Barbarella's Eye

Lau x Hans

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    Le gote arrossate per il freddo e le mani a stringersi nella giacca calda: sembrava un fagotto, la Goldstein, avvolta negli strati pesanti degli abiti che indossava. L'aria della Scozia era persino più fredda lassù, in cima alla torre ovest del castello, lì dove era situata la guferia. Ferma con i gomiti poggiati sul bordo della ringhiera di legno, osservava l'orizzonte che, in quel momento della giornata, era ben visibile anche se non del tutto privo di nebbia. Certamente non si trovava lì per godere della vista mozzafiato - avrebbe potuto trovare altri mille posti al castello, per ammirare il paesaggio, altri mille posti che non fossero pieni di cacche d'uccello, per esempio. Ma si trovava lì per un motivo specifico, quello stesso motivo che adesso vedeva avvicinarsi in volo a gran velocità verso di lei, le grosse zampe esposte come fosse un aereo in atterraggio. Raggiante, sorrise e sporse il braccio oltre la ringhiera, per dargli un terreno d'appoggio solido. Ma come siamo belle oggi!! Accarezzò il pelo setoso del falco che ora le stava poggiato sulla mano, le zampe grosse ed artigliate afferravano un guanto di cuoio, e lo sguardo color ambra aveva un luccichio cosciente, umano. Come spesso accadeva - quasi ogni giorno, in effetti, si mise a parlare con lui, o meglio lei. E l'argomento su cui la conversazione verteva era, come sempre, la sua quotidianità. Niente, giornata tranquilla, ma sto avendo un po' di problemi a gestirlo. Il falco le aveva chiesto come stesse andando con il suo potere, perchè l'ultima volta le aveva confessato di aver fatto un disastro alla lezione di Controllo poteri. Sì bè, lo so che dovrei allenarmi di più, ma lo sai che l'inverno ho sempre problemi, il vento tira troppo forte. L'uccello la guardò con intensità, non emise un verso, ma Laurel percepì le parole nella sua mente. Quindi dici che andrà bene oggi? E le sorrise, ponendo poi La Domanda, quella che le faceva spesso. Come andrà? non perchè si aspettava che quel falco potesse prevedere il futuro, ma perchè...era tradizione che glielo chiedesse prima di un allenamento o anche solo di una semplice lezione. Era scaramantico, in un certo senso. Ci aveva sempre tenuto, a sentirle dire semplicemente che , tutto sarebbe andato bene. Erano quelle parole che le mancavano ogni giorno, costantemente. La sua voce che diceva solo "andrà tutto bene, sta tranquilla Lau". La faceva sentire più sicura.
    Grazie, mamma. Un ultimo sguardo alla creatura, e sporse il braccio fuori dalla guferia, così che il falco potesse volare via, fiondandosi nel fitto della foresta proibita.
    Ma non era mica finita lì!! Perchè la famiglia era...fortemente allargata.
    Ecco infatti, all'orizzonte, apparire una coppia di uccelli. Lo sguardo di Laurel si illuminò, alla vista di quei pennuti, e sorridente sventolò una mano per farsi notare, salutarli con calore, finchè uno alla volta non entrarono nella guferia. Il battito delle ali di quei due uccelli sollevò uno strato notevole di polvere, e Laurel dovette coprirsi naso e bocca con la sciarpa color panna, tossendo ad occhi chiusi. Mosse una mano dinnanzi a sè, per scacciare le piccole piume volanti che si erano sollevate dal terreno. Che foga, ragazze! E quando entrambe si furono posizionate in due punti della guferia, l'Ivorbone raccolse da terra una scatola di plastica, contenente quelli che sembravano due topolini defunti. Le dispiaceva, un po', ma in sua difesa non era stata lei ad ucciderli!!!!!!! Li aveva già trovati così.......forse, o forse è solo la sua coscienza e senso di colpa che le suggerisce questo (?) CHI PUO DIRLO. Okay ragazze: sono pronta, ditemi tutto! e tirò in aria un topolino, che venne preso al volo dal primo falco Zia Mara... e lanciò il secondo