il volto del Peetzah, subito imitato da suo figlio. «Bravo piccolo, vedo che hai già capito.» e gli scompigliò nuovamente i capelli, ormai lontani dall'immacolata pettinatura con cui Penn gliel'aveva affidato. Ohi, c'era un motivo se Piz teneva i suoi capelli corti corti, no?! «Ricorda che il Cercatore è il vero nemico: se prende il Boccino è game over. Va fatto fuori. Ma niente di troppo brutale o molesto. Noi Peetzah siamo giocatori corretti e sportivi!! Ricordatelo!!»
    Costas, che nel frattempo palpa Gideon, dopo aver aizzato i suoi a compiere più falli possibili: mmmh watcha say
    «Comunque, tutte queste cose le trovi sulla Bibbia.» Se tua madre ti lascerà mai leggerla, pensò divertito.
    E anche il momento storielle era passato... per Grifondoro, com'era difficile trovare qualcosa da fare con un bambino?!?! Cioè... aveva già finito tutte le opzioni sulla lista.
    (La lista:
    - portarlo ad Hogwarts
    - parlare di Quidditch
    - se le cose si mettono male, smollarlo a Chels)
    Quindi: CHELS DOVE SEI?
    «Peccato tu sia troppo piccolo per fare due passaggi e ammazzare il tempo. Dovevamo farti prima.» #ahokay Alzò una mano per farsi dare il cinque, ridendo. «Ah, però!! Abbiamo forza su queste braccia ehhh!!!» Finse di palpeggiare il muscolo del braccio di Bang, ancora ben lontano dall'essere come quello di suo padre, ma che col tempo e con il lavoro, avrebbe dato i suoi frutti.
    Perché, checché ne dicesse Penn, Piz era certo di una cosa: avrebbe fatto di Bangkok il miglior battitore inglese del suo tempo (secondo, manco a dirlo, solo a Morley Peetzah).
    Bisognava solo lavorarci su.
    [verse 2]
    risk it all,
    hold nothing back;
    seize the day.
    Stars arising,
    countless worlds colliding
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  2.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    297
    Spolliciometro
    +871

    Status
    Offline


    «Non ho voglia di discutere e poi perchè devi incazzarti solo con me?»
    «tu proprio non capisci vero? »
    «Cosa?»
    «Sei il vice capitano, almeno tu, dovresti ascoltarmi»
    «Ma l'ho fatto »
    «déjalo solo, no hace nada»
    « Arturito» non importava che finisse la frase perchè sapevano entrambi cosa stava pensando e lo sguardo affamato era la prova.
    «Costas.» Mentre Costas faceva un passo verso lo spagnolo, questo indietreggiava, stanco anche lui come il Motherfucka dopo la sezione con la Queen in sala torture.
    «Arturo»
    «NO»
    «Cosa?» gli sorrise, ma non venne ricambiato, segno che Arturo era chiaramente frustrato per tutta quella situazione e Costas non riusciva a capirlo, anzi aveva deciso di ignorarlo. Non bene per il loro rapporto. «Io ho provato a non fare falli, ma ti ricordo che mi è arrivato un bolide in piena faccia, era dovuto quel fallo!»
    «Sai cosa ti dico. Me ne vado!» ops, forse non era stata la risposta che voleva sentirsi dire il compagno.
    «E bravo Costas....» scosse la testa perchè ancora una volta aveva fatto un passo falso nei confronti di Arturo, quel rapporto altalenante lo stava uccidendo. A volte sembravano una coppia con seri problemi di comunicazione e altre volte avevano solo problemi. Era tutto così estenuante.
    Dopo la sconfitta, la rissa e la sezione di torture ora poteva aggiungere anche la discussione con Arturo; sapeva di aver torto che in quanto vice doveva ascoltaro per il bene della squadra, ma era una testa calda e non ci era riuscito. Avrebbero avuto un futuro difficile, non sapeva neanche lui quanto.
    Si recò al campo di Quidditch per scaricare la sua frustrazione anche se era a pezzi dopo le torture della Queen, ma non aveva voglia di studiare o di stare nella sala comune a farsi rimproverare da Nice e tanto meno aveva voglia di fare il suo dovere da prefetto. Aveva bisogno di non pensare, di stare tranquillo e quello era il suo porto sicuro perchè quando saliva sulla scopa e teneva la mazza si sentiva libero e davvero vivo. Fin da piccolo aveva trovato il Quidditch lo sport più bello del mondo, non solo perchè spesso i giocatori colpiti dai bolidi cadevano a terra svenuti, ma era la dinamica del gioco che più lo aveva da subito entusiasmato. Gli piacevano i falli e non perchè erano delle scorrettezze, anzi rendevano la partita interessante; anche se non sembrava gli piaceva il lavoro di squadra (quando esisteva), il difendere i propri compagni, ma anche aiutarli a segnare e poi, volare sulle scope e sentire il vento sulla faccia, nessuno sport magico o babbano poteva superare quella sensazione di libertà. E poi diciamo la verità, era bello anche sentirsi potenti e invincibili mentre si teneva una mazza in mano; provare a far fuori gli avversari non era così male.
    In quel momento, aveva bisogno di stare da solo, sapeva che al campo non ci sarebbe stato nessuno e lui poteva allenarsi in solitaria e sfogare la rabbia per la sconfitta, magari avrebbe tolto anche quella sensazione di malessere per aver discusso, ancora una volta con Arturo. Più diventavano intimi, se così si poteva dire, e più ad ogni lite sentiva l'uggia nello stomaco. L'Hendrickson era dannatamente difficile ma non riusciva a farne a meno.
    «Fanculo Arturo!» era arrabbiato perchè il capitano lo era con lui e non sapeva come rimediare. Forse un'idea se l'era fatta ma era totalmente incapace di agire quindi avrebbe aspettato qualche altra ora e poi forse lo avrebbe cercato, magari dopo un allenamento sarebbe stato pronto per affrontarlo. Prese la scopa con una mano e la mazza con l'altra, poteva già dire di stare meglio, quello era sicuramente il suo habitat, era come se fosse tornato a respirare e si sentiva già più calmo, poteva addirittura affrontare Arturo«Prima mi faccio un giro » codardo, ecco cos'era perchè poteva sembrare sicuro di se stesso, ma quando si trattava di rapporti umani non era così coraggioso.
    Fece per alzarsi in volo ma notò una figura maschile sul campo. Fermi tutti. Ma quello era il suo campione Morley, dimenticò all'istante la scopa, doveva assolutamente parlare col suo mito. Se avesse potuto in futuro fare un tirocinio avrebbe senz'alcun dubbio chiesto a lui, anche se allenava una squadra femminile, poteva essere un buon aggancio e mentore.
    «Peetzah?!» si avvicinò a lui, ma si bloccò quando lo vide con uno scricciolo in braccio. Da quando aveva un figlio?! «Hai un figlio?!» ok, non era quello che voleva dire davvero, ma il gossip non l'aveva aggiornato su quello. Come poteva essere?! forse lo sapeva ma lo aveva dimenticato.

