what fools these mortals be.

ft. Narah // Corridoi di Hogwarts

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    Chi l'avrebbe mai detto che il suo continuo vagare di luogo in luogo, in un viaggio apparentemente senza fine o senza meta, durato quasi tre anni, lo avrebbe portato, infine, nuovamente tra i corridoi di Hogwarts? Era stato uno shock tanto per Nathan quanto per sua madre («in che senso torni a scuola?! Ti hanno annullato i M.A.G.O. e ora devi ripetere l'ultimo anno come in quel film babbano?!») perché lungi da Jenna Shine anche solo pensare che qualcuno potesse tornare a scuola di volontà propria, lei che aveva odiato ogni singolo giorno al castello, ogni dannata ora di lezione, ogni dannato momento che non fossero quelli passati sul campo da Quidditch. Il fatto che suo figlio si ritrovasse nuovamente a preparare il baule per tornare ad Hogwarts era «sconcertante». Così lo aveva definito, utilizzando proprio quella parola. E per Nathan valeva lo stesso, anche se per motivi ben diversi: quel posto di lavoro implicava un suo rimanere ed era la prima volta in parecchi anni che tornava a sentire il peso di quella parola gravare sulle sue spalle. Lui che a soli venti anni aveva già viaggiato in lungo e in largo e aveva visitato posti che adulti non vedevano neppure in cartolina; lui che era andato alla ricerca di se stesso senza trovarsi, perché infondo puoi percorrere miglia e miglia alla ricerca di qualcosa ma non la troverai mai se non sai dove guardare; lui che era tornato a casa, stanco e deluso dall'esito negativo della ricerca, ma con un bagaglio di esperienza così variegato che non poteva non esserne ugualmente fiero. Si era domandato spesso, negli ultimi giorni, se era stato proprio per merito di quelle esperienze che era riuscito a guadagnarsi il posto al castello. Assistente del professore di Storia della Magia. Lo ripeté un paio di volte per abituarsi al sapore di quelle parole sulle proprie labbra, dispiegando poi quest'ultime in un leggero sorriso orgoglioso. «Assistente del Professore di Storia della Magia.» Troppo lungo? «Assistente del Prof. di Storia della Magia!!» Troppo eccitato? «Assistente del Professor Quinn?» Troppo familiare? «Assistente d-»
    Delle risatine alle sue spalle interruppero le prove, e Nathan riuscì a voltarsi giusto in tempo per vedere le gonnelline delle gemelle sparire lungo il corridoio. Come era possibile che ne sentisse già la mancanza? Era stato via per molto tempo e, nonostante avesse pensato spesso a loro, non aveva mai messo in discussione la partenza per il viaggio verso l'ignoto, nemmeno per poter rimanere con le sorelline, quindi perché alla sola idea di lasciarle per tornare ad Hogwarts, per assurdo il luogo più vicino a casa che avesse visitato negli ultimi anni, gli si formava un nodo alla bocca della stomaco? Non era paura ciò che provava, dai suoi genitori aveva ripreso quel tratto tipico dei Grifondoro - forse l'unico -, e dopotutto le nuove avventure non lo avevano mai fatto desistere... ma somigliava terribilmente ad un vago senso di ansia - ansia che quello non era il percorso adatto a lui, ansia da "chissà se è veramente il mio posto nel mondo", ansia da non saper stare fermo nello stesso posto per più di un paio di settimane. La sola idea di poter fallire, e sparire, un giorno, all'improvviso, lo aveva tenuto sveglio la notte.
    Aveva promesso a sua mamma che una volta tornato a Londra sarebbe rimasto: forse Jenna intendeva "rimasto a Londra", possibilmente, e non aveva preso in considerazione l'idea che Nate potesse fuggire di nuovo in Scozia... ma era pur sempre un lavoro, no? Magari non remunerativo come la donna sperava, ma era pur sempre stabile. E quante volte gli aveva ripetuto che era giunta l'ora di trovarsi un impiego stabile? Che poi, 'stabile' era una parola buffa: lui non avrebbe mai potuto pensare di finire a fare il soprammobile al Ministero, e nella sua testa era quello il sinonimo di stabile. Lui avrebbe voluto fare altro, fare l'attore se possibile, ma capiva bene che la compagnia di improvvisazione che frequentava da qualche mese non era il luogo adatto per iniziare una carriera come si deve. Il posto vagante a Hogwarts era giunto alla sua attenzione per un caso fortuito, quasi come se fosse destino che lui vi presentasse richiesta; ma mai avrebbe pensato di superare il colloquio. E ora che aveva quell'incarico era pieno zeppo di dubbi.
    Primo fra tutti: sarebbe stato in grado di stroncare sul nascere il suo perenne desiderio di andare via, di sparire di punto in bianco? Solo il tempo avrebbe potuto dirlo.

    «Buongiorno! Sono il nuovo assistente di-» Lo sguardo gelido che lo accolse, lo pietrificò sul posto. Aveva dimenticato tante cose di quel luogo - tipo il casino del lunedì mattina ad Hogsmeade, aveva impiegato più tempo del dovuto per percorrere la via principale e raggiungere la strada che portava ai cancelli della scuola - ma Anjelika Queen non era tra quelle. Se aveva sperato che gli anni le avessero smussato gli spigoli del carattere o l'avessero resa un po' meno gelida? Beh, certo, Nathan era sempre pronto all'ottimismo, ma una veloce occhiata in direzione della donna gli disse che no, era sempre la solita professoressa Queen. Da un lato era persino confortante come cosa. «La trovo bene, Professoressa!» Serviva a ben poco il suo innato buonumore, così come i suoi complimenti sempre pronti per essere elargiti in modo più che cospicuo, ma non poteva farci nulla: era fatto così e neppure l'aura austera della donna poteva smorzare il suo immancabile sorriso. «Va bene, io ora vado eh...» Chissa se poteva chiederle un piccolissimo, minuscolo, favorino. «Per caso sa dirmi dove trovo il professor Richard Quinn?»

    Come c'era da aspettarsi, la Queen non lo aveva aiutato. Qualcosa sul "fortificare la sua anima" facendolo (perdere e costringendolo a) vagare nei corridoi di quella che per sette anni aveva chiamato casa, o una cosa del genere. D'altronde non si era aspettato niente di meno, aveva ancora incubi riguardo a gite in sala torture insieme alla donna. L'aveva ringraziata comunque, perché si ringrazia sempre per un informazione, per quanto vaga o inutile essa sia, e poi si era messo a passeggiare per i corridoi con una certa fretta, per raggiungere l'aula di Storia della Magia prima dell'ora di pranzo, possibilmente. Nate non era un ragazzo ritardatario, non quanto sua mamma comunque, ma quella mattina gli astri sembravabo esser particolarmente accaniti contro di lui. Sembravano non volerlo far arrivare in tempo a quel dannato appuntamento, come se avessero in programma qualcosa di diverso. Forse meglio, forse peggio, non poteva dirlo; ma ce la stavano mettendo tutta pur di rendergli la cosa difficile.