topolino Zia Simona Perchè se per molti, la frase "un uccellino mi ha detto che..." era solo un modo di dire, per Laurel Goldstein era il perno su cui girava la sua intera esistenza. Ed era vero. Era tutto vero. D'altronde, come lo mandavi avanti un fan club, senza news? E lei certamente non poteva davvero essere ovunque, anche se le piaceva pensarlo. Era una parte importante delle sue visite in guferia, la parte che più la divertiva e le risollevava l'umore dopo aver incontrato sua madre. Da una parte era davvero comodo avere una famiglia di Maledictus!! Quale metodo migliore per riprendersi, se non con una bella carrellata di gossip riguardanti le cose più svariate? "Il guardiacaccia ha scoperto che un albero che aveva abbattuto era la casa di uno scoiattolo e HA QUASI PIANTO" NON CI CREDO STAI MENTENDO. "Io non mento mai." Solenne, zia Simona. Quel tipo sembrava così...senza emozioni, E INVECE. "Narah Bloodworth stava facendo interagire tra loro due pigne, siamo proprio certi che fare l'aiutante psicomago sia il ruolo adatto a lei?" ZIA MARA! Questa è cattiva, non ci vedo niente di male a giocare con le pigne! C'era chi preferiva le barbie, chi i dinosauri, chi le pigne, e soprattutto non c'era un range di età per farlo. Laurel non se la sentiva di giudicare nessuno!

    Dopo l'allegra chiacchierata con le zie, era scesa nei cortili, e consapevole che la lezione di controllo poteri non sarebbe iniziata prima di pranzo, si era spostata al limitare del castello nella zona in cui questo si apriva nella foresta proibita, una zona non troppo isolata ma libera e, soprattutto, con un vento che tirava forte e che quindi le avrebbe consentito di allenare il proprio potere. Controllare i venti era semplice al chiuso, quando venti non ce n'erano e potevi crearli tu stessa, ma controllare il vento forte scozzese era un altro paio di maniche, richiedeva concentrazione, allenamento, costanza. Tutte cose che a Laurel SCOCCIAVANO DA MORIRE! Ed infatti, sollevando i palmi aperti a controllare la brezza un po' più forte del solito, sentì un formicolio alle dita, l'energia sprigionare da esse ma...niente di fatto a cambiare nell'aria. Non ne ho voglia VOGLIO ANDARE A MANGIARE. #onesta
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    Laurel P.M.S. Goldstein


    Edited by cursed‚ - 8/4/2021, 19:09
     
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    Era successo di nuovo. Un secondo era lì che sfidava Pentacolo ad una gara di sguardi, e quello dopo riapriva gli occhi confuso e spaesato.
    Capiamoci, non era raro per Hans svenire, quasi letteralmente nel suo caso, ovunque gli capitasse, sempre troppo stanco per poter affrontare davvero la vita come un essere umano funzionale; ma nemmeno quando era fatto come un albero di Natale l'8 Dicembre (cit.) gli capitava di svegliarsi così angosciato, o di fare sogni del genere. Così vividi, così veri, al punto da sembrare quasi dei ricordi che cercavano in tutti i modi di emergere dalla foschia della sua memoria fin troppo appannata. Eppure era certo che non fossero suoi ricordi, quelli; metà delle cose che succedevano nel sogno, non le capiva; l'altra metà aveva troppo poco senso - persino per lui - per spingerlo ad impegnarsi veramente a comprenderla. Aveva visto draghi e madonne varie (cit. più o meno) in svariate occasioni, ma non si era mai svegliato stringendo tra le mani un biglietto ominous che lo avvertiva dell'imminente fine del mondo - o qualcosa del genere, in realtà non lo aveva letto con troppa attenzione, etichettandolo subito come stupido scherzo di qualche compagno che, trovandolo svenuto sul pavimento di Different Lodge, si era divertito a lasciargli quella nota poco simpatica tra le dita. Ah ah, the joke's on you, perché Hans l'aveva stracciata subito, la prima volta, senza nemmeno pensarci due volte.