    Slytherin
    16 y.o
    v anno
    Batte. Forte. Sempre
    Costas Motherfucka
    And I was always insecure
    Until I found
    You, you were always on my mind
     
    .
  3.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Rebel
    Posts
    384
    Spolliciometro
    +653

    Status
    Offline
    b-day: 28.03.1993
    house: former gryffindor
    from: hogsmeade, scotland
    job: coach and oh, he's also a father, uao
    the few who rise up high
    morley peetzah
    Lo sguardo stretto e la bocca corrucciata, Morley osservava attentamente Bangkok assumere la PosizioneTM, con le gambe divaricate e le braccia a formare un angolo di novanta gradi... o quasi. Le spinse appena all'insù, tenendole ferme in quella posizione, mentre il bambino gli rifilava uno sguardo speranzoso, lo stesso cipiglio vispo e che prometteva poco di buono che anche l'allenatore aveva avuto a quell'età. «Ci siamo quasi, devi solo migliorare un po' le braccia ma per il resto mi pare abbastanza buono.» Come se le ceramiche già distrutte e i vetri delle finestre sostituiti non dimostrassero già il potenziale di Bang. Morley sapeva che il bambino avrebbe fatto grandi cose... no, ne era certo. Perché lo avrebbe allenato lui stesso, gli avrebbe fatto conoscere la vita del campione – fatta di sacrifici, certo, e qualche volta di rinunce, ma che l'avrebbe portato ad ottenere grandi cose. Era pieno di buoni propositi, l'allenatore, e voleva che suo figlio si divertisse in quel mondo anche solo un decimo di quanto si era divertito lui. Non aveva dubbi che Bang lo avrebbe seguito in quello sport, lo sentiva nel cuore che sarebbe diventato un gran battitore, come suo padre. Non voleva necessariamente forzarlo, ed era pronto – suo malgrado – ad accettare qualsiasi opzione in futuro, nel caso in cui il figlio avesse deciso di non intraprendere la strada del quidditch professionista ma... lo sapeva che non sarebbe stato quello il caso. Bang era nato per diventare un campione, e Morley per quelle cose aveva naso: aveva o no reclutato Chelsey Weasley, stella emergente del Quidditch inglese ed europeo, prima di tutti gli altri?! Mica era uno sprovveduto, il Peetzah: poteva pure non conoscere cose basilari come la radice quadrata di sedici (eh.) ma aveva una gran bella testa per altre cose (il Quidditch, stop) e riconosceva del potenziale laddove si mostrava ai suoi occhi attenti e sempre alla ricerca di nuovi piccoli campioni da crescere e tirare su.
    Suo figlio, vuoi perché aveva ripreso da lui, vuoi perché c'era portato e basta, aveva decisamente la stoffa del campione. E Piz avrebbe puntato ogni centesimo su di lui, allenandolo e crescendolo nel miglior modo possibile... quanto meno, quidditchisticamente parlando, scusa Penn, è il massimo che può fare come (coach) genitore.
    «Ci arriveremo, col tempo.» annunciò, mollando la presa sulle braccia magroline del pupo - anche perché ha tre anni, lascialo campare un attimino, Piz, avrai tempo per farlo sgobbare. «Devi prima sviluppare dei muscoloni come quelli del tuo papà, vedi?» Flesse il braccio sinistro, mettendo in mostra il bicipite, e sorridendo compiaciuto quando Bang fece altrettanto. «Ne hai di panini da mangiare, piccoletto!!» Lasciò comunque che il figlio si aggrappasse a lui, sollevandolo da terra proprio col muscolo appena messo in mostra. Beh, magari non era un pomeriggio spassosissimo ma hey! Lui si stava divertendo, Bangkok si stava divertendo, quindi non era poi così male come baby-sitter, no? Cioè....... come padre, ah ah, sì anche. Certo. Come no.
    «Stasera piegamenti prima di andare a dormire!» Aveva rimesso Bang in piedi sulla panchina e lo guardava con aria seria, un dito agitato davanti al nasino del bambino. «E domani mattina, trazioni alla porta.» Se aveva in programma di far montare la struttura sull'uscio della camera da letto di Bang? Beh........ «E a giorni alterni: bilanciere, pesi, allenamento con la mazza. E non dimenticare le gambe!» Dovevano allenare anche quelle, era indispensabile!! «Non possiamo dimenticare le ga-»
    «Peetzah?!» Oh no, interrotto sul più bello: Piz adorava gestire la scheda di allenamento dei suoi giocatori – si, anche quella assolutamente finta e impraticabile del suo moscerino di tre anni.
    Si voltò di scatto, perdendo solo un attimo di vista il bambino, che pensò bene di saltare giù dalla panchina approfittando della distrazione dell'adulto (ma quale?). «Oh merda.» Oh no. «Oh. Non avrei dovuto -» «MERDA!» «Oh. Penn mi uccide.» Stavano succedendo un po' troppe cose per i suoi gusti, non era abituato e si impallava come il caro vecchio Internet Explorer con più di due tabs aperti.
