Le finte piogge di Castamere

gid x mac

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    In cuor suo, quel piccolo cuoricino maldimensionato che si ritrovava nel petto, sperava che Willow non venisse mai a conoscenza del fattaccio.
    E no, l'aver preso le sue sembianze senza nemmeno chiederle il permesso, - che già di per sè sarebbe stato gravissimo - non c'entrava.
    Ciao Erin! Come se non bastasse il tono allegro a tradirne l'identità, il McPherson aveva persino accennato un sorriso caldo.
    E quello, quello, era il fattaccio. Doveva rientrare nella parte!
    In compenso, aveva smesso subito, riportando il viso ad un'imperturbabile espressione di neutra indifferenza.
    Indifferenza verso la vita, un pizzico di rabbia verso le circostanze che l'avevano portata a nascere nel vEnTuNeSiMo secolo e non nell'alto medioevo - lì sì che si divertivano davvero, altro che la nostra sala torture! - rabbia verso quella scuola e le sue regole, verso il fatto che non ci fossero abbastanza tombe sparse lungo i corridoi, e che le lezioni di corpo a corpo e scherma non fossero abbastanza cruente. Poi, uno strano sentimento non meglio definito, ma che la rendeva psichiatrica a tutti gli effetti: sfumava tra la rabbia e la soddisfazione perchè Jericho Lowell non lavorava ad Hogwarts come insegnante...era uno schifo!!! - ma chi scaldava la sedia nell'ufficio delle risorse umane? - ma anche perchè forse era meglio così. Perchè averla come insegnante privata e solo per lei, l'avrebbe resa la sua pupilla esclusiva! Si convinse di questo, Gideon McPherson, nei panni di Willow Beckham: per quanto tutti avrebbero dovuto avere una maestra come Jericho, nessuno meritava davvero di essere istruito dalla ragazza come lo erano lei e...Twat? Chi era l'altro?
    Magari ne era persino gelosa?
    Aveva senza dubbio una cotta per lei.
    Non conosceva la mente della corvonero così bene da poterlo dire, ma non lo escludeva. E quindi, anche se Erin avesse pensato di avere davanti una squilibrata, rincarò il saluto, in modo più rude e sibilando un glaciale ciao. E punto e basta.
    Perchè comunque era scortese non salutare (??)
    No.
    No. Doveva dimenticare le buone maniere, era Willow fucking Beckham, accidenti! E per ricordarselo, si domandò perchè il sole dovesse sorgere per forza ogni fottuta mattina, in barba alle leggi che governavano l'universo, e per quale motivo questo fosse così cattivo da non lasciare a tutti la pallida tranquillità del buio perenne.
    Una notte infinita.
    Una Grande Notte da far invidia a Grande Inverno.
    Sbattè due volte le palpebre, scostando lo sguardo color foresta da Erin verso la fine del corridoio, nel quale intravedeva una luce - la luce della fuga da quel momento di totale imbarazzo - voltando i tacchi (si fa per dire, Dio non voglia che abbia pure i tacchi addosso) e lasciando il corridoio e la Chipmunks alle proprie spalle.
    Tirò un sospiro di sollievo, quando fu da solo. Occhi chiusi e mente distesa, mentre con il dorso si poggiava contro la colonna in marmo all'esterno di Hogwarts. I capelli corvini, lunghi e lisci, gli solleticavano la schiena in un modo a cui non era abituato. Avere i capelli lunghi significava che potessero impigliarsi ovunque, erano scomodi, e rimpiangeva il suo caschetto ma...aveva un lavoro da svolgere, e doveva svolgerlo al meglio.
    Quindi tappa nella serra, nella quale aveva recuperato l'oggetto di scena, un altro sospiro e ciak, si gira! Distese i muscoli del viso e concentrò ogni energia per mantenere un'espressione se non neutra, quanto meno di astio generale. Una mano a sistemarsi le ciocche di capelli dietro un orecchio, e l'altra ad afferrare un sacco nero della lunghezza di circa centosessanta centimetri. La sua figura sottile ed elegante sarebbe passata del tutto inosservata, se non fosse stato per quel sacco dalla forma che ricordava senza troppi rigiri, un corpo umano intero.
    Le mani affusolate stringevano con forza il sacco nero che si era trascinato dietro con apparente fatica verso le sponde del lago nero. In verità non pesava così tanto, ma lui era un attore e doveva dare l'impressione che fosse così. Notò la presenza di uno studente, poggiato contro il tronco di un albero, ma non ne distinse affatto la figura, intravedeva solo il profilo del mantello e non avrebbe potuto indovinare nemmeno se fosse un maschio o una femmina. Non aveva importanza, comunque. Si avvicinò, il passo felpato ed il sacco nero che accarezzava l'erba con delicatezza, quasi la sfiorasse.
    E Dio, quanto lo inquietava il lago nero. Lo spaventava da morire anche solo guardarlo, ma era anche questo il bello dell'essere un attore, no? Le sue paure non contavano più, era dentro il personaggio.
    Portò lo sguardo sulla figura nascosta dal tronco. Si inumidì le labbra ed aprì la bocca, poi la richiuse.
    ?
    Ehi ciao?
    No. Ma quale ciao, chi ti conosce? e invece lo conosci bene
    Scusa?
    Ma proprio no!
    Potresti... No, aveva già sbagliato. Trattenne il respiro, cercò di immaginare lo sterminio di massa di tutti suoi nemici - le pernospore che infestavano le serre e che facevano appassire le sue bellissime piante - Aiutami a sotterrare questa cosa se non vuoi che ti spezzi le gambe e le butti in pasto al
    loligo vulgaris
    ma gigantis

    blink blink
    calamaro gigante.
    Per favore?
    Grazie?
    Vuoi mica un biscotto?