    Era stata la seconda volta a farlo tentennare, mentre negli occhi azzurri balenava un'inaspettata scintilla di lucidità, quasi come fosse improvvisamente cosciente di ciò che succedeva intorno a lui; quasi come se quel messaggio e lo shock di averlo trovato di nuovo fossero bastati a risvegliarlo dal suo solito torpore. Lo aveva studiato attentamente per qualche secondo, soffermandosi su parole che continuava a non capire – troppo corrette per essere uno scherzo di Taichi, ma avrebbero potuto benissimo essere un monito di Bri, more like statt accort Belby - prima di notare dei passi in avvicinamento; a quel punto, con gesti sorprendentemente svegli per uno che si era appena ripreso dall'ennesimo svenimento mistico (eh, c'era abituato, che ci volete fa), aveva nascosto il messaggio nella tasca dei pantaloni e si era alzato dal divano dove, come di consueto, si era abbioccato - circa.
    Una volta raggiunto il dormitorio, la prima reazione, la reazione più istintiva, fu per lui quella di allungare la mano e recuperare, dallo squarcio nel materasso, il flacone di pillole nel quale si rifugiava costantemente; era un gesto spontaneo, come quello del tirarsi la coperta fin sul naso che compie un bambino spaventato. Lo faceva da così tanto tempo, ormai, che non aveva nemmeno più delle scelte alternative a quella. Lo faceva e basta. Ma quel giorno, un pensiero lo distrasse abbastanza da fermarlo prima che potesse raggiungere quel nascondiglio che poi, forse, così segreto non era; un ricordo che lo portò, invece, ad aprire la cartella in cuoio dove teneva qualche libro e qualche pergamena; lì, nella tasca più interna, dimenticata fino a quel momento, risiedeva una bustina trasparente con quello che sembrava il preparato per un infuso.

    «Natale è arrivato in anticipo,» e, stranamente, anche Hans Belby alla lezione del martedì di Controllo poteri. Gli occhi chiari andarono ad incontrare, con molta lentezza, quelli cioccolato dello special in piedi di fronte a lui. «OH OH OH.» E, così facendo, Hastings si gettò con le braccia intorno alla figura esile del minore, in un abbraccio di cui Hans avrebbe anche fatto a meno. «Tranquillo, kiddo, Uncle Santa ti sta solo lasciando un regalino.» Ah, okay. Quindi ancora spacciava campioni gratis? Ma quando aveva intenzione di mettere davvero su quel business, iniziando a guadagnarci? Forse quelle domande erano palesi nella sua espressione confusa, perché nello staccarsi da lui – finalmente – il geocineta portò una mano pesante sulla spalla di Hans e gli disse: «ricordati che sono gratis solo i primi assaggi. Se vuoi il bis, devi sganciare la grana. Questo è un business serio, non una onlus benefica. SMACK» per fortuna il bacio era solo metaforico, ma da uno come l'Hastings non si poteva mai sapere. «Oh, mi raccomando kiddo» Henderson e la sua assistente erano appena entrati nell'aula, perciò Wren abbassò la voce, quasi parlando all'orecchio. «Primo: non sono stato io a dartela. Secondo: non ne abusare. Ti accorgerai che ti fa stare bene ma... fidati di me.» Non l'aveva mai visto così serio prima d'ora. «Non farci l'abitudine.»

    Quel giorno, con una settimana di ritardo, gli pareva un buon giorno per provare uno dei preparati firmati Hastings: melissa e iperico, why not? Passò velocemente la lingua sull'estremità della cartina e la girò un'ultima volta, osservando poi il lavoro: non la sua canna migliore, ma eh. Il tremolio alle mani aveva davvero poco a che fare con il freddo che faceva nella dannata foresta, persino per lui, ma se voleva evitare Brienne, poteva solo che decidere di addentrarsi lì dentro e sparire, letteralmente, nascosto dagli alberi. Temeva di perdersi, il suo senso dell'orientamento non era dei migliori e, per giunta, una delle ultime volte che aveva fumato qualcosa inventato dall'altro special, era finito col dimenticarsi del tutto la notte di Halloween ma ehy, alle brutte, contava sul fatto che qualcuno – tipo il guardiacaccia – lo avrebbe ritrovato... prima o poi. Pescò dalla tasca il clipper verde acido – aveva una scorta di accendini nel baule, perché tanto li perdeva sempre – e lo avvicinò alla canna, aspirando velocemente affinché questa prendesse fuoco. Tirò fuori dalla tasca la pergamena ripiegata, in cui aveva annotato alcune cose sulle piante in questione – magari avrebbe dovuto leggerle prima di iniziare a fumare, ma vabbè... nel compiere quel gesto, però, un altro foglietto, quello con lo scherzo di Bri – ah ah, bella storia, quasi quasi gliela suggeriva come nuovo plot del libro di suo papà (ma loro lo sanno che il papà scrive libri? Ma si dai, lo sapranno #ahokay). Hans lo raccolse e, senza nemmeno aprirlo, stringendo la canna con le labbra in modo da avere entrambe le mani libere, gli diede fuoco. Senza l'accendino.