    «Scorciatoia? Scorciatoia.» I corridoi erano brulicanti di studenti eccitati per l'inizio del nuovo anno - nonostante fossero già a metà della prima settimana, Nate lo sapeva bene, l'entusiasmo non sarebbe scemato fino al primo test a sorpresa dell'anno - e per passare era costretto a compiere prodezze non indifferenti (tipo saltare sulle panchine, camminare tra le arcate del giardino) per questo si ritrovò a fare affidamento sulla sua ottima memoria, ripercorrendo con la mente prima, col fisico poi, percorsi che non faceva da anni. Incredibile quanto vividi fossero quei ricordi nella sua testa: era un po' come andare in bicicletta, potevano passare anni ma non si dimenticava mai come fare.
    Mentre si affrettava verso la meta, gli capitò di riconoscere qualche viso visto alla festa di poche settimane prima, studenti che si ritrovò a salutare distrattamente mentre tornava ad abituarsi a quegli ambienti che presto sarebbero tornati ad essere la sua quotidianità. Non permise a nulla - o nessuno - di interrompere la sua corsa, però, fino a che non capitò direttamente di fronte alla bacheca dei trofei. Esattamente come era successo svariate volte, anni prima, le sue attenzioni vennero catturate da una foto ritraente la squadra di Grifondoro, campione della coppa anno '98-'99; in basso, giovane ma con lo stesso ghigno fiero di sempre, sua mamma rivolgeva l'occhiolino al fotografo del castello, mentre con la mano sinistra mimava un paio di corna dietro la testa rasata di suo papà. Come ogni volta, sentì il petto stringersi sempre di più, e gli occhi appannarsi, ma si costrinse a distogliere lo sguardo dalla foto, cercando di non pensare al fatto che fosse proprio lui il motivo della rinuncia ai propri sogni da parte di Jenna. D'altronde, se fosse arrivato in tempi ragionevoli all'appuntamento col Professor Quinn, avrebbe avuto un intero anno per frignare come un bambino davanti alla foto dei suoi genitori sedicenni e felici. Ma in quel momento doveva solo pensare a raggiungere l'aula e - «oddioscusa»
    Per evitare di guardare ancora una volta la bacheca, aveva abbassato lo sguardo e si era voltato all'improvviso, desideroso di allontanarsi in fretta, senza prestare attenzione ai suoi dintorni. E così aveva finito con lo scontrarsi con qualcuno, da bravo maldestro quale era. Con una prontezza di riflessi che non sapeva di avere, giura, afferrò l'altra figura per la vita - grazie a Tosca era minuta - e la trattenne, impedendole di cadere. «Mi dispiace, colpa mia, non stavo guard-» le scuse gli morirono in gola. Aveva già mollato la presa al "mi dispiace", così poté usare entrambe le mani per nascondere il viso imbarazzato. Si passò velocemente i palmi sugli occhi, mordendosi le labbra, poi staccò le mani dalla faccia e tornò a rivolgere al mondo uno dei suoi tipici sorrisi calorosi. Ti pareva che doveva succedere anche quello, quella mattina? Eppure lei era lì, in carne ed ossa, e lui l'aveva appena travolta col suo metro e fintroppicentimetri. «Narah..!» Che piacere vederti? Cosa ci fai qui? Che coincidenza?
    Non aveva onestamente idea di come continuare; succedeva raramente, ma quella era una delle pochissime volte che Nathan Shine, attore provetto e figlio della ciatella più ciatella che si può, era a corto di cose da dire.
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    Prova NuovaFaccia n.1
    (e il codice si fa subito #forzaroma #ahokay)


    Edited by cinnamonroll - 29/9/2020, 13:35
     
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    Quella mattina, dopo una colazione a base dei suoi tre (3) biscottini di rito accompagnati da un tè al limone, Narah aveva lasciato New Hovel ignara che si sarebbe bloccata sul posto subito dopo, l’espressione estasiata mentre osservava la creaturina più bella che avesse mai visto in tutto la sua vita.
    «Oh mio-» Era lì, a pochi metri, il bel pelo tutto arruffato e gli occhioni verde chiaro puntati su di lei. Nah 404 not found. Si era… si era innamorata. Anche se non avesse avuto una conoscenza pressapoco enciclopedica delle creature magiche più comuni e non, quelle adorabilissime corna da alce non avrebbe lasciato spazio ai dubbi. Uno sporco ma sempre regale Kathelvete sostava di fronte all’entrata dell’edificio e non sembrava passarsela troppo bene.
    Nah aveva un amore incontrastato per gli animali, e potete tranquillamente immaginarla circondata da uno stormo di uccellini che le acconciano i capelli #WAT, perché ci andreste molto vicini. Perdeva qualunque dignità in un battito di ciglia, e si ritrovava a fare le coccole ripetendo complimenti con una vocina scema e acuta non appena qualche povero animale coccolabile capitava tra le sue grinfie. E lo sentiva nel kuore, quel Kathelvete dall’aspetto bisognoso di cure non sarebbe stato l’eccezione. Va bene. Doveva stare calma o l’avrebbe spavent- SI STAVA LECCANDO LA ZAMPA AAAAAAAW!!!!!
    No, non poteva lasciarlo lì tutto solo e non aiutarlo, era fuori discussione. Pentacolo non si sarebbe mica ingelosito, vero?? Verissimo. E così era iniziata la missione di soccorso felino.
    Step 1: tornare in “casa” e procurarsi un altro biscotto – cibo per gatti mica ne aveva ihih –.
    Step 2: cercare di avvicinarlo, ma con sua grande gioia fu tutto tranne che difficile: il Kathelvete si era fiondato sul biscottino lasciato a terra, e poi l’aveva guardata come se l’avesse già inquadrata come papabile umana da schiavizzare per i suoi comodi – oh, quanto aveva ragione.
    Step 3: verificare che non le avrebbe staccato un dito. Al contrario, forse rassicurato dal cibo, il micione aveva preso subito confidenza e aveva preso a strusciarsi contro le sue gambe, cosa che oVvIaMeNtE aveva portato Nah a infliggergli i suoi grattini delicati. Non le pareva gli dispiacessero più di tanto, era talmente un ruffiano con tutte quelle fusa!! «Ma guardati, ci vuole un bagnetto per forza...» Kathelvete, abbreviato Kat in amicizia: no grz. «Adesso ti porto con me, mh?» Un meow in risposta che le fece spalancare gli occhi scuri a cuoricino suggellò l’avventura della giornata. E meno male che arrivava sempre a Hogwarts in anticipo, o sarebbe pure stata pessima ad arrivare in ritardo!

    Era saggio attraversare i corridoi pieni di studenti carichi delle energie delle vacanze estive, con addosso un gattone restio a stare in braccio? Se anche senza Kat avrebbe risposto no, visto che evitava da sempre i posti affollati come fossero stati la peste, in quelle condizioni era ancora meno propensa. Narah era preoccupata, perché non appena l’aveva preso tra le braccia aveva potuto constatare che l’animale era troppo magro per un gatto della sua stazza, e si chiedeva quanto fosse riuscito a racimolare da mangiare ultimamente o se fosse malato – ipotesi, questa, che aveva deciso di scartare per ottimismo. Non mostrava alopecia, tracce di acari e simili né malattie della pelle, era soltanto sporco! Magari sarebbero bastate un po’ di attenzioni e di cibo per rimetterlo in sesto, e poi… non lo sapeva, nonostante l’idea di tenerlo con sé le frullasse in testa.