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    «non posso farcela»
    «certo che puoi farcela»
    Mckenzie sorrise alla pacca sulle spalle di Connor, l’indice a spingere nervosamente gli occhiali sul naso: non poteva farcela. Lo sapeva Mac, lo sapeva Connor, lo sapevano Nicky e Meh – la prima aveva accompagnato il Welsh, il secondo aveva seguito il richiamo dei Losers assemble – e doveva saperlo anche il ragazzino che, poco distante da loro, osservava il Lago Nero con il cipiglio truce di chi avesse dei personali conti in sospeso con la superficie d’acqua, ma non sapesse esattamente quali conti, né come appianare la questione. «andrai alla grande» l’unico posto in cui sarebbe andato alla grande sarebbe stato il cimitero, ed all’interno di un sacco nero, ma non ritenne opportuno condividere il pensiero con il suo pubblico. Sistemò invece inesistenti pieghe sulla divisa, resistendo alla tentazione di allentare il nodo alla cravatta o, nella peggiore ma più credibile delle ipotesi, stringerlo per soffocarsi. Non poteva farcela. «E STAI BENISSIMO OGGI MAC CAVOLO TI ABBRACCEREI» Compromessi, di quello era fatta la vita dell’Hale: Mehan sapeva che il Corvonero non fosse prodigo alle manifestazioni d’affetto, il che l’aveva spinto a dover verbalizzare le proprie intenzioni, e solo di rado portarle a termine. «è vero!!! sembri così….vivo!!!!» il tono entusiasta di Nicky scemò in un’espressione di orrore, naso arricciato e sguardo interrogativo a posarsi sul Tryhard in una silente richiesta d’aiuto ad arginare il passo falso. Poteva quasi sentire la conversazione mentale fra i due (MEH GLI HO DETTO CHE NORMALMENTE SEMBRA MORTO? NON INTENDEVO QUELLO AIUTO COSA FACCIO -). Decise di andarle incontro con un sorriso nervoso, ed un eloquente «è la primavera» che, nel linguaggio Haliano, significava certo, sono andato da Melvin e mi sono fatto truccare così da coprire le occhiaie violacee ed il volto pallido: sono morto da cent’anni; felice che abbia funzionato. Il fatto che nulla di quanto pensato concordasse con quanto detto, era la base delle relazioni personali fra Mckenzie Leighton Hale ed il resto del genere umano: nulla di nuovo sul fronte occidentale. Però, era vero: con un colorito roseo e guance appena più scure, Mac sembrava una persona sana - quel che in un’altra vita avrebbe potuto essere, e che in quella mancava da più di un secolo. Per l’occasione, si era anche tinto i capelli, normalmente bianchi, in un blando castano che gli avrebbe permesso, miracoli permettendo, di passare inosservato (gli mancava, passare inosservato), evitandogli così le sceneggiate con le quali era ormai costretto a vivere: chi fingeva di battergli il cinque e ritraeva la mano altrimenti me la spacchi XDXD roccia!!!, chi lo minacciava in vista della partita contro le Tassorosso, e chi (Mort) ancora non riusciva a dimenticare la sconfitta e perdurava in una guerra fredda fatta di occhiatacce e morsi (.). E se la tattica degli occhiali da vista funzionava per Clark Kent, non vedeva (punto) perché non dovesse funzionare anche per lui: ed eccolo lì, al limitare dell’entrata al castello, con la divisa immacolata, occhiali da vista tondi e dalla montatura a dorso di tartaruga, e banali e domati ricci bruni su un volto plastico, ma normale.
    In tasca aveva anche il biglietto con scritto best boi hogwarts edition che Jane gli aveva appiccicato sulle spalle quando l’Hale era andato ad assicurarsi che tutto (cosa? Tutto) fosse pronto. Come avrebbe detto Arianna, era caldo come un boiler.
    «andiamo a fare le presentazioni»
    Già detto che non potesse farcela?

    «- e questa è la sala grande. un luogo di ritrovo, oltre che uno spazio comune per magiare. Le pietanze sono tutte eccellenti, servite sempre calde, e puoi averne quante ne vuo -» «è stupido.» Si bloccò a metà passo e discorso, ruotando gli occhi grigi sul ragazzino al proprio fianco. Si chiamava Emerson, ed era tutto ciò che avresti immaginato di un inglese: pallido, labbra sottili, ed un terribile senso dell’umorismo. Mac si era preparato - scritto. Sottolineato. studiato - un discorso per introdurlo alla scuola, e presentargli le mura di Hogwarts nella miglior luce possibile: da nato babbano, Emerson non aveva mai conosciuto la magia prima di venire rapito e modificato, ed il Corvonero aveva pensato di offrirgli un’esposizione che potesse spiegare in modo semplice, ed al contempo intrigante, le dinamiche del castello. Harper l’aveva approvato, suggerendo modifiche riguardo a cose che l’avevano affascinata – o confusa – da un punto di vista non mago, e… E? Lo guardò, notando le spalle incurvate e gli occhi fissi sui propri piedi. Quell’incontro, quella presentazione, era il suo compito finale in quanto tirocinante Legionario, e Mac si era ripetuto allo stremo, allo sfinimento, le linee guida che gli aveva dato Connor in proposito: interessati, gli aveva detto, ma non troppo, e Mckenzie, in una delle rare volte in cui sceglieva di essere il ragazzo intelligenti che altri credevano fosse, aveva compreso le implicazioni. Le aveva masticate, tenute sulla lingua fino a che non avevano perso ogni sapore, e le aveva ingoiate. Credeva ormai di averle digerite.
    «mi dispiace» Non lo aveva fatto. Quelle due parole, così banali nel suo vocabolario, le aveva trattenute in gola sin dal primo istante, e quando erano risalite in bocca, le aveva soffocate contro il palato - ma non poteva più. Respirò un po’ meglio, ed un po’ peggio, dopo averle dette. Gli dispiaceva per le torture; gli dispiaceva che fosse stato strappato dalla sua realtà nel modo peggiore e più crudele; gli dispiaceva che quel mondo, il suo nuovo mondo, ancora non fosse pronto a dargli il benvenuto che meritava. Pensieri che non fu in grado di elaborare in maniera coerenti, e che tenne appesi in due semplici, maledette, parole: mi dispiace. Emerson fece spallucce, corrugando le sopracciglia ed affondando le mani nelle tasche della felpa. «tu non sai cosa si prova» una frase così scontata, così sincera nel proprio prevedibile egocentrismo, che un sorriso triste ed ironico minacciò di curvare le labbra dell’Hale. Sfiorò distratto il dorso delle mani, laddove, nel 1900, un comitato di esorcismi aveva cercato di conficcarci dei chiodi per salvare la sua anima dall’omosessualità: posso immaginarlo. «mi dispiace» ribadì invece, perché non era il suo momento, quello. In tutti i sensi. «ma non sei -» «solo?» La smorfia di Emerson lasciava intendere cosa pensasse di quella frase fatta, e Mac lo studiò un paio di secondi, prima di scuotere il capo, e concludere la sentenza: «morto.» perché era quello, più di molto altro, a convincerlo ad alzarsi dal letto la mattina: non tutti erano fortunati quanto lui – quanto loro. E non importava, non importava un cazzo, che a volte preferissero esserlo, perché non lo erano, e le loro vite potevano ancora cambiare in meglio. Le vite di altri, grazie a loro, potevano cambiare in meglio. Ignorò il sobbalzo alle sue parole, aggiungendo in tono più gentile «ma anche solo»
    Gli parlò del Quidditch. Gli disse che pensava di proporne una nuova versione, una che potesse includere anche gli Ivorbone, per quando si fosse diplomato e fosse diventato ufficialmente un Legionario. Gli parlò di Joey, e Willow e Gideon e Kiel. Lo portò dai suoi nuovi compagni, ed alzò gli occhi al cielo nel trovare Jane, coperta da un velo nero, intenta a sacrificare Fitz, perché guarda bene, ragazzino, questo è quello che facciamo mattina e sera prima di colazione e dopo cena in quel di Hogwarts - si annotò mentalmente di non chiedere mai più a Jane Darko di comportarsi bene. - e lo presentò a Melvin e Callie, uragani travolgenti a cui fosse impossibile dire di no. E gli fece conoscere Harper e Goleador.
