when i gave you my heart you ripped it apart like collecting paper trash

@cortile? | julian ft joni

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    Un passo veloce dopo l’altro, i 30 cm che battevano l’asfalto con lo stesso ritmo da quasi un’ora, il respiro condensato dal freddo che formava nuvolette di fumo davanti ai propri occhi, era così che Julian si divertiva passava quelle sere tra una festa e l’altra, tra una fetta di panettone e uno shottino di vodka – è pur sempre russo. Era il suo modo per riprendere il controllo del proprio corpo dopo quei giorni di sregolatezza totale, ma anche per riprendersi i suoi spazi dopo tanto tempo passato insieme alla famiglia, ai fratelli, rumorosi e fastidiosi, e anche il momento giusto per ascoltare quelle canzoni che a lungo gli erano state sconosciute e che fortunatamente stava man mano recuperando. Era innegabile, l’ultima lezione l’aveva cambiato, e se fortunatamente era riuscito a non perdere la sua positività e la sua attitudine, era stato però inevitabile che avesse abbracciato in parte quell’oscurità che i suoi ex compagni di squadra emanavano, e i consigli di mcr_r88 in ambito musicale erano stati la ciliegina sulla torta. Una torta guarnita con kefie, ciuffoni laccati che coprono gli occhi, catene attaccate ai passanti dei jeans, e chitarre elettriche decisamente troppo al di là del bacino per essere suonate in modo decente, ma tant’è, la farcitura continuava ad essere una mousse di cioccolato al latte e smarties. Sulle note finali di Basket Case interruppe la sua corsa, poggiò le mani sulle ginocchia e prese dei respiri profondi; non si era fermato tanto perché fosse stanco, ma perché aveva sentito il telefono vibrare nella tasca della felpa. Lesse il messaggio, rise e riprese a correre.
    qw0voJP

    «Peetzah!»
    Tornare a scuola dopo le vacanze di Natale era la vera esperienza del “troppo bello – mio dio aiuto è orribile”; bello tornare a vedere i propri amici, bello non avere più tra i piedi quella squadra di calcio che erano i suoi fratelli, bello svegliarsi di nuovo alle 6:30 per fare jogging attorno al castello con l’aria frizzante del mattino scozzese che pizzica il viso, bello poter tornare ad avere una dieta sana, ma orribile dover seguire le lezioni, orribile dover fare i compiti, ma soprattutto orribile che quell’atmosfera natalizia fosse tutt’un tratto sparita completamente. L’albero, gli addobbi, le lucine colorate e i regali, la gente che indossava cappelli di Babbo Natale immotivatamente: tutto scomparso. Non sopportava quel periodo dell’anno. Dopo l’estate era tutto un eccitante lungo periodo fatto di attese: si aspettava l’1 settembre per tornare a Hogwarts – con i suoi pro e i suoi contro – si aspettava il 31 ottobre per festeggiare Halloween e si aspettava dicembre – proprio tutto il mese – per Natale e per Capodanno, mentre il mese di gennaio, con le sue esagerate aspettative per l’anno nuovo che puntualmente risultavano disattese dopo la prima settimana, appariva pesante, monotono e triste, guadagnandosi il primo posto nella sua personalissima classifica del peggior mese dell’anno (al secondo posto febbraio, la medaglia di bronzo, invece, la ottiene agosto). Sapeva però che la più piccola della famiglia Peetzah non la pensasse allo stesso modo, l'aveva reso molto chiaro più e più volte, ma poteva lui accettare una cosa del genere? hell no che non poteva, era una cosa imperdonabile e soprattutto riteneva inaccettabile che qualcuno potesse perdersi tutta la magia del Natale per quel modo di fare inutilmente ostile. Anche il Grinch alla fine si era sciolto, Joni Peetzah non poteva resistere a lungo (sì). E così, di solito non faceva buoni propositi per il nuovo anno, anche perché aveva pochi brutti vizi da dover eliminare, faceva già abbastanza attività fisica e la sua dieta era equilibrata e variegata, ma un obbiettivo per il 2021 l'aveva fissato: far piacere il Natale a Joni. Aveva 12 mesi di tempo, era una sfida difficile e forse impossibile, ma era proprio per questo che non aveva saputo rinunciarci. Lui e Joni erano amici? nemici? red? toby? avversari? sicuramente followers su Twitter, di questo se n'erano accorti tutti, ma per il resto era difficile categorizzare veramente il loro rapporto. Ciò che era chiaro era che fosse scandito da diversi leitmotif: Julian avrebbe detto o fatto qualcosa di troppo entusiasta che avrebbe inconsapevolmente dato fastidio a Joni, che avrebbe di conseguenza espresso il suo dissenso in maniera chiara, e quindi il grifondoro avrebbe poi avuto la geniale idea di darle volontariamente fastidio e da lì in poi le solite cose: prese anali, allargamenti, scoperta delle profondità altrui – questa era una cosa che stavano sperimentando da poco tempo, bisogna ammetterlo. «mh» notò che, a differenza sua, la tassorosso non aveva neve sulle spalle o sul mantello «a bassa quota non arriva la neve, giusto» e subito dopo rise di gusto alla sua stessa battuta. Era il suo modo di darle fastidio, e sì, era piuttosto ripetitivo ma cercava di risultare in qualche modo simpatico, e poi sapeva che Joni non si sarebbe offesa troppo, aveva una corazza troppo spessa e dura per cedere alle sue battutine giocose. Fu il successivo «Bolton.» con relativo sguardo inquisitorio – era l’equivalente mimico del punto (.) nelle loro chat – a fargli fare un passo indietro «noncolpirminoncolpirminoncolpirmi» alzò le mani in segno di resa, ma rideva ancora «vengo in pace» sounds fake «e porto doni» sounds… true?! Unexpected, ma aveva davvero un pacchetino ricoperto di carta da regalo natalizia, il Bolton, impacchettato alla bell’e meglio perché non era poi così bravo a chiudere pacchetti, richiedevano troppa precisione e le sue mani erano troppo grandi per assolvere un simile compito. No, shipper club, no furie rosse che guardano in the background e commentano con i vari «uuuh» e «oooh», non era niente di romantico, o carino, o vagamente riconducibile a qualcosa di sentimentale, era piuttosto l’ennesimo tentativo di Julian di dare fastidio al capitano dei Tassi. E di convertirla alla squad Natale. Ma più di darle fastidio. Le porse il pacchetto poco elaborato «buon natale!» poi ci pensò, sotto (ma in realtà sopra) lo sguardo truce della rossa «ma per il 2021, questo è per la preparazione» spiegò stringendosi nelle spalle. Il regalo era nientepopodimenoche un CD, simple as this, masterizzato a casa con l’aiuto dei fratelli più boomer perché lui, da vero gen z, non aveva la minima idea di come usare programmi come (vi sblocco un ricordo) Nero per masterizzare i cd. La caratteristica peculiare del regalo era la copertina del cd, realizzata a mano, che presentava un albero di Natale mal disegnato e la lista delle tracce presenti:
    1. All I want for Christmas is you – Mariah Carey
    2. Last Christmas – Wham
    3. Happy Xmas (War is over) – John Lennon
    4. Jingle Bell Rock – Bobby Helms
    5. Train – Shake Up Christmas
    6. White Christmas – Bing Crosby
    7. Silent Night – Mariah Carey
    8. Winter Wonderland – Hannah Kerr
    9. Santa Claus is coming to town – Michael Bublé
    10. Let it snow, let it snow, let it snow – Dean Martin
    11. BONUS TRACK: Novi God - Steklovata

    Era la sua top10 (+1) di Natale, con quella per forza avrebbe dovuto cedere, le avrebbe fatto ascoltare canzoni simili tutto l’anno così non sarebbe arrivata di nuovo impreparata a dicembre 2021, guarda che cuore, Joni. Ma a quel punto, quante erano le probabilità che Julian venisse menato? Rivediamole insieme *stacchetto musicale*

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    joni peetzah
    joni lo sapeva che quella giornata sarebbe finita male.
    non possedeva il famoso terzo occhio (👁👁👁) come Melvin Diesel, ma per certe cose non serve essere dei sensitivi: bastava saper cogliere i segnali; a volte impercettibili, come il passaggio improvviso di uno stormo di uccelli in formazione a W, o la fetta di pane che cade sul tavolo dalla parte senza marmellata (così raro, come evento, da risultare funesto).
    Altre volte, e quello era il caso della Peetzah, decisamente più evidenti ─ strano a dirsi, Julian con quell'incombenza di morte non c'entrava affatto. era chiaro che se Joni avesse saputo di ritrovarsi il Bolton davanti di prima mattina, sudaticcio e con una playlist di Natale come regalo probabilmente non sarebbe uscita dal dormitorio dei Tassorosso, ma come detto sopra, la quasi sedicenne non annoverava tra le sue svariate qualità (testardaggine, propensione a cercare la rissa, incutere paura pur con un metro e cinquantadue di altezza a disposizione) la Vista™.
    una bella sfiga, nel caso specifico.
    «peetzah!» buon Morgan ti prego, ti scongiuro, no. Era in attesa di qualcosa, di qualcuno, appollaiata su un muretto con le mani infilate nei guanti di lana poggiate in grembo, le gambe accavallate e sul volto l'espressione concentrata e giudicante di un Bernie Sanders qualunque alla cerimonia d'insediamento di Joe Biden, ma non certo del grifondoro. Julian era l'ultima persona che si aspettava di vedere quella mattina, e anche la meno opportuna considerata l'occasione «ma non è possibile» si rivolse a se stessa, la peetzah, incredula di fronte a tale scherzo meschino del fato, indice e pollice della mancina a premere la base del naso come per un improvviso mal di testa. che poi era quello che il ragazzo le causava di continuo, quindi tutto normale. Scese con un saltello dal muretto per andargli incontro, ma in quel gesto non c'era niente di amichevole ─ che fosse nel mood ancora meno del solito, Julian avrebbe potuto notarlo facilmente dalla ruga profonda proprio in mezzo alla fronte, portatrice di guai.
    il problema, con Julian Bolton, era che dei segnali di tempesta se ne fregava.