    «Mh, passiamo da un’altra parte,» gli disse, in verità sussurrando tra sé e sé, per poi imboccare a passo svelto un altro corridoio che l’avrebbe portata in infermeria senza dover affrontare una mandria di ragazzi. Lasciò delle carezze gentili sul manto del Kathelvete, che però iniziava – giustamente – a spazientirsi di starle in braccio e aveva iniziato a fissarla male e cacciarle i ricci con la zampa; fino a quando non aveva deciso di sgusciare via con un lamento – «TI PREGO NON FARLO» – e muovere quelle chiappe a nuvoletta in una corsa sfrenata. Cosa poteva fare Narah Bloodworth, se non mettersi a correre a propria volta dietro uno stronzetto ingrato e soffice? Niente, era d’obbligo. Nel frattempo provò a farlo desistere in tutti i modi, sia a suon di «Miciooo!!» che coi classici tsk-tsk cui i gatti, misteri della vita, rispondevano sempre. E non solo stava perdendo di vista Ingrato, non solo sarebbe arrivata in ritardo per la prima volta nella sua – breve, brevissima – carriera da assistente, ma concluse in bellezza con una figuraccia cosmica.
    L(a disperazione)’ansia non le aveva fatto registrare la presenza del ragazzo altissimo con cui finì in colluttazione come due asteroidi(???), se non nel momento in cui, appunto, era troppo tardi. Si lasciò sfuggire un’esclamazione di sorpresa, perdendo prevedibilmente l’equilibrio; il poco amorevole incontro col pavimento che aveva già messo in conto, tuttavia, non avvenne. Riaprì le palpebre che aveva strizzato d’istinto, la pressione di un braccio a stringerla. Non fece neanche in tempo ad appurare chi fosse il ragazzo, che già il suo amico Imbarazzo se la stava ridendo alla faccia sua. «No no, scusami tu!!!» L’ondata di vergogna a scaldarle le guance, rivolse l’attenzione al viso del ragazzo che era stato fin troppo gentile.
    Vabbè. Uno dei tipi che aveva baciato alla festa, quello del bacio particolarmente lungo e da parte sua disagiato in una maniera che avrebbe voluto dimenticare. «Oh.» Il volto scarlatto, Narah Bloodworth aveva però nello sguardo la rassegnazione di chi faceva figure di cacca dalla nascita a giorni alterni. Imbarazzo si stava rotolando per terra dalle lacrime, come una cotoletta che si impana da sola. le famose cotolette autonome «Narah..!» !!! Non solo lo aveva investito e lui le aveva fatto la grazia di evitare una botta al sedere, ma si ricordava il suo nome! Era abituata a ricordare i nomi altrui, ma di sicuro non si era aspettata l’altro sapesse il suo nome, dato che l’aveva vista una volta ed entrambi non erano troppo lucidi. I precedenti la agevolavano a comportarsi ancora più specialissima: insomma, Nah non iniziava mai le sue conoscenze con un BACIO, e il fatto che fosse stato solo un gioco era l’unica cosa che non l’aveva ancora fatta diventare invisibile come l’aria. Ricambiò il sorriso giusto per non rendere troppo evidente la sua morte interiore e si schiarì la voce, imbarazzata, allontanandosi di qualche passo. Non credeva lo avrebbe rivisto (.) a Hogwarts! «Nathan,» affermò di rimando, ed era piuttosto certa di non aver sbagliato. Spostò il peso da una gamba all’altra, non avendo idea di cosa dire. «Io… non ti ho mai visto qui! Sei uno studente…?» Sì Narah, uno studente molto cresciuto. Distolse lo sguardo e, allora, incrociò lo sguardo placido del Kathelvete con la sua coda a spolverino. Meow. «KAT!!!»
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    Were there clues I didn't see?
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    Certe giornate che sembrano iniziare malissimo possono poi, all'improvviso, cambiare del tutto: basta poco, un bel gesto da parte di uno sconosciuto, scoprire che la sveglia ha suonato per errore e puoi tornare a dormire, aprire la finestra e vedere il sole dopo giorni di tempesta, un incontro fortuito. Tante, infinite!, sono le cose in grado di trasformare - in positivo - un giornata e il segreto... beh, il segreto sta nel saperle cogliere. Nathan Shine, in questo, era un maestro: lui sempre attento ai particolari, ai dettagli, alle piccole cose cui nessuno prestava realmente attenzione; lui che col suo vivo interesse e il suo saper cogliere il bello in ogni situazione, non ne sprecava mai una, di perfetta occasione. Lui che aveva imparato con l'esperienza che il meglio arriva quando meno te lo aspetti e per questo aveva iniziato a smettere di cercarlo, pronto però ad accoglierlo a braccia aperte nel momento che decideva, infine, di palesarsi.
    Lui che, nonostante tutto, nonostante la premessa, era rimasto spiazzato da quell'assurdo allineamento degli astri che gli avevano permesso di incontrare, di scontrarsi, in un corridoio pieno zeppo di gente, proprio con Narah. Fosse stato una qualsiasi altra persona avrebbe chiesto, a nessuno in particolare, quante possibilità c'erano che accadesse proprio quello? Ma era Nathan e lui non chiedeva; accettava ciò che il destino aveva in serbo per lui. Specialmente, poi, se erano incontri decisamente graditi come quello!
    Non sapeva nulla della ragazza se non quel nome imparato alla festa - e il fatto che avesse un gruppo di amici abbastanza... particolare, ecco (anche se, a questo proposito, doveva ricordarsi di chiederle se c'era qualche possibilità di reperire il taccuino su cui una delle sue amiche aveva preso appunti alla festa - cosa?cosa. - ma questa è una storia per un'altra role e un altro giorno). Quindi si, sapeva poche cose, ma era intenzionato a scoprire quanto più possibile sul suo conto, ammesso - ma non dato per scontato, lmai darlo per scontato - che anche lei volesse fare la sua conoscenza, ovvio. Purtroppo (o per fortuna) Nathan era fatto in quel modo e quando qualcosa o qualcuno catturavano la sua attenzione, solitamente tendevano a diventare un chiodo fisso nella sua testa. Si era trattenuto dal cercare la ragazza sui social - non era mica uno stalker, santo cielo! - ma avrebbe mentito dicendo di non aver pensato a lei almeno qualche volta, durante quelle poche settimane che erano intercorse tra la festa e quell'incontro casuale ad Hogwarts. Era dunque normale che sul suo viso si disegnasse, dopo un primo momento di stupore, un'espressione radiosa e un sorriso così caloroso da far impallidire il sole; l'espressione più genuina che si potesse chiedere ad un uomo, lo stesso sguardo entusiasta di un bambino la mattina di Natale.
    Un sorriso che non vacillò nemmeno a quel 'oh' pronunciato con sorpresa. «Oh.» Ripeté a sua volta, passando una mano tra i capelli lasciati sciolti (sono /lunghi/ okay? Nathan ha i capelli lunghi indipendentemente dal pv #ahokay), «era un 'oh, sei solo tu' o un 'oh sei proprio tu'?» Era più forte di lui, proprio non riusciva a trattenersi dal domandare qualcosa, se questa lo incuriosiva abbastanza; si rendeva conto che spesso le sue domande potevano risultare sciocche, o invadenti, o troppo personali, o - come in quel caso - troppo audaci, ma nella sua genuinità rientrava anche quel modo sincero di dar voce alle proprie curiosità. E sapere quello stupore a cosa fosse dovuto gli interessava davvero: Narah era felice di vederlo? Era solo spiazzata dal trovarlo ad Hogwarts? Stava pensando fosse uno stalker? Era indifferente alla cosa?? Insomma!! Nathan voleva sapere. Anzi, aveva bisogno di sapere per mettere a tacere la sua dannata curiosità.