    Ed alla fine, quando stremato dalle novità e confuso sulla sua nuova vita Emerson si appiattì su uno dei divanetti, Mac si sedette al suo fianco in silenzio, aspettando. Attese che la rabbia svanisse, che la malinconia si affacciasse dagli occhi castani del ragazzino, e che la voce si spezzasse in quel modo violento e cristallino dei nuovi inizi. «andrà meglio?» Deglutì, gli occhi a spostarsi sul ragazzo. Lo studiò a palpebre abbassate un istante, decidendo di offrirgli quello che Emerson non poteva sapere quanto raro fosse da un Mckenzie Leighton Hale: onestà. «alcuni giorni» «e gli altri?»

    Spostò la canna fra le dita, osservandola distratto e distante. Aveva smesso di resistere, allentando il nodo alla cravatta come gli premeva di fare da quella mattina, e con la schiena appoggiata sul tronco dell’albero, appariva esattamente come si sentiva: scomposto ed esausto. Passò le dita fra i ricci castani, aspirando fino a sentire i polmoni bruciare ed un po’ di più - abbastanza da dimenticare come si vivesse, e dove dovesse farlo – prima di rilasciarlo con lentezza in una nuvola densa e grigia.
    Voleva tante cose, Mckenzie. Voleva cambiare il mondo e cambiarne le regole. Voleva alcuni giorni.
    E gli altri?
    Un rumore attirò la sua attenzione, spingendolo a nascondere la canna dietro la schiena. Si affacciò oltre il tronco dell’albero, palpebre socchiuse nello studiare le (la?) figura in avvicinamento. Cosa stava… guardando? «potresti...»
    Willow. Stava guardando Willow fuckin Beckham.
    «aiutami a sotterrare questa cosa se non vuoi che ti spezzi le gambe e le butti in pasto al calamaro gigante»
    Willow fuckin Beckham e quella cosa da sotterrare: una visione così normale, che lo fece ridere. «non puoi,» uscì dall’ombra dell’albero, lo sguardo a saettare dalla sua Caposcuola al sacco. «non abbiamo riserve» Joey da qualche parte nel dormitorio dei Corvonero, annuì con un grugnito. Corrugò le sopracciglia studiando il sacco fra le mani di Willow, e dopo aver valutato rapidamente le opzioni possibili, osservò: «è mort» perché se fosse stato Arturo, i suoi art(ur)i sarebbero stati sparsi con orgoglio per tutta Hogwarts, e nel caso di Costas, avrebbe tenuta appesa la mano al collo come un (monito.) talismano. Mort Rainey meritava esattamente quello, invece: essere trascinato in un sacco nero, e sotterrato dove nessuno l’avrebbe trovato mai.
    No skè. «non sono d’accordo e non voglio sapere, ma se ipoteticamente fosse un cadavere, spero che tu ti sia già liberata dell’arma del delitto» Pausa. «ipoteticamente.» alzò le mani in segno di resa. Normalmente non sarebbe stato così tranquillo di fronte ad un omicidio, ma (era fatto) si trattava di Willow Beckham, e le avrebbe sempre coperto le spalle.
    In una vita, o nell’altra.
    «se sono di nuovo i libri sugli insetti di gid no, glieli riportiamo»
    Amava i suoi amici.
    E gli altri, si resisteva per gli alcuni giorni in cui ne valesse la pena.
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    SCUSA DOVEVO FARE IL TIROCINIO!!&&&
     
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    Poteva interpretare in maniera più che buona un copione già scritto e sul quale si era esercitato, ma nelle sue skills recitative mancava la parte fondamentale: l'improvvisazione. Non sapeva se la sua potesse definirsi arte, in realtà. L'arte, era un'altra cosa. E comunque, non era all'arte che aspirava, essendosi iscritto al corso soprattutto per scacciare un po' l'impaccio e la timidezza che prendeva il sopravvento quando aveva l'attenzione addosso. Come avrebbe fatto a diventare un insegnante e gestire un'intera classe, se non appena aveva più di sei occhi sopra di sè, arrossiva e desiderava sparire?!
    E quindi eccolo lì, sacco in mano per quello che era il compito assegnato dal professore.
    Aveva scelto di interpretare Willow perchè era divertente. Sapeva che richiedeva impegno, perchè era una persona conosciuta, essendo caposcuola e cacciatrice della squadra, ma sapeva anche che gli amici della Beckham potevano contarsi sulle dita di una mano. Presumibilmente nessuno l'avrebbe fermata per chiedere informazioni riguardo i punti casa o chissà cos'altro - molti studenti la temevano e quando volevano chiederle qualcosa, fermavano lui per farle da passaparola. Anche per questo era sicuro che non avrebbe incontrato troppe difficoltà...e invece...Mckenzie.
    Non aveva davvero idea di come comportarsi con il ragazzo, perchè non voleva mentirgli. Si sentiva male al solo pensiero di dirgli balle.
    Poteva semplicemente girarsi ed andarsene? Di sicuro non avrebbe portato avanti quel gioco per troppo tempo, Mac avrebbe avuto dei sospetti e lui allora si sarebbe rivelato. O lo avrebbe fatto comunque prima di andarsene. Questo pensiero lo fece stare meglio e lo convinse a proseguire.