    «Uh» era la prima volta che dava volontariamente - beh, più o meno - fuoco a qualcosa senza l'ausilio di mezzi intermediari, e quello era il suo unico commento shockbasito come reazione alla cosa. Si limitò poi ad osservare il foglietto bruciare, fino a rimanere cenere trasportata dal vento.
    La voce arrivò alle sue orecchie dopo quelle che gli erano sembrate ore; ma forse erano passati si e no cinque minuti. La canna era ancora accesa, sebbene quasi al termine; ne aspirò gli ultimi due tiri e poi la spense del tutto, stringendola tra le dita. Avrebbe potuto lasciar cadere il mozzicone in terra e andarsene, ma sua mamma lo aveva cresciuto meglio di così; quindi lo avvolse in un fazzoletto e, dopo essersi alzato e scrollato via qualche foglia rimasta appiccicata alla divisa, mise il fagottino in tasca. Quando uscì dal suo nascondiglio non così segreto, notò subito la figura della ragazza che, mani avanti a sé, aveva gridato poco prima. Rimase a guardarla per un attimo, riconoscendo nei tratti del viso quelli di una compagna Ivorbone; la conosceva solo di vista e per via di Twitter. Laurel Pamela Mara Simona. Sebbene non fosse molto pratico del social, Hans aveva aiutato Taichi molte volte all'inizio, fungendo come T9 umano per l'Altair, specialmente nei Momenti CriticiTM, ovvero quando c'era da scrivere qualcosa a qualcuno. Poi, come per tutte le cose, Hans aveva via via perso interesse – o forse era stato Ty, col tempo, a stufarsi dei suggerimenti errati che il pirocineta gli dava, solo per metterlo in imbarazzo - fatto sta che aveva gradualmente smesso, lasciando il posto di interprete inglese-tylivese a Bri. Insomma, un compito in meno a gravare sulle spalle del Belby: stare attento agli strafalcioni di Tai era un duro lavoro, non potevi mai sapere quando ne stava per tirare una delle sue. Cosa c'entrava Lau in tutto quello? Beh, inizialmente Hans non sapeva chi fosse @3rised (così come non sapeva – anche tutt'ora – chi fossero gli altri) ma poi, col tempo, e dopo qualcosa che aveva a che fare con Halloween, il nome della special era uscito sempre più frequentemente nei discorsi dei bimbi sperduti, spesso associato proprio al social babbano. E okay, Hans poteva anche passare la maggior parte del tempo in un mondo tutto suo, ma qualche cosa ogni tanto la captava anche lui. «Per il pranzo è ancora presto.» Forse. Cioè, non aveva idea di che ore fossero, onestamente, ma si era rifugiato nella foresta intorno alle undici, non poteva essere passato tutto quel tempo, no? La osservò un altro po', prima di alzare impercettibilmente il mento verso di lei e chiedere, incuriosito «cosa non hai voglia di fare?» e alla sua eventuale risposta, avrebbe aggiunto un «e perché lo stai facendo comunque?»
    Non era da lui impicciarsi così tanto degli affari altrui, al contrario! Alle domande, generalmente, non rispondeva; figuriamoci se le poneva per primo! Ma qualcosa era scattato, in lui, anzi no: lo aveva abbandonato. Il peso di qualcosa a gravargli sulle spalle, la sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco, il senso di inadeguatezza, la voglia di chiudersi in se stesso e rimanere da solo. Era come se tutti quei problemi fossero evaporati, un tiro di canna dopo l'altro.