    C'era Bangkok che s'era lanciato dalla panchina e ora Piz doveva assicurarsi non si fosse aperto le ginocchia o i palmi della mano. C'era quel ragazzino (del quinto anno!!) che aveva gridato il suo nome. C'era la parolaccia che Bang stava ripetendo in loop, manco fosse l'ultimo singolo di Baby K. C'era il fatto che il nuovo arrivato avesse aggiunto un «hai un figlio?!» al quale Piz, in automatico, rispose con un secco «NO!» mentre provava a nascondere il bambino dietro le proprie gambe.
    Troppe cose.
    Era stato un riflesso incondizionato, il suo, e anche abbastanza inutile: i giornali ormai ne avevano parlato e riparlato e riparlato, e né lui né Penn avevano smentito mai la cosa – il che equivaleva quasi ad una conferma. Bangkok Hilton era già stato rinominato dalla stampa magica (e non) come Bangkok Hilton-Peetzah, pur non avendo ancora preso, i carbs, alcuna decisione in merito. Era innegabilmente suo figlio, comunque, per quanto il primo istinto in lui fosse sempre quello di negare la cosa: doveva forse ancora accettarlo al cento percento? Sicuramente, ma la verità pura e semplice era che Morley Peetzah, alla fine, rimaneva un cretino. E spesso agiva senza pensare.
    Come aveva fatto in quel frangente, tentando di nascondere il figlio: figlio? Non c'era nessun figlio ah ah
    Solo la risata che prometteva poco di buono, proveniente da dietro le sue ginocchia, smentì le sue parole. Lanciò un'occhiata al bambino, un monito silenzioso a volergli imporre di fare il bravo - e allo stesso tempo per cercare eventuali tracce di sangue su ginocchia e gomiti. Nulla, per sua fortuna (di Piz, ovvio)
    Si voltò infine verso l'adolescente, mentre Bang faceva capolino da dietro il suo nascondiglio. «Sì...?» C'era poco da sgamare, infondo, quindi tanto valeva essere onesto con un suo fan. Perché quel ragazzino era un suo fan, vero? Suo e non di quel buono a nulla di Huxley. «Però non -» «MAZZA!» Era un bambino semplice, Bangkok: vedeva una mazza rinforzata e sentiva il bisogno di usarla e distruggere qualcosa. Lo afferrò per la collottola, prima che potesse afferrare l'oggetto in mano allo studente, e poi se lo mise in spalla come se pesasse un nonnulla. «Scusalo, è un bambino agitato. E si entusiasma facilmente.» Ah, se avesse saputo che quel giovane di fronte a lui era la copia esatta, ma adolescente, di suo figlio...! (Si sarebbero spiegate tante cose.)
    E, a proposito del ragazzo... «tu sei quello che si è preso il bolide in faccia, eh?» Qui ci starebbe da Dio il meme di Spider-man, btw. «Benvenuto nel club. Non ho ancora le t-shirt, ma dovrei iniziare a stamparne qualcuna visto che siamo già in due.» Tale padre, tale figlio, infondo. Si lasciò andare ad una fragorosa risata, scuotendo un po' il povero Bang ora di nuovo a cavalcioni sulle sue spalle. «Come ti chiami? Vuoi un autografo?» Di solito era per quello che lo fermavano.
    «Ti... fa male? Dove hai preso la botta, intendo.» E non dove Bang gli stava tirando sassolini... wait, «dove hai preso quei sassi, NON SI FA.» Lo rimise giù, resistendo alla tentazione di farlo sventolare per una gamba in modo da svuotargli le tasche. «Scusalo,» è un po' bestiola <3 «è.... davvero troppo agitato.»
    Lanciò ancora un'occhiata al serpeverde – ew mannaggia una divisa bruttissima, Bang tu non diventare mai Serpeverde okay? (Bang, tra qualche anno: mmmmhhhhhh okay.) - e forzò le labbra a piegarsi in un sorriso. «Partitaccia, eh?» Minchia, definire partitaccia quella contro corvonero era un eufemismo. «Vabbe, magari vi rifarete alla prossima!» falZo, Piz, sei un FALZO: ma chi li voleva vedere i serpeverde vincere????? DI CERTO NON LUI. (E infatti.) «Però apprezzo la dedizione!!» Aveva una pessima cera, il ragazzino, eppure eccolo lì, in mezzo al campo, con la divisa da allenamento e mazza e scopa già pronte per essere utilizzate: VEDI BANG DEVI CRESCERE COSì!!!! «Vuoi fare due passaggi?????» faccina di wechat con gli occhi luccicanti, date a 'sto povero uomo un bolide da spedire nello spazio, dai!!!
    [verse 2]
    risk it all,
    hold nothing back;
    seize the day.
    Stars arising,
    countless worlds colliding
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  4.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    297
    Spolliciometro
    +871