    «non abbiamo riserve» Aprì appena le labbra, sorpreso, e poi le richiuse subito, trattenendosi dal sorridere. Poteva anche trattarsi di Mckenzie ed andargli davvero a genio, poteva anche volergli bene, ma Willow Beckham avrebbe sorriso sempre e per sempre solo al diavolo, e Mac purtroppo non lo era. Forse la vera Willow avrebbe capito al volo il riferimento al loro compagno serpeverde, perchè se l'era legata al dito, quell'ultima partita. Ma Gideon non portava rancore, e pur sapendo quanto Willow detestasse Mort, in quel preciso frangente era più simile ad un Joey. Certo che è mort- di sicuro non era vivo, ma ecco, quando capì che si stava riferendo al cercatore serpeverde, era tardi per ritrattare, non poteva nemmeno riderci su e dire che stava scherzando e che era una battuta!1! però forse era una rivelazione shock e troppo drastica. Certamente se avesse deciso di ammazzare Mort Rainey, i suoi amici sarebbero stati i primi a saperlo.
    o meglio...sono le sue cose, oggetti personali. Vestiti, quaderni, segreti. rappresentano il suo spirito E come li aveva ottenuti? Ma sì, certamente ci stava l'aver preso in disparte un ragazzino tra i serpeverde per fargli fare il lavoro sporco, promettendogli una o due settimane di tregua dalle punizioni al cimitero. Incredibile come le persone si facciano corrompere quando hai un po' di potere. Ci stava una risata maligna come il peggiore dei villain? Un piccolo accenno ad un sorrisetto diabolico? Piiiiiccolissimo? Ho già messo da parte ciò che mi serve per un voodoo, questa roba non serve più.
    A lei, a lui, a loro, a nessuno.
    «se sono di nuovo i libri sugli insetti di gid no, glieli riportiamo»
    Di nuovo?? Aveva detto "di nuovo?" In che senso di nuovo sks.
    !!!!!!!!!!!!!!
    Effettivamente, era da un po' che era sparito il suo libro sui coleotteri d'Europa. MHMH sus. Ma credeva di averlo semplicemente perso. Nel dubbio, mantenne un'espressione neutra che non lo tradisse e portò l'attenzione su altro.
    Cosa aveva fatto ai capelli? Fissò lo sguardo sui ricci scuri che non era abituato a vedere su di lui. Stai bene scuro, ti fa più dark, con una tonalità più noir saresti proprio perfetto. Ecco, ora lo smascherava.
    Arricciò le narici, percependo nell'aria un odore familiare e che non di rado accompagnava l'amico. Stavi fumando?? Non....doveva... mostrare...troppe emozioni.....ne sorrisi....Forse il voodoo può aspettare.
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    Era stanco, era fatto, ed onestamente, non ci trovava nulla di strano nell’aver incontrato una Willow Beckham impegnata a trascinarsi appresso un sacco per cadaveri pieno. «Certo che è mort» Un po’ più preoccupante avere conferma delle proprie stanche, e fatte illazioni, a cui rispose corrugando le sopracciglia. Lo sguardo rimbalzò pigro dalla sacca alla Corvonero, testa leggermente reclinata sulla spalla mentre studiava contenuto e compagna. Umettò le labbra schioccandole fra loro, un lieve sorriso a pungolare un angolo della bocca. «ok?» Forse avrebbe dovuto essere più sconvolto, più turbato, perché non era così che reagiva una persona equilibrata all’ammissione di un omicidio, ma… ma niente: Mac non era equilibrato di natura, ed al momento la sua percezione della realtà era chimicamente alterata. «drastica, ma ok» Turo avrebbe trovato un Cercatore migliore. Citando un grande saggio, amen. Dubitava qualcuno si sarebbe accorto della sua dipartita, alla peggio avrebbero potuto inventare un rehab per i suoi evidenti problemi di gestione della rabbia - «o meglio...sono le sue cose, oggetti personali. Vestiti, quaderni, segreti. rappresentano il suo spirito» Ah ecco. «Oh» battè (dolcemente, qualche volta -cit) le palpebre annuendo fra sé, gli occhi grigi a studiare il profilo di Will. «sei sicura che ne abbia uno? Di spirito» Non sapeva esattamente come funzionasse l’esoterismo della mora, ma era abbastanza certo che lo spirito fosse legato all’anima di una persona, e dubitava che il Rainey ne avesse una a disposizione. Si accovacciò a terra, i talloni piantati nell’erba, ed allungò un dito verso il sacco. Non fu certo se rise ad alta voce o solo nella propria mente, ma il sorriso che offrì alla cacciatrice, brillante e divertito, ne covava le reminiscenze. «c’è anche il suo diario segreto? Anzi, di bordo» Si schiarì la voce, scivolando lentamente in posizione seduta. «”giorno uno, odio tutti. Nessuno mi capisce. Che palle! Avrò la mia vendetta. p.s. this is a mckenzie hale hate account”» mimò, strascicando leggermente le parole, poggiando la nuca contro il tronco dell’albero per volgere un lieve sorriso d’intesa alla Beckham. Non era un segreto che non fosse la persona preferita di Mort Rainey; ci avrebbe perso il sonno.
    «Incredibile come le persone si facciano corrompere quando hai un po' di potere» Più che sentirla, quella frase la percepì, quasi che ogni parola avesse un proprio peso specifico. Il sorriso lasciò le labbra dell’Hale, e l’espressione divertita si sciolse in qualcosa di diverso. Qualcosa che avrebbe fatto bene ad imparare a nascondere, ma che ancora non riusciva. Qualcosa di nudo, e morbido, e vulnerabile che lo costrinse ad abbassare lo sguardo, e rese lo sguardo distratto e distante. Si era abituato alla violenza, ed alla morte; quel secolo, quelle persone, l’avevano reso come loro, e Mckenzie non batteva più ciglio all’idea che un suo compagno potesse essere morto ed in procinto di decomporsi sul fondo del Lago Nero – eppure. eppure. Un ragazzo doveva pur avere i propri limiti, no? E quasi rise da solo, isterico e ruvido, che l’arroganza - il potere - lo fosse, anziché un cadavere ancora fresco. Come tutto quello fosse normale. Abitudinario. Ed a rimetterci fossero sempre le stesse persone. Aveva tante idee in proposito; prese di posizione, obiezioni, polemiche a pungere la punta della lingua, ma era un Mckenzie. E, onestamente? Per quanto patetico, e triste, fosse, non voleva che Willow (capisse) decidesse che in fin dei conti avessero tutti ragione, e Mac fosse solo una perdita di tempo. Deglutì, dissipando il fastidio insieme al fumo soffiato verso i rami.
    Vorrei non lo facessi.
    Vorrei non fosse così.
    Non è giusto.

    «già» rispose invece, evitandone lo sguardo. «Ho già messo da parte ciò che mi serve per un voodoo, questa roba non serve più.» Tentò un sorriso, ma fu appena una smorfia della bocca. «oppure potresti ridargliela» azzardò debolmente, sollevando un angolo delle labbra per lasciarle il dubbio che stesse scherzando.
