Non si sarebbe definito una persona con vizi o tic, Asher Ketchum. Non fumava, non si mangiava le unghie, non agitava nervosamente la gamba quando era seduto, non si abbuffava di schifezze, non mordicchiava le penne. Appena sentiva di iniziare a provare emozioni scomode, il ragazzo trovava altro da fare, qualcosa di pratico e liberatorio, fosse questo allenarsi, disegnare, pregare... in quel momento di emozioni scomode ne stava provando eccome, ma sapeva anche di non poter scappare e andare a flexxare i muscoli o dire una preghierina al fly. Doveva farlo e basta. Resistette dal mordersi il labbro (abitudine: anche quando non c'era nessuno nei paraggi, si obbligava a non cadere alle tentazioni), e strinse invece fra i denti la lingua. "Non è così grave". Si diceva. "E' solo una piccola bugia. Non andrò all'inferno per questa; ne ho dette altre, ma è a fin di bene". Eppure non si muoveva. Restava immobile, lo sguardo fisso oltre la porta dell'ufficio aperto, due pergamene e una piuma in mano. Osservava l'uomo dall'altra parte della soglia, non visto- «....guarda che ti vedo che mi fissi» Sobbalzò leggermente, il fu bodiotto, schiarendosi la voce e rizzando la schiena. Era di nuovo un armadio sicuro di sè. «si. certo.» "come ha fatto a vedermi? Ero così fermo. shockbasito". Avanzò nell'ufficio, apparendo d'un tratto meno titubante. Era bravo ad autoconvincersi che andasse tutto bene, aveva come un interruttore in testa: click, e spegneva i pensieri e le preoccupazioni. Click, e diventava il ragazzone semplice che voleva essere, che c'era bisogno che fosse. «Signor Simmons, vorrei chiederle un favore» Il giovane fece una smorfia. «Ash, sono Leroy, qui» «oh. sì. Certo.» riprovò «Signor Leroiqui-» l'assistente di Arti oscure alzò gli occhi al cielo; Asher non notò il sorriso esasperato mal trattenuto. «mi serve un favore» «Non sono la tua tata. Sto facendo una cosa il professor Jackson, quindi se non sai fare i compiti perchè non eri attento-» «non si tratta di questo» Posò finalmente quanto aveva in mano sulla cattedra. Il Leroy guardò i fogli confuso. «Non c'erano consegne per oggi» «Voglio scrivere una lettera» Spostò i fogli, mostrando al ragazzo: una pergamena era vuota, l'altra era fitta d'inchiostro, di parole barrate e confusione. C'erano un paio di disegni a margine, segno che il ragazzo di fosse distratto durante l'opera. «Ma non sono molto bravo a scrivere» L'assistente si sporse per provare a leggere. «Qua c'è un puttanaio» «No, non credo di aver citato donne di malaffare» Confuso - un po' in panico - Asher si allungò anche lui a leggere, e il Leroy aprì la bocca per rispondere. Sembrò ripensarci, e chiese altro: «Vuoi... che ti scriva un lettera» «Sì» «Da parte tua» «No» «...no?» «La lettera non è da parte mia» Asher picchiettò sul fondo della pergamena, indicando un nome «Per questo mi serve che la scrivi tu». Il Leroy guardò dove stava indicando, e la sua espressione, prima fra lo scocciato e il divertito, divenne improvvisamente seria. Alzò lo sguardo di nuovo sul grifondoro. Asher non era un cima, ma sapeva cosa voleva dire quell'occhiata: gli stava chiedendo perchè. «hai una sorella» Il Leroy strinse le labbra. «la Perpetua-...» «No. Ma fingerò tu non l'abbia detto» «- non vuoi che è felice? Cè, che si sente tipo... amata?» Il Leroy ci mise un sacco di secondi a rispondere. Ash iniziava a credere avrebbe detto di no, e iniziava a preoccuparsi di cosa avrebbe fatto in quel caso. Non sapeva a chi altro chiedere: doveva essere qualcuno di Bodie, e qualcuno che sapesse scrivere. Qualcuno che non facesse direttamente parte della sua vita, qualcuno del cui giudizio non avesse paura. Qualcuno di abbastanza disponibile da fare una cosa così per lui, ma non troppo indiscreto da fare mille domande o parlarne in giro. Dopo un po' l'assistente sospirò, e tirò a sè la lettera scribacchiata e la pergamena vuota. Prima di iniziare a scrivere recuperò da un cassetto un paio di occhiali. No, non quelli da sole usati dal Talpadrillo e da Perses, ma semplici occhiali da vista. Fulminò con lo sguardo Asher prima che potesse commentarli. «Se lo dici a qualcuno, ti strozzo» Il Ketchum annuì (anche