    Status
    Offline

    Non poteva crederci che Morley avesse un figlio, anche se lo stava chiaramente nascondendo, e lui che pensava che fosse un uomo dalle notte folli e senza alcuna responsabilità. Probabilmente una di quelle notti folli gli era costato un figlio, che fregatura. Però non era male come bambino, aveva un sorrisetto furbo.
    «Scusalo, è un bambino agitato. E si entusiasma facilmente.»
    «Non ci sono problemi»sorrise all'uomo e poi cercò il contatto visivo col bambino «Vedo che sai già cosa vuoi nella vita» si avvicinò leggermente e gli mostrò la mazza «Bella vero? se sei come me tuo padre saprai usarla molto bene» gli sorrise per poi tornare dritto, non gli avrebbe mai lasciato la mazza,l'amava troppo per poterla donare a qualcuno o almeno quella di legno l'altra era sempre in vendita (comprami, io sono in vendita ...) «tu sei quello che si è preso il bolide in faccia, eh?» ah ecco ora sarebbe stato ricordato per quello, si grattò la testa quasi in imbarazzo e annuì dispiaciuto, non era da lui farsi prendere in quel modo e soprattutto sentiva anche di essere in parte responsabile per la sconfitta.
    «Benvenuto nel club. Non ho ancora le t-shirt, ma dovrei iniziare a stamparne qualcuna visto che siamo già in due.»
    «una maglia per ogni occasione, non è una brutta idea» ecco chi aveva dato l'idea a Bang, se stesso. Credo.
    «Come ti chiami? Vuoi un autografo?» gli avrebbe voluto rispondere ma non fece in tempo che assistette ad un'adorabile scena tra padre e figlio, tanto che rise quando per la seconda volta si scusò per quanto fosse agitato, ma per lui non c'era problema perchè lo trovava quasi adorabile, era una piccola furia adorabile, avrebbe sicuramente dato problemi crescendo; però poteva ritenersi fortunato ad avere Peetzah come padre, doveva essere uno spasso.
    «Partitaccia, eh?»
    «Meglio non parlarne » odiava perdere e parlare della sconfitta gli faceva male perchè la ferita era ancora fresca e se sommiamo che aveva anche litigato con Arturo, la rabbia poteva esplodere da un momento all'altro; per questo aveva deciso di allenarsi da solo. Ma vedere lì Morley aveva appena cambiato la sua giornata e sapere che avrebbe fatto qualche passaggio con lui lo fece rallegrare. Il suo campione era lì e gli avrebbe magari dato qualche consiglio.
    «Mi farebbe molto piacere fare qualche passaggio insieme ma prima» gli passò la mazza, la sua adorata mazza
    «ti prego, mi faresti un autografo?» era pur sempre un sedicenne che incontrava il suo mito, non poteva limitarsi a parlarci e vederlo giocare col figlio, uno splendido bambino tra l'altro.; e poi glielo aveva chiesto lui per primo se voleva un autografo, non poteva farsi scappare tale occasione. Glielo avrebbe sbattuto in faccia a Mort anche se non ho idea se gli interessava davvero, sembrava che avesse solo voglia di picchiare piuttosto che giocare a quidditch. Magari avrebbe gioito dell'autografo con Arturo e avrebbero fatto quindi pace in quel modo, forse.
    «Mi chiamo Costas» e basta, non voleva che sapesse il suo nome per intero, poi prese la pluffa e guardò il bambino «tuo padre è un grande! Spero tu possa diventare come lui» ma che cucciolo di un figlio, se solo avesse saputo la verità. «Battiamo?» chiese poi a Peetzah. Al diavolo il bambino, lui voleva stare con suo padre l'adulto.

    Slytherin
    16 y.o
    v anno
    Batte. Forte. Sempre
    Costas Motherfucka
    And I was always insecure
    Until I found
    You, you were always on my mind


    Edited by Costa(nzo)s - 28/7/2021, 10:47
     
    .
  5.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Rebel
    Posts
    384
    Spolliciometro
    +653