    Ad ogni modo, il fatto che lei si fosse ricordata il suo nome era un ottimo punto di partenza per iniziare una nuova amicizia, secondo lui! (Anche se il suo parere andava soppesato con giudizio, tendeva a buttarsi a capofitto nelle conoscenze anche per la minima cosa, espansivo e socievole com'era.) Nathan, dunque, prese quel segno come un invito a darsi da fare: non ti rimane impresso il nome di qualcuno se non lo trovi interessante almeno un po', no?! Le fece un gran sorriso e un impercettibile cenno di assenso, più per abitudine perché di solito la gente lo chiamava Nathaniel per errore, e poi scoppiò a ridere sinceramente divertito dalla sua domanda. «Beh, ti ringrazio per avermi considerato abbastanza giovane da esser scambiato per uno studente -» che ne sapeva lui che c'erano quasi trentenni ancora al quinto anno lol «- ma no, non sono qui in qualità di frequentante.» Ecco, lo stava finalmente per dire ad alta voce a qualcuno che non fosse la sua immagine riflessa nello specchio o una professoressa poco intenzionata ad ascoltarlo; wow che emozione. «Sono la storia dell'assistente del professore!!» ...beh per essere un attore d'improvvisazione fai alquanto schifetto, Nate. Impicciarsi nelle tue stesse parole, no buono. «Cioè, volevo dire che sono il nuovo assistente del -» «KAT!!!» ?? No, Quinn...??
    «cosa» chi è Kat? Seguì lo sguardo della ragazza e prima che riuscisse a registrare la figura pelosetta di Kat, alle sue orecchie giunse un meraviglioso MEOW che lo mandò in brodo di giuggiole (?): c'era un micio da quelle parti?!?!?! Dove?!?!? Give the puppy a puppy!! La fascinazione smodata che Nathan Shine aveva nei confronti del mondo intero era seconda solo all'amore incondizionato e imperituro che il ragazzo provava nei confronti di qualsiasi tipo di creatura vivente, cani, gatti, criceti, draghi. Ma in special modo, le creaturine minuscole e deliziosamente cute come quell'esemplare di Kathelvete che li osservava entrambi, il musetto leggermente piegato da un lato, e l'espressione più dolce che Nate avesse mai visto. Era chiaro che il cucciolo non ne voleva sapere di essere coccolato e/o preso in braccio, ma ogni micio che si rispetti (babbano o magico) adora essere venerato – hell, avevano persino convinto chissà come l'intero popolo egizio a considerarli déi. - quindi chi era lui, un Nathan Shine qualsiasi, per venire meno al suo compito di umano adorante? Si chinò fino a trovarsi quasi seduto sui propri talloni, registrando finalmente la situazione: che quel micio bellissimo appartenesse alla ragazza?! Nate si voltò verso di lei, parlandole da sopra una spalla: «E' tuo? Posso chiedergli il permesso di accarezzarlo?» cosa?cosa. Andiamo, lo sanno tutti che il permesso va chiesto alla creaturina in questione, non al/la padrone/a. «Chi è il micio più bello? Eh?? EHH??» Utilizzando lo stesso tono di voce che aveva utilizzato con le gemelle per anni, Nathan non si preoccupò nemmeno della figura da scemo che stava facendo con Narah: ogni briciola di autocontrollo in lui veniva meno quando aveva davanti un cane o un gatto, non fategliene una colpa. Poi, giusto perché non voleva farsi beccare ad essere completamente (e totalmente) preso dall'animale – spoiler: lo era eccome. - riuscì finalmente a completare la frase poco prima lasciata in sospeso. «Per rispondere alla tua domanda,» iniziò, mentre allungava una mano per chiedere silenziosamente il permesso di fare pat pat su quel delizioso pelo grigino, «sono il nuovo assistente del Professor Quinn.» Professore che avrebbe dovuto incontrare più o meno in quel momento ma lasciare il Kathelvete? Abbandonare Narah prima di imparare qualcos'altro su di lei? Assolutamente no. Rimase quindi inginocchiato lì, davanti alla bacheca dei trofei, rapito dalla creatura (sks Nah, è perso #wat) e speranzoso di ricevere la benedizione per poterla, finalmente, accarezzare. «Tu, invece, come mai da queste parti?» Come se passeggiare per i corridoi di Hogwarts potesse essere un'attività casuale, ma non voleva dare per scontato nulla! Magari era lì per ritirare il diploma (?) o per fare un colloquio, o forse per vedere i suoi amici, o per seguire le lezioni! Quando dicevo che Nathan, di lei, non sapeva nulla, non stavo esagerando.
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    Davvero, Narah aveva dei pregi!!
    Ma non era di sicuro la sua poker face. Quale poker face, POI!!! Aveva il forte dubbio di aver guardato Nathan a occhi sbarrati come uno studente qualsiasi post lezione halloween davanti a un funghetto, la mente traditrice che già le aveva rammentato dove avesse visto quel volto e le guance che avevano assunto almeno trecento sfumature di rosso diverse. Non era così sgarbata in genere, Nah – okay, imbarazzante , qualcosa che stava nella linea di confine tra “troppo spesso” e “sempre”, ma detestava con tutto il suo cuore essere maleducata o non far sentire accolte le persone!! Se c’era un errore che non voleva rischiare di commettere era proprio quello, lei per prima sapeva com’era sentirsi a disagio in una conversazione! Insomma, finché era lei a sentirsi così non recava danno a nessuno – ed era una cosa su cui stava lavorando! –, ma non voleva il ragazzo pensasse che la propria reazione fosse dettata da antipatia o delusione o altro. Non la conosceva, neanche poteva sapere che era un comportamento standard per lei!! TRAGEDIA. Doveva rimediare.
    Va bene, tutto molto bello e in armonia coi suoi pensieri sulla teoria, ma di fatto COME SI FACEVA??? Non era colpa sua se non riusciva a rimanere impassibile alle emozioni e a volte perdeva l’utilizzo volontario dei muscoli! (cosa? Cosa) Aveva pensato, nella confusione totale, che magari un semplice “ciao” da persona civile avrebbe migliorato la situazione; in questo fu preceduta da Nathan, che le solleticò una sincerissima sorpresa: perché le stava sorridendo in quel modo?? Stava cercando qualcuno cui chiedere spiegazioni? Non se lo spiegava, Narah, l’allegria che gli leggeva nello sguardo. Non sembrava annoiato o risentito, solo… felice di averla davanti?? (com’era possibile.) Si rincuorò un po’, allora, già grata che lui avesse accantonato il fatto che gli fosse piombata addosso come una (Hazel) furia. Se lui non era in imbarazzo neppure lei aveva motivo di sentirsi in imbarazzo – o almeno… questo le aveva detto Jess quando, disperata dopo l’ennesima figura, Nah si era quasi inchinata al suo cospetto chiedendole di essere il suo maestro sensei e (scioccante) insegnarle (sempre più scioccante) a essere più normale tranquilla nelle conversazioni. Capite l’impegno che ci stava mettendo???