    «devi andartene Giuliano, tipo adesso.» anche il fatto che joni avesse ignorato completamente l'ennesima battuta sulla loro height differenceavrebbe dovuto far scattare un qualche tipo di allarme nella testa del Grifo, ma era chiaro a quel punto che lì dentro ci fossero solo i protagonisti della Melevisione intenti a cantare allegramente tenendosi per mano (Tonio Cartonio no, era troppo extreme per uno come il Bolton). gli diede una spintarella con entrambe le mani proprio mentre lui si esibiva nella sua tipica pantomima «noncolpirminon colpirminoncolpirmi», le iridi cerulee rivolte però a tutt'altro. osservava alle spalle del ragazzo, la tassorosso, prima a destra e poi a sinistra, in un groviglio di agitazione che certo non le risultava né tipico né congeniale. «dico sul serio porca miseria, devi sparir-» le aveva davvero appena messo davanti alla faccia un pacchetto regalo? «cosa» «buon natale!» i repeat for the people in the back «cosa?» «ma per il 2021, questo è per la preparazione» si, beh, era tutto molto più chiaro.
    sentì la fitta pulsante alla tempia aumentare di intensità mentre, come stordita dal bolton!nonsense, quasi gli strappava il pacchetto dalle mani e lo liberava della carta in eccesso; quello che stava all'interno, scintillante nella sua confezione di plastica, la sorprese al punto da dimenticare per un istante perché si trovasse in cortile alle 7 del mattino a gelarsi il sedere «mi hai fatto un cd» la domanda, ovviamente, era implicita ─ più di una per la verità: perché? cosa ti è passato per la testa? tutto bene a casa? cosa ho fatto di male nella vita? non cercò la risposta negli occhi di Julian (soprattutto perché le sarebbe toccato alzare troppo la testa e non voleva dargli quella soddisfazione), preferendo scorrere la lista delle canzoni incapace di trattenere una piccola smorfia «Mariah Carey, Bolton? davvero?» era così tanto da lui che non valeva nemmeno la pena di inarcare un sopracciglio e chiedere spiegazioni; scosse leggermente la testa, una ciocca di capelli ramati sfuggita dal berretto a scivolare sul viso, proseguendo nella lettura «già con John Lennon andiamo meglio» una semplice constatazione, quella della tassorosso, seguita da un lieve movimento della bocca interpretabile quasi come un sorriso; tutto sommato, la cieca insistenza di Giuliano nel darle sui nervi aveva un che di corroborante: c'era chi si ricaricava con l'attività fisica, chi litigando con il prossimo, e joni rientrava chiaramente nella seconda categoria.
    stava già per aggiungere qualcosa, che per ovvi motivi non poteva essere grazie (ok trovare divertente battibeccare con il grifondoro su Twitter, ma addirittura incoraggiarlo sembrava eccessivo), quando l'oscuro motivo della sua levataccia si palesò all'improvviso e nel peggiore dei momenti con la voce sgraziata di Cillian Noolan a trapanarle i timpani peggio di un ferro arroventato nelle orecchie «pepper!» showtime «ti sei portata dietro la guardia del corpo?» ed ecco spiegato perché il tempismo di Julian faceva schifo: non poteva essere al corrente del suo /appuntamento/ con l'altro tassorosso, ovviamente, ma in quel momento Joni lo odió un po' comunque per aver scelto il peggior momento possibile. lui e il suo maledetto regalo di Natale! ─ segretamente apprezzato, non diciamolo a nessuno, ma damn boi, proprio ora??? «non dire niente, stai zitto» solo un sibilo, rivolto a denti stretti in direzione del grifondoro, prima di spostarsi davanti a lui per fronteggiare Cillian e il suo sorrisetto a trentadue denti: quelli, tra parentesi, che la quindicenne aveva promesso di fargli cadere entro la fine del settimo anno di scuola.
    «piantala chilly, lui non c'entra niente» con loro, con la squadra dei tassorosso, con i problemi che si erano creati sin dai provini per entrare nel team; avrebbe potuto dire a Julian di sciacquarsi e lasciarli soli, ma non sarebbe servito a molto «volevi parlare della tua esclusione dalla squadra e sono qui per ascoltarti. non farla lunga così magari evitiamo di congelarci le chiappe» si strinse nelle spalle, assumendo un atteggiamento conciliante che sperava avrebbe spiazzato Noolan quanto il grifondoro, inducendo soprattutto quest'ultimo a tacere senza intromettersi nella questione. sfortunatamente, e proprio come la peetzah aveva temuto, il concasato non aveva alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire un'occasione per lui unica, forse intravedendo la possibilità di mettere finalmente joni in una posizione di svantaggio.
    porello, insomma, sono errori comprensibili.
    «ah, non c'entra niente? quindi non te la fai con i grifoscemi adesso? dai, pepper, prima ti metti a frequentare l'hale, poi Mr palo-della-luce-qui.. guarda che se il prossimo a cui vuoi darla è Costas Motherfucka ti gira male» non aveva cambiato espressione, Joni, mentre Cillian straparlava senza mai smettere di sorridere, cosa sulla quale la tassorosso si era concentrata sin dall'inizio senza peraltro ascoltare una parola; al contrario, ne era certa, di Julian perché lo senti muoversi affiancandola con un solo passo da 30cm. e l'ultima cosa che le serviva in quel momento, ma proprio l'ultima in assoluto, era lasciate che il Bolton prendesse le sue difese, ammesso fosse a quello che Julian stava pensando ─ figurati se uno come lui poteva rimanere impassibile, suvvia. «cavolo chilly, hai proprio ragione» fece un passo avanti anticipando il grifondoro, le mani giunte dietro la schiena come un vecchio ai cantieri; Noolan la superava di almeno venti centimetri, ma gli si avvicinò comunque con un sorriso stampato sulle labbra rosate di fronte al quale morley peetzah in persona sarebbe sbiancato ─ perché joni non sorrideva quasi mai, se non quando prendeva una decisione scomoda sulla quale non aveva intenzione di fare dietrofront. «riguardo a Costas dico.. infatti credo che ci proverò con sua sorella» ancora una volta la quindicenne si strinse nelle spalle, completando il discorso come le aveva insegnato Edward Moonarie la sera di Halloween, tra una cioccolata calda corretta marijuana e l'altra: «i gioielli di famiglia, pizzetta! se devi, punta sempre alle palle!»
    cosa che la ragazzina diligentemente fece, assestando al concasato una ginocchiata al basso ventre, non troppo forte nonostante il +2 di bonus, però precisa; sapeva che le sarebbe costata, perché Noolan era il tipo da correre subito a fare la spia, ma vuoi mettere la soddisfazione? quando i polmoni del ragazzo si svuotarono tutto d'un colpo e lui si piegò in avanti sulle ginocchia, joni fu rapida ad indietreggiare, il CD stretto sotto un braccio e le dita della mancina a sfiorare la fronte in un saluto militare «é stata una chiacchierata davvero interessante Chilly, grazie. farò presenti le tue rimostranze al resto della squadra. passa una bella giornata» avevano giusto una lezione insieme quel pomeriggio, sai che bello? lasciatasi alle spalle il tassorosso, la quindicenne afferró il gomito di Julian dandogli uno strattone «dai Bolton ti muovi o vuoi rimanere qui a consolarlo in nome della solidarietà maschile?» cioè, per l'amor del cielo, non stava a lei giudicare, ma se voleva essere picchiato anche lui quello era proprio il momento piu adatto «hai ancora tanto da imparare sulle canzoni natalizie» e lo lasciò andare, riportando entrambe le mani nelle tasche della divisa, continuando ad avanzare verso il lato nord del cortile senza più controllare che il grifondoro la stesse seguendo ─ era un mondo libero quello.


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    Lo sapeva, Julian, come avrebbe reagito Joni; l’aveva già immaginata l’espressione di totale smarrimento prima e completa delusione poi, gli occhi alzati al cielo e il sospiro scocciato che gli avrebbe dedicato, pregustava già il tono infastidito con il quale avrebbe accolto quel regalo, e lo scambio di battute irritate che si sarebbe generato subito dopo. Se lo divertiva dare fastidio alla capitana dei Tassi con quella cocciuta insistenza? Ci si poteva scommettere qualsiasi cosa: Julian adorava dare fastidio alla rossa, e non per qualche strano modo di percepire le relazioni umane, non per lo stesso divertimento che muove i bulli – perché bullo non era, piuttosto era più vicino alla versione giullaresca di un Iago o Zazu qualsiasi (ma in scala maggiore perché il suo uccello era più grande .) – perché semplicemente provava un certo sentimento di piacevole rassicurazione nel farlo. L’adolescenza era un periodo buio e pieno di cambiamenti per tutti, e l’irritazione perpetua di Joni nei suoi confronti era un punto fisso in mezzo alle schegge impazzite che definivano perlopiù quel periodo. Sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa, avvenire qualsiasi cambiamento, eppure lui sapeva che avrebbe potuto dire una certa cosa, fare una certa uscita infelice, e le labbra della tassorosso si sarebbero piegate in una smorfia di fastidio e la fronte corrugata. Era una specie di selfcare, a modo suo. Per questo, quella mattina, alle insistenti (e rudi) richieste della rossa di levarsi dai piedi, aveva risposto piantando le suole delle scarpe per terra e con altrettanta insistenza le aveva piazzato il suo pacchetto regalo davanti al viso, noncurante delle sue parole. La sfida tra i due, ormai era chiaro, era a chi fosse più duro di testa e più cocciuto, e nonostante un testa a testa non fosse possibile viste le plateali differenze di statura, sembrava che comunque se la stessero giocando ad armi pari. «mi hai fatto un cd» eccolo il primo segnale di smarrimento che stava aspettando; lo accolse nascondendo un sorriso furbo mentre, con prevedibile cadenza, con «Mariah Carey, Bolton? davvero?» Joni giunse al secondo step che il grifondoro stava pazientemente aspettando. Si strinse nelle spalle larghe e allargò le braccia, come se fosse stato messo di fronte a un’ovvietà. «ma Mariah Carey è la base, Peetzah» e con quello probabilmente sarebbe iniziata la fase successiva, quella della discussione, che si sarebbe eventualmente conclusa con qualche battuta di spirito e il solito, stanco, sospiro esasperato di Joni. «il Natale non può prescindere da canzoni come All I want for Christmas is you, Oh Santa, Baby please come h-» no, non stava citando il capolavoro musicale della famosa Cciuliah, era stato interrotto mentre passava in rassegna i titoli della tracklist natalizia di Mariah Carey (The best of) e contava le canzoni sulle dita delle mani, ora ferme a tre.
    Si spostò lateralmente, mosse qualche passo per piazzarsi dietro la ragazza e rimase in silenzio, come suggeritogli intimatogli; non che non avesse provato a parlare, ovviamente, aveva già la bocca aperta a metà in quello che doveva essere un saluto amichevole all’altro ragazzo appena palesatosi. Ciò che gli aveva fatto cambiare idea, è da sottolineare, non era solo stato l’ordine da parte della rossa, ma anche l’occhiata poco gradevole che gli rivolse il tassorosso. Non aveva mai avuto troppo a che fare con tale Cillian, quindi concluse che il motivo per cui si fosse meritato quello sguardo torvo dovesse essere la sua intromissione improvvisa in quello che sembrava essere un… «è un appunamento?!» mormorò a fior di labbra, come se stesse chiedendo consiglio al mini Julian vestito da angelo che abitava la sua spalla sinistra e gli faceva da coscienza. L’idea di trovarsi come terzo incomodo ad un appuntamento programmato per le 7 di mattina un po’ lo imbarazzava, un po’ lo terrorizzava; c’erano solo due persone che si incontravano alle 7 di mattina: il tuo assassino o il tuo amante. Ok, tre, c’era anche lo spacciatore, ma dubitava che Joni Peetzah potesse essere produttrice o consumatrice di droghe varie visto la sua etica sul campo d’allenamento, quindi tornò con la mente al binomio di opzioni iniziale. Se cHiLlY fosse stato il suo amante allora forse doveva levare le tende perché non si sarebbe mai voluto trovare in situazioni davvero spiacevoli – accennò, a tal proposito, un mezzo passo in retromarcia – ma se fosse stato il suo assassino… no beh chiunque avesse voluto uccidere, per un motivo o per un altro, la minore dei Peetzah, se la sarebbe vista brutta quindi non credeva comunque che avesse bisogno di una mano.