    Status
    Offline
    b-day: 28.03.1993
    house: former gryffindor
    from: hogsmeade, scotland
    job: coach and oh, he's also a father, uao
    the few who rise up high
    morley peetzah
    Dicevano di lui che non fosse mai cresciuto – e dicevano la verità. Cos'altro avrebbe potuto giustificare il morboso attaccamento a quello specifico campo di gioco, o la solidarietà sugli spalti (ma anche fuori) nei confronti degli studenti che indossavano gli stessi colori che erano appartenuti anche a lui, o l'infantile (e perenne) ricerca di una sfida, di qualsiasi genere, che lo spingesse ad esser sempre il migliore e a primeggiare, o tanti altri lati del suo carattere che rientravano alla perfezione nella sfera dell'immaturità?
    Morley Peetzah era un uomo solo sulla carta, ma la vera adulthood doveva ancora assaggiarla – qualcuno sperava che sarebbe giunta a breve, magari cogliendolo impreparato (e in faccia) come un Bolide impazzito; altri – sua madre. – avevano sostenuto che sarebbe arrivata ora che le sue priorità dovevano, per forza di cose, esser ricalibrate in luce di quel figlio inaspettato; altri - la maggior parte di coloro che lo conoscevano - c'avevano perso le speranze e continuavano a trattarlo per ciò che, a conti fatti, era. Un bambino. Persino più bambino del bimbo di quattro anni che si era portato in spalla per tutto il pomeriggio. Lo stesso bambino che Piz, dall'alto della sua stupidità, aveva cercato di nascondere dietro le gambe – senza successo.
    Bang non era più un segreto (non un Segreto Vero, comunque) ma non era neppure notizia di dominio pubblico: era la prima volta che gli capitava di voler tenere un lato della sua vita privata... beh, privato. Non lo voleva ammettere, ma il motivo principale che lo spingeva a non voler rilasciare interviste a riguardo era uno solo: certe volte, dopo aver riportato Bang a casa Hilton e lasciato un veloce bacio sui capelli di Penn, poteva tornare a casa e fingere che nulla fosse cambiato, che la sua vita fosse la stessa di sempre – beh, circa, senza il Quidditch giocato e con una manciata di arpie pronte a rendere ogni sua giornata un inferno. Nessuna famiglia, nessuna responsabilità, nessun dovere.
    Poi, però, assisteva a scene come quelle e non poteva non sentirsi maledettamente in colpa per quei pensieri: Bangkok c'era, esisteva, era una creatura in carne ed ossa... e forse era la miglior cosa che Piz avesse mai fatto in tutta la sua vita.
    Senza accorgersene, si ritrovò a sorridere con affetto mentre il Serpeverde si intratteneva con il piccolo Hilton-Peetzah, annuendo a quel «vedo che sai già cosa vuoi nella vita» che non aveva forse la minima idea di quanto fosse vero. «Puoi dirlo forte.» Non gli era mai balenato nella mente l'ipotesi che l'amore di Bangkok per il (distruggere cose) Quidditch non fosse innato in lui, e che fosse solo una mera proiezione della passione di Piz: al fatto che suo figlio adorasse quel gioco ci credeva tantissimo, con tutto se stesso, ed era certo che quello sarebbe stato il futuro di Bang – che sì, aveva già le idee chiare. E, a tal proposito... «non -» fiuuu, pericolo scampato: non una saggia mossa quella di stuzzicare Bangkok con la promessa di una mazza rinforzata, non quando aveva già mandato in polvere svariati soprammobili utilizzando quelle giocattolo. L'allenatore aveva temuto per un brevissimo – ma molto intenso – attimo per la sorte delle ginocchia del ragazzino, ma anche delle sue: Bang aveva uno swing molto potente, se li avesse colpiti avrebbe fatto loro molto male .
    Li lasciò comunque fare, notando con piacere che la presenza del battitore verde-argento non aveva particolarmente alterato l'umore del figlio; anzi, al contrario, il piccolo sembrava entusiasta all'idea di giocare con qualcuno che non fosse Morley stesso. Rude. Ma comprensibile; non aveva mai affermato di essere un baby-sitter (o un padre) simpatico e le sue conversazioni vertevano sempre sulla stessa cosa (Quidditch, Quidditch, risultati del Fanta-Quidditch, Quidditch...) e si rendeva conto che persino Bells o Chelsey – o, ancora peggio, Delìth - sapevano esser più di compagnia.
    Approfittò lui stesso di quel momento per studiare meglio il ragazzino che, fino a quel momento, aveva visto solo da lontano, seduto comodamente sugli spalti per i vipz. Ora che lo guardava meglio, gli sembrava di riconoscerlo già dalle partite dello scorso anno, quelle che il coach aveva utilizzato per stilare una lista di tutti gli studenti che valeva la pena di tenere d'occhio per il futuro – opzioni comunque limitate, nel suo caso, ma l'intento di far indossare loro delle parrucche ancora c'era (ciao Joey, guardiamo te, un portiere ci serve). E lo stava ancora studiando, riconoscendolo come colui che si era beccato un bel bolide in piena faccia («un rito di passaggio nella nostra famiglia ah ah ah» #cosa?cosa no non è vero, Joni, se stai leggendo, non dargli retta), perciò non gli sfuggì l'aria rammaricata e dispiaciuta a quel commento. Strinse le labbra, il coach, assottigliando lo sguardo: se da una parte poteva capire la delusione per l'essersi fatto abbattere con tanta facilità, e l'imbarazzo nel dover portarsi quella nomina per chissà quanto tempo – d'altronde, chi meglio di lui poteva immedesimarsi in quella situazione? -, dall'altra non era neppure disposto ad addolcire la pillola, proprio perché c'era già passato in prima persona. Morley lo sapeva benissimo che l'unico modo per accettare la cosa era non vergognarsene: anche i migliori cadevano dalla scopa (lui, Morley era il migliore) e se nessuno ti prendeva di mira con bolidi assassini voleva dire che non ti consideravano abbastanza pericoloso da dover esser messo k.o.! Era, in un modo molto distorto e ben poco salutare, quasi una soddisfazione.
    E glielo fece presente. «Vengono disarcionati in quel modo solo i giocatori reputati pericolosi, ricordatelo.» Gli costava tanto, troppo, dare lezioni di vita ad un Serpeverde ma !! era pur sempre un ragazzino (del quinto anno). «Devi avergli fatto molta paura per rispedire un bolide del genere nella tua direzione.» Oppure, un torto molto grande tipo, non lo so, frequentarsi con un suo parente o uccidere accidentalmente il suo rospo, Morley non poteva sapere cosa succedesse all'interno del castello, ma d'altronde per lui ogni animosità nasceva e si sviluppava sul campo da gioco, fine. Non conosceva altro. Allungò una mano per posarla sulla spalla del ragazzino, poi lo guardò con aria seria e aggiunse un: «magari la prossima volta cerca di evitarlo.» Perché oh, ad uno puoi anche sopravvivere, al secondo meh.