    Quello nella foresta con Lau era un Hans Belby – stranamente – preso bene e, per questo, molto pericoloso: se non c'era la sua costante apatia a tenerlo a bada, a suggerirgli che non ne valeva la pena di provarci, stai fermo, non farlo, è inutile tanto non lo controlli, che ne era della concezione di pericolo? E di quello che avrebbe potuto combinare con un fuoco che non sapeva controllare? Perché se Lau era lì per allenarsi allora... poteva unirsi a lei, no? Al professor Henderson avrebbe fatto piacere vederli provare, vederli collaborare.
    Alla scuola avrebbe fatto un po' meno piacere esser rasa al suo ma meh, non si poteva avere tutto dalla vita, no?
    Alzò le sopracciglia e rivolse un sorriso – uao, uno vero! - a Lau. «Vuoi compagnia?» Qualcuno sia pronto con la fattura idropompa, just in case.
    johannes 'hans' belby
    pyromaniackinesis | 16 | #ops
     
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    Ed aveva ripreso a provare a gestire quel dono che non le era stato dato da nessuno, ma che l'accompagnava sin dalla nascita. Non sapeva come o perchè, ciò che sapeva era che lo aveva sempre avuto, che era sempre stato una parte di lei, in qualche modo. E quindi, voi direte, saprà gestirlo alla perfezione no? Ed invece #no.
    I primi anni di vita erano stati semplici, non doveva usarlo in maniera utile, non aveva nessuna responsabilità sulle spalle, e si limitava a divertirsi facendo accadere fatti all'apparenza del tutto casuali: un bicchiere che cadeva da solo, mosso da nessuno, la sottana di sua mamma che svolazzava mostrandone l'intimo - quando ancora sua madre non era un pennuto e l'intimo lo portava - l'allontanarsi deciso di un piatto contenente quelle...cosette piccole, tonde, verdi e viscide che tanto odiava (i piselli). In qualche modo, Laurel aveva sempre usato il proprio potere come fosse un mezzo qualunque per comunicare un'esigenza o un capriccio. Come un bambino utilizza le proprie capacità per esprimersi. L'aveva sempre fatto con naturalezza, come fosse un linguaggio innato. Lo aveva utilizzato con superficialità - e gioia - finchè non aveva dovuto provare a controllarlo davvero, in maniera un po' più precisa. Finchè qualcuno non aveva iniziato a valutare i suoi progressi, ed allora aveva riscontrato i primi problemi. Perchè lei, nella sua sregolatezza, si era sempre trovata alla grande, ed essere seguita da un insegnante che, sebbene avesse ottime intenzioni ed il solo scopo di insegnarle qualcosa di utile, doveva dirle cosa fare e come farlo. Limitandola. Costringendola in qualcosa che non le apparteneva, dandole una forma che non voleva, e rallentando il suo potenziale, se così si può definire. Quindi, come qualsiasi bambino medio, Laurel aveva fatto ciò che avrebbero fatto tanti altri: aveva smesso di impegnarcisi davvero. Non era più riuscita a trovare uno stimolo che la spingesse a continuare a migliorarsi ed usare in maniera utile quello che era un dono: l'aerocinesi. Aveva smesso di mettersi alla prova, aveva smesso di provare a combattere quelle che per lei erano delle difficoltà - come appunto gestire il proprio potere in qualsiasi contesto, anche contro dei venti molto forti. I venti, al momento, le davano grane: non riusciva a controllarli. Eppure, avrebbe voluto imparare, perchè era sempre stata testarda, e l'idea di non sfruttare il proprio potenziale a trecentosessanta gradi la infastidiva non poco. Voleva sentirsi soddisfatta di sè, ma soprattutto, c'era qualcosa di più forte che ultimamente la spingeva a provarci davvero: far felice sua madre. Sapere che sua madre teneva al suo andamento ed alla sua crescita in ogni campo e sapere che non avesse mai smesso di sperare che lei potesse migliorare, le aveva dato la forza necessaria per riprovarci ancora ed ancora. Anche solo il pensiero che sua madre potesse trovarsi nei paraggi, magari appostata su un ramo ad osservarla, a vegliare su di lei, le dava forza e sicurezza. Era la spinta che le mancava per provarci.