    «chilly» mormorò fermandosi un attimo a pensare. Socchiuse gli occhi tanto da ridurli a due fessure, in uno sguardo indagatore e riflessivo puntato proprio sul viso, poco più in basso rispetto al suo, del ragazzo che gli stava di fronte, mentre si mordeva l’interno della guancia. C’era qualcosa che non lo convinceva in quel nomignolo, c’era qualcosa che gli faceva storcere il naso, che gli puzzava, ma di una puzza precisa, che già conosceva. No, non era il suo essere un nomignolo così affettuoso, nonostante dovesse ammettere che l’aveva colpito vedere Joni chiamare qualche ragazzo in un modo diverso da «oh» e «tu», quella parte non gli interessava (e perché avrebbe dovuto, poi? la vita sentimentale della Peetzah non era affar suo, benché in quel momento ci si fosse trovato letteralmente trascinato dentro) «chilly» era piuttosto quel suo essere così… intimo; ecco, aveva trovato cos’era, ed era pronto a renderlo palese, preparare qualche battuta a proposito, ma il tempismo di quella sua illuminazione fu quasi poetico. Riteneva divertente prendere in giro Joni, darle fastidio e scherzare su quali fossero i suoi difetti – di solito uno a scelta tra altezza, acidità, propensione alla violenza – ma quelle cose, le parole che stavano uscendo dalla bocca del tassorosso, erano di tutt’altra natura. Prima di tutto si trattava di falsità per quanto ne sapesse, e anche se non lo fossero state, era davvero giusto usare quel tono così cattivo? Un po’, dovette ammetterlo a se stesso, provava ammirazione per il ragazzino, perché era palese che non l’avrebbe passata liscia e che Joni gliel’avrebbe fatta pagare; non a caso aveva sempre avuto un certo reverenziale timore nei suoi confronti. Aggrottò le sopracciglia e serrò la mascella, segnali che il meteo stesse per cambiare e il suo sole stesse per oscurarsi per lasciar spazio a nuvoloni e tempeste varie per i prossimi minuti. Azzardò un mezzo passo avanti, bocca nuovamente già aperta e pronta a zittire Cillian, ma il suo tentativo fu di nuovo bloccato e anticipato dai movimenti della furia rossa. Quello che accadde nei successivi secondi gli procurò più reazioni di natura eterogenea e, anche per questo, curiosa:
    la prima, la più immediata e scontata, lo portò a coprirsi la bocca con la mano per lo stupore e a sgranare gli occhi; la seconda, immediatamente successiva, lo vide alzare il sopracciglio in uno stato di teatrale confusione e un mucchio di domande affiorargli alla testa (Joni frequentava Mac? Costas? L U I ? Joni voleva frequentare la sorella di Costas? Cillian era il suo ex/amante/cosa?); la terza, quello che lo colse più di sorpresa, si palesò con una lieve curvatura delle labbra all’insù e una strana sensazione all’altezza dello stomaco che somigliava vagamente all’ammirazione. Ma, concluse dopo poco, probabilmente si trattava ancora del suddetto timore reverenziale e allora non c’era nessuna novità ed era tutto nella norma. La seguì con lo sguardo allontanarsi dal terzo arrivato con nonchalanche mentre questi premeva con entrambe le mani sul cavallo dei pantaloni e si trovava in un palese stato di sofferenza. Joni lo superò, lui fece per seguirla e mosse qualche passo verso la sua direzione, poi si voltò a guardare Cillian. Meritava il suo aiuto? No che non lo meritava, era stato scortese con lui, non l’aveva salutato, l’aveva chiamato Palo della luce, era stato scortese con Joni – ammetteva che un po’ aveva meritato quella punizione – ma aveva comunque bisogno di un aiuto. Era combattuto internamente tra il fare la cosa giusta (voltargli le spalle e andarsene) e fare la cosa che gli sarebbe valsa la santità, e un calcio nelle palle da parte di Joni (dargli una mano). I piedi indugiarono ancora nei movimenti, e solo alla fine si decise e si sporse leggermente verso l’altro ragazzo. «metti subito del ghiaccio, e non indossare cose troppo strette» gli suggerì con tono di voce più basso, per evitare che la sedicenne sentisse, poi rivolse un’ultima occhiata proprio a quest’ultima «però un po’ te lo meriti…» concluse con un’alzata di spalle e un sospirone, come a voler giustificare il suo non prodigarsi troppo in suo aiuto. E infatti, come ultima cosa, raggiunse la Peetzah a grandi falcate – non gli valsero troppo sforzo – e la affiancò. Solo dopo qualche attimo, mani affondate nelle tasche della felpa e passo ciondolante, ruppe il silenzio: «e quiiiindiii» non poteva stare zitto, semplicemente non riusciva, ci pensava da troppo troppo tempo «nel tuo intimo c’è chilly?» sfoggiò l’ennesimo sorriso un po’ divertito un po’ provocatorio cui era solito dopo quelle uscite e si spostò di qualche centimetro al lato perché temeva, a questo punto, che facesse la stessa fine dell’altro. Dai, l’aveva capita subito l’antifona in quel nickname che si davano i due: chilly, l’aveva ricordato dopo poco, era un sapone intimo di cui aveva spesso sentito la pubblicità, e a quel punto sembrava chiaro come l’acqua che Joni lo chiamasse così perché era il ragazzo che frequentava, o aveva frequentato (la cronologia degli eventi non gli era ancora del tutto ovvia). Un gioco di parole niente male, non se l'aspettava tanta fantasia da parte della rossa, chapeau.
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    lo so, avevamo detto che a joni non importava affatto che Julian la stesse seguendo o meno; e in linea di massima, giuro, era proprio così. le fu comunque impossibile evitare di guardare alle proprie spalle con la coda dell'occhio, senza rallentare il passo o voltarsi completamente ─ non voleva dare al Grifondoro la soddisfazione (una qualunque, anche minima, sia mai!) e nel vedere Julian soffermarsi presso il concasato ancora piegato in due, l'espressione sul volto della quasi sedicenne non cambiò di molto: come Dewey il giorno del suo compleanno, anche joni non si aspettava niente ed era già delusa «ovvio» più a se stessa che a qualcuno in particolare, lo sguardo nuovamente rivolto in avanti e il CD ancora stretto sotto il braccio destro.
    stava per lasciarlo cadere (punto.) nella tasca della giacca, quando l'ombra chilometrica e inquietante di Julian apparve nuovamente accanto a lei, con largo anticipo rispetto al proprietario «e quiiiindiii» davvero per una frazione di secondo joni aveva sperato che il grifondoro la raggiungesse invece di sprecare tempo a soccorrere quell'idiota di Chilly? chiuse un momento gli occhi, la rossa, premendo le dita della mano libera a cavallo del naso come per una forte e improvvisa fitta alla testa, il tipo di cefalea a grappolo che Julian Bolton con la sua sola presenza sembrava diventato bravissimo a scatenare «cosa?» non lo voleva davvero sapere, ma a quel punto che scelta aveva? te la sei cercata, carotina. e figurati se la voce saputella e fastidiosa della sua coscienza non era quella di Morley.
    «nel tuo intimo c’è chilly?» facile ipotizzare quale reazione il Grifondoro avesse immaginato da parte della rossa, visto il passo di lato con cui prese subito le distanze, forse più difficile credere ad una joni improvvisamente ferma sul posto, la testa piegata in avanti e una risata soffocata a sfuggirle dalle labbra. vi premette una mano sopra, inutilmente, le palpebre serrare nel tentativo fallito di pensare ad altro e togliersi quell'immagine dalla mente ─ il detergente intimo, per la barba di Merlino «sei un cretino, bolton» e no, non per la battuta in sé, già vecchia, ma perché il Grifondoro l'aveva capita al volo. non riusciva a scegliere, la peetzah, se essere più impressionata o infastidita all'idea che Julian fosse sulla sua stessa lunghezza d'onda, e in ogni caso la sensazione non era proprio piacevole; non del tutto almeno «cavolo, sono due anni che che lo prendo per i fondelli chiamandolo come un sapone per le parti intime, ma è troppo stupido per capire» scosse la testa, riprendendo a camminare, i passi brevi ma decisi puntati verso un muretto che fosse abbastanza lontano dal luogo del delitto «il fatto che tu ci sia arrivato subito dovrebbe renderti un po più sveglio di Cillian, ma preferisco usare il condizionale» lo aveva già capito, joni, che Noolan e Julian stavano su due piani diversi, ma perché ammetterlo al diretto interessato?
    molto meglio continuare a punzecchiarlo, perché quella era la loro routine e le routine salvano notoriamente la vita.
    «al terzo anno stava con una di corvonero» anche se a prima vista non sembrava, pepper joni peetzah sui gossips era sempre più che aggiornata, le orecchie ben tese mentre apparentemente si faceva solo i cazzi suoi; e poi, per qualche strana ragione, la gente tendeva a confidarsi con lei, certi di affidare i priori segreti ad una vera e propria cassaforte. una fiducia che la Tassorosso ricambiava, nella maggior parte dei casi «lei lo chiamava Chilly di continuo, come un vezzeggiativo. era davvero ridicolo» si mise a sedere sul muretto, questa volta potendo sfiorare il terreno con la punta dei piedi, il berretto sfilato dalla testa per liberare le onde ramate «ma non se ne rende conto, quindi mi dà poche soddisfazioni» concluse, con un'alzata di spalle, in mano nuovamente il CD che Julian le aveva regalato.
    non stava più ridendo, ma l'evidente tensione accumulata dall'arrivo imprevisto del Grifondoro al calcio nelle palle di Cillian sembrava essere momentaneamente scemata ─ a meno che Giuliano non decida di chiederle apertamente se avesse anche lei una storia con il Tassorosso perché a quel punto altro che tensione te mena diretto «senti Bolton, puoi sederti? mi stai facendo venire il torcicollo» già in piedi era difficile, figurarsi in quella posizione. in realtà non sapeva bene perché si fosse seduta, quando quello che doveva fare lo aveva fatto e avrebbe potuto benissimo tornarsene in dormitorio a svegliare Dylan urlando « MEHAN! C'È MEHAN TRYHARD!», probabile avesse solo bisogno di prendere una boccata d'aria prima di far finta che non fosse successo niente per il resto della giornata, anche se da lì a tre ore avrebbe dovuto affrontare l'ennesima lezione in compagnia di Noolan (e probabilmente anche un turno in sala delle torture, ma ne valeva la pena) «scommetto che pensi io abbia esagerato» con il calcio nei testicoli, tanto per specificare «sei troppo lawful good (ciao freme ♡) per una cosa del genere»
    non era una domanda, quella di joni, quanto più un dato di fatto; se aveva capito qualcosa del Bolton era che tutti quei muscoli preferiva usarli sul campo da Quidditch, preferendo risolvere le questioni con tanti bei discorsi e civiltà dove gli era possibile. la peetzah a chiacchiere non era mai stata brava ─ troppo diretta, zero pazienza, totale mancanza di filtro, e ancor meno aveva capito di esserlo nel prendere le proprie emozioni negative per razionalizzarle e trasformare la rabbia in un pensiero costruttivo; non ne era capace, ma da qualche parte doveva pur scaricarle per evitare che le bloccassero il respiro pesando sulla bocca dello stomaco, no? «non che mi cambi qualcosa se sei d'accordo o meno, sia chiaro. stava cercando botte già da un po'» e joni si riteneva già più che lodevole per aver resistito un anno intero senza spaccargli i denti come invece aveva promesso piu e più volte «l'ho solo assecondato» capite? una santa.