    «Cosa vuole dire “meglio non parlarne”?!» Con tanto di verso del ragazzo e virgolette mimate a mezz'aria con le dita. «Che stronzate sono!» Oh no. «Bang non ripetere!!»Per Godric, Penn mi ammazza davvero”, pensò. «Bisogna sempre parlarne! È facile ripercorrere una bella partita e gioirci su, ma poco utile.» Per carità, vincere dava una scarica di adrenalina non indifferente e ti faceva sentire in cima al mondo, capace di poter fare qualsiasi cosa, ma «dobbiamo imparare dalle sconfitte.» #pizyoda. Nel caso di Serpeverde, nello specifico, imparare come concentrarsi di più sul gioco e meno sui falli – tattici, certo, ma non solo, capito Costas? «Perdere non piace a nessuno, eppure serve per migliorarsi. Serve a capire quali errori non commettere in futuro.» Aw, poteva pure non essere un bravo padre, ma era un coach decente. «E quali schemi di gioco non utilizzare mai e poi mai, per Godric, ma chi li chiama?!» Il capitano verde-argento poteva fare molto meglio, eh. «Però d'accordo,» alzò le mani in segno di resa, sicuro che Chelsey avrebbe fatto il suo lavoro e preso per le orecchie la squadra, prima o poi – non solo Serpeverde, ma anche perdenti - «possiamo lasciar perdere e fare due tiri.»
    Pur sapendo di non poter salire su un manico di scopa, l'idea di allenarsi un po' sul campo di Hogwarts lo stava facendo letteralmente vibrare di gioia, sensazione che a settembre non era riuscito a godersi, perché troppo impegnato a sganciare su Joni la BB (Bomba Bangkok). Quel pomeriggio, invece, non aveva alcun pensiero! (No thoughts, head empty, classic Piz)
    «tuo padre è un grande! Spero tu possa diventare come lui» Vabbè, com'era bello esser idolatrato e lusingato in quel modo, Piz non si sarebbe mai abituato alla fama!! Sorrise, tutto soddisfatto per quelle parole, e rivolse al figlio uno sguardo che sembrava voler dire «capito?! SONO UN GRANDE!! Prendi esempio!!» ma sarebbe molto assurdo (e immaturo) da parte sua, se fosse vero, no? Ah ah ah . ah.
    Unless.
    «Oh, un autografo! Ma certo, con piacere!» Era stato lui a proporlo, infondo, e non avrebbe mai e poi mai rifiutato una richiesta del genere!! Accettò la mazza rinforzata di Costas ed estrasse dalla tasca il pennarello indelebile per legno – magico e a prova di ogni cosa: pioggia, vernice, graffio. Super resistente!! Se lo portava dietro per qualsiasi evenienza, non c'era mezzo migliore per marchiare mazze o manici di scopa dei fan: la dedica di Piz a (suo figlio) Costas sarebbe rimasta lì per sempre – o almeno fino a che il manico di scopa avesse avuto vita, ecco. «Team Piz, ottima scelta.» Eddai, mica potevano esser tutti Team Quell'Altro, no?! Già gli toccava convivere quotidianamente con una Traditrice TM e la sua cottarella scema per l'ex Corvonero gne gne gne. Riconsegnò lo strumento di gioco al ragazzo e gli sorrise. «Perfetto allora! Battiamo!» Tale padre, tale figlio. «Solo una cortesia... cerchiamo di non prendere il bambino in faccia, okay? Altrimenti la mamma mi uccide.» E per davvero, 'sta volta.
    [verse 2]
    risk it all,
    hold nothing back;
    seize the day.
    Stars arising,
    countless worlds colliding
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  6.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    297
    Spolliciometro
    +871

    Status
    Offline


    «Vengono disarcionati in quel modo solo i giocatori reputati pericolosi, ricordatelo.»
    «me ne ricorderò» disse con una punta di orgoglio, non aveva pensato la questione sotto quel punto di vista e sapere di essere temuto gli piaceva anche se gli rodeva lo stesso non essere riuscito a non farsi prendere da quel bolide.
    «Perdere non piace a nessuno, eppure serve per migliorarsi. Serve a capire quali errori non commettere in futuro.» ecco, gli rodeva anche quello. Odiava perdere più di qualsiasi altra cosa, anche il rifiuto di Arturo non faceva bene al suo ego ma una cosa per volta,al momento era la sconfitta che più lo demoralizzava.
    «Bisogna sempre parlarne! È facile ripercorrere una bella partita e gioirci su, ma poco utile.»
    «sei un bravo coach» con le parole Morley ci sapeva fare ed era riuscito anche a farlo sorridere, non a caso era un eccellente coach e il suo idolo; Spesso aveva immaginato di diventare come lui, ma sapeva benissimo che la carriera di giocatore professionista di quidditch non sarebbe stato il suo futuro, lui era destinato al ministero, accanto a suo padre.
    «Bang non ripetere!!» si trattenne dal ridere, doveva ammettere che veder Morley con quel bambino gli provocava strane sensazioni, era così familiare ma allo stesso tempo lontano da lui. Era un casino, strano decisamente ma una piccola parte di lui voleva quasi essere al posto del piccoletto. Al contrario lui aveva una famiglia che sembrava più un collegio militare; suo padre voleva a stento essere chiamato in quel modo e mai avrebbe augurato a suo figlio una carriera diversa da quella scelta per lui. Morley sembrava voler indirizzare il piccoletto verso la sua stessa carriera ma sicuramente non gli avrebbe mai messo pressione a tale proposito; sembrava così alla mano. Si stava sbagliando ma questa è un'altra storia e soprattutto universo, proprio come nella marvel.
    «si è proprio fortunato» sospirò mentre guardava quell'adorabile scena. Costas non era un sentimentale, anzi scappava da tutto ciò che poteva diventare troppo romantico ma quella sensazione di casa proprio non riusciva a farlo smettere di sorridere, quasi provava una certa invidia nei confronti del mocciosetto. Per fortuna non sembrava essersi accorto che Costas li stava fissando e firmò senza problemi la sua mazza. Era felice, non vedeva l'ora di mostrare la mazza ad Arturo, in tutti i sensi ovviamente, ma prima si sarebbe goduto il momento con Peetzah.«Perfetto allora! Battiamo!» sempre. Forte.
    «sono pronto!!» chissà se era già salito sulla scopa, guardò poi il bambino e gli sorrise, gli piaceva davvero molto. Di certo non perchè volesse averne uno, era troppo giovane e stupido per fare il padre, ma quel cucciolo di un Peetzah era adorabile e in qualche modo familiare, forse fin troppo. Scacciò quella sensazione di casa, non era appropriato, anche se ammirava Morley non era di certo il caso di fare certi pensieri e ripeterli per tutto il post perchè non so che altro dire.
    «Solo una cortesia... cerchiamo di non prendere il bambino in faccia, okay? Altrimenti la mamma mi uccide.»
    «Sia mai che si rovini questo bel faccino»sorrise al cucciolino e fece pugnetto contro la sua manina, che lo imitò praticamente subito. Impara velocemente. «aspetta buono qui,campione» sorrise per poi salire con la scopa verso l'alto e con la sua fedele mazza, ora firmata, per battere.«inizia tu!» disse per poi lanciare il bolide. Voleva vederlo battere così da poter imparare da un vero campione. L'ho già detto che adorava Morley?! Era così.
    Slytherin
    16 y.o
    v anno
    Batte. Forte. Sempre
    Costas Motherfucka
    And I was always insecure
    Until I found
    You, you were always on my mind
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Rebel
    Posts
    384
    Spolliciometro
    +653