    Circondata da un vento che si feceva sempre più forte ed insistente, avvolgendola e rischiando di farla volare via insieme a lui, non si rese ovviamente conto del nuovo arrivo lì, nel limitare della foresta. L'unica cosa che aveva percepito, tra una folata di vento ed un'altra, era stato un fischio più forte degli altri, che giunse alle sue orecchie fin troppo distinto. E...inizialmente non si fece nemmeno troppe domande. "Per il pranzo è ancora prestoooo." Chissà quale anima affine, ed in quale parte del castello, in quel momento stava patendo le sue stesse pene. Non rispose, ma concordava. A volte capitava che il vento le parlasse, un po' come succedeva a Pocahontas - o meglio, lei credeva che le parlasse davvero: riusciva a sentire delle lettere, che componevano delle parole, che a loro volta componevano intere frasi - frasi dette da chissà chi, chissà quanto lontano ma che, inspiegabilmente, venivano portate a lei proprio dal vento. Frasi perse nell'aria che le scompigliava i capelli chiari, e quel giorno pareva che il vento volesse davvero darle un messaggio. In verità era troppo concentrata sul gestire la folata, per rendersi conto che le parole arrivavano al di fuori di essa: "Cosa non hai voglia di faaareeee?" Che vento interessato. Non si voltò certamente verso il ragazzo, perchè la sua voce arrivava alle sue orecchie da ogni angolo, portata dalla folata di vento. Pensò che la risposta più adatta a quella domanda fosse..."di vivere", per lo meno non ne aveva davvero voglia in quel preciso frangente di vita, con lo stomaco che brontolava per la fame e troppe responsabilità sulle spalle. Ma in generale, Lau non aveva davvero problemi con la vita, anzi.
    Alzò gli occhi al cielo, mentre il vento bririchino e sempre più interessato continuava "E perchè lo stai facendoooo?"
    Volto stupito, mentre poco a poco iniziava a placare quella semi burrasca, limitata intorno a lei. Qualcosa non quadrava, perchè il vento non era mai così specifico e preciso, nelle sue comunicazioni: spesso parlava per metafore distorte, o comunque portava frasi sconclusionate. Non le chiedeva mai cose così personali. Ancora più spesso, taceva, fungendo solo da guida, proprio come in Pocahontas. (non ricordo se era così, ma nel dubbio chissà che Pocahontas ha visto Lau). Tendendo meglio l'orecchio e placando quella bufera che aveva creato, si voltò verso la fonte da cui, adesso, poteva percepire con chiarezza la provenienza del suono e riconoscendo un ragazzo. AH - ma era una persona quindi. Fece ciò che sapeva fare meglio per camuffare una brutta figura: niente, proprio niente. Quel ragazzo lo aveva visto altre volte in giro al castello e, dunque, non le era del tutto sconosciuto, ma non poteva dire nemmeno di conoscerlo, se non forse per il nome. Come si chiamava? Franz? Qualcosa del genere. L'osservò, domandandosi cosa ci facesse in quel punto della foresta e se, anche lui, era lì per provare ad allenare il proprio potere (perchè avrebbe dovuto? boh!) Lo guardò dalla testa ai piedi. Non era esattamente PersesSinclairDellaCasataSerpeverde (e Lau era segretamente semi allergica all'essere maschile meno che al Sinclair) ma un po' di compagnia certo non le dispiaceva. Eeehm, sul serio ci tieni? Mi sto allenando. Niente di troppo divertente, in verità, finchè non diventava estremamente divertente (aka finchè non davi fuoco alla Foresta). Henderson vuole che ci spingiamo oltre i nostri limiti, lo sai, no? E il mio limite è ... un vento di 25 nodi. E quando lo disse strinse gli occhi perchè una folata di vento più birichina delle altre, aveva rischiato di accecarla. Quindi...che dire, se vuoi rimanere resta pure. Assisterai al mio fallimento. Mettiti comodo. Non è giornata. E si voltò, nuovamente (verso cosa? non lo sappiamo) per poi rivoltarsi verso di lui e guardarlo con più interesse. Magari voleva partecipare? Che potere hai? Domandò allora, incuriosita. Sì, frequentavano la stessa classe, ma Lau non ricordava i poteri di tutti ed aveva la memoria di un pesce rosso. Però mi devi ricordare il tuo nome...Franz, giusto? #no.