    diede un'occhiata al Grifondoro, cercando sul suo volto il segnale che avesse capito l'antifona: anche lui cercava botte, più spesso di quanto non fosse umanamente necessario ─ e la conclusione poteva benissimo essere la stessa: Giuliano avvisato, mezzo salvato «ma torniamo al vero problema» con un sospiro plateale da membro del drama club (ma poi, quand'è che si era iscritta? il prof Henderson l'aveva fregata proprio come il Jackson? #si), joni tirò nuovamente il CD fuori dalla tasca della giacca, facendolo girare su se stesso tra i polpastrelli «mi spieghi perché sei tanto fissato con il Natale, Bolton?» anche se non era quello, il punto ─ «anzi, perché ti sei fissato tanto a farmelo piacere» nella vana speranza che i titoli fossero magicamente cambiati osservò ancora una volta la lista delle canzoni all'interno della copertina handmade, senza riuscire a trattenere - again - una piccola smorfia. niente oh, non la mandava giù Mariah Carey «questa tua versione Cindy Lou Who mi dà sui nervi» cosa credeva, che non avesse mai visto Il Grinch??? era una persona civilizzata, Joni Peetzah ─ civile mica tanto.


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    Joni Peetzah, a quanto pare, non aveva intenzione di colpirlo, neanche un accenno di un colpetto allo stomaco – dove gli arrivava – o la finta di uno sgambetto, nulla; il passo di lato che aveva compiuto nel tentativo di difendersi dalla tassorosso, risultò, di fatto, inutile. Il breve ma intenso momento di silenzio che cadde tra i due decretò da una parte lo stupore di Julian, e dall’altra l’arrivo di una reazione inaspettata da parte di Joni. Sfatiamo un mito: la rossa non era violenta, non picchiava gente a caso, non era una bulla, e no, per quanto assurdo potesse sembrare, neanche nei confronti del grifondoro, e checché a lui piacesse scherzarci su, Julian non aveva davvero davvero paura della Peetzah; provava sempre quel giusto timore reverenziale, e sebbene ogni tanto non condivideva appieno i modi bruschi ed eventualmente maneschi della ragazza, apprezzava di buon grado il suo usare la sua forza in difesa delle persone a cui teneva e di chi era, evidentemente, più debole di lei – ce n’erano molti più deboli di lei, ma avrebbe scommesso i suoi 30cm, il Bolton, che non ci avrebbe pensato due volte a usare la sua scorta di rabbia per difendere una Livy, un Ty, ma anche una Dylan o una Thor, sempre che le altre due furie rosse avessero bisogno di forza extra, di questo Julian non era ancora pienamente sicuro. Ma i miti esistono per una ragione e la ragione dietro questo mito è che Joni colpiva veramente Julian: scappellotti, colpetti, gomitate e anche pugni, quando necessario (e la necessità o meno di un tale intervento, ovviamente era a discrezione della sola Joni) la Peetzah non esitava a renderlo noto in modo inequivocabile. Per questo sì, Julian rimase prima di tutto sorpreso di fronte alla risata della compagna, ma una volta resosi conto che non fosse, quello, il preavviso dell’ennesima gomitata all’altezza dei reni, si lasciò andare a sua volta a una risata – per lui più naturale – e incassò anche il successivo «sei un cretino, bolton» con una scrollata di spalle. Non si vedeva tutti i giorni una Joni Peetzah ridere in quel modo, quindi non osò disturbare e si limitò a godersi il momento.
    Abbassò lo sguardo sulla strada, il passo del grifondoro era lento, la falcata breve, mentre scalciava di tanto in tanto qualche ciottolo, poi scrutò l’espressione della rossa. «e h y !» richiamò la sua attenzione con tono risentito; non era davvero offeso, ma il paragone con quel Cillian lo mise sull’attenti «non c’è storia, io almeno lo so che se ti do fastidio poi devo affrontare le conseguenze» infatti prima si era spostato per evitare il finissimo calcio nei coglioni, in sintesi: «certo che sono più sveglio» ribadì come se fosse ovvio, ed era ovvio, poteva anche essere naturalmente predisposto a vedere il buono in qualsiasi persona, ma era pur sempre un grifondoro e il suo orgoglio non andava ferito. «però. sembri molto informata sulle vicende di cHilLyY» e se qualcuno dice che il maiuscolo e minuscolo non esistono in un discorso parlato noi gridiamo: daaaang risposta sbagliata, ritenta sarai più fortunato! perché lui storpiò veramente il nome del povero Noolan: ne enfatizzò la pronuncia e cercò di imitare in un fintissimo simonetto (simonetto perché è un falsetto simona cazzooo – la devo smettere basta) la voce della Peetzah. «non è che…» e lasciò la frase cadere così, lasciando sospesa una supposizione che sarebbe stata chiarissima anche alla tassorosso, ma alzò l’angolo delle labbra in un sorriso divertito, perché si trattava pur sempre di quello: darle fastidio. Poteva leggerglielo in faccia il disappunto, e se ci fosse stato il ricchissimo William Hill (studente serpeverde, settimo anno, ufficialmente incaricato di raccogliere scommesse di qualsiasi tipo nel castello), avrebbe scommesso tutto quello che aveva nelle tasche in quel momento che Joni stesse vagliando le seguenti opzioni: 1) riempirlo di botte, tanto con ogni probabilità sarebbe comunque finita nella sala torture quel giorno 2) alzare i tacchi e andarsene 3) riempirlo di botte e poi andarsene; per questo tentò di correre subito ai ripari. «sto scherzando, sto scherzando» si affrettò a chiarire, ma non riuscì a trattenere comunque le risate. «non voglio davvero sapere se hai una storia con Noolan» si sentì in dovere di chiarire ancora una volta, alzando le mani con i palmi aperti in segno di resa e piazzandosi davanti a lei (il segno di resa era, letteralmente, che in questo modo aveva lasciato scoperto tutto il petto e altri punti sensibili). Ma la verità? Voleva saperlo! Un po’, molto in fondo, sentiva una spiacevolissima sensazione di mhm gelosia stringergli lo stomaco; non era qualcosa che controllava, non era neanche qualcosa che si aspettava di provare, era solo un gran fastidio. Doveva ammettere che non gli era piaciuto venire a conoscenza del fatto che le cause dei mal di testa di Joni fossero da condividere, se c’era qualcosa in cui ci teneva ad essere il primo era proprio quella, perché – e solo quello era il motivo – non voleva rovinare la sua routine, e l’eventuale relazione di Joni con qualcuno – che fosse Cillian o che fosse chicchessia – purtroppo lo prevedeva. Ma se quello era un semplice problema da sedicenni, altrettanto semplice era la soluzione: continuare a darle fastidio. certo, avrebbe potuto sbaragliare la concorrenza e prendersela anche con il tanto citato Chilly ma quelle cose non facevano per lui, era troppo lawful good, no?
    Si sedette accanto a lei sul muretto e si morse la lingua, frenandosi dall’ennesima battuta che comprendesse la loro height difference e torcicolli vari, per quella mattina ce n’erano state abbastanza. «l'ho solo assecondato» rise spontaneamente e lanciò uno sguardo veloce alle sue spalle, per assicurarsi che quello che era diventato il bersaglio di Joni poco prima, fosse ben distante da loro. «sì, scommetto che essere preso a calci sia sempre stato il suo sogno» perché era troppo un Giuliano per dire qualcosa come palle o coglioni, ma troppo poco un corvonero per usare il termine testicoli; la guardò serio, le sopracciglia contratte «non mi assecondare mai» suonava come un ordine, ma in realtà era più un «ti prego» perché la gentilezza prima di tutto. «non so se hai esagerato» aveva esagerato «però perché finire nella sala torture per questo? se non eravate d’accordo bastava non so semplicemente… non essere d’accordo?!» era russo, è vero, ma se c’era un concetto britannico che aveva pienamente fatto suo era l’elegantissimo “let’s agree to disagree”. C’era qualcuno che non era d’accordo con la sua idea? Pazienza, una stretta di mano e una pacca sulla spalla. C’era qualcuno che gli dava fastidio? anche quella era un’idea, per quanto meschina, un dialogo aperto e civile probabilmente avrebbe chiarito tutto. Ecco quanto erano diversi Julian e Joni. Eppure quelle differenze non gli davano fastidio, non avrebbe preferito, ad esempio una Joni più accondiscendente o più alta: non sarebbe stato così divertente, altrimenti.
    Ma il Natale, su quello non scherzava mica, quella era una missione seria.
    Si schiarì la voce con un colpetto di tosse poi si voltò con il mezzobusto verso di lei, segno che la cosa si stava facendo seria, e si preparò a parlare. Ma
    «questa tua versione Cindy Lou Who mi dà sui nervi»
    La risposta fu automatica.
    «ah, quindi le altre no»
    Second reaction: shock.
    «non sono fissato» era fissato, ma non era questo il punto «è che mi piace passare le feste in compagnia, c’è sempre un’aria distesa, poi si ferma tutto, non ci sono i compiti» in realtà i compiti delle vacanze ci sono, ma non ci sono davvero se li ignori genius-meme.gif «è una bella atmosfera, è un periodo felice» spiegò con un’alzata di spalle, poi abbassò lo sguardo sul CD tra le mani di Joni e rise. «lo so che tu sei più tipa da this holiday dei dragged under, ma queste sono le canzoni intramontabili che ti fanno entrare nel mood natalizio, che devi ascoltare mentre metti gli addobbi» alzò un attimo gli occhi solo per guardarla di nuovo in viso e studiarne la reazione, poi tornò sul CD e con l’indice scorse la lista delle tracce scritta a mano da lui se stesso medesimo julian bolton – guarda che cuore, joni. «cioè, per esempio christmas lights dei coldplay è molto più bella di winter wonderland» e fermò il dito sulla traccia prescelta «però non andava bene dopo silent night perché avrebbe spezzato la magia.» – ma quale magia . – l’ordine di canzoni, quindi, non era casuale, ma era accuratamente studiato. «diciamo che questa è la playlist per farti entrare nel mood e per farti piacere il Natale, poi c’è quella che ti fa commuovere e allora lì ci sono canzoni come christmas lights e christmas saves the year ma» sospirò, poi distese le labbra in un sorriso morbido e la guardò di nuovo dall’alto – si, anche se era seduto «iniziamo per gradi»
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    joni peetzah

    sulle prime, l'espressione shockata di Julian la fece sentire strana - cosa si aspettava, che lo aggredisse? era quello il copione, dopotutto: lui diceva la cosa sbagliata senza essere prima interpellato, lei gli dava una gomitata nelle costole; il sorriso del Bolton si allargava un po' troppo, joni lo colpiva con una spallata smuovendolo giusto di qualche centimetro. centimetri di cui andava molto fiera, perché quasi nessuno riusciva a spostare il metro e novantasei centimetri di Giuliano con una sola spinta, figurarsi qualcuno che pesava la metà del ragazzo e poteva tranquillamente passargli sotto le ascelle. uno scherzo della natura, altroché.