    Status
    Offline
    b-day: 28.03.1993
    house: former gryffindor
    from: hogsmeade, scotland
    job: coach and oh, he's also a father, uao
    the few who rise up high
    morley peetzah
    «sei un bravo coach»
    Lo era davvero – o così avrebbero detto i giornalisti da lì a qualche mese, a fine campionato e dopo aver visto le sue Arpie trionfare in quasi tutte le competizioni inglesi di Quidditch. E Morley lo sapeva di essere un bravo coach, perché la sua mentalità era quella del vincitore: non accettava mai una sconfitta, o di dare meno del cento percento in qualsiasi situazione. Non lo tollerava nemmeno dalle sue giocatrici, e per questo le spronava sempre a fare di più, a fare meglio; era una vera bestia in allenamento, ma le sue urla – e i sacrifici delle ragazze – sarebbero stati ripagati a fine stagione. Lo sentiva.
    Certo, non era bravo da allenatore nemmeno un decimo di quanto lo fosse stato da giocatore, forse, ma si era saputo reinventare molto bene; e per fortuna, perché se non aveva quello, se non aveva il Quidditch, a Morley Peetzah non rimaneva nient'altro.
    O almeno così aveva creduto per tutta la sua vita.
    Che ci fosse solo una (due, dai.) cosa importante, una sola strada da seguire, un solo amore, un solo futuro. A chiunque lo stava ad ascoltare, un giovane Morley Peetzah raccontava per filo e per segno i suoi progetti per il futuro, già chiari a tredici anni: avrebbe brillato nel firmamento del Quidditch e il suo nome sarebbe entrato nella memoria di tutti, sarebbe stato considerato un campione, una leggenda. Le riviste sportive avrebbero parlato di lui negli anni a venire e la sua vita sarebbe stata un successo dopo l'altro: coppe, titoli, targhe d'oro con cui veniva ufficialmente apostrofato il migliore di tutti. Una carriera che sarebbe durata decenni – e che, in un certo senso, non sarebbe finita mai. Di appendere il manico al muro, per così dire, More non ne aveva assolutamente voglia. E non lo avrebbe mai fatto, se non fosse stato per l'incidente.
    Perché la vita aveva un modo (bastardo) tutto suo di mischiare le carte in tavola e stravolgere i piani – persino (e forse soprattutto) quelli ben dettagliati e pensati come l'aveva il Peetzah. Nel suo caso, più che il proverbiale bastone fra le ruote, aveva messo un Bolide maledetto sulla sua traiettoria, ma il risultato era il medesimo: aveva fatto danni ben più pesanti e preoccupanti della semplice botta in testa. Gli aveva infranto i sogni, e distrutto ogni speranza.
    More le aveva trattenute fino all'ultimo: con caparbietà – e ostinazione – era risalito sulla scopa una, due, tre volte. Ed era sempre caduto giù. Aveva perso il controllo e, ad ogni caduta, sempre più la speranza di poter tornare a giocare.
    Molti non comprendevano il suo atteggiamento – o la disperazione con cui Morley parlava di quella perdita specifica, ma quelle erano persone che non capivano il Quidditch.
    La vita gli aveva tolto tanto - più di quanto l'ex Grifondoro fosse disposto ad accettare... ma era anche vero che gli avesse offerto altrettanto. Non necessariamente nella forma che Piz immaginava – o sperava – ma era innegabile che quel nuovo capitolo della sua vita, per quanto spaventoso, costituisse una nuova sfida.
    «aspetta buono qui, campione» Già, il suo piccolo campione: lo sarebbe diventato? Chi può dirlo: More sperava, ovviamente, di sì, ma era anche vero che personalità più brillanti di lui erano bruciate troppo in fretta sotto le pressioni di genitori e aspettative – non voleva la stessa cosa per Bangkok. Sorrise a testa bassa al figlio, e poi allo studente che con piccoli gesti stava contribuendo, forse involontariamente, a migliorare la giornata dell'allenatore.
    Fare due passaggi, seppur da terra, rimaneva ancora uno dei suoi passatempi preferiti e spesso lo utilizzava come metodo per schiarirsi le idee e rimettere in ordine i pensieri, specialmente prima di una partita importante quando tutto sembrava confuso e incerto. Era pronto a scambiarsi il bolide con quel ragazzino e testarne le capacità – vederle dagli spalti non era mai abbastanza, Chelsey poteva confermare: subito dopo averle fatto l'offerta, Piz l'aveva portata nello stadio delle Arpie e l'aveva letteralmente presa a pallonate per accertarsi che le sue capacità di battitrice non fossero state attenuate dal tempo e dal cambio di reparto. S'era divertito più del dovuto a respingere con forza i bolidi contro la ormai ex studentessa – ma era servito ad entrambi, per conoscersi e capirsi.
    A Costas rivolse lo stesso sguardo carico e batté un paio di volte le mani, adrenalinico.... salvo poi accorgersi che il ragazzino stava salendo sulla scopa.
    Oh. Giusto. C'era quel particolare.
    «Ahem...» con le mani ancora congiunte dopo l'ultimo clap, le fece sfregare tra loro, imbarazzato. «Io credo che tirerò da qui.» Afferrò – non senza fatica – il Bolide e tentò di tenerlo fermo nella morsa più stretta che riuscisse, mentre rivolgeva scuse silenziose allo studente. Non era certo la stessa cosa, ma per Morley Peetzah il volo era off-limits. «Vediamo che tempi di recupero hai.» Lasciò libero il Bolide, si inchinò in fretta a raccogliere la mazza rinforzata e si mise in posizione, giusto in tempo per ricevere – e ribattere – il Bolide verso l'alto con la forza che, incidente o meno, non lo aveva mai abbandonato. «Rispediscilo al mittente se ci riesci!» Era difficile (non) colpire bersagli in movimento a mezz'aria nel vuoto; ma era ancora più difficile imprimere nel bolide abbastanza forza e precisione per ritornare con precisione verso un punto immobile a terra, scatenati ed imprevedibili com'erano. Un esercizio che richiedeva molto controllo e incredibile forza.
    Uno che Pepperoni aveva padroneggiato all'età di undici anni – Costas non vorrai mica essere da meno rispetto a tua zia, no?
    [verse 2]
    risk it all,
    hold nothing back;
    seize the day.
    Stars arising,
    countless worlds colliding
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  8.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    297
    Spolliciometro
    +871

    Status
    Offline

    Lui amava il Quidditch, l'adrenalina che provava durante la partita, il suono della mazza che colpiva il bolide e persino il puzzo di sudore a fine di ogni allenamento gli piaceva, poteva essere se stesso, libero e mai una volta aveva rimpianto di farne parte. Sentiva in cuor suo che il suo destino era quello di essere un battitore professionista anche se i suoi genitori non la pensavano allo stesso modo. Poco importava, si sarebbe goduto il quidditch fino al diploma e non avrebbe pensato al futuro, aveva altre grane a cui pensare come risolvere con Arturo. Aveva ragione perchè erano stati sciocchi a fare quei falli, ma poco importava avrebbero vinto il prossimo anno.
    Detto ciò guardò il suo idolo, gli sarebbe davvero piaciuto diventare come lui ma sarebbe rimasto solo un sogno nel cassetto come tanti altri che non starò qui a dire. «Vediamo che tempi di recupero hai.» l'ho già detto che amava le sfide? era così, soprattutto se sapeva di poterle vincere «Pensa a lanciare più forte!» si era preso una certa libertà perchè insomma erano pur sempre padre e figlio, no scusa erano pur sempre entrambi battitori e persino forti. Invidiava Joni che lo aveva come parente ma questo non glielo avrebbe mai detto come del fatto che era forte come il fratello.
    «Rispediscilo al mittente se ci riesci!»Strinse la mazza e aspettò che suo padre il coatch lanciasse il bolide e quando lo vide arrivare si leccò le labbra e roteò la mazza così velocemente e con forza bruta colpì il bolide che l'impatto fece vibrare il suo corpo. Era eccitante più di qualsiasi altra cosa - oltre al sesso - c'era poco da fare.
    «io batto forte» sempre. Era soddisfatto perchè aveva colpito in modo del tutto perfetto quel bolide, lo aveva rispedito al mittente. «cerca di non farti male!» anche perchè insomma padre hai una certa età rispetto a Costas e devi stare attento. Ma sapeva che l'uomo non si sarebbe fatto trovare impreparato non a caso era uno dei migliori battitori sulla piazza e allenatore. Di fatto furono minuti - non saprei quanto- bellissimi per Costas perchè ci furono più scambi che fecero stancare il ragazzo e sicuramente anche Peetzah, ma lo avevano liberato dai pensieri. Per un momento non aveva pensato ad Arturo e a quella stupida lite. Essere libero da ogni pensiero lo aveva fatto stare bene, per questo amava il Quidditch, quando lo praticava la mente si svuotava e non c'era spazio per l'amore, per quello che era successo in precedenza ma solo il gioco.
    Quando scese dalla scopa, poggiò la mazza e strinse la mani a Morley «grazie, è stato divertente. Spero di avere un'altra occasione» lo sperava davvero. In futuro sicuramente si sarebbero rivisti e non sarà piacevole, per nessuno dei due.
    Slytherin
    16 y.o
    v anno
    Batte. Forte. Sempre
    Costas Motherfucka
    And I was always insecure
    Until I found
    You, you were always on my mind


    grazie padre <3
     
    .
7 replies since 25/4/2021, 18:55   315 views
  Share  
.
Top