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    Laurel P.M.S. Goldstein



    Niente, ero troppo nostalgica, non c'entra assolutamente nulla ma devo fare il rewatch .

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    Fingeremo che Hans non fosse completamente su un altro pianeta, mentre osservava la figura della compagna di scuola agitare le mani nel vento ed inveire contro di esso un po' come un Taichi qualunque che cercava di non farsi prendere dal panico senza riuscirci, e che lo sguardo chiaro non palesasse tutta la sua confusione.
    Le pupille dilatate, che erano ormai diventate quasi un marchio distintivo del Vega, e lo sguardo vacuo avrebbero dovuto far capire a chiunque che Hans non era del tutto lì con la testa, ma d'altronde Laurel non lo stava guardano.
    Lui invece sì, e, seppur perso nei suoi pensieri un po' sconnessi, era estremamente incuriosito da quell'atteggiamento di sfida che la special aveva nei confronti di... beh, apparentemente, del niente. Del vento che soffiava veloce intorno a loro e agitava i mantelli delle divise, ma quale persona sana di mente avrebbe mai inveito con tanta foga contro il vento? Che poi, detto – o meglio, pensato – da lui era un po' come il bue che dice cornuto all'asino, ma tant'è.
    Con l'accenno di un sorriso a piegare impercettibilmente un angolo della bocca – che solo dopo sarebbe sbocciato in un sorriso vero e proprio – Hans aveva osservato per un po' la ragazza, in silenzio, per poi cedere ad una curiosità che credeva ormai d'aver perso, ponendo quella domanda senza pensarci davvero due volte.
    La risposta della bionda non lo smosse minimamente, ma anzi lo portò a formulare un nuovo quesito, forse un po' troppo brusco, forse un po' troppo assurdo; ma era pur sempre Hans Belby, quello, fatto o... no, era fatto anche in quel momento, sebbene non si sentisse come al solito. E quindi: «allora perché lo stai facendo?» pronunciato con una calma che forse non si addiceva ad una domanda del genere, ma che si sposava perfettamente con lo studente. Una domanda che, a quanto pareva, aveva sorpreso la ragazza, portandola a voltarsi. Il volto arrossato dal vento e dallo sforzo, negli occhi un'espressione incredula e forse anche leggermente sorpresa; Hans si limitò a fissarla di rimando, le mani nelle tasche del mantello e i capelli che si agitavano nel vento e gli solleticavano la faccia. Si sentì studiato, con Laurel che lo squadrava dalla testa ai piedi, ma non disse nulla e accettò placidamente la cosa: in qualsiasi altra circostanza, lo sguardo chiaro della special gli sarebbe scivolato addosso senza infondergli alcuna preoccupazione, non l'avrebbe neppure sentito, non se ne sarebbe accorto. Ma in quel momento ogni suo istinto era come in allerta, improvvisamente risvegliati dal torpore in cui di solito stagnavano. Sentiva ogni soffio di vento sulla faccia, ogni foglia che gli volava intorno, ogni suono trasportato nell'aria. Si sentiva vigile, le sinapsi eccezionalmente pronte a collegarsi e formare pensieri coerenti, e frasi non sconnesse.
    Quindi era così che ci si sentiva ad essere lucidi? Ad essere sobri?
    No, in realtà. Quelli erano solo gli effetti della canna appena fumata, ma in cuor suo il Belby un po' ci sperava: dopo tanti anni spesi a cercare la soluzione migliore alla sua condizione, se la meritava una tregua. Una piccola gioia. Hastings gli aveva detto di non abusarne, ma lui ne voleva già di più.