    e allora perché non lo aveva fatto?
    perché questa volta all'ennesima battuta non aveva risposto con un pugno ben assestato li dove poteva raggiungerlo meglio (allo stomaco)? ancora meglio: perché non se n'era andata e basta?
    diede la colpa alla scarica di adrenalina che l'incontro con Cillian le aveva iniettato nelle vene, un subbuglio interiore ancora troppo forte perché potesse dar davvero peso anche alla presenza ingombrante di Julian Bolton proprio al suo fianco - sebbene l'avesse invitato a raggiungerla lei stessa. proprio joni peetzah, che stava notoriamente meglio da sola con i propri pensieri, ancora di più se dopo aver pestato un concasato davanti a fin troppo testimoni.
    non le piaceva affatto come si stavano mettendo le cose, o i campanelli d'allarme che già le suonavano in testa da un po', tirandole i nervi già tesi come corde di violino.
    una tensione che si sciolse senza preavviso e tutta in una volta, abbandonando le labbra della Tassorosso sotto forma di risa vagamente isteriche, così inattese da lasciarla per un istante senza fiato: nemmeno quel mostrarsi vulnerabile (perché era quello il problema, giusto? lasciare aperto uno spiraglio) le piaceva, ma era disposta a fare di tutto perché Julian non se ne accorgesse.
    Merlino ce ne scampi.
    «certo che sono più sveglio» Joni si era limitata a stringersi nelle spalle, mentre la risata scemava e sul volto pieno di lentiggini tornava ad imperare l'espressione priva di espressione che il Grifondoro e chiunque altro tra le mura della scuola conosceva bene; era quella che piu le si addiceva, e le dava sicurezza. un sopracciglio perennemente inarcato - ma in modo quasi impercettibile -, le labbra sottili premute tra loro e gli angoli della bocca leggermente rivolti all'ingiù. poteva trovarsi assorta in qualunque tipo di pensiero, dal più concreto a quello più astratto, ma sembrava sempre che stesse sotto sotto giudicando qualcuno - e probabilmente era vero. come era vero in quel preciso momento, sebbene in cuor suo joni la pensasse proprio come il Bolton: non ci voleva molto ad essere più svegli di Cillian Noolan, e forse per questo la quindicenne non voleva che si montasse troppo la testa.
    tanto giuliano se la montava già da solo.
    «se non volevi saperlo allora perché l'hai chiesto, Bolton» aveva avvertito un fremito (di rabbia? delusione? disappunto?) quando il Grifondoro aveva insinuato potesse avere una storia con quella testa di cazzo di chilly, ma anche in questo caso non ci teneva particolarmente a farglielo capire «non sarebbero cavoli tuoi, in ogni caso» ecco, era di nuovo arrabbiata senza sapere il perché - effetto Giuliano, probabilmente. Lo scansò quando le si piazzò davanti con quel suo corpo deforme, puntando verso il muretto di pietra poco lontano, sul quale prese posto invitandolo bruscamente a fare altrettanto: già odiava dover alzare lo sguardo per incrociare il suo, farlo mentre le toccava accelerare il passo per non farsi superare era ancora peggio. «sì, scommetto che essere preso a calci sia sempre stato il suo sogno» «nelle palle» lo corresse, all'istante, alzando gli occhi al cielo privo di colore con una mano a proteggere le iridi cerulee dalla luce invernale: sentire freddo non le dispiaceva, aiutava a mantenersi lucidi e razionali - nonostante la vicinanza del Sole™ che a quanto pare non era stato oscurato abbastanza dalla scarsa verve del trio Beckham/Sinclair/Moonarie «non so se hai esagerato, però perché finire nella sala torture per questo? se non eravate d’accordo bastava non so semplicemente… non essere d’accordo?!»
    allora forse non era così sveglio.
    perdere così un punto appena guadagnato? classic Gryffindor, non vedeva l'ora di distruggerli sul campo (letteralmente, se non fosse riuscita a tenere Thor a freno).
    un verso roco simile ad una risata - sarcastica, tesa, innaturale - le sfuggì dalle labbra mentre si rigirava il CD nel palmo della mano, mai desiderosa come in quel momento di lanciarglielo in faccia tipo freesbee «si vede che sei un ragazzo, Bolton. per quanto ti sforzi non puoi evitare di ragionare come tale» era solo un dato di fatto, come la stanchezza palpabile nella voce della quindicenne. iniziava a pensare che non fosse del tutto colpa loro, ma di un fattore genetico dal quale non esisteva scampo - anche morley, nel suo piccolo, ne era afflitto «per rispondere alla tua domanda, no» con lo sguardo ora puntato sul volto del ragazzo, le sopracciglia ramate quasi unite dove la fronte si era corrugata - damn non poteva credere di dover fare la lezioncina proprio a Julian Bolton (ma poi, perché le importava così tanto che lui capisse??? che lui la capisse? ugh) «non bastava essere d'accordo di non essere d'accordo sul fatto che secondo Chilly io la darei via come si distribuisce un volantino per strada»
    gli batté la copertina di plastica rigida del cd su una spalla, senza troppi complimenti «immagino che certe insinuazioni non te le abbiano mai fatte Giuliano» concluse con un sospiro, mettendo da parte il Bolton quasi a voler indicare la fine anche della lezione socio culturale sulle differenze tra maschi e femmine - breve, ma intensa. certo meno sofferta della questione 'canzoni natalizie da ascoltare a gennaio', che comunque joni sentiva di dover affrontare una volta per tutte: il Grifondoro ci teneva a tartassare lei nello specifico o aveva davvero una fissa per il Natale? «non sono fissato» sure, Jan «è che mi piace passare le feste in compagnia, c’è sempre un’aria distesa, poi si ferma tutto, non ci sono i compiti» a 'aria distesa' l'espressione di joni si fece decisamente più confusa «è una bella atmosfera, è un periodo felice» per merlino, era davvero la versione gigante di Cindy Lou Who «tu hai un problema»
    no punto di domanda needed.
    diede un'occhiata ai titoli seguendo il dito abnorme del sedicenne, la testa ramata a muoversi appena in un cenno di assenso nel sentire nominare la prima canzone «this holiday sarebbe stata gradita. ma anche happy holidays you bastard, sempre di grande effetto» breve, concisa, con un'idea chiara sulla famosa 'bella atmosfera' di cui parlava Julian poco prima e della quale joni non aveva mai assaporato il gusto. era sempre stato more a spingere per decorazioni e addobbi, il pranzo di Natale con tutti i crismi e i doni da far trovare sotto l'albero la mattina del 25, ma una volta uscito lui di casa l'entusiasmo generale era scemato via rapido e inesorabile - a dirla tutta, la Tassorosso non ne aveva sentito affatto la mancanza.
    delle decorazioni, non del fratello.
    «guarda che stai affrontando una causa già persa.. io non mi commuovo» tipo mai, e non era nemmeno un'esagerazione; il fatto che Julian volesse arrivare a tanto solo grazie a qualche canzoncina natalizia aveva un che di buffo, persino tenero nella sua inconsistenza. al punto che dalle labbra della quindicenne sfuggì uno sbuffo interpretabile come risatina fugace, la testa a muoversi da una parte all'altra come se avesse appena ascoltato una battuta particolarmente divertente «il tuo è un accanimento senza senso, dico davvero. e poi scusa, quanti altri gradi ci sarebbero nel tuo» sollevò entrambe le mani per mimare delle virgolette a mezz'aria, il CD appoggiato sulle gambe «"programma rieducativo"? non credo di poterne sopportare altri» cioè, chiariamoci, già la playlist con Mariah Carey per joni era una tortura sufficiente «inutili, oltretutto. quello che vuoi non lo puoi ottenere, Bolton» si strinse nelle spalle, spostando lo sguardo da Julian al vialetto che si snodava davanti a loro, via via più gremito di studenti meno mattinieri pronti a cominciare la giornata; un po' troppi testimoni per i gusti della Peetzah, che normalmente non ci avrebbe tenuto troppo a farsi vedere in giro con il Grifondoro (per evitare di alimentare le fantasie di Dylan, in particolar modo), ma che in quel momento di alzarsi non aveva proprio voglia.
    certo la prospettiva di avviarsi a lezione e incontrare di nuovo Cillian faccia a faccia, ammesso si fosse ripreso dal colpo ai gioielli di famiglia, non la allettava - e non c'era nessunissimo altro motivo.


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    6 months later


    Julian Titty Bolton non era diabolico, però riponeva la sua filosofia di allenamento (“fino al limite”) in tutti gli ambiti della sua vita, e quindi perseverava spingendo finché non fosse arrivato al limite di un precipizio troppo ripido e fosse costretto a fare dietrofront – o a saltare per cercare di raggiungere l’estremità opposta, dipende. Nel caso specifico, il portiere grifondoro non era arrivato a fermarsi a pochi centimetri da un dirupo troppo profondo, ma – forse peggio – aveva fatto sporgere appena la punta delle sue scarpe dall’ultimo tassello di pietra che ricopriva il tetto del castello per improvvisarsi la vedetta più alta di Hogwarts – o il gargoyle più carino, fate vobis – e scrutare l’orizzonte con fare attento e quasi nostalgico: luci che si accendevano o spegnevano nelle parti più disparate della scuola, studenti che tornavano dal lago nero all’interno per la fine del ballo scolastico, schiamazzi lontani e poco udibili. Sorrise placido e poi abbassò le spalle in un lento sospiro. Non era un ragazzo studioso, le lezioni le trovava tutte abbastanza noiose – per non dire letargiche – e inutili, i compiti li faceva sempre all’ultimo minuto, e sempre con la guancia sprofondata nel pugno chiuso come un bambino che è costretto a ricopiare la tabellina del 7 per cinque intere pagine perché è stato sorpreso impreparato in classe su 7x8, però stare a Hogwarts in fondo gli piaceva; trovava rassicurante (un po’ creepy, in realtà) che ad ogni ritorno a scuola dalle vacanze il suo letto fosse stato allungato esattamente quanto bastava per farlo entrare comodamente, gli piaceva passare il tempo nella sala comune, gli allenamenti con la squadra, e tutto quello che – lezioni a parte – il castello si portava dietro. Quell’anno in particolare era stato… difficile? Impegnativo, sicuramente, con i suoi lati positivi e i suoi lati negativi. Il Quidditch aveva occupato gran parte dei suoi pensieri durante tutti quei mesi, con gli allenamenti dentro e fuori dal campo, e gli era piaciuto entrare nel vivo dell’azione della squadra, rendersi utile (ogni tanto, altre volte un po’ meno), e provare anche a rendere fiera di lui il suo capitano; poi aveva scoperto che Livy fosse la sua gemella e, per quanto inizialmente l’avesse confuso e un po’ sconvolto, alla fine i tasselli erano andati tutti al loro posto ed era stata letteralmente un’esplosione di gioia, ma non era sempre stato tutto rosa e fiori. Il suo bro, il suo migliore amico e compagno di stanza, Jordan, aveva lasciato la scuola ed era dovuto andare da… qualche parte?!? era tornato in America, probabilmente, ma era successo tutto in un batter d’occhio e non aveva lasciato a Julian il tempo di abituarsi a quella mancanza. Il sole del grifondoro aveva rischiato più e più volte di spegnersi, e alla fine di quell’anno scolastico, si poteva dire purtroppo che la sua luce si era indubbiamente affievolita, sebbene continuasse a splendere alto (altissimo).