se non capiva se si riferiva alla lettera o agli occhiali????). «Non sono neanche io shakespeare-» «chi-?» «-MA di sicuro posso fare di meglio di te. Dettami, però, che di questa merda non si capisce una sega» Ash prese fiato, cercando di leggere cos'aveva buttato giù nella brutta (effettivamente illeggibile), inventando qua e là dove non riusciva a decifrare o perchè gli era venuto in mente altro: «"Cari Claudius, Gregory Joel, Valerian e Asher..."» (...) «"...ma appena la guerra finirà, tornerò da voi. Vi voglio un bene dell'anima e voi e vostra madre siete la mia vita. Dio vi protegga. Con amore, Sawyer Mayo Ketchum"» Spinse la lingua nella guancia, annuendo fra sè e sè. Era la terza volta che la rileggeva (*ridiceva a memoria; leggere non era mai stato il suo forte, ma a imparare a memoria? Era una bomba, un po' come i durga), e ad ogni giro suonava un po' più vera. Ad ogni giro, una parte di lui si convinceva che fosse davvero così, che davvero Claudius, sparito dalle loro vite nel momento stesso in cui avevano messo piede nel 2019, avesse in realtà cercato che fine avesse fatto loro padre nel lontano ventesimo secolo dopo essere sparito («Per andare in guerra» aveva detto Ash a tutti), che davvero avesse trovato chissà come questa lettera datata 1918 e l'avesse riportata ad Asher dicendogli che aveva trovato gli affetti di Sawyer Ketchum in un centro di veterani. «Lui non voleva che ve lo dicessi» si vedeva pronto a dire Asher ai fratellini «Ma credo sia giusto sappiate che papà è morto, sì, ma da eroe! Per proteggere i valori americani in cui credeva! La lettera non è mai arrivata o non è mai riuscito a spedirla, ma c'era questo ciondolo insieme, quello che ha scritto di voler regalare alla mamma...» Era una bugia grande. Lo sapeva che lo fosse. Ma cosa c'era da perdere? Aveva mentito per tre anni, poteva fare questo rush finale. Sawyer Ketchum era morto, anche se non da eroe. Asher lo aveva cercato, nel ventunesimo secolo; era stata una ricerca veloce. Si era risposato - in una cittadina neanche lontana da Bodie (se fossero andati loro a vendere gli animali al mercato lì invece che mandarci braccianti babbani, forse lo avrebbero visto). Era mancato a causa di qualche malattia. Non ci era neanche mai andato, militare. E dire che Asher se ne era quasi convinto... e ora avrebbe voluto tornare a crederci, piuttosto che avere la certezza che aveva lasciato la sua famiglia con un'attività indebitata in un posto in cui una moglie abbandonata, è una donna destinata a restare sola. Ma c'era ancora tempo perchè i suoi fratelli non lo sapessero. Claudius- beh. Ash sapeva che il fratello li amava, per forza. Era sparito, aveva giusto mandato dei soldi ai tre (*ai due minorenni) un paio di volte, ma... doveva voler loro bene. Erano una famiglia. Erano quello che della sua famiglia gli restava. Richiuse la lettera, infilò sia quella che la collana nell'armadietto dello spogliatoio grifondoro. Appena avesse trovato un momento da solo con i fratelli, gliel'avrebbe letta. Ci sarebbero rimasti male, alla morte del padre, ma per Ash era la chiusura di un capitolo, una parola fine almeno a quella questione. Prima o poi avrebbe detto che Claudius aveva trovato la madre, o che aveva la certezza che tutti gli abitanti di Bodie erano stati evacuati in tempo, così come i loro animali, o- no, era troppo, avrebbero trovato le tombe, lui li aveva letti i nomi. Allora magari fargli solo dimenticare- no, terribile. E se- Strinse gli occhi. Ispirò. Espirò. Un pensiero per volta. Si schiaffeggiò la guancia, guardò il proprio riflesso nello specchio dentro l'armadietto per darsi forza, e avvicinò alle labbra il crocifisso che portava al collo. «è per una buona causa» mormorò. E se anche fosse andato all'inferno per quelle bugie, perchè voleva che i suoi fratelli si sentissero amati e non abbandonati, allora che fosse. Aveva tutta l'eternità per riconquistarsi un posto in Paradiso, ma solo quella vita per far felici Vel e GJ. Sorrise allo specchio, raggiante. Ammiccò facendo un finger guns. «sei troppo un pro» Si sentiva già meglio. Uscì nel campo, e, dopo essersi sistemato lo scaldacollo, iniziò a correre. |