    «Eeehm, sul serio ci tieni? Mi sto allenando.» Riportò velocemente l'attenzione su Laurel, e con una scrollata di spalle le rispose «perché no» e, infondo, era la prima volta in tanti anni che Hans sentiva davvero la voglia di giocare un po' col suo potere. Non era un dovere, né un obbligo, né un esercizio assegnato dal professore; ma un desiderio che, inaspettatamente, gli nasceva da dentro. Non aveva idea di quanto sarebbe durato, ma voleva approfittarne. In quel preciso momento nel tempo e nello spazio, Hans Belby non odiava essere un piromane (no, pirocineta ma l'ha corretto così e non me la sento di cambiare).
    Annuì, pur non sapendo quanto fosse potente (o meno) un vento da 25 nodi, ma se lo diceva lei, Hans ci credeva. «Assisterai al mio fallimento. Mettiti comodo.» E si mise comodo, seduto a gambe incrociate e la schiena posata contro un albero. L'ormai evidente sorriso non accennò a scemare, ma al contrario si allargò sempre di più, fino ad illuminare anche lo sguardo. Trovò il coraggio di tirare fuori una mano solo per farle gesto di continuare, prego, fa pure, poi la rimise in tasca – dove le teneva entrambe non per il freddo, ma per noia. Non era ancora il suo momento, prima voleva divertirsi un po' a guardare Lau fallire. Che c'è? L'aveva detto lei stessa, non la stava mica prendendo in giro! Era pronto a riderne con lei, di quell'inevitabile fallimento, perché si sentiva proprio in vena di ridere, di scherzare. Si sentiva leggero come non lo era mai stato negli ultimi anni.
    Assottigliò appena lo sguardo solo quando Laurel, voltandosi nuovamente verso di lui, gli chiese del suo potere.
    «Do fuoco alle cose.»
    Lasciato cadere così, senza preoccuparsi di fornire ulteriori dettagli, né si sentì in dovere di spiegargli che, in realtà, non era un piromane come qualcuno sosteneva – cosa che, forse, avrebbero lasciato intendere anche le sue parole ma vabbe, perché specificare altro? Con un cenno del mento, la esortò nuovamente a fare qualcosa, agitare le mani, soffiare forte, muovere le braccia come fossero ali... insomma, qualsiasi cosa fosse ciò che faceva per esercitare il proprio potere, mentre lui portava entrambi i gomiti sulle gambe e si sporgeva in avanti per vedere meglio.
    «Senza la Francia.» Sinapsi collegate, certo, ma ciò che diceva continuava ad essere chiaro solo nella sua testolina. “Senza la Francia”, nel senso di senza FR, ma non andò in soccorso di Lau fornendole quella spiegazione, e non la corresse ulteriormente.
    «Ci sei nata con questo dono, Laurel Pamela Mara Simona -» Esteban Julio Ricardo Montoya de la Rosa Ramírez «- o te l'hanno imposto? Sei stata nei labs? Sei stata a contatto con le particelle Pym?» Che c'è, ogni tanto leggeva anche lui i fumetti. «Radiazioni gamma? Tuffetto nella vasche della Ace Chemicals?» Senza tatto, senza freni, perché anche quello era un Hans Belby lasciato libero di dire e fare ciò che gli passava per la testa. «Non sembri molto brava a controllarlo.» Non voleva essere cattiveria, la sua, ma solo la pura e semplice verità, ciò che aveva modo di vedere in quel momento. Analitico e fin troppo attento, quando voleva, ad Hans tendevano a non sfuggire certi particolari, e quello a cui stava assistendo era una Laurel impegnata e concentrata per vincere contro un vento troppo forte.
    Ma, ancora, lui era l'esempio lampante di “mancanza di controllo”, quindi chi era davvero per giudicarla? «Ti capitano spesso le giornate no?» Curiosità pura e semplice, la sua. Portò lo sguardo chiaro ad indugiare per qualche secondo sulla figura della compagna, poi inclinò un po' la testa in attesa della risposta. Era fastidioso, con le sue domande e le sue verità e la sua ruvidità, ma era anche onesto e, in quel momento, genuinamente curioso di conoscere un po' meglio la famosa @3rised di twitter.
    johannes 'hans' belby
    pyromaniackinesis | 16 | #ops
     
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3 replies since 6/12/2020, 13:50   207 views
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