    Ma ehi, sua sorella faceva amicizia anche coi sassi, certo che i suoi erano buoni consigli. «era un 'oh, sei solo tu' o un 'oh sei proprio tu'?» Touché, domanda giustificatissima. Sentendosi ulteriormente incoraggiata dal tono rilassato dell’altro, le venne più naturale sorridere mentre alzava entrambe le mani, affrettandosi a specificare: «L-la seconda!!» Era più difficile del previsto risultare convincenti quando ci si sforzava di agire come un essere dotato di un apparato orale perfettamente – anche se non sembrava – in grado di comunicare. Dai, quanto poteva essere difficile?? «Sul serio!» Uao che grande sforzo. «Non mi aspettavo di rivederti.» Così andava meglio: e poi era assolutamente vero, Nah trovava tuttora una grandissima coincidenza che si fossero incontrati di nuovo, ma non era contrariata!!
    Nonostante la sua parentesi di crisi mistica, il ragazzo aveva ancora quel gran sorriso, chissà se perché inconsapevole di avere di fronte un caso umano o perché non aveva fatto caso alle sue abilità sociali: misteri. A proposito di Jess, un po’ Nathan le ricordò proprio lei, con quelle espressioni entusiaste incrollabili. Era troppo sperare che fosse anche altrettanto alla mano??? Dio, sarebbe stato un ottimo punto di partenza. L’unica domanda che riuscì a fare non fu delle… più brillanti. Per fortuna, a diciotto anni Nah aveva – da poco – imparato a ignorare l’istinto di fuggire e rendersi invisibile. D’accordo, non stava andando benissimo ma neppure malissimo PENSARE POSITIVO.
    … C’era da dire che era troppo abituata a vedere gente cresciutella per i corridoi di Hogwarts, ma in effetti. «Oh!» ripeté, stavolta con un po’ di determinazione in più, mentre annuiva e si sforzava di non scusarsi più del dovuto – altra abitudine che stava cercando di attenuare, probabilmente senza successo. Nah pronunciava la parolina “scusa” tante volte, ed era forse una caratteristica troppo di Narah per rinunciarvi davvero. «Sono la storia dell’assistente del professore!!» !!! Non aveva senso!!!! NON AVEVA SENSO!!!!!! E non aveva senso che fosse così felice che non avesse senso (wat), ma questo dimostrava che Nate era?? Una persona normalissima???? (ma va) Non solo lei aveva delle uscite strane! Che poi, ben chiaro, Narah non stava sorridendo in quel modo perché lo stesse prendendo in giro, anzi! Era solo sollevata di aver capito di avere a che fare con un ragazzo che non fosse…. Come dire……. persessinclair rigido? Si sentiva un pochino a disagio con le persone di quel tipo, ma quello che Nathan aveva appena fatto era una confusione simpatica. La divertiva ma in senso buono, ecco!!
    Avrebbe volentieri atteso che l’altro si spiegasse meglio, ma la vergogna le aveva fatto accantonare fin troppo un dettaglio fondamentale, il perché stesse correndo per il corridoio: Kat. La vide lì, ferma e immobile, il musetto bellissimo e dolcisSIMO MENTRE LI FISSAVA CON QUEGLI OCCHIONI!! Mio dio, quel – o quella? – kathelvete l’aveva già fregata, se lo sentiva. «Ma dov’eri???» gli chiese, la voce resa automaticamente più acuta dalla tenerezza. Fece un paio di passi verso l’animale, sul punto di spiegare la questione a Nathan, quando arrivò un’altra sciokkante scoperta sul conto di quest’ultimo.
    ERA UN GATTARO!!! Mamma mia, si sentiva proprio bene: due gattari erano sempre sulla stessa lunghezza d’onda, come lei e Beh, era una legge dell’universo. Chinò il volto verso il basso, seguendo i movimenti del ragazzo e… allargò lo sguardo, quasi commossa – e le scappò un piccolo sorriso, sperando non venisse interpretato come scherno. «Be’, l’unico modo per scoprirlo è chiederglielo.» Fece spallucce, le braccia al petto e godendosi la scenetta di moine con divertimento – e un pizzico di gelosia NON TI ARRAFFARE KAT, NATHAN!! –. Quanto erano belli i primi approcci altrui ai micetti?? (se era una di quelle che sfruttava youtube per guardare video di gattinih? Che dite non è vero non è mai successo non spiate la cronologia) «Comunque… non è mio, l’ho trovato oggi e non volevo lasciarlo per strada. Credo… lo terrò con me? Se non è di nessuno, cioè, ovvio!» Ridacchiò, perché ora Kat stava fissando la mano di Nathan con diffidenza e annusando l’aria con quEL BELLISSIMO NASINOH!! Purtroppo anche lei doveva chiedere udienza per fargli le coccole, erano all’inizio della loro amicizia.
    Per quanto il magico – letteralmente – Kat non bastasse a cancellare il disagio di Narah Bloodworth, aver visto Nathan venerare un gatto glielo faceva sentire suo simile ochei. Scoperta pt. 2: era l’assistente del prof Quinn. «Ah, sei tu!!» Dai, i pettegolezzi che girano! Non amava le voci maligne, però era pur sempre curiosa come pochi, Nah. Sapeva che stava per arrivare un nuovo assistente, ma che fosse lui era una coincidenza troppo buffa. «Anch’io lavoro qui, sono assistente psicomago,» disse piano. In fondo era appena agli inizi, non si sentiva degna di quel titolo, non fino a quando non avrebbe avuto le prove del contrario. Soppresse la curiosità che in confidenza l’avrebbe spinta a fare altre domande, e si accorse che Kat stava dando La Benedizione a Nathan: aveva zampettato con quella bella coda soffice fino a sfiorargli un dito.
    Okay, era ufficialmente gelosa – e anche offesa, da lei era scappato per gironzolare, traditore – ma. Ma. Non gli avrebbe permesso di rubarle il suo nuovo amiketto a quattro zampe ERA UNA COSA COSI’ CARINA!!! «Aaw<i>.» Quanto erano belle quelle orecchiette, sperava solo stesse in salute; non vedeva l’ora di tornare a casa per andare da un magiveterinario(??). Si schiarì la voce dopo qualche secondo. «Ti ho disturbato? Mi dispiace, stavo correndo per recuperare <i>lui Nessun tono rancoroso, ovviamente, Nah era già innamorata di quegli occhioni chiari e furbi. Le faceva un po’ paura l’idea di tenerlo con sé, non aveva mai avuto un animale domestico. D’altronde c’era sempre una prima volta! «Ha un bel caratterino.» Ecco, aveva pure iniziato a parlare come mamma Nah parlava dei bimbi sperduti, con affetto ed esasperazione. Sospirò. Doveva accettare la sconfittaTM, era evidente. Tornò a concentrarsi sul ragazzo, ritrovandosi a trattenere l’impulso di torturarsi una ciocca di capelli – non lavorava più al Lilum, ma poteva sentire lo sguardo di Svetlana giudicarla da lì #wat. QUANTI MIGLIORAMENTI AVEVA FATTO. «Inizi oggi a lavorare? Non ti ho mai visto qui,» aggiunse con delicatezza. Entrare nei fatti altrui le metteva ansia, se non aveva idea di come qualcuno avrebbe reagito: avrebbe potuto porre un’infinità di domande a sua sorella, Gid e le sue migliori amiche, solo perché era certa che a loro non dava fastidio, ma con la gente appena conosciuta??? Non voleva farsi detestare!