    Si girò dando nuovamente le spalle al cortile del castello in lontananza, e distese le labbra in un sorriso morbido e sincero prima, subito dopo divertito e provocatorio; Joni Peetzah lo guardava scocciata, con le braccia incrociate al petto e le iridi pronte a perdersi sotto le palpebre nel tipico eyeroll appena il grifondoro avesse pronunciato la prima parola. Non una novità comunque, ormai ci era abituato, ricercava quelle reazioni, quasi sembrava crogiolarsi dentro. Scrollò le spalle e con una mano sganciò la mazza di legno rinforzata da sotto la giacca che ancora indossava quella sera, e la posò ai suoi piedi «che c’è?» abbassò gli occhi sulla tassorosso e poi si sedette sul pavimento del tetto e si mise comodo, allungando le braccia all’indietro e spostando tutto il peso della schiena su queste. Era, di fatto, uno dei rari momenti in cui poteva guardare la Peetzah dal basso – a parte quelle volte in cui lei lo aveva costretto a camminare in ginocchio come punizione. «avevi detto che mi dovevi un favore»
    Previously on “Jujoni – un cuore e una mazza”: i jujoni erano andati al prom insieme con la promessa di dover tenere al sicuro gli studenti erasmus minacciati da Duolingo – missione riuscita alla grande, tra parentesi –, ma non avevano fatto i conti con gli /imprevisti/ del prom; alla minore era letteralmente piovuto dal cielo un bigliettino in cui veniva sfidata a fidanzarsi, aveva preso la mano di Julian e – Julian c’era stato, aveva intrecciato le sue dita (grandi) tra quelle (piccole) della battitrice, e aveva tacitamente segnato quel debito di favore che Joni gli aveva promesso. Avrebbe potuto attendere e meditare un grosso favore a un evento importante, avrebbe potuto addirittura pretendere che a Natale si vestisse da elfo (o renna) e costringerla a cantare Jingle Bells in giro per la scuola, un evento imperdibile, e invece il Bolton aveva riscattato subito il suo buono e le aveva chiesto di accompagnarlo sul tetto. Che fosse stata una mossa stupida? Ancora impossibile da stabilire, ma per il momento il Bolton sembrava sereno.
    Non c’era una reale motivazione per cui il grifondoro avrebbe dovuto – o voluto – chiedere alla Peetzah proprio quel favore: gli infortuni vari ed eventuali che aveva subito durante le partite di Quidditch erano già belli che passati quindi non aveva bisogno di un eventuale sostegno – anche se Joni aveva l’altezza perfetta, in proporzione a lui, per fargli da bastone –, e certamente non aveva bisogno della tassorosso per trovare l’uscita sul tetto. Tra le opzioni rimanenti, quindi, quelle che più lo spaventavano era che gliel’avesse chiesto semplicemente per passare del tempo insieme, condividere dei momenti insieme prima che lasciassero entrambi Hogwarts per l’estate, andassero in vacanza e si rivedessero a settembre. Ma Julian non era così subdolo. Non aveva davvero pensato a perché chiederlo, viveva quel periodo dell’adolescenza in cui le azioni che compiva erano perlopiù dettate dalle sensazioni del momento, mentre i pensieri, le valutazioni, e le considerazioni, passavano subito in secondo piano. Allungò le gambe sul pavimento e scosse velocemente la testa. «quindi…» iniziò schiarendosi la voce, sul viso l’accenno di un sorriso divertito «io e te stiamo» si strinse nelle spalle e all’idea di quello che stava per dire arrossì leggermente «insieme? Fidanzati, intendo. Cioè, ancora ora?»
    Alla fine si disse che l’unico motivo per cui le aveva chiesto – anche se sarebbe più corretto dire che gliel’aveva ordinato, visto che non aveva poi così tante alternative – di fargli compagnia sul tetto della scuola era solo per darle fastidio per l’ennesima volta, perché sapeva che avrebbe incrociato le braccia al petto e avrebbe messo il broncio, perché si aspettava che scattasse a prendere la mazza per colpirlo, o, nella versione più soft, gli assestasse una pizza (ah ah capita?) giusto dietro il collo; e le aveva fatto quella domanda perché sapeva che l’avrebbe innervosita, anzi letteralmente mandata su tutte le furie. Era sempre la solita storia in fin dei conti, no? Julian la stuzzicava cercando di darle fastidio, Joni rispondeva a tono, Julian le prendeva, Joni era un po’ più nervosa, ma in fondo erano anche entrambi un po’ più felici, una routine che non poteva essere spezzata per nessun motivo al mondo.
    Eppure il Bolton, sebbene cercasse di nasconderlo, rimase in vigile attesa della risposta, perché anche se non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, aveva provato una strana ma piacevole sensazione quando Joni gli aveva stretto la mano, una specie di //tuffo al cuore//???
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    joni peetzah

    joni guardò Julian
    poi il vuoto alle spalle del ragazzo
    e di nuovo Julian
    avverto un fremito nella Forza, maestro
    ma alla fine le spalle le cedettero.
    nemmeno si era accorta, la ragazzina, di aver contratto tutti i muscoli come un gatto che prepara il suo agguato alla vittima designata (di solito le caviglie del proprietario, ma potrebbero benissimo essere i polpacci di rob), quasi l'idea di buttare il Bolton di sotto le fosse passata davvero per la testa. cosa che sarebbe stata anche abbastanza normale, conoscendo Joni Peetzah, se solo in quel momento la terribile verità non fosse stata un'altra: non aveva davvero voglia di spingere Julian di sotto.
    ed era forse questo il principale motivo per cui un po era stata tentata — come nel film 10 Things I Hate About You (cit per giacomino), quando la protagonista in lacrime confessa 'but mostly i hate the way i don't hate you'. chiariamoci, la sola presenza del Grifondoro era ancora motivo di disturbo nel quieto vivere di Joni, lui e la sua luce solare splendente, ma non le risultava più cosi terribile.
    il che, ovviamente, era una tragedia.
    «che c'è? avevi detto che mi dovevi un favore» già, l'aveva detto. un errore madornale dettato dalla necessità del momento, e solo perché quelle bestie del Comitato non le avevano dato il tempo per ponderare al meglio le sue scelte (di vita). tenne le braccia saldamente incrociate sotto il seno, avvertendo ancora la pelle della mano destra formicolare — una sensazione fantasma, quella delle dita del Bolton che la stringevano; ma giusto perché non ci era abituata, mica per altro «non pensavo che lo sprecassi per farti accompagnare in un posto isolato dove un malintenzionato potrebbe farti fuori» lei, lei era la malintenzionata. o, almeno, sarebbe potuta esserlo se quella serata assurda non le avesse già strappato tutte le energie residue.
    si sentiva troppo stanca persino per eye-rollare gli occhi al cielo di fronte al sogghigno di Julian, ma non gli risparmiò comunque un sopracciglio leggermente sollevato quando lo vide sedersi a terra; non riuscire a capire dove il Grifondoro volesse andare a parare la turbava profondamente, ma mai quanto quel vestito ridicolo che aveva dovuto sopportare per tutta la sera e ora le stringeva il petto in una morsa fastidiosa — tutta colpa di Giuliano se ce l'aveva ancora addosso (nel senso che a quell'ora sarebbe voluta essere già in pigiama, che avete capito!) «quindi…» ah shit, here we go again.
    In effetti le era sembrato tutto un po troppo semplice per essere vero, decisamente sus.
    si lasciò sfuggire un sospiro, joni, pronta suo malgrado a sorbirsi l'ennesima propaganda pro Natale da parte del Grifondoro: dopotutto, erano già a luglio e il tempo correva rapido e ineluttabile verso il fatidico 25 dicembre. avvicinandosi al parapetto, prese alla fine posto un po più avanti rispetto a Julian, le gambe incrociate nascoste dalla gonna fin troppo voluminosa, iridi grigio azzurre rivolte al cielo completamente nero; era pronta a buttarsi lei di sotto come gesto estremo nel caso Bolton avesse deciso di cantare Jingle Bells o White Christmas a cappella, ma non avvenne. tutto sommato, forse, sarebbe stato meglio «io e te stiamo.. insieme? Fidanzati, intendo. Cioè, ancora ora?» classic Giuliano: ce l'aveva nel dna quel tipo di domande — quelle stupide, per intenderci.
    nel voltarsi verso il ragazzo, ruotando solo il capo per regalargli la visione di entrambe le sopracciglia sollevate, joni si rese conto di un dettaglio aggiuntivo, del tutto nuovo, che poco aveva a che fare con le loro passate interazioni «sei bordeaux» glielo fece notare con leggerezza, senza l'intento di metterlo maggiormente in imbarazzo, anche perchè dal punto di vista della tassorosso non esisteva un reale motivo di disagio. Si era fatta una sua idea (sbagliata) sul motivo di quella domanda, al punto che quasi se l'aspettava «comunque puoi stare tranquillo, Bolton» si strinse nelle spalle lasciate nude dal vestito lilla, abbracciando le ginocchia premute contro il petto. trattenne solo all'ultimo un sorrisetto ironico, nato spontaneo sulle labbra ma che avrebbe potuto dare a giuliano l'impressione che gliene importasse qualcosa — sia mai!!!! Se julian si era aspettato una reazione rabbiosa, infastidita, aveva fatto male i suoi calcoli: per tirargli un coppino sul collo avrebbe dovuto leggere la sua domanda come una provocazione, l'ennesimo tentativo di prenderla in giro per istigarla alla violenza (a volte il ragazzo le sembrava un po masochista, ma chi era lei per giudicare). «era solo per il prom. Rassicura pure le tue spasimanti, sei ancora un elfo libero» oh, joni non era né cieca né sorda, ok?
    Avrebbe dovuto essere entrambe le cose per non accorgersi di come le ragazzine (soprattutto grifondoro, ma non solo) ridacchiavano tra loro ogni volta che julian passava per i corridoi o correva nei viali dei cortili, del modo surreale in cui reagivano quando lui da golden retriever qual era spargeva sorrisi e saluti gentili facendole illuminare dalla testa ai piedi. Assolutamente unreal, la peetzah proprio non capiva, ma come si fa, ok giuliano non era messo male, cioè non è che fosse brutto, ma addirittura sciogliersi in quel modo? Solo al pensiero le venne da alzare gli occhi al cielo, una lieve fitta allo stomaco che joni decise volutamente di scambiare per fame, anche se al banchetto dei golosi Dyl l'aveva costretta a fare scorta di dolcetti per i successivi tre mesi «non andrò in giro a spacciarmi per la tua ragazza, se è questo che ti preoccupa» concluse, tornando a voltarsi verso il parapetto, osservando le luci in lontananza sulla superficie del lago nero, sempre più flebili.