    (non stava scherzando)
    Fu più o meno a quel punto della conversazione, fra il di nuovo?!?!?! incredulo ed il commento ai suoi capelli («noir, uh?») che Mckenzie capì che qualcosa non andasse. Non avrebbe saputo dire cosa, ma … era una sensazione. Raramente si fidava delle proprie sensazioni, ma decise comunque di dargli - darsi - un’opportunità, assonati occhi grigi a studiare con intenzione la Beckham. La invitò a sedersi al proprio fianco tamburellando sull’erba, offrendole la canna fra pollice ed indice. Chiuse gli occhi. «sicura?» Quando li riaprì, una sfida lampeggiò nelle iridi argento, ammorbidita dal languido sorriso sulle labbra. «lo sai cos’è successo l’ultima volta»
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    «sei sicura che ne abbia uno? Di spirito»
    Era un'ottima domanda, e se Gideon fosse stato in sè stesso, avrebbe ceduto alla tentazione spericolata di lanciarsi in una delle sue spiegazioni del tutto inopportune, prolisse e non richieste sull'argomento. Due o tre cose sull'anima le aveva imparate da sua nonna, che della Bibbia era un'esperta: tutti avevano un anima, persino quel ragazzino troppo vivace di nome Mort Rainey. Rinunciare alle spiegazioni gli costava davvero tanto, ma tacque, alzando entrambe le sopracciglia, pensierosa ma affatto preoccupata. Gliela troverò, da qualche parte. Ed apparve del tutto determinata in quella rassicurazione.
    Aveva trattenuto il respiro, sentendo lo stomaco contrarsi ogni volta che lo sguardo grigio di Mckenzie si era soffermato sul suo viso e sulle sue espressioni misurate, riuscendo a mantenere la calma solo in apparenza. Ora mi scopre, pensiero fisso ad accompagnare ogni gesto ed ogni parola, e poi dovrei andarmene, subito dopo, perchè gli stava mentendo e non gli piaceva. Eppure, sebbene ad ogni secondo si fosse ripetuto che sarebbe stato l'ultimo in quelle vesti, alla fine, i secondi passavano e Mac pareva non sospettare di niente. Ma stava fumando, era confuso, poco lucido. Gli venne spontaneo chiedersi se l'altro non sospettasse nulla perchè in evidente stato di alterazione, o se invece lui era davvero così bravo da non dargli motivi per farlo. Decise, infine, che poteva trattarsi di un mix di entrambe le cose. Lui era discretamente bravo - diciamo pure che si sentiva un geniaccio solo per non essersi tradito dai primi secondi, e che era per lui già un traguardo -, e Mac era troppo poco in sè per accorgersene. Davvero un peccato che l'Henderson non fosse nei dintorni per assistere alla sua esibizione - che, per dirla tutta, era durata fin troppo - ma più i secondi passavano, più il desiderio di Gideon di continuare a vestire i panni dell'amica andava scemando, e nello stesso momento, più diventava difficile ammettere di star fingendo. Ci era già passato in quel terribile tunnel di bugie in cui ti rendi conto di essere intrappolato nella tua stessa falsità, che diventa più grande ad ogni parola che dici, e che ti impantana al suo interno tenendoti inchiodato. Sarebbe stato strano e sospetto anche solo girare i tacchi ed andarsene senza una scusa valida. Tanto valeva provare a concludere il discorso e poi richiamare un...impegno, tipo una capatina in sala torture per capire se l'ultimo studente che ci era entrato era già uscito o cose simili. Alla fine, aveva deciso di citare il suo impegno in quanto capo scuola, buttando lì una frase su quanto avere il potere la facesse stare bene.

    Aveva toppato.

    Non poteva davvero reggere la tristezza e lo sconforto nello sguardo di Mac, che non era disapprovazione - o forse un po' sì, ma non la stava giudicando, non lo avrebbe mai fatto. Solo gli sembrò più triste, perso in quelle parole. E si allarmò, perchè quello sguardo rendeva triste anche lui. Perchè anche Gideon, come Mac, sapeva quanto quel meccanismo fosse malsano e deprimente, sebbene purtroppo, umano. Strinse le labbra per trattenersi dal cedere e commentare quanto anche lui trovasse ingiusto questo sistema corrotto. Non avrebbe retto a lungo sotto il suo sguardo.
    "oppure potresti ridargliela"
    !!!!11!! Sentì un crack all'altezza del petto, proprio lì dove stava il suo cuoricino sottodimensionato. ..........va bene. cosa? cosa. Ondeggiò nervosa, lentamente, da un piede all'altro, mentre il suo volto diventava rosso come il fuoco - ed il fatto che se ne rendesse pienamente conto lo rendeva ancora più nervoso ed impanicato - perchè nonostante tutto, aveva pur sempre un Mac davanti a sè, e lui rimaneva un Gideon. Erano amici, ma per lui avrebbe sempre avuto un debole, insomma. Non quel tipo di debolezza definita come infatuazione, non una cotta, semplicemente riusciva a cedere con estrema facilità sotto il suo sguardo. Era sbagliato? Poi intrecciò le braccia sotto il seno, provando ad indurire lo sguardo per salvare il salvabile, anche se ormai era evidente che ci fosse qualcosa di proprio strano, in quella Willow così vulnerabile.
    Glieli restituirò sotto tuo consiglio.
    ?
    Siamo una squadra!!1! Avanzò, non riuscendo a modulare davvero il tono di voce, che apparve quasi quasi gioioso. Okay, basta. Doveva dirglielo, perchè oltre a doverglielo, si sentiva anche in colpa. Ma come? Abbandonò il sacco nerò a terra senza troppo garbo, ben sapendo che al suo interno non ci fosse niente di utile, ed andò a sedersi al fianco del ragazzo, forse non prestando troppa attenzione alla distanza fisica che la vera Willow avrebbe senza dubbio considerato, ma che per Gideon non era così importante, al contrario. Lui era un tipo fisico, per lui la distanza fisica era solo un impiccio. Provò ad indovinare cosa fosse successo l'ultima volta, ricercando nella memoria qualche avvenimento raccontatogli da Willow, o a cui lui stesso aveva assistito. Pensieroso, osservò la superficie del lago nero incresparsi contro il prato a poca distanza da loro. Non c'è una Pastina a cui dare fuoco questa volta. Ah non intendeva quello? (?)
    !!! Ecco, ora glielo diceva, lo giurava.
    Mac, ti arrabbi se ti dico che sono Gideon?
    Mac, non sono Willow, era una prova ma non sapevo come dirtelo.

    O un Gideon..........o forse lui c'è.
    ?
    Sbattè le palpebre.
    Dai, era un Corvonero, era bravo negli enigmi.