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    Se avesse saputo che come punizione per essersi presentato in ritardo al suo primo giorno Quinn lo avrebbe portato (a morire) in una cittadina maledetta insieme agli ignari studenti, costringendoli a settimane di incubi, probabilmente Nathan non si sarebbe trattenuto in quel corridoio, prima distratto dalla foto dei suoi genitori, poi da Narah e quel meraviglioso esemplare di Kathelvete. Anzi, se avesse saputo che essere assistente di un professore ad Hogwarts comportava più rischi del fare l'addestratore di draghi, lo Shine avrebbe avuto dei seri dubbi riguardo l'abbracciare quel tipo di carriera (accademica e in quanto tale, si presupponeva che fosse sicura, tranquilla) – dubbi che aveva avuto comunque, ma per tutta un'altra serie di motivi che poco avevano a che fare con la propria incolumità, quanto più con l'avversione che sembrava avere per il concetto di “metter radici”.
    Ma, infondo, era un Nathan Shine e, soprattutto, era il degno figlio dei suoi genitori; erano spesso proprio le avventure più assurde ad attrarlo maggiormente. Avere la certezza che quel lavoro fosse stabile e sicuro come sostenevano alcuni – ma chi? Folli. - non avrebbe cambiato davvero nulla nella sua testa perché, fondamentalmente, contava ben poco: a lui le sfide non erano mai dispiaciute. Era stato quello spirito audace a spingerlo, anni prima, a riempire uno zaino con lo stretto indispensabile e poi partire alla volta di chissà dove; e, ancora, era stato quello a spingerlo a fare richiesta per quel posto apparentemente normale, a tratti quasi noioso, ma così diverso da ciò a cui era abituato da potersi considerare, in fin dei conti, un'avventura. Non nell'accezione più classica del termine, ma comunque un sorta di sfida per l'ex Tassorosso che negli ultimi due anni e poco più non aveva mai passato più di tre settimane nello stesso posto: sarebbe stato in grado di rimanere, quella volta? Di farsi andar bene mesi e mesi seduto dietro una metaforica (ma non più di tanto) scrivania, a correggere compiti, (consolare studenti), vivere al castello, e il tutto in qualità di assistente di un uomo che non conosceva, di cui sapeva così poco da non aver ancora capito (in che razza di casino si stava andando a cacciare) che tipo di persona fosse, e per di più in una scuola che anni prima aveva creduto di essersi lasciato per sempre alle spalle? Secondo Jenna, sua mamma, c'erano il 50% delle possibilità che fallisse, così come che avesse successo: la donna l'aveva paragonato ad un tiro di Pluffa nel clou della partita, asserendo che «fino a che non la lanci non puoi sapere se andrà dentro o meno.» Le analogie Quidditchistiche (?) di Jenna magari non erano delle migliori – e non avevano necessariamente sempre senso - ma Nate aveva compreso ciò che la donna intendeva: un rischio, per quanto calcolato, poteva dare gioie o insoddisfazioni in egual misura e l'unico modo per sapere cosa avrebbe riservato, davvero, era coglierlo.
    E Nathan Shine, le occasioni, le coglieva sempre.
    E per questo motivo, anche se avesse saputo... beh, probabilmente avrebbe comunque accettato – cercato - quella carica da assistente; non c'era posto nella sua vita per rimpianti o rimorsi; di quello che faceva, Nathan, era sempre soddisfatto, anche quando questo portava a cose non molto piacevoli o a situazioni complicate. Sua mamma aveva vissuto fin troppi anni con i propri rimpianti (uno tra tanti, lo stesso Nate) e il ragazzo aveva imparato che non ne valevano mai la pena; così, in tutto quello che faceva, qualsiasi fossero le conseguenze, ci metteva l'anima. Scelte affrettate ne aveva fatte molte, nella sua giovane vita, spesso anche senza pensarci sufficientemente su, ma non se ne era mai pentito. E non si sarebbe mai, mai pentito di aver scelto di rimanere lì, a fissare la bacheca dei trofei, perdendo tempo inutilmente, a maggior ragione dopo l'incontro fortuito con Narah. Credeva abbastanza nelle coincidenze da sentire, dentro di sé, che era così che dovevano andare le cose; al Quinn ci avrebbe pensato dopo – era, come diceva un grande saggio, un problema per il Nathan del futuro. Ma in quel momento tutto ciò che contava era la presenza della ragazza... e del piccolo micio magico. Era veramente intenzionato a conversare il più possibile con la ragazza, almeno finché poteva, prima di doverla necessariamente salutare per correre verso il suo destino fatto di pessime citazioni (di Twilight) e sbrilluccicamenti vari, ma Kat lo aveva completamente rincoglionito rapito! E la cosa era fortemente peggiorata quando la creaturina aveva mosso qualche passo felpato in sua direzione, annusando poi la mano che il giovane aveva allungato in sua direzione. OH MY GOD!! Si voltò verso Narah, di nuovo, con un sorriso così radioso che alla special sarebbero serviti gli occhiali da sole per poterlo guardare. «Mi sta dando il permesso!!» La voce di qualche ottava più alta del necessario, aveva soffiato quelle parole con un'incredulità mista a eccitamento che rasentava quasi il ridicolo; chiunque altro avrebbe roteato gli occhi al cielo, fosse stato al posto di Nah, e l'avrebbe lasciato lì, a fare il cretino con un micio... ma la ragazza sembrava abbastanza divertita dalla scena, al punto da non riservagli alcuna espressione contrariata ma bensì un sorriso. Awww, anche lei, a suo modo, gli stava dando il via libera, quindi come poteva non approfittarne??? «owww micio micio meooowww» Qualsiasi futura chance con Narah se la stava bruciando facendo l'ebete con Kat ma, a sua discolpa, Nathan poteva dire che non era ancora a quei livelli: gli avrebbe fatto piacere conoscere la mora, ma ancora non pensava abbastanza a qUeLlE cOsE da realizzare quanto ridicolo si stesse rendendo. Vabbè, al massimo sperava che Nah non fuggisse a gambe levate e, perché no, lo aiutasse a individuare la classe di Storia della Magia onde evitare di perdersi inutilmente. Era tornato al castello da poco ma aveva capito una (1) cosa: era cambiato abbastanza al punto da non riconoscere più un'aula dall'altra. Ma, tornando al futuro assistente (se non lo avessero licenziato prima del tempo) e al Kat che stava accarezzando – o meglio, che stava in quel momento studiando il suo palmo aperto e rivolto verso l'alto, per poi poggiarci sopra la zampina grigia («aawww»), pur non sembrando, era abbastanza lucido da registrare le parole della ragazza. «Oh, capisco.» Era, effettivamente, un bel problema: a giudicare dagli occhi pieni di affetto, Narah già teneva alla creaturina e dover scoprire, successivamente, che la stessa appartenesse a qualcuno sarebbe stato un duro colpo. Ma, allo stesso tempo, sperare che Kat fosse orfanello (orfanella? Ancora non aveva capito) era triste? Difficile immaginare una povera creaturina così bella venir abbandonata! Poteva essere un esemplare selvatico, certo, ma non aveva l'aspetto dei mici selvatici che Nathan aveva incontrato di solito. «E' stato un bel gesto, il tuo!» Uno che lui condivideva e che, in passato, aveva compiuto a sua volta; ma come si poteva resistere al fascino dei trovatelli?! Andiamo...!!! «Hai già chiesto in giro?» Non aveva idea di dove lo avesse trovato, se al Castello o fuori, ma la domanda gli era