    Era partita bene, carica dell'energia positiva che solo lo spaccare cose con una mazza poteva regalare, e ora si stava arrabbiando di nuovo — un classico, con Julian nei paraggi, anche quando il motivo di tale repentino cambio d'umore non le era del tutto chiaro; il fatto poi che sotto sotto ci fosse qualcos'altro, un fastidio mai sperimentato ma abbastanza intenso da sentirne quasi il sapore metallico sulla lingua, non faceva altro che aumentare il suo improvviso malumore «avresti potuto chiedermelo anche di sotto, senza rischiare la vita quassù» ogni tot doveva ricordare al grifondoro quanto fossero vicini allo strapiombo e quanto poco le ci sarebbe voluto per dargli una spinta, faceva parte del loro tacito accordo di reciproca sopportazione; ma nella rituale velata minaccia c'era anche una domanda sottintesa, che joni non aveva nessuna voglia di porre esplicitamente: che ci siamo venuti a fare sul tetto a parte per gelarmi le chiappe e farmi pentire di non averti ancora picchiato?


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    A dire la verità neanche lui pensava che avrebbe sprecato il suo jolly in quel modo, ma non sembrò pentirsene, piuttosto si mise seduto il più comodo possibile sul tetto, con la chiara intenzione di non alzarsi di lì per un bel pezzo – a meno che Joni non avesse iniziato a rincorrerlo con la mazza, a quel punto forse avrebbe iniziato a pensare di dover scappare per mettersi in salvo.
    Scrollò le spalle e rise spontaneamente, arricciando le labbra in una smorfia confusa, disorientato dalle parole della tassorosso; gettò velocemente lo sguardo intorno a loro e poi fece spallucce. «ma siamo solo noi due» osservò facendo un velocissimo calcolo matematico, escludendo dalla conta eventuali statue di gargoyle, o gufi sveglissimi che avevano deciso di tenergli compagnia quella sera «non ci sono malintenzionati» continuò di conseguenza, scartando la possibilità che fosse proprio la Peetzah il malintenzionato di cui avere paura.
    Due erano le cose: o il Bolton era eccessivamente ingenuo da non comprendere le minacce neanche troppo velate del capitano dei tassorosso, o provava uno strano e sadico piacere nel rischiare la vita a ogni parola pronunciata. Considerando che aveva insistito per portare la rossa in un posto isolato in cui poteva succedere qualsiasi incidente, aveva lasciato in bella vista un oggetto contundente con cui la ragazza aveva molta dimestichezza (abilità che aveva provato in prima persona sulla sua pelle, peraltro), nessuna delle possibilità precedenti è da escludere totalmente; ma a dirla tutta il giovane grifondoro sembrava abbastanza conscio di tutte le prospettive possibili per quella serata, ma aveva deciso al momento di rischiare la giocata, e come per un Bernie qualunque che nelle calde e felici serate di luglio entra per tirare un rigore, anche per il Bolton quella sera sembrava valerne particolarmente la pena.
    E come per Bernie, fu inaspettato.
    La prima vittoria di cui si sorprese fu che la tassorosso non si posizionò dietro di lui per provare a spingerlo giù – ma non si sentiva ancora troppo sicuro, quindi non eliminò ancora la possibilità dalla sua mente –, la seconda era che la mazza rinforzata non era ancora macchiata del suo sangue – almeno, non per il momento –, e la terza era che Joni si fosse addirittura seduta sul tetto insieme a lui.
    Ma fino al termine del match era impossibile poter esultare definitivamente, perché se Julian era un Bernardeschi, Joni era una Chiesa: aveva l’abilità di ribaltare il risultato, scardinare tutte le certezze del diciassettenne, e far vacillare per un attimo anche la sua perentoria sicurezza. Fu il «sei bordeaux» a mandarlo inizialmente in crisi; se aveva notato di esser diventato rosso sulle guance? Sì, ma la cosa peggiore era che non sapeva dare una spiegazione logica a quel fenomeno. Mica era una donna prossima alla menopausa, non poteva dare la colpa al sole estivo rovente perché era lui il sole l’unica cosa a splendere alta nel cielo in quel momento era la luna, e per finire l’idea che fosse Joni e il loro finto o non finto fidanzamento a metterlo in quella situazione era ben lontana dall’essere considerata una cosa fattibile; più facile riderci su e sfilarsi la giacca. «è questa cosa, mi fa sentire caldo» la lasciò sul pavimento accanto a lui «secondo me è invernale» i babbo natale e gli alberelli che spiccavano sul tessuto rosso avrebbero dovuto essere un indizio già in fase d’acquisto, ma a quanto pare aveva deciso di ignorarlo dapprincipio, infastidire la minore dei Peetzah era per lui così importante.
    «owh» il segnale tangibile di una gran delusione o altrettanta confusione? I due sentimenti si mescolarono tra di loro per poi esplodere in pericolosissimo senso di vuoto allo stomaco; il rischio di cadere in una reazione che potesse destabilizzare l’equilibrio che avevano trovato entrambi lo minacciava con un coltello puntato alla gola e pronto a essere affondato, ma fortunatamente Julian non rimuginava molto sulle cose, non pensava neanche troppo in effetti, solitamente si lanciava nelle situazioni con la leggerezza che invece gli mancava a livello fisico. Quindi rise, il grifondoro, e scrollò le spalle, seriamente incredulo. «io non ho spasimant pff» non era una bugia; Julian era in quella fase dell’adolescenza in cui certe cose non passano inosservate e ci si inizia a guardare intorno, ma che lui sapesse non c’era nessuna ragazza (e nessun ragazzo) che avesse un debole per lui: le risate tra ragazzine erano reazione a battute di spirito, e se c’erano stati scioglimenti vari ai suoi sorrisi non ci aveva mai fatto troppo caso, solitamente tendeva a sorridere a tutti e non gli dispiaceva quando gli altri ricambiavano con lo stesso gesto, e le ragazze a Hogwarts sembravano tanto gentili!! – in alcuni casi eccezionali, però, riceveva sguardi truci, sbuffi, e gomitate, e, spoiler alert, in realtà sembrava crogiolarsi piuttosto piacevolmente soprattutto in quelle reazioni.
    Speaking of which, era una cosa che non capitava da veramente troppo tempo per i loro standard, quindi: «puoi farlo se vuoi far ingelosire Cillian, eh» andare a dire in giro che era la sua ragazza, intendeva.
    Poteva non aver notato scioglimenti vari quando era lui a passare, ma l’aveva notata e percepita, invece, quella tensione tra i due concasati che sapeva così tanto di enemies to lovers che era decisamente impossibile che tra i due non ci fosse niente. Sebbene non avesse mai avuto prove della veridicità della cosa, era una convinzione che si portava dietro da un bel po’ di tempo, una sensazione che un po’ lo straniva, ad essere sinceri; fatto è che Julian Bolton non era Melvin Diesel, e non sapeva sentire così bene le situazioni, ma era un pro nel far salire i nervi a Joni Peetzah, per questo non gliel’aveva chiesto di sotto e l’aveva fatta arrivare fin su al tetto, e perché «di sotto eri troppo vicina alla sala comune» rispose trattenendo una risata e un sorriso divertito «mi piaceva farti fare tutte le scale due volte» continuò altrettanto divertito: uno spasso, davvero. «ma ora mi vuoi dire perché sei convinta che quassù sia così in pericolo?» insomma, prima il malintenzionato poi quello, Joni sapeva qualcosa che Julian non sapeva? Joni stava per picchiare Julian? Julian stava per morire veramente?
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    «non ci sono malintenzionati»
    joni sollevò il mento guardando la luna, uno spicchio perfettamente nitido e luminoso nel cielo altrimenti nero, scuotendo appena la testa «se fossimo in un film horror, tu saresti quel tizio che cerca di rassicurare tutti gli altri e viene ucciso per primo» nel dubbio, quello non era un hint, ma un dato di fatto.
    evitò di reagire con una battuta quando Giuliano si tolse la giacca, giustificando il cambiamento repentino di colore a tingere le guance con un improvviso innalzamento della temperatura del tutto inventato: joni, con le spalle nude e quel vestito ingombrante ma fatto praticamente di nulla, stava congelando. sarebbe stato più facile ribattere con un semplice 'non è per il fatto che è invernale, Bolton, è che è brutta', ma in quel momento le sembrava che di semplice non ci fosse proprio un bel niente.
    per qualche strano motivo, era diventato tutto complicato — e joni peetzah, con quel genere di cose, non andava proprio d'amore e d'accordo.
    «io non ho spasimant pff» di fronte a quell'ennesima prova di quanto Julian fosse un bambinone grande grosso e (ciula) baciato dal sole™, la tassorosso non riuscì a trattanersi; nemmeno il peso che sentiva gravarle sullo stomaco riuscì a tenerla inchiodata a quel pavimento, e infatti si alzò portandosi dietro tutta la sua gonna in tulle svolazzante e andò a piazzarglisi proprio di fronte. almeno per una volta poteva guardare Giuliano dall'alto verso il basso, sputaci sopra (in senso figurato, non sul Grifondoro... unless??) «cavolo Bolton, forse hai ragione tu. forse non hai spasimanti, ma sai cos'hai di sicuro?» chiese, anche se era una domanda retorica per la quale non attese risposta.
    allungò la mano destra, joni, tirando al ragazzo una schicchera sua fronte «le fette di salame sugli occhi, ecco cosa. belle spesse anche. » preferì accucciarsi sulle proprie gambe, il peso del corpo a dondolare sui talloni, piuttosto che tornare a sedersi «tu non ci vedi proprio» che non era nemmeno tanto strano — lo era molto di più il fatto che a lei importasse così tanto: cosa avrebbe dovuto vedere, in fin dei conti? solo le ragazzine in brodo di giuggiole quando passava loro davanti, o c'era dell'altro? fu tentata di aggiungere qualcosa, magari colpirlo un'altra volta sulla fronte (mano aperta, questa volta), ma ci mise un attimo - di troppo - a cambiare idea. ancora una volta, per lasciarsi sfuggire un sospiro che gridava rassegnazione, più che fastidio.
    «dici davvero, giuliano?» appoggiò il mento alle braccia, a loro volta incrociate sulle ginocchia nude piene di graffi «credi seriamente che potrebbe piacermi una persona come Cillian?» e, di conseguenza, era tutta lì la considerazione che aveva di lei? non che a joni fregasse niente di quello che Julian Bolton pensava di lei, sia chiaro. infatti, al solo pensiero, scattò nuovamente in piedi, le mani ad affondare nelle tasche della gonna di tulle lilla e un turbinio di capelli ramati come fiamme e scintille «magari non è una cattiva idea, voglio dire.. avrà anche dei pregi, come tutti. non è nemmeno brutto» nah, le faceva solo senso, cosa vuoi che sia.
    gli diede le spalle, avvicinandosi al parapetto per dare un'occhiata di sotto, dove le luci che fino a pochi minuti prima avevano adornato la superficie del Lago Nero si erano finalmente spente insieme agli ultimi chiacchiericci di studenti ed insegnanti «potrei farle anche dieci volte, senza problemi» nel caso julian non lo sapesse già — e lo sapeva «ma ora mi vuoi dire perché sei convinta che quassù sia così in pericolo?» già detto che era ciula, giusto? il che (Ché. ciao ché), a posteriori, l'avrebbe portata a riflettere molto attentamente sul come e perché facesse a piacerle, un pensiero che in quella notte del primo luglio joni preferiva di gran lunga scacciare «tre (ipotesi) fattori di rischio che non giocano a tuo favore, Giuliano: dici cavolate, le dici a me, e siamo su un tetto molto alto. praticamente te la stai cercando» per non parlare del fatto che qualcosa le diceva di aver già tentato di ammazzarlo, in un'altra vita.
    una vita da infame traditore satanista con le fossette.
    «ma riduco le tue probabilità di venire aggredito andando a dormire.. invece per quella cosa che dici cavolate non posso aiutarti» e si strinse nelle spalle, un passo indietro verso l'arco di pietra che dava sulle scale «ci vediamo a settembre, Bolton, divertiti» lo so, poteva sembrare che joni stesse quittando, ma-
    si ok stava quittando, fatele causa.



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    Rise e scrollò le spalle; trovava molto divertente che da quando avessero messo piede su quel tetto a Joni fossero venute in mente solo situazioni grottesche e avesse iniziato a tirare in ballo malintenzionati e film horror, quando la peggiore intenzione che potesse mai essere venuta in mente a Julian era quella di essere ancora – e stavolta veramente – fidanzato con lei: una prospettiva da horror, in effetti, soprattutto se vista attraverso gli occhi della tassorosso, secondo cui il Bolton sarebbe stato il primo a morire. «lo dici come se fosse una cosa sbagliata» non la prospettiva di morte prematura, ma la certezza che sarebbe stato quello che cerca di rassicurare tutti gli altri cit.
    Sorrise quasi smaliziato e poi la guardò con fare più attento «tu invece, lasciami indovinare, saresti quella che uccide tutti quanti» la parte horror del film horror, per capirci. Lo disse allungando l’angolo delle labbra in un altro sorriso, stavolta pienamente consapevole dell’ombra furbastra che donava al ghigno; ribadire i problemi di gestione della rabbia della rossa che a Julian piaceva sempre ricordare appena possibile, era solo l’ennesimo tentativo di provocare una reazione tipica nella Peetzah – un po’ le cercava le botte, è vero. In verità, nascosto il sorriso, ormai notevolmente indebolito, nel buio che il tetto non illuminato offriva, e lasciate le iridi scure sulla figura della tassorosso, si ritrovò a mordicchiarsi le labbra. Non gliel’aveva mai detto e non glielo disse neanche in quella occasione, ma in realtà il Bolton aveva tanta stima di Joni, di come affrontava le situazioni di petto, della sua forza, della sua determinazione, della sua lealtà verso una causa, verso le persone, le – poche, da ammetterlo – persone a cui voleva bene –; più che il serial killer, in un film horror sarebbe stata quella che arriva alla fine e in un modo o nell’altro porta in salvo tutti quanti, decisamente più utile che la sua abilità di rassicurare tutti quanti per poi morire.
    Il fatto era quello: il tetto buio e solitario poteva essere quel luogo tetro, location di un horror, come aveva immaginato la tassorosso, ma per il grifondoro era più che altro un luogo di pace, e aveva un po’ ricercato quel momento di tranquillità e solitudine con la Peetzah, lontano dalle voci dei loro compagni di scuola, dei loro amici, delle furie, delle hallie, e dalle grinfie di Cillian Noolan. Cercava una specie di tregua per fare una cosa specifica, ma il momento non era stato ancora propizio; non si era creata ancora l’opportunità per farlo.
    Alzò gli occhi per guardare Joni – gesto assolutamente inusuale per il grifondoro, che era abituato ad avere una visuale pressoché perfetta dei capelli ramati di lei, e non guardarla dal basso verso l’alto, e la cosa lo fece automaticamente sorridere; non che fosse una novità, comunque, il sorriso del portiere grifondoro. Più un’abitudine che sembrava non togliersi mai, neanche quando veniva colpito, neanche quando venne colpito sulla fronte proprio quella sera. Anzi, la cosa sembrò divertirlo ancora di più, quindi si mise a ridere e poi si strinse nelle spalle. «non capisco» e nonostante le risate fu completamente sincero, perché veramente non capiva: né di cosa parlasse, né perché ne parlasse con tanta insistenza. «cos’è che dovrei vedere?» domandò seriamente in confusione, perché se la conversazione si stava mettendo su binari un po’ scomodi per il loro rapporto, il Bolton non aveva in mente di porre una domanda maliziosa, di stuzzicare l’amica per cercare di ricevere qualche informazione, né aveva le capacità di essere così lungimirante o subdolo, nell’accezione che intende una certa intelligenza pragmatica. Qualità che con una certa evidenza mancava al grifondoro, che infatti rise di nuovo, ignaro dell'eventuale sottotesto che avrebbe dovuto cogliere nelle parole della sedicenne «non lo so che persone ti piacciono, Peetzah» a parer suo poteva tranquillamente piacerle un ragazzo come Cillian; c’erano stati diversi segnali che gliel’avevano fatto pensare, e i calci in zone in cui Julian non avrebbe mai voluto essere colpito, e i nomignoli, e i frequenti appuntamenti la mattina, o sul campo da Quidditch, o chissà dove; aveva sempre scherzato con la rossa sull’argomento con leggerezza, ma si rese conto la prospettiva che quella possibilità diventasse realtà, segnata dal «magari non è una cattiva idea» pronunciato direttamente dalla tassorosso, non lo divertiva veramente così tanto in fin dei conti. «carino, gli piace il quidditch» era proprio lui «è della tua stessa altezza, quindi vi trovate bene» no, non era lui, ma Julian intanto se la rideva e si scansava preventivamente, difendendosi da un colpo che poteva o non poteva arrivare. Intanto la guardò allontanarsi verso il parapetto, e ora che lei era di spalle poteva smettere di fare finta di niente e lasciare che quella sensazione spiacevole che serpeggiava nell’aria da un po’ lo invadesse completamente.
    No, non era quel commento sul fatto che dicesse cavolate, sulla più o meno velata minaccia, quelle cose le accolse, anzi, con l’ennesima risata, ma dal momento in cui Joni si era alzata da quel pavimento, Julian l’aveva capito che era partito un timer. Il tic toc continuo e regolare si avvicinava sempre di più e si faceva sempre più pressante e fastidioso, dandogli sempre meno possibilità di manovra.
    «Peetzah! Aspetta»
    La verità è che Julian non voleva che la tassorosso se ne andasse, non voleva darle la buonanotte, e non voleva augurarle buone vacanze, non perché fosse preso da un improvviso istinto di antipatia nei suoi confronti – ci mancherebbe, è pur sempre giuliano –, e neanche perché era diventato improvvisamente il più romantico dei ragazzi e voleva, anzi sentiva il bisogno, di passare quanto più tempo possibile insieme alla Peetzah.
    La verità è che Julian aveva paura.
    La verità, ancora una volta, è che in quel momento sentiva di avere ben poco dell’adolescente grifondoro coraggioso e gioioso che era stato per tutto l’anno trascorso, perché era stato colto da una di quelle paure infantili di cui soffrono i bambini insicuri; quelle che lui personalmente da bimbo non aveva mai provato, ma che molti suoi coetanei avevano purtroppo dovuto affrontare tra la fine di un anno scolastico e l’inizio dell’estate, e subito dopo, viceversa, tra la fine dell’estate e l’inizio di un nuovo anno scolastico. Quella paura che riguardava un po’ mancanza, distanza, affetto, cambiamento, crescita, tutte quelle bestie che messe insieme facevano crescere man mano quel terrore che i tre mesi di gap tra un incontro e l’altro avrebbero cancellato un anno di cose fatte e amicizie create, a favore di qualche nuova amicizia estiva. Un’ottica in cui il mese di settembre era in egual misura il mostro da evitare a tutti i costi, e la meta a cui aspirare di arrivare il prima possibile; quindi capirete come il «ci vediamo a settembre, Bolton, divertiti» trovò il diciassettenne: troppo bello – mio dio aiuto è orribile.
    Chiariamo una cosa: Julian adorava l’estate, il mare, il sole, le vacanze, passare più tempo con i fratelli, non andare a scuola e non avere cose da studiare, potersi allenare tutti i giorni, e tutte le cose bellissime e terribili che le vacanze estive riservavano al Bolton, quindi quella reazione, il gelo che sentì percorrergli la schiena a quelle parole, lo colse totalmente di sorpresa e fece vacillare la sua sicurezza per un attimo.
    Ma solo per un attimo, perché con l’ormai già conosciuto solito sorriso si alzò dal pavimento, infilò la mano nella tasca della giacca per recuperare qualcosa, e poi lo porse direttamente alla rossa. «non dimenticare i compiti per casa, Peetzah» nient’altro che un CD, una versione aggiornata di quello che la stessa sedicenne aveva ricevuto a gennaio di quell’anno, la stessa cover disegnata (male) a mano, ma le tracce diverse che segnalavano un grado più alto di (fastidio) sentimento verso le feste natalizie:
    - It’s the most wonderful time of the year – Andy Williams
    - Rockin’ around the Christmas Tree – Brenda Lee
    - Feliz Navidad – José Feliciano
    - A holly jolly Christmas – Burl Ives
    - Santa Baby – Eartha Kitt
    - Santa Claus is coming to town – Jackson 5
    - Joy to the world – Nat King Cole
    - Baby, it’s cold outside – Dean Martin
    - Do they know it’s Christmas? – Band Aid

    «ci vediamo a settembre, Peetzah» il sorriso ora era più morbido, ma quello sguardo divertivo con cui guardava il CD accuratamente studiato e masterizzato suggeriva che settembre non fosse solo il mese del loro prossimo incontro, ma anche la minaccia di una interrogazione su quei compiti delle vacanze tutti particolari. Già si vedeva: «seconda strofa di “baby it’s cold outside”» oppure «quante volte è ripetuta la parola “Christmas” in “Feliz Navidad”» ah ah ah domanda trabocchetto, alla faccia di chi non lo ritiene intelligente. Ma prima di arrivare a quello, prima di tornare a scuola, prima di poter interrogare Joni a settembre, e molto prima di poter ascoltare quelle canzoni per entrare veramente nel mood natalizio, c’erano da affrontare ancora quei tre mesi d’estate. «buone vacanze» sembrò volerla chiudere lì, ma continuò, perché sarebbe stato un peccato non farla eyerollare anche prima di salutarsi «non prendere troppo a calci le persone» che poi è geloso, duh.
    ain't that
    just what
    christmas
    is all
    about?
    gifs
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
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10 replies since 14/1/2021, 00:31   495 views
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