    Si sporse verso di lui, oltre la sua spalla, per lasciargli un bacio sulla guancia.
    Skerzetto.
    ?
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    Forse in un altro momento si sarebbe allontanato. Non con cattiveria o malizia, non con intenzione, ma c’era una parte del tutto irrazionale del suo razionale, e motivato, timore del contatto fisico, che l’avrebbe spinto a prendere le distanze. O forse non l’avrebbe fatto comunque, perché aveva pur sempre l’aspetto di Willow, e non riusciva a ricordare cosa si provasse, se mai l’avesse fatto, a non fidarsi della Corvonero. Dubitava che della Beckham si trattasse, ma in quel momento aveva poca importanza: c’era comunque qualcosa di familiare, e confortante, nel calore del corpo al fianco al suo, che lo indusse, contro ogni logica, ad avvicinarsi. Gli effetti dell’erba, si disse; della stanchezza. Perché dirsi che capitasse, capitava sempre, che si sentisse vuoto e solo e disancorato, non avrebbe aiutato né l’Hale fatto né quello post che l’avrebbe ricordato. Avrebbe dovuto essere semplice e naturale riconoscere, e riconoscersi, che potesse essere triste senza farne un dramma o un tratto di personalità; che fosse possibile, che fosse scontato nella natura umana, che non ci fosse nulla di invalidante nel nodo alla gola che soffocava un respiro ogni due. Ma non l’avevano cresciuto così, ed era un genere di consapevolezza che augurava agli altri, ed al contempo non riusciva a interiorizzare.
    Era piuttosto stupido (punto) per essere (di nuovo: punto) un Corvonero.
    «non c'è una Pastina a cui dare fuoco questa volta.» Mac scivolò maggiormente contro il tronco dell’albero, inclinando il capo per lanciare un’occhiata di sottecchi a Will. «O un Gideon..........o forse lui c'è» «nella sacca?» ma sorrideva, con quel vago sentore che avrebbe potuto addirittura sembrare senso dell’umorismo, un lato dell’Hale che solo pochi eletti conoscevano.
    Anche perché avrebbe implicato (uno:) conoscerlo e (due:) sentirlo parlare, non un onere che si prendevano in molti. Rise quando WILLOW BECKHAM gli diede un bacio sulla guancia, troppo bello (Will: mio Dio aiuto è terribile), piegando la testa con un lieve rossore sulle guance, prima di poggiarsi alla spalla di Gideon. Okay, era… sembrava Willow, ma l’aspetto fisico era solo un costrutto sociale: lo shentiva ad un diverso livello che si trattasse dell’amico, e si permise di concedergli il contatto fisico che evitava accuratamente quando il Mcpherson si trovava nella propria pelle. Era… diverso, con le ragazze. Più semplice, senza qualcuno a bisbigliare che ci fosse qualcosa di più, senza le voci di corridoio a dipingere quadri inesatti filtrando la realtà a piacimento, privo di insinuazioni sulle intenzioni platoniche. Era avvezzo ad essere più… attento e schivo, con il genere maschile.
    Il che, insomma. Spiegava tante cose delle relazioni di Mckenzie Leighton Hale.
    «Skerzetto» «ha senso» Non davvero, non in linea generale, ma lo aveva per Mac. Era un overthinker, ma non su tutto. Talvolta prendeva quanto accadeva con filosofia ed una scrollata di spalle, dandolo come dato di fatto senza doverlo analizzare fino al midollo – quella era una di quelle situazioni. Avrebbe potuto domandargli perchè, o perchè proprio Willow, ma non fu quello che uscì da una gola secca e ruvida, quando si permise un sospiro più denso degli altri. «vorrei anche io» Umettò le labbra, sguardo distante e distratto, rotolando il fumo sulla lingua prima di soffiarlo verso il suolo. Ci mise qualche altro istante di silenzio – confortevole, necessario silenzio – prima di rendersi conto di dover, di voler, elaborare. «cambiare, ogni tanto» tamburellò il dito sulla gamba del Mcbeckham (Willow: TI SFIDO A RIPETERLO DI FRONTE A ME SE HAI CORAGGIO HALE; nda: non lo aveva) aggrottando pensoso le sopracciglia. «essere qualcun altro» rettificò, perché (siete seduti? Sto per scrivere una cosa sconcertante) non aveva problemi (e già) con il suo aspetto fisico, Mckenzie. Almeno quello. Non lo trovava importante, non gli aveva mai dato alcun peso, non aveva mai usato gli altri come mezzo di paragone per sentirsi inferiore. Era… tutto il resto, a metterlo a disagio. «non ci sto dentro» indicò vago se stesso con la punta dell’indice, fermandosi poi con il dito premuto sul petto. Voleva uscire dalla propria testa, Mac. Scavarsi un varco dalla pelle per cambiare contenitore, che magari in uno con più spazio avrebbe avuto più possibilità di ignorarsi o imparare a convivere. «ecco perché.» non aggiunse altro, stringendosi nelle spalle, malgrado la sentenza fosse rimasta appesa senza una conclusione. Immaginava, in quello stato alterato e lucido, che la cosa si spiegasse da sola; che conoscendolo, potesse capire senza bisogno di specificare.
    E se non era così, sempre citando un vecchio saggio: amen. Non chiedeva comprensione negli altri, più tolleranza, e Gideon era sempre stato il primo a dargliela (mlml) (non ho resistito ho cinque anni. Way to ruin a moment here).
    «dovresti fare qualcosa» cambiò discorso repentinamente, ma senza l’intento figa fuga con cui l’Hale evitava conflitti e discussioni seri. Seguì semplicemente il nesso (non) logico dei propri pensieri, e che gli altri non fossero a tempo, era un problema per secondi momenti. Di solito… con molta calma e pazienza, alla fine anche le mezze frasi del Corvonero avevano senso. «di bello. Tipo complimentare qualcuno per i capelli» l’ha già fatto. Con te. «io non conto. Qualcuno. Tipo turo» si spinse leggermente verso l’alto per cercare gli occhi di Mcbeckham (nome ufficiale). «ma non turo» Una pausa. Gli schiccherò il naso. «con la faccia di willow, intendo.» Sorrise, una lieve scintilla dispettosa nello sguardo. «pensa che colpo di scena quando gente a caso la ferma per i corridoi per ridarle, boh, il sacchetto di carta con cui lei ha regalato biscotti in giro» Disegnò un arcobaleno nell’aria. «un nuovo mondo» Uno in cui né Mac né Mcbeckham sarebbero sopravvissuti a lungo, ma ehi, YOLO no?
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    «nella sacca?»
    Sbattè le palpebre, evidentemente in difficoltà dinnanzi al dovere di trattenere una risata. Cristo Santissimo, era della sua morte che si parlava. Perchè faceva così ridere e rabbrividire al tempo stesso? Si trattenne, quanto potè. Quanto meno per orgoglio, per amor proprio e dell'arte della recitazione. Ma poi le sue labbra iniziarono a tremare con un tic nervosissimo a farle vibrare. « Sei cretino veramente. Ti immagini? » NO I'M HERE. Ma le verità erano due: Mac aveva finalmente capito che fosse lui, glielo leggeva negli occhietti grigi un po' sfatti. E la seconda verità era che in quel momento lo avrebbe voluto tanto, cioè, trovarsi dentro quella sacca nera.
    « ma magari, comunque» andò ad accarezzarsi la fronte e poi una ciocca di capelli, in un gesto dolcemente femminile, ma faticando a puntare lo sguardo in quello nuvoloso dell'altro. Ed eccolo che, con quell'uscita creepy, esprimendo quel desiderio di morte, in quel momento più vero, appariva più Willow di quanto non fosse stato in precedenza. Era sicuro che anche a Willow sarebbe piaciuto tanto trovarsi dentro un sacco nero, pronta ad essere buttata in pasto alla piovra gigante. Sai che esperienza di morte interessante? Poi trovò il coraggio di sollevare lo sguardo su Mac e scrutarne bene il viso e le espressioni, con timidezza, già che c'era, non poteva evitarlo per il resto della giornata. « quindi non sei arrabbiato? non ti ho mai visto davvero arrabbiato, non vorrei cominciassi oggi con me. » Arrabbiato sì, ma non Arrabbiato tm SIGNOR BATTITORE. ah quant'era comprensivo quel fattone del suo battitore? «vorrei anche io cambiare, ogni tanto, essere qualcun altro» Oh no, si stava deprimendo. Avrebbe dovuto prendergli quella cosa che stava fumando e (fumarsela lui) spegnerla, ma poi si rese conto che Mac non ebbe alcun problema a farsi più vicino a lui, come mai aveva fatto se non quella volta alla festa estiva, quella volta in cui diamine, Gideon aveva sbagliato tutto davvero, rischiando di rovinare una bella amicizia. « Ti voglio bene, lo sai? » E dato che il contatto fisico, pareva non essere un problema, si permise di poggiare la mano a palmo aperto sul dorso della mano dell'Hale. « Cioè, così come sei. » Magari poteva apparire scontato, ma quanto non lo era, non se ne rendeva conto. Portò la mano ad accarezzare i suoi capelli, solo un po'. « Se non fossi tu non sarebbe la stessa cosa. Ti vogliono bene in tanti, questo non basta? » A cosa? A fargli cambiare idea? Poteva capirlo, se non fosse bastato. A volte non ci si sente abbastanza e non importa quanto gli altri possano volerti bene, non è mai abbastanza. Mai. « Vado da Mort. » Avanzò per poi pensare che lo sgarbo sarebbe stato troppo grande e dunque no, « vado da qualcun altro », magari da Costas. E...no? Nemmeno lui andava bene. « Vado dal primo che incontro. E lo riempio di complimenti fino a stordirlo e gli regalo i miei biscotti. Così posso avere la scusa da rifilare a Willow se lo scopre » (se? lo avrebbe scoperto senza alcun dubbio, chiunque si sarebbe rivolto a lei sperando in un cambiamento reale! altri semplicemente le avrebbero chiesto se si fosse ripresa, altri ancora se avesse contratto qualche tipo di malattia) « che l'ho fatto per ucciderli. » Dopotutto lo sapevano (quasi) tutti che i suoi biscotti erano peggio delle pietre, no? « Che ne pensi? » Cioè boh, a lui sembrava un piano geniale, ma forse era solo il fumo passivo a parlare. O per lo meno, all'inizio sembrava geniale. Poi pensandoci, se Willow non l'avesse presa bene? « Ma se poi invece muoro? » E quel sacco nero fosse diventato realtà. « Quanto ti mancherei da 1 a 10? » E subito, tornò ad avere cinque anni.

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    « Sei cretino veramente. Ti immagini? » Il sorriso di Mac era pallido, ma una delle cose più oneste che avesse. Quelli più ampi, più convinti, erano quelli in cui si impegnava di più, costringendo i muscoli facciali a collaborare, ma quello? Era genuino, e spontaneo, ed il sentirsi un po’ più se stesso dopo anni passati ad esserne solo la copia. Ruotò gli occhi verso Willow arcuando appena le sopracciglia, sentendo sciogliersi la tensione accumulata nelle ore – nei giorni, mesi, settimane - prima. Una sensazione che provava di rado, quella di essere presente a se stesso, e solamente con le persone giuste. Gideon Mcpherson, per quanto diverso fosse dall’Hale (in comune avevano solo la non necessità di prendere a pugni qualcosa o accoltellarlo, che insomma… sperava fosse più diffuso di quanto non apparisse negli spogliatoi Corvonero.), era una di quelle, motivo per cui gli diede una leggera spinta con la spalla e sbuffò piano. «in realtà sì. La sacca è della misura giusta per le mutilazioni che tanto piacciono a willow» fece spallucce, come se nel proprio tempo libero fosse sua abitudine parlare di amputazioni ed omicidi.
    Che insomma… Un po’ era così, quindi. « ma magari, comunque» A cui rispose con un’occhiata confusa, ma senza incalzare sulla questione. Non era la persona adatta per premere su questioni delicate, a meno che la situazione non fosse tragica e lo richiedesse; been there, done that. Era uno da misure drastiche in tempi di crisi, Mckenzie Hale, quello del se proprio devo ed il nessun altro si offre?, e Gideon non aveva bisogno che fosse quello, per lui: il Mcpherson aveva sicuramente amici più normo che potessero farlo al suo posto. Sicuramente pareva una parola forte, ma mettendo come base Mac e la normalità, ci voleva anche poco a superarla; diamine, forse perfino Hazel era più adatta di lui a quel compito.
    Faceva riflettere.
    « quindi non sei arrabbiato? non ti ho mai visto davvero arrabbiato, non vorrei cominciassi oggi con me. » In che...senso, arrabbiato. Si era perso qualcosa? Probabile, conoscendosi. Corrugò le sopracciglia, distogliendo lo sguardo e valutando la questione. Effettivamente era un pochino arrabbiato, ma non ...Gesù, perché avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui, fra tutti. Era la vita, a farlo un po’ incazzare; il sistema. Di natura, non era incline ad emozioni (punto) particolarmente forti, troppo equilibrato, almeno in quelle, per uscire dalle righe tracciate con tanta cura. Come dei vasi comunicanti, la sua rabbia tendeva a dissiparsi in fretta scivolando in altri contenitori così da mantenere un livello costante di – di qualcosa. «non è così facile farmi arrabbiare» lo scrutò interrogativo, perché che traumi aveva per pensare che potesse essere adirato con lui per quello, una smorfia divertita a tirare gli angoli delle labbra verso l’alto. MAC, POI. Neanche Mort ci riusciva efficacemente, e ci provava davvero molto di più. Gli diede una pacca di consolazione sulla mano, perché quella era la sua versione di supporto emotivo – e di stella u tried. Un po’ gli dispiaceva non avergli dato la reazione che si aspettava. «magari la prossima volta usa un’altra faccia» Non era un suggerimento specifico, per favore Gid non farlo., ma Willow? Andiamo, se voleva proprio giocare in casa poteva prendere le sembianze di Joey e prenderlo a pugni, così oltre a non arrabbiarsi l’avrebbe anche ringraziato. «che poi non so perché dovresti» vederlo furioso, ma completò la frase solo nella sua testa perché era così che andava. Per la scienza, magari; un esperimento sociale. «ho la carnagione adatta per essere un topo da laboratorio» così, senza contesto, sussurrato a se stesso ed ai fili d’erba del cortile di Hogwarts, le dita a premere delicate sulle proprie guance.
    Forse era più fatto di quanto credesse.
    Forse era solo stanchezza di Sara.
    E non era davvero nello stato adatto per affrontare quel tipo di conversazione. Cioè, dubitava lo sarebbe mai stato, ma nello specifico quel giorno? Non – non. « Ti voglio bene, lo sai? » Deglutì, irrigidendosi appena sotto la mano di Gideon (poteva anche avere l’aspetto di Will, ma fine. Era chiaramente Gideon) perché… perchè. Perchè come glielo dicevi alle persone che sì, lo so, ma non sempre; che a volte il cervello decideva semplicemente non fosse così, e lui non poteva fare nulla in merito. Che era semplice crederci in quel momento, con quella stretta morbida e quello sguardo sincero, ma fra due minuti? Ore? Giorni? Mckenzie Leighton Hale sapeva perfettamente quanto fugace e fragile fosse quell’amore, onesto fino a che semplicemente smetteva. L’aveva visto; c’era stato. Poteva non essere più il ragazzino marchiato della California che apriva bocca una volta al mese, ma non si cresceva mai da pelle così stretta. « Se non fossi tu non sarebbe la stessa cosa. Ti vogliono bene in tanti, questo non basta? » Abbassò lo sguardo su Gid, e pensò che potesse dirglielo. Anzi, che meritasse di saperlo, il perché Mac fosse così. Sentì il bisogno di giustificarsi, di mostrargli i motivi, le frastagliature di ciò che si era rotto; di promettere che sarebbe migliorato, ed un giorno avrebbe smesso.
    Ma per chi l’avrebbe fatto.
    Per se stesso.
    «sei un bravo amico» fece eco alle parole che Joey Moonarie gli aveva rivolto in passato, durante la caccia alle uova a casa Welsh, perché non era bravo a parlare, ma voleva offrire a Gid la stessa sensazione che aveva provato lui quando il Cap gliele aveva dette. Una sincerità grezza, non smussata, semplice e senza fronzoli. Un dato di fatto. La sua versione del ti voglio bene anche io, perché era pur sempre nato nel 1903 ed aveva una cultura meno aperta sull’esprimere il proprio affetto.
    (No, non era l’epoca, era solo un po’ menomato interiormente. Uno stitico emotivo)
    « Vado da Mort. »
    «- ed è stato bello conoscerti.» tolse la mano di Gid dalla propria, posandola a terra per alzarsi in piedi. «racconterò ai posteri delle tue avventure. I fulmini. Le saette» sorrise, forse un po’ più artefatto, ma senza cattiveria. «ma devo essere onesto con te: se Willow poi mi chiedesse di nascondere il tuo cadavere, la aiuterei a farlo» fece spallucce, offrendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi – un ultimo gesto di misericordia prima della sua fine. Perchè se davvero fosse andato a complimentarsi con il Rainey con la faccia della cacciatrice? Willow Beckham l’avrebbe distrutto, e onestamente, Mac non se la sarebbe sentita di darle torto. Insomma, Gid se la sarebbe cercata.
    « vado da qualcun altro »
    «corvonero per un buon motivo» ammiccò, ascoltando il nuovo, eccezionale, piano.
    Fece mentalmente un segno della croce per chiunque si fosse ritrovato a dover accettare i biscotti di Gideon. Voleva bene al Cercatore, abbastanza da rischiare la propria vita e dirgli sempre, incanalando nei morsi la forza da Battitore TM, che fossero buoni….croccanti…., ma erano davvero qualcosa che attentava all’esistenza stessa dell’essere. « Ma se poi invece muoro? Quanto ti mancherei da 1 a 10? » Si meritava un abbraccio, e per una volta, così fece, stringendo il minuscolo corpo di Willow al petto.
    No vabbè.
    Quando gli sarebbe ricapitato.
    Rise piano, soffiando un bacio sui capelli bruni. «ok»
    (Era decisamente fatto)
    «divertiti. Io vado...» Dove? Fece spallucce. Da qualche parte sarebbe andato, probabilmente. «se muori ci sentiamo con la ouija» avevano imparato ad usarla per un buon motivo, no? «ma non morire. Per favore. Se puoi evitarlo» aggiunse comunque, perché gli sembrava il caso. Guardò il sacco, e quasi – quasi – valutò di chiedergli se volesse una mano a portarlo dentro, ma…? Troppa socialità, aveva finito il limite di parole e pensieri coerenti. Lo amava troppo per farsi sopportare oltre, sentiva di aver raggiunto quel punto di non ritorno. Quale?
    Questo: «grazie di esistere in questo periodo storico. Abbiamo rischiato di non incontrarci mai per ben due volte. Sei speciale. Come i menù del giorno. Infatti sei mc-pherson» finger gun tattico, e si allontanò Nella Notte.
    (Per niente) Smooth as fuck!
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    dai dopo un anno mi sembrava il caso di chiuderla, MA SE VUOI CONTINUARE PUOI SEMPRE SEGUIRE MAC E IMPORTUNIAMO CHI CI CAPITA A TIRO!! così will poi ci uccide insieme, friendship goals!!! ♥

    also scusa. lo sai che con mac ogni tanto va così . un bacino
     
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7 replies since 24/4/2021, 17:19   205 views
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