uscita prima che potesse registrarla. Una domanda idiota a cui tentò di rimediare con un «vuoi che ti aiuti a chiedere informazioni? Possiamo affiggere dei volantini!» non è che volesse separare Nah dal suo nuovo amichetto, eh, ma voleva rendersi utile e non solo ridicolo, davanti a lei. «E nel caso non fosse di nessuno, questo piccoletto – o è una piccoletta? -, sarà sicuramente felice di aver trovato una nuova casa. Non è vero, micetto? Chi è il più bello di casa??? Ma siii sei proprio tu!!» Poteva tranquillamente continuare così tutto il giorno, tanto non è che avesse altre cose da fare, ma no, figurarsi. Menomale che ci pensò Narah a distrarlo, riprendendo il discorso “cosa ci fai qui”. Si trattenne dal chiederle se sperava in qualcun altro perché molesto sì, ma fino a 'na certa; non voleva spaventarla con le sue domande inopportune – purtroppo erano sempre in agguato, quando si trattava di Nathan Shine, che non aveva alcun tipo di filtro tra cervello e bocca. Era un'anima candida e pura e aveva dovuto imparare con le cattive che spesso la sua espansività poteva risultare un po' troppo invadente per le altre persone; era una cosa su cui stava lavorando. Voleva mantenere la sua caratteristica curiosità, continuare a fare domande per il gusto di farle e per la volontà di conoscere, ma era ben lontano dalla sua volontà l'intento di risultare fastidioso. Stava imparando a capire in tempo che tipo di persona avesse davanti, una da poter bombardare di domande, una con cui limitarsi a poche frasi, una che aveva bisogno di un periodo di assestamento prima di poter entrare in confidenza. Detta tra noi, secondo lo Shine, Narah rientrava in quell'ultima categoria: le sembrava abbastanza disposta al dialogo, timida ma quanto meno non aveva l'aria di essere una ragazza frigida o antipatica, di quelle che rimangono sulle loro per il semplice gusto di farsi conquistare. L'imbarazzo di Narah – così simile al suo e allo stesso tempo così diverso – sembrava genuino, e pure la sua timidezza, impossibile da non notare. Nathan non voleva spingerla oltre la sua comfort zone, perciò si morse la lingua – metaforicamente parlando ma non troppo – ed evitò di farle tutte le domande che, in un secondo, gli affollarono la mente. Sperava di poter avere più tempo, in futuro, e più confidenza, per poterle fare. «Come assistente psicomago? Wow!» La sua sorpresa era genuina, era sempre bello incontrare persone che svolgevano impieghi particolari come quello, avere a che fare con le menti altrui non doveva essere un'esperienza da poco... specialmente se erano le menti di adolescenti ormonali o professori con le crisi di mezza età. (#ahokay) Disolse l'attenzione da Nah solo per un attimo, allargando le braccia e invitando Kat ad avvicinarsi a lui; se il Kathelvete glielo avesse permesso, Nate lo avrebbe preso in braccio e riportato in direzione della padroncina. «Nessun disturbo, figurati.» I disturbi, a casa sua, erano ben altri! Quello era stato un piacevole (scontro) incontro! «Anzi, mi ha fatto molto piacere rivederti.» Onesto, perché quello era il mood su cui era sempre settato lo Shine. «Credo che questo sia tuo...» le allungò Kat – che nel frattempo si era fatto prendere in braccio? Speriamo di sì - e le sorrise, entusiasta. «Eh già, questo bel musetto ti darà delle belle... gatte da pelare, scusa il gioco di parole.» E se la rise, per una battuta che non faceva ridere così tanto. «A casa ho due bestiole dal carattere più o meno simile.» Non doveva per forza specificare se si riferisse alle gemelle o alla coppia di Staffordshire Bull Terrier.
    «E sì, oggi è il mio primo giorno -» /e sono già in ritardo/ «ma devo ammettere che è molto strano tornare a scuola dopo due anni. Sembra ieri che vagavo per questi corridoi contando i giorni che mi separavano dai M.A.G.O. E dalla -» sospirone, «libertà. E oggi sono di nuovo qui, di mia spontanea volontà. E' allo stesso tempo bellissimo e terribile.» Aveva letto un meme a riguardo, in quel di Pinterest #ciaoBetta.
    Se Nah non voleva parlare di se stessa, comunque, non era un problema: era chiaro che Nathan potesse parlare a sufficienza per entrambi. «Questi corridoi pieni di ricordi mi hanno distratto.» Chissà se poteva dirglielo che, in realtà, a fargli perdere tempo erano stati i volti giovani e sorridenti dei suoi genitori, esposti in bacheca. Magari lo avrebbe tenuto per un altro giorno: dal momento che lavoravano entrambi lì, avrebbero avuto sicuramente modo di rivedersi. Sempre che... «dici che Quinn mi licenzia se arrivo tardi? Perché...» spostò lo sguardo color cioccolato dai trofei alla ragazza, andando a cercare quello di Nah, «non ho tutta questa voglia di trovare il suo ufficio. Preferirei rimanere qui a...» poteva dirlo? Era troppo presto? (spoiler: sì, ma quella consapevolezza non lo avrebbe comunque fermato.) «...a giocare con Kat!» Si sentiva nel suo tono di voce improvvisamente acuto che stava mentendo; o, quanto meno, trattenendo un'importante verità. Rimase in silenzio qualche secondo, poi ammise, portando una mano a torturare i riccioli scuri, «e a chiacchierare con te.» Ecco, lo aveva detto. Era dalla festa estiva che sperava di rincontrarla e ora che ce l'aveva davanti doveva salutarla per andare a conoscere il suo futuro boss? Ingiusto.
    || 20 - quinn's assistant - ex hufflepuff - good_vibes.mp3 - aesthetic
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    Come poteva sapere, Narah Bloodworth, che quello sarebbe stato l’inizio di infiniti tentativi da parte dello Shine di rubarle la micia?? Non poteva.
    Quindi, era con assoluta tranquillità e divertimento che osservava Nathan (innamorarsi di) interagire con Kat, che era così carino – o carina?? Ancora non ne aveva idea con tutto quel pelo – da non poter essere altrimenti!! Continuava a sorridere, il disagio per star interagendo con il ragazzo che aveva baciato alla festa che si affievoliva man mano: con lei succedeva sempre, di sentirsi irrimediabilmente tesa di fronte a gente nuova, almeno fino a quando non aveva le prove che i suoi interlocutori erano normalissimi esseri umani – non ricordava in che occasione l’avesse sentita, ma era un po’ il principio della frase “se qualcuno ti mette in soggezione immaginalo a fare la pipì” (??), che tra parentesi perché mai avrebbe dovuto immaginare gli altri che espletavano i loro bisogni fisiologici, ma avete capito #no. Nella fattispecie, Nate era un Gattaro con la g maiuscola, una categoria apparentemente innocua – ma che a modo suo nascondeva insidie!!1! –, e non sembrava uno di quelle persone regali e composte – tipo Persessinclairdellacasatadeiserpeverde – con cui non sapeva mai come comportarsi. «Mi sta dando il permesso!!» . Appunto. CHE SOLLIEVO! Spostò il peso da una gamba all’altra, sbuffando una risatina dal naso. In effetti Kat si stava mostrando abbastanza conciliante – con lei lo era stato di più, precisiamo!!1! – e Nathan pareva talmente contento che commentò un semplice «Già!!» Il momento in cui si poteva accarezzare un gatto era sacro! Si passò le dita sul mento nel tentativo di trattenere un istintivo sorriso troppo ampio alle moine del ragazzo; certo non l’avrebbe fatto per prenderlo in giro ma lui avrebbe potuto capire il contrario!!
    Lo lasciò alle sue speciali interazioni – sperando con tutta se stessa che non avrebbe spaventato Kat ritrovandosi con dei bei graffi #ciaoBeh –, fino a quando non disse che aveva trovato il kathelvete per strada. Faticò per non distogliere lo sguardo dal suo al presentarsi di quel pseudo-complimento – come si faceva ad accettarne uno senza imbarazzarsi da morire??? – e sminuì la questione con un vago gesto della mano. Non aveva fatto nulla di straordinario, aveva solo portato il micio con sé per evitargli una vita di stenti. Era ciò che avrebbe fatto qualunque umano decente!
    «vuoi che ti aiuti a chiedere informazioni?» Sarebbe stato disposto?? Tacque per un paio di secondi: quella dei volantini sembrava una bella idea, anche se da come il Kat aveva divorato i suoi biscotti aveva il presentimento stesse gironzolando da solo già da qualche giorno. Ma valeva sempre la pena di fare un tentativo, no? In fondo, se quel gatto una casa ce l’aveva era suo diritto tornarci. Si sentiva un po’ triste alla prospettiva, ma era giusto così!!! Sorrise a Nathan, l’espressione che lasciava trapelare della sincera riconoscenza – magari lui conosceva più persone cui chiedere e sarebbe stato più facile! «Se… non ti disturba troppo?? Mi aiuteresti davvero un sacco,» confessò, sistemandosi nervosa una ciocca di ricci. Non avrebbe saputo da dove iniziare per… domandare in giro, fare i volantini?? Quanto aspettare prima di poter reputare Kat un suo nuovo convivente?? Mh. Fu contenta di aver incrociato qualcuno disposto ad aiutarla, anche se lo conosceva a malapena – non potevano certo esserci cattive intenzioni nell’aiutare un gatto a ritrovare un’ipotetica casa.
    E poi ancora moine per Kat, com’era giusto che fosse dato quant’era morbido e coccoloso!!! «Ti piacciono proprio i gatti, eh?» azzardò con timidezza, scrutandolo per qualche istante. Gli ultimi istanti di pace, visto che Nathan spostò poi l’attenzione su di lei – era buffo fosse rimasto così sorpreso, ma Nah non amava stare sotto i riflettori in qualsiasi caso. «Ho iniziato da poco, comunque,» sorrise, e abbassò come l’altro lo sguardo su Kat, che con un certo nervosismo – uao le somigliava già – si fece prendere in braccio, proprio come una regale first lady che concedeva un favore a un popolano. Rise piano, prendendolo dalle braccia del ragazzo non senza un velo di imbarazzo, e sistemandoselo con le zampe sulla spalla. «Uh, spero si ricordi che ha delle corna in testa.» Non sarebbe stato strano, per Narah, farsi male in un modo così stupido. Non… sapeva bene come reagire a quel “mi ha fatto molto piacere rivederti”. Insomma, era una frase di circostanza o una sincera? Sospettava avrebbe fatto la figura della scema in entrambi i casi (cosa? Cosa). Perché avrebbe dovuto essere felice di rivederla se lo aveva scontrato e probabilmente aveva interrotto una tranquillissima giornata con un gatto che lui non aveva mai visto prima?? evidentemente più special che psicospecial «Anche a me ha fatto piacere!»
    Non sapeva davvero cosa aggiungere, Nathan parlava abbastanza per entrambi e lei non era chissà quanto brava a chiacchierare del più e del meno – non da subito, almeno. Eeeeee ecco perché si faceva dare lezioni da Jess, ma era difficile mettere in atto gli insegnamenti! Alla (freddura) battuta del ragazzo sorrise, più per curiosità che altro: era sempre tanto espansivo come si stava mostrando? QUAL ERA IL SUO SEGRETO? Lo ammirava per la sua scioltezza. «Magari ho nove vite come i gatti.» Chinò di lato la testa, le guance a farsi rosse per la propria battuta altrettanto scontata. Non le sarebbe mai venuto in mente potessero essere persone, perciò pensò che doveva essere proprio abituato ad avere attorno animaletti pestiferi come Kat.
    Aveva pensato che Nate fosse espansivo?? Sbagliato: era a dir poco logorroico. E certo questo non le dispiaceva, considerando che riempiva i silenzi che lei avrebbe lasciato nella conversazione, e ascoltare le piaceva molto! Era un bel modo per imparare a conoscere gli altri, qualcosa in cui si sentiva profondamente a suo agio, e la sua memoria le consentiva di non dimenticare tutte quelle informazioni. Sgranò gli occhi, apprendendo che quello era il suo primo giorno – non lo stava facendo ritardare, vero?? «Allora anche tu lavori a Hogwarts!!» esclamò. Per la Bloodworth quella aveva tutto il diritto di essere chiamata coincidenza. Estranea – per fortuna o sfortuna, non era ben chiaro – all’ansia dei MAGO, si limitò ad annuire con estrema attenzione nell’ascoltare quel fiume di parole. «Uh, immagino sia strano dopo due anni! Io ho finito scuola questa estate quindi… al limite è strano vedermi senza la divisa degli studenti,» spiegò.
    Sì, aveva ragione: lo stava facendo ritardare. Un vero e proprio incubo per lei; entrò subito in modalità Nahnsia, il viso colmo di sensi di colpa. Era comprensibilissimo che lui volesse andare in ufficio, le dispiaceva da morire. «Oh!!! Scusami, allora ti lascio anda-» «dici che Quinn mi licenzia se arrivo tardi?» Si bloccò. «Io non… penso…..?» Credeva nel buon kuore dei prof. «non ho tutta questa voglia di trovare il suo ufficio.» La special alzò lo sguardo nel suo. Era ufficialmente: confusa. Non solo perché solo a sentire la parola “ritardo” la sua amica Ansia si svegliava tutta e ad altre persone non faceva effetto, ma soprattutto «Ah, non vuoi scappare raggiungere l’ufficio?» Lo vide torturarsi i capelli con nervosismo in una maniera che le ricordò molto se stessa, e da bravo semaforo tornò dal colore normale a un rossore soffuso. Voleva chiacchierare con lei? Sul serio??? Significava che voleva diventare suo amico? ma ce l’avrò mai un pg furbo? Era una cosa troppo carina!!!!! Inarcò le labbra in un sorriso, un sacco intenerita dall’imbarazzo con cui l’aveva detto. «Sei sicuro?? Non voglio crearti problemi più di quanto abbia già fatto,» disse piano. «Nel caso magari potresti, mh…. aiutarmi a capire se Kat è un maschio o una femminuccia? Qui, in infermeria?» Si morse il labbro, a disagio, ma Kat era una nuvoletta di pelo e non… era riuscita a capirlo. «Se